Carlo ritornò in camera con un asciugamano avvolto intorno alla vita. Aprì il guardaroba e prese un paio di boxer, poi notò Jack che sedeva accoccolato sul letto. “Jack? Tutto bene?” Chiese sedendosi sull’orlo del letto. Poi aggrottò le ciglia leggermente confuso; Jack dieci minuti prima stava benissimo.
Jack alzò lentamente il viso, le lacrime brillavano sulle sue guance. “Come hai potuto farmelo, Carlo? Come hai potuto farmelo dopo tutto quello che hai detto?” la sua voce era rauca ed appena più di un bisbiglio.
“Come ho potuto fare cosa? Non potrei farti niente di male Jack, Jack…” Rispose Carlo lentamente mordendosi l’orlo di un labbro come faceva sempre quando era nervoso. Non disse nient’altro ed aspettò che Jack parlasse ma poteva indovinare quello che lo stava sconvolgendo.
“Non mentirmi!” Urlò Jack adirato a pugni stretti. “Max ha appena telefonato, voleva che tu sapessi che ieri è stato grande. Vuoi dirmi cosa c’era di così grande, Carlo?” L’ultima parte era sarcastica ed alzò le sopracciglia per guardare la reazione di Carlo.
Per una volta Carlo non trovò le parole. “Baby, io…”
”No, tu sai Carlo, solo… solo non vuoi!” Lo fermò Jack bruscamente e spinse indietro le coperte alzandosi di fronte a lui. “Tu non l’hai lasciato e mi hai fottuto?” Jack strinse di nuovo i pugni e tentò di tenere ferme le gambe che tremavano. “Tu stai ingannando Max e stai ingannando me!” Strinse i pugni più forte e morse l’interno del labbro per tentare di fermare le lacrime che sentiva salire agli occhi.
“Per favore Jack, lasciami spiegare!” Carlo fece un passo verso di lui e mise una mano sulla sua spalla. Jack si ritirò quando lo toccò indietreggiando. Carlo sapeva di meritarsi questa reazione ma questo non fermò l’orribile sensazione di dolore. Non poteva perdere Jack, non poteva. Lui non era solo un altro ragazzo col quale aveva dormito, Jack era il suo miglior amico ed il ragazzo di cui era innamorato cotto, non poteva permettergli di andarsene. “Jack per favore, ascoltami, ok?” Il tono di Carlo divenne più disperato ma tentò di toccarlo di nuovo, non voleva essere respinto ancora.
Jack scosse rigidamente la testa, incapace di incontrare gli occhi dell’amico. “Io non voglio che tu spieghi.” Il suo tono era stranamente piatto come se stesse tentando di nascondere l’emozione nella voce. “Tu non puoi amarmi Carlo. Non avresti potuto fare questo a qualcuno che ami.” Carlo aprì la bocca per dirgli che non era vero ma lui non gli permise di parlare. “Pensavo che tu credessi a quello che dicevi, io ti ho dato tutto Carlo…” la voce di Jack era scossa anche se stava tentando con incredibile forza di tenerla ferma. Semplicemente non poteva credere che il suo miglior amico gli avesse fatto quello. Sapeva che non era precisamente un santo ma non lo pensava capace di fare tanto male.
“Jack, baby, io credo a quello che ti ho detto e ti amo!” Carlo mise una mano sulla sua spalla, i suoi occhi si accesero. “Volevo separarmi da Max ma non ho potuto. So che non l’avrei dovuto fare ma…” la sua voce si abbassò come se non riuscisse a pensare come finire la frase. Jack non rispose ed il suo silenzio gli fece sobbalzare il cuore, forse c’era un’opportunità che Jack capisse dopo tutto. Si avvicinò di un piccolo passo, una mano ancora leggermente posata sulla spalla dell’amico.
