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In vacanza con mia moglie Monica 07

…Fu una dura prima giornata di lavoro. Tornai a casa solo alle 9 di sera. Per tutta la giornata la mia mente si era persa nei ricordi di quelle vacanze. La curiosità di quello che era successo la sera prima a mia moglie però prendeva sempre il soppravvento e mi ritrovai costantemente con delle lunghe erezioni nelle mutande. A casa, nel pomeriggio, Monica si era sicuramente riposata in quanto è commessa part-time in un supermercato. La ritrovai indaffarata a prepararmi la cena vestita con una canottiera bianca e dei calzoncini neri. Niente di sexy insomma. Mi disse che al lavoro non fu affatto facile perché aveva dovuto stare seduta per tutto il giorno alla cassa del supermercato con il buco del culo ancora dolorante e i segni rossi sulle chiappe che le procuravano un bel pò di bruciore.
Dopo cena mi venne a sedersi in braccio sulla poltrona dove mi ero accomodato per guardare distrattamente qualche canale della TV. Cominciammo a farci un po’ di coccole, qualche bacio e un po’ di carezze. Si accorse della mio cazzo duro e lo toccò mettendo la mano dentro ai pantaloncini incominciando a segarmi dicendomi: “lo so che stai morendo dalla voglia che ti racconti tutto. Però penso proprio che non riuscirai a scoparmi questa sera perché sento ancora male alla figa e soprattutto al culo. Sono stata tanto zoccola ieri sera quando non c’eri e non si sono risparmiati nulla. Ad un certo punto pensavo volessero mandarmi all’ospedale per quanto mi stavano aprendo la figa e spaccando il culo.”
Le risposi che l’avrei scopata quando si sarebbe sentita meglio, ma che si, avevo troppa voglia che mi rivelasse le cose che aveva subito rinchiusa in una stanza per quasi quattro ore con diversi uomini vogliosi.
Mi sorrise, mi tolse i pantaloncini e le mutande e ci sdraiammo sul divano per stare più comodi. Monica ricominciò a segarmi l’uccello e finalmente mi svelò tutto quanto.
“Quando ho visto che stavi uscendo dalla stanza, pensavo saresti tornato dopo pochi minuti e che non mi avresti lasciata sola. Mi avevano appena legato al letto. Appena mi sono resa conto di quello che avevano intenzione di fare mi sono bagnata tantissimo. Sai che è una cosa che mi è sempre piaciuta…ed essere lì nelle loro mani, usata per soddisfare le loro voglie senza poter fare nulla mi dava quel senso di impotenza che ti fa capire di essere completamente sottomessa. Era quello che desideravo in quel momento e mi sono eccitata come non mai. Non riuscivo a muovere le braccia, solo le gambe riuscivo a piegarle leggermente. Ogni tanto si davano il cambio e mi salivano sopra per scoparmi. Erano delle macchine, più vedevano che mi piaceva, più si eccitavano e più mi scopavano con foga, più io gridavo forte. Continuavo a gridare che ero la loro troia e che dovevano spaccarmi la figa perché ero andata lì solo per quello. Per almeno mezz’ora si sono goduti la mia figa facendomi godere diverse volte. I due tedeschi erano quelli che mi martellavano con maggior forza. Avevano un bel cazzo, sapevano muoverlo veramente bene e mi hanno fatto sentire una grandissima puttana. Ricordi, anche tu li hai toccati e hai sentito quanto erano duri quando li hai aiutati con la mano ad infilarmeli nella figa. Lo sai che proprio oggi pomeriggio ripensavo ai cazzi che mi hanno allargato la figa mentre ero legata? Lo vedi quanto sono diventata troia? Mi sono subito bagnata e mi è venuta voglia di farmi un bel ditalino. Sono andata nel letto e ho messo le dita dentro le mutandine. Ho cominciato a toccarmi….ero un lago, ma se le infilavo troppo dentro mi davano fastidio. Ho preferito smettere. Pensa,…tua moglie che non può neanche toccarsi perché ieri notte per tante ore si è presa tanti di quei cazzi che adesso si sente la figa rotta.”
“Si, sei una figarotta, tesoro” mi ritrovai a dire chiudendo gli occhi mentre Monica ora aumentava ora diminuiva la velocità della sega per farmi durare il più possibile. Non era la prima volta che mi raccontava di qualcuno che l’aveva trattata da puttana facendola godere e sapeva che avrei potuto sborrare in pochi minuti.
“mmm si, sono una figarotta, amore. La tua mogliettina zoccola che si fa scopare da tutti. Anche adesso che ne parlo mi si sta allagando la figa”, mi disse. Si mise due dita dentro i pantaloncini e poi mettendomele davanti agli occhi mi fece vedere quanto si stesse bagnando. Leccai le dita assaporando il sapore speciale della sua figa. Stavo veramente godendo come un maiale a sentire tutte quelle cose. “Continua, voglio sapere il resto”, le dissi.
“Alla fine mi hanno sborrato tutti e quattro sul corpo. Si sono messi intorno a me mi hanno schizzata ovunque. Avevo per lo più la sborra sulle tette e sulla pancia. Un tedesco mi ha sborrato anche in faccia e sui capelli. E’ stato bellissimo perché hanno sborrato quasi tutti e quattro contemporaneamente e ho sentito tanti schizzi di sborra calda colpirmi dappertutto. Quando hanno incominciato a slegarmi ero tutta sporca di sborra. Appena mi sono alzata dal letto ha cominciato a colarmi lungo le gambe sporcando tutto il reggicalze e le calze. Non mi ero nemmeno accorta che non eri rientrato talmente ero presa a farmi scopare. Ti ho cercato per farti vedere quanto ero stata puttana, perché lo so che ti piace vedermi così….ma non ti ho visto. Avrei tanto voluto che dopo le quattro sborrate anche tu mi saltassi sopra a scoparmi fino a sborrarmi addosso. Poi ho detto a Paolo che avevo bisogno di andare in bagno. Lui mi ha seguito e mi spiegato perché eri ritornato in camera. Ti confesso che mi è piaciuto vederti con le calze a rete nere e mi sono eccitata ancora di più quando ti hanno detto che eri una puttana come tua moglie. Magari qualche volta ti faccio vestire da zoccola e ti chiedo di scoparmi. Eh…che ne dici? E poi sei stato bravissimo a pulirmi la figa dalle sborrate. Pensa a quanta ne avevo sul corpo….e a quanta ne avresti dovuta leccare per pulire la tua mogliettina. Lo avresti fatto per me?”
“Si, si, faccio tutto quello che vuoi, ti lecco tutte le volte che vuoi, basta che continui a farti sfondare come una cagna. A me piaceva vederti camminare a quattro zampe tenuta al guinzaglio. La prossima volta chiedo a Gianni e Paolo di portarti al parco e di farti fare la cagna sul prato con tutta la gente che ti guarda e ti dice che sei una grandissima puttana succhiacazzi col culo rotto. Gli dico di portarti ad annusare tutti i cazzi di quelli che si segano e di farti sborrare in faccia e sulle tette”. Ero al limite e le dissi che volevo godere.
“Adesso ti faccio sborrare”, mi disse. Velocemente si alzò e si abbassò i pantaloncini e le mutandine. Si mise a quattro zampe sul tappeto facendomi vedere il culo. “Guarda che culo rotto che ho, amore. Guardamelo com’è spaccato” e si allargò le chiappe con le mani. Vedendo le natiche con delle strisce rosse ancora ben evidenti e il buco ancora apertissimo, mi alzai smanettandomi per sborrarle tutto sul culo. Scaricai tutta l’eccitazione che avevo accumulato durante la giornata e pensai di avere veramente una moglie fantastica. Sapeva con esattezza quello che volevo e faceva di tutto per esaudire ogni mio desiderio.
Andai in bagno a prendere dei fazzolettini per permettere a Monica di ripulirsi. Si ricompose e restammo ancora un po’ in salotto a gustarci qualche bicchiere di un buon vino rosso parlando della giornata che ormai volgeva al termine. Ad un tratto, dopo una mezz’ora che chiacchieravamo, mi disse: “allora ti sei preso paura….non volevi farti rompere il culo e sei scappato….”. “E hai lasciato che in cambio lo rompessero a tua moglie…eh”, aggiunse sorridendomi iniziando un botta e risposta.
M- “E…. sentiamo cosa avresti promesso a Paolo per svignartela?”.
D- “Ahhh quello intendi….mi sa che lo sai già se lo chiedi”.
M- “ Si, ma voglio sentirtelo dire da te”.
D- “ Ho accettato che sia Paolo che Gianni ti avrebbero scopato ancora quando sarebbero venuti a Milano”.
M- “Ah ecco, e cosa ti ha fatto pensare che avrei accettato?”
D- “Nulla…ho risposto senza pensarci. Solo non volevo prendermi i cazzi dei due tedeschi nel culo. Perché non ti faresti scopare ancora?”.