Si avvicinò un po’ e le sue labbra erano a pochi centimetri da Jack mentre parlava. “Max non è niente per me a tuo confronto. Ho commesso un errore e mi dispiace molto… Per favore…” e si morse l’angolo del labbro, aspettando ansiosamente la reazione. Il cuore stava correndo nel suo torace ed ogni secondo di silenzio dell’altro lo rendeva più nervoso. Ma sapeva che anche se Jack era ancora adirato, e ne aveva il diritto, non gli avrebbe permesso di andarsene senza lottare.
Jack inspirò lentamente prima di parlare. La sensazione del caldo alito di Carlo che gli carezzava la faccia ed il suo modo di guardarlo negli occhi gli faceva letteralmente cedere le ginocchia. “Mi hai fatto male!” Fu tutto quello che riuscì a bisbigliare. Jack poteva vedere il dolore negli occhi del ragazzo e questo fece in modo che si chiedesse se Carlo stesse dicendo la verità e se amava lui, non Max.
“Io non posso perderti Jack, io non posso perderti.” Bisbigliò Carlo, i suoi scuri occhi marroni si riempirono di lacrime, battè le palpebre, le lacrime gocciolarono lungo le guance e brillarono sulle sue ciglia. Carlo soffriva, non aveva voluto fargli male e non poteva immaginare la sua vita senza di lui. Quando Jack vide le lacrime che correvano silenziosamente dagli occhi di Carlo, si rese conto che quella era la prima volta che vedeva il suo amico piangere. Il fantasma di un sorriso apparve lentamente sulle sue labbra, si avvicinò e strisciò le labbra contro la guancia dell’amico baciando via le lacrime.
“Io non voglio perderti.” disse piano. Nessun dubbio che gli avesse fatto male, ma non voleva ancora perderlo, probabilmente era la persona più importante della sua vita e non voleva che questo cambiasse.
Quando Jack disse quella piccola frase, Carlo non esitò per uno secondo e gli gettò le braccia al collo abbracciandolo forte, sorrise ed emise un sospiro di sollievo. “Non te ne pentiriai, prometto.” Gli mormorò in un orecchio aggrappandosi a lui.
Jack non poté fare a meno di sorridere mentre lo stringeva nelle sue braccia, anche se stava ancora soffrendo per quello che gli aveva fatto. “Ti amo troppo, baby.” Disse piano Carlo tirandosi indietro un po’ per guardarlo. “Lo so e ti giuro che non ti deluderò un’altra volta.”
Jack gli credette. “Anch’io ti amo.” Sorrise e gli baciò leggermente le labbra. La sua bocca era calda e morbida e Jack emise un sospiro felice circondando la vita dell’amico con le sue braccia.
“Jack?” mormorò Carlo interrompendo il bacio. Jack lo guardò interrogativamente. “Vorresti… Io, um.. Merda, non sono bravo in questo genere di cose ma, …vorresti essere il mio ragazzo?” Chiese goffamente con un timido sorriso sul viso.
Jack accennò col capo e gli baciò di nuovo leggermente le labbra. “Certamente.” Mormorò, dando un altro delicato bacio sulle labbra al suo miglior amico, no, al suo ragazzo. Carlo sorrise rispondendo al bacio mentre gli faceva scivolare le braccia intorno al collo. Si sentì per un momento a disagio pensando a Max ma sapeva che era con Jack che voleva veramente stare. Avrebbe dovuto finire ufficialmente con Max ma non volle dirlo a Jack in quel momento, non dopo quello che era appena successo.
Le tende della camera da letto erano ancora chiuse e la stanza era piuttosto scura, anche se fuori era chiaro. Carlo spinse delicatamente indietro Jack mentre lo baciava e caddero sul letto. Jack rise e Carlo interruppe il bacio per vederlo sorridere. Amava sapere che lo stava facendo felice e gli spiaceva di averlo addolorato; non avrebbe mai detto o fatto qualcosa che facesse sentire di nuovo così il suo ragazzo.
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La voglia di soffermarmi sul suo seno era forte, ma decisi di rimandare: la mia priorità era mettere le mani sul suo superbo culo sferico che durante la breve fellatio ricevuta, l’ avevo contemplato arcuarsi per la posizione a carponi che ella aveva assunto nel darmi piacere.