M- “Si certo che mi farei scopare ancora. Però ti confesso che non averti lì con me ieri sera mentre mi scopavano mi ha fatto sentire ancora più troia. Mi sono lasciata andare maggiormente….insomma….non mi sono mai sentita così tanto puttana. Non so se quando verranno qui a scoparmi vorrei che fossi presente oppure no….devo pensarci. Anche perché quello che mi hanno fatto dopo è stato oltre ogni limite. Magari tu non lo avresti permesso ed io penso che avrò ancora voglia di ripeterlo”.
D- “Non saprei, devi prima dirmi come è proseguita la serata. Ho visto tutti i segni che ti sono rimasti sul corpo. Non pensavo ti piacesse così tanto”.
M- “Hai ragione non lo sapevo nemmeno io. Ma non mi sarei più fermata. Ero io che chiedevo di continuare”.
Vedevo Monica con gli occhi arrossati mentre ripensava a quelle scene. Sentirla parlare in quel modo mi aveva fatto eccitare nuovamente. Le chiesi di seguirmi a letto e di continuare col racconto.
Ci spogliammo completamente e ci sdraiammo sopra le lenzuola.
“In bagno mi sono data una bella ripulita al viso. Ho tolto il reggicalze e le calze che erano sporchissimi e tutti appiccicosi. Aiutata da Paolo mi sono liberata anche del collare. Avevo la sborra che si era infilata anche tra il collare e il collo. Sono entrata nella doccia e mi sono tolta col getto dell’acqua la sborra da tutto il corpo molto velocemente. In quel momento sono entrati anche gli altri tre. Ho detto che dovevo fare pipì e ho chiesto se potevano uscire. Gianni mi ha detto che i due tedeschi erano lì proprio per quello, perché volevano vedermi pisciare. Mi hanno ordinato di abbassarmi sui talloni, di allargare bene le gambe e di aprirmi la figa con le mani. Volevano vedere che pisciassi nella doccia. Così ho fatto quello che mi chiedevano. Era strano, ma l’ho fatto. Ho allargato le gambe e gli ho fatto vedere mentre pisciavo. Ad Erick gli si stava rizzando il cazzo nuovamente. Si è avvicinato e ha voluto un pompino. Poi mi ha preso per i capelli e mi ha fatto appoggiare le mani al muro della doccia col culo in fuori. Ha iniziato a infilarmi le dita nel culo, poi mi sputato sul buco e ha cominciato ad incularmi. Non mi ha fatto tanto male, forse perché l’anal plug che avevo tenuto tutta sera mi aveva preparata. Mi è piaciuto subito farmi inculare. Era ora, mi avevano spaccato la figa tutta la sera, fin dal ristorante e avevo una gran voglia di sentire dei bei cazzoni nel culo. Anche Rudy si è divertito allo stesso modo col culo di tua moglie prima di portarmi di nuovo sul lettone. Tutti e quattro mi hanno sfondato il culo facendomi mettere in diverse posizioni. Godevo come una matta a sentirmi impalata da quei quattro cazzi durissimi. Poi Paolo mi ha fatto sdraiare sopra su di lui e mi ha detto di infilarmi il cazzo in figa per lasciare il culo libero ad un altro cazzo. I due cazzi che non potevano godersi i buchi della tua mogliettina invece li ho presi in bocca. E’ stato stupendo, mi sono beccata i cazzi di tutti contemporaneamente nel culo e nella figa mentre ne succhiavo altri due. Pensa amore, tua moglie sfondata da due cazzi nello stesso momento mentre tu ti facevi le seghe rinchiuso nella tua cameretta. E io a spompinare gli altri due per farli restare duri per quando mi sarebbero entrati ancora nel culo o nella figa. Ti sei segato l’uccello da solo in camera?”.
“Si, ho sborrato altre due volte”, le risposi mentre Monica aveva ripreso a masturbarmi lentamente.
“Che segaiolo che sei e a cosa pensavi?”, mi chiese.
Monica aveva aumentato la velocità della sega e risposi balbettando: “a queste..cose….pensavo…ti immaginavo…ancora legata….mentre si divertivano….a romperti….il culo……mi immaginavo….tanti cazzi….che ti inculavano….una fila di 50 uomini con i pantaloni abbassati che aspettavano il loro turno per incularti. Che usavano il tuo culo solo per svuotarsi le palle e poi lasciavano il posto a qualcun’ altro….senza sosta”.
“ Ma sentilo….sapevo che eri un maiale e che ti piaceva vedermi scopare….mmmm pensa che bello allora….chissà come lo allargano il culo della tua mogliettina 50 maschi arrapati…e chissà quanta sborra mi schizzano addosso……basta altrimenti sborri subito porco….” Tolse la mano dal mio cazzo senza permettermi di godere.
Cercai di riprendere la sega da solo, ma mi schiaffeggiò la mano dicendomi: “aspetta ho in mente una cosa più bella”.
Si alzò dal letto e si infilò un paio di autoreggenti bianche. Poi mi fece sdraiare sul tappeto vicino al letto e col piede incominciò a massaggiarmi il cazzo. Sentire il piede di mia moglie coperto dal nylon sul mio cazzo fu indescrivibile. Una scossa mi percorse tutto il corpo, partendo dalle palle per arrivare fino al cervello. Mentre mi toccava il cazzo, mi guardava negli occhi e mi diceva che ero un cornuto segaiolo che si fa fottere la moglie. E di guardare come gli avevano ridotto la figa….si abbassò e si aprì le labbra con due dita avvicinandosi alla mia bocca per farmela vedere da vicino dicendomi che non riusciva più a richiuderla per quanti cazzi l’avevano sfondata. Strofinandomela sul naso mi disse anche che probabilmente sapeva ancora di cazzo perché ultimamente aveva passato più tempo con dentro qualche cazzo che senza niente. Riuscii solo ad annusarla più volte senza leccarla perché si rialzò troppo rapidamente per riprendere la sega. Aveva un buon profumo di figa invece….. che mi fece perdere completamente la testa. Quindi sedendosi sul bordo del letto Monica riprese a segarmi l’uccello con due piedi fino a farmi sborrare. Tutta la sborra le finì sulle calze, spostò i piedi verso la mia bocca e me li diede da leccare.
“Lecca tutta la tua sborra, maiale….”, mi disse. Leccai tutto e poi mi alzai in piedi per baciarla con la lingua. Come la sera prima ci scambiavamo la sborra baciandoci. Allungai una mano sul suo culo…”piano…fai piano…”mi sussurrò Monica all’orecchio. Per la prima volta da quando si era fatta inculare le toccai il buco del culo con un dito. Solo allora mi resi conto di quanto fosse veramente allargato e spaccato. “Muori dalla voglia di saperlo, vero?”….”Si Monica”, risposi.
“Dopo quelle inculate mi hanno sborrato in bocca tutti e quattro facendomi ingoiare tutto. Poi i due tedeschi mi hanno riportato in bagno e mi hanno fatto inginocchiare nella doccia. Si sono detti qualcosa che non ho capito, poi ridendo hanno indirizzato con le mani i cazzi ammosciati verso di me e hanno iniziato a pisciarmi sulle tette. Ho fatto per spostarmi e rialzarmi, ma uno dei due mi ha preso i capelli e mi ha dato due schiaffi facendomi segno di stare ferma. Anche Gianni mi ha detto di non muovermi, ma di ubbidire e di fare quello che volevano. Mi stavano usando come un cesso. Con il getto sono arrivati sul collo e poi sulla faccia cercando di centrarmi la bocca che dovevo tenere aperta. Ne ho ingoiata poca perché sono riuscita a sputarla quasi tutta. Mi stavano sicuramente insultando nella loro lingua. Poi Gianni mi ha spiegato che avevano deciso di punirmi perché pensavano che avrebbero potuto incularsi mio marito, ed invece non eri più tornato. E che quindi adesso me l’avrebbero fatta pagare a me. Mi hanno riportato in sala senza lasciarmi il tempo di sciacquarmi. Ero molto impaurita, ma Gianni e Paolo mi hanno rassicurato un pochino dicendomi che li avrebbero tenuti d’occhio. Mi hanno portato in un angolo della sala dove c’era una corda che pendeva dal soffitto e mi hanno fatto allungare le braccia verso l’alto legandomi i polsi. Poi mi hanno fatto allargare le gambe e legato le caviglie a dei ganci sul pavimento. Le corde erano strettissime, molto di più che quelle usate per legarmi al letto. I segni che vedi sulle braccia e sulle gambe mi sono sicuramente rimasti per quello. Poi si sono divertiti a…

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Chat da Omegle

Adesso stai chattando con uno sconosciuto casuale. Say hi!
Entrambi parlano la stessa lingua. (Selezionare “inglese” dal menu nell’angolo per disabilitare.)