La mia prima passione per il corpo delle donne fu inizialmente contraddistinta dall’adorazione per il seno: da ragazzino rimasi sedotto dalle procaci mammelle di Sabrina Salerno nel video “Boys Boys Boys”, le cui soffici prosperosità rischiavano di sbalzare fuori dal bikini ad ogni respiro.
L’eccitata curiosità che provavo nell’intravede i capezzoli sotto il tessuto bianco del pezzo superiore del costume, mi rese letteralmente ossessionato dal seno, fino a quando Jules Jordan con i suoi magnifici capolavori a luci rosse di cui alcuni incentrati sull’anal, mutarono decisamente la mia preferenza.
Da allora divenni un vero e proprio culomane e ne adoravo le tipologie più svariate e non contavano le dimensioni, ma la forma, la qualità della pelle e la delicatezza dell’ano.
Ciò che fece da potente legante sessuale tra me e Stefania, fu che quest’ultima era una delle poche donne cui il sesso anale piaceva davvero; il suo concedermelo solo ogni tanto appare un ossimoro considerando che amava praticarlo, ma si trattava di pura strategia erotica: il suo intento era quello di lasciarmi sessualmente voglioso in modo tale che una volta concessomi il suo lato B, io la prendessi con tutta la voracità sessuale possibile.
Amava farlo adagiata su un fianco oppure a pecora, talvolta vestita come quando andava in palestra, indossando un top, dei leggings e delle scarpe da running. Era proprio in palestra dove ci eravamo conosciuti, scambiandoci sorrisi e occhiate lascive; adoravo guardare il suo splendido culetto muoversi mentre correva sul tapis roulant.
Compreso questo, quando ella durante i piovosi pomeriggi domenicali d’autunno usciva dalla nostra camera vestita in quel modo, mi faceva capire che voleva togliersi lo sfizio di farsi montare per una buona oretta infuocata di sesso anale.
Il suo era un non verbale “QUI E ADESSO!” ed io non mi facevo pregare; Stefania era una donna dispotica e sapendo che non tolleravo la sua autoritarietà, l’avrei inculata in un misto di dolcezza e ferocia.
Attraversato da quelle magnifiche memorie, iniziai a incunearmi con la punta della lingua nell’ano della ragazza facendolo schiudere come un fiore in primavera.
Ella prese la sua borsa e ne estrasse del lubrificante a base d’acqua ed io dopo essermene cosparso le ultime falangi del medio e dell’indice della mano destra, iniziai a penetrarla profondamente con le dita.
Una volta unta a sufficienza, poggiai un piede sul divano e reggendomi la base del pene, iniziai a premere con la punta del glande per aprirmi una breccia che, senza alcuna resistenza, mi fece scorrere dentro di lei per quasi tutta la lunghezza del mio fallo.
Iniziai a martellarla con forza e lei voltando lo sguardo sorrise compiaciuta mordendosi un labbro; di reazione accrebbi ulteriormente il ritmo delle mie spinte e lei socchiuse gli occhi iniziando a gemere sempre più forte.
Dopo qualche minuto dovetti fermarmi, perché rischiavo di avere un orgasmo e ne approfittai per farle cambiare posizione; restai dietro di lei, ci distendemmo su un fianco ed io contemplai brevemente il suo bellissimo ano lievemente dilatato per qualche secondo prima di riprendere a penetrarla.
Ripresi a spingere a pieno ritmo e le strinsi il grosso seno abbronzato tra le mani. Lei nel frattempo, fece scorrere una mano verso la vagina, frizionandosi il clitoride con due dita.
Quando notai le dita dei suoi piedi contrarsi e i decibel dei suoi gemiti accrescere, capii che l’orgasmo stava bussando al suo centro del piacere; io mossi il bacino ancor più velocemente e anche per me ormai trattenermi era impossibile.
Venimmo quasi simultaneamente, con ella che diede ad entrambi l’input orgasmico quando si penetrò con le dita la vagina: lo sfregare del pene contro le sue dita separate da me da un sottile ed elastico lembo di carne, fu una sensazione talmente piacevole da farmi perdere il fiato.
Restammo abbracciati sul divano per qualche minuto, dopodiché ella chiese di poter andare in bagno.
Mentre la dea muovendo le sue magnifiche gambe si allontananò dalla stanza, notai che aveva abbandonato il cellulare con la tastiera sbloccata sul tavolino vicino al divano e senza esitazione, ricordai le lezioni di hacking che la mia cara amica Marika mi aveva insegnato qualche anno fa.
Marika é un’amica d’infanzia con il pallino della tecnologia: c’è chi ha il pollice verde e chi come lei il pollice l’ha perennemente pigiato sulla barra spaziatrice nello scrivere strisce di codice.
Lei fu la prima persona che conobbi a possedere un Commodore 64, ad avere la capacità di telefonare a sbafo dalle cabine telefoniche SIP e soprattutto ad utilizzare internet. Il suo percorso di studi si indirizzò verso informatica a dispetto di una madre che l’avrebbe voluta parrucchiera e divenne un’ottima programmatrice ,tant’è che fondò una propria software house.
Pensai che la squillo potesse avere dati interessanti all’interno del proprio cellulare e che spiarne i contenuti potesse tornarmi utile per vendicarmi del suo capo.
Il mio portatile era acceso e poco distante dal telefono: collegai lo smartphone della ragazza ad esso e ne scaricai ogni singolo dato, foto, rubrica e sms compresi. La fortuna di avere un pc sapientemente potenziato dalla mia amica, fece in modo di effettuare l’operazione in un battibaleno e quando la prostituta tornò dal bagno, non si accorse di nulla.
Salutai la bella e****t accompagnandola alla porta e lei mi lasciò il suo biglietto da visita per ricontattarla.
“Sharon Divine – e****t 24H – Call Me 00×9-3×9-71xxx99”
Pensai: “Non preoccuparti, dammi tempo che organizzo una bella uscita a tre che il tuo capo non potrà dimenticare” e contattai immediatamente Marika sbavando vendetta.
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“Politici, avvocati, sportivi,vip e vertici delle forze dell’ordine. Non ci credo, questa è grossa!!”
“Sì, proprio così. Quel telefono bolle più del mio modem. Ho dato un occhio al contenuto del download: quella prostituta ha dei contatti che potrebbero dar vita ad una colossale frana di merda fumante. Comunque, con la casa come stai messo?”
“Ti ricordi di Giulia? Mi sono trasferito momentaneamente da lei,anche perché è piuttosto scossa per quella faccenda dell’ex-marito.”
“Ho presente chi è quel troglodita, ha un’armeria in centro, vicino alle poste. Anni fa minacciò con la pistola un senegalese che vendeva libri. Corri un bel rischio con quel tizio!”
“Certo, oltre a Malocchio c’é pure quello stronzo a complicare ulteriormente le cose…”
“Franco Bisc*gli* ne ha fatta di brutta strada. Eravamo in classe insieme, abbiamo fatto elementari e medie. In otto anni l’avrò sentito parlare otto volte, se ne stava sempre per i cazzi suoi. Mi ha sempre dato i brividi, non mi stupisce che sia diventato un criminale.”
“Sai cosa penso però? Potremmo farli scornare tra loro quei due cornuti ,almeno un po’ di feccia si elimina da sola.”
“Oh, esatto! Sai cosa facciamo?! Con un programma che ho creato, dirottiamo gli sms dell’ex di Giulia su quelli della squillo…”
“…e poi?”
“Poi lei, che credo sia la prediletta di Malocchio, ricevendo minacce riferirà al capo e a quel punto prevedo che detoneranno più forte dell’ Enola Gay. Nel frattempo monitoriamo gli sms che si scambiano e se la faccenda dovesse degenerare come auspichiamo, gli mandiamo la Polizia pronta ad incularsi a secco uno dei due”
“Woooow Mary, sei un fottuto genio!”
“Ehehehe, modestamente ne uccide più la tastiera della spada!”