Io: ciao, m
Stranger: ciao f
Stranger: anni ?
Io: 33, tu?
Stranger: 18 di dove sei ?
Io: Novara, tu?
Stranger: del nord
Stranger: cosa stai facendo ?
Io: cercando …
Stranger: interessante.. cosa cerchi ?
Io: qualcuna con cui scambiare … emozioni forti
Io: e tu?
Stranger: io cerco qualcuno che stuzzichi la mia fantasia prima di andare a dormire… solo quello, non accendo cam e non cerco incontri
Io: perfetto, d’accordo su tutto allora…. come ti chiami?
Stranger: alessia
Stranger: e tu ?
Io: Giulio, di dove sei?
Stranger: del nord.. fattelo bastare
Io: circoscrivere era più carino, ma va bene, come vuoi…
Io: ti descrivi?
Stranger: ne bella ne brutta, formosa con i capelli lunghi
Stranger: finora ho trovato solo buzzurri che mi dicevano le loro misure e non hanno capito cosa vorrei..
Io: mora, occhi scuri o chiari, occhiali?
Stranger: mora occhi scuri, non troppo alta
Stranger: niente occhiali
Io: ahahah, capisci subito che si tratta di un uomo se parla di misure …
Io: molti si spacciano per donne e poi ti chiedono subito quanti cm misura il tuo cazzo…
Stranger: molti mi hanno annoiato iniziando con storie melense da fidanzato
Io: neanche come ti chiami, quanto ce l’hai lungo (prima domanda) … ahahah
Stranger: tu hai fantasia ?
Io: abbastanza credo, da piccolo volevo fare lo scrittore …
Io: fisicamente sei il mio tipo, comunque … e quel né bella né brutta è molto intrigante …
Stranger: vediamo se riesci a farmi andare a dormire con la voglia di chiudere gli occhi, sfilarmi le mutandine e giocare con la mia mano… ti aiuto, non cerco una storia dolce e romantica….
Io: ok devo raccontarti una storia, la protagonista è una giovane del nord italia
Io: né bella né brutta ma molto sexy, inconsapevolmente sexy …
Stranger: ti aiuto… che avrebbe voglia di fare delle cose
Io: se sbaglio qualche particolare correggi pure
Stranger: ma è timida e dovrebbe essere forzata un pò…
Io: dunque sale su un autobus pieno
Io: è l’ora di massima affluenza …
Stranger: vorrebbe essere obbligata a fare…
Io: strano, sopra ci sono solo maschi, che combinazione …
Io: la ragazza si trova dietro di sé un signore sulla trentina, che le mette subito le mani vicine vicine al suo bel culetto sodo …
Io: senza toccarla per il momento, ma Io capisce che lui vorrebbe molto
Io: anche perché incomincia a strusciarsi addosso a Io
Stranger: è eccitato ?
Io: e a farle sentire da subito quanto è eccitato
Io: molto, e dopo poco si inizia a vedere …
Io: nessuno nota quanto sta succedendo
Io: fuorché un ragazzo giovane con i pantaloni corti
Io: che piano piano inizia ad avvicinarsi alla ragazza
Io: e si mette proprio di fronte a lei
Stranger: sono nervosa.. quasi quasi scendo dall’autobus alla fermata del parco
Stranger: spero che i 2 non i seguano…
Io: no, aspetta la fermata successiva …
Io: prima deve succedere qualcosa …
Io: anche perché l’eccitazione del primo è talmente forte che ti ha interessato
Io: e le sue mani hanno cominciato a risalire sotto la tua gonnellina
Io: e il secondo ti ha sfiorato le tette con le sue di mani …
Io: e si è stretto forte forte a te ….
Io: in realtà non sei in grado fisicamente di scendere
Io: perché i due ti bloccano
Stranger: invece riesco a scendere
Stranger: inizio a camminare velocemente senza voltarmi
Io: si perché glielo chiedi e loro ti lasciano scendere, ma lo prendono come un invito e ti seguono tutti e due
Stranger: spero che nessuno mi abbia seguita… o forso non spero..
Io: loro ti stanno seguendo, si sono scambiati un cenno d’intesa e camminano qualche metro dietro a te
Io: tu dove vai?
Stranger: dentro un portone e mi metto al buio sperando che non mi abbiano vista..
Io: ma loro ti hanno vista, seguivano proprio te…
Io: arrivano insieme e si rimettono nella posizione di prima …
Io: iniziano a toccarti tutti e due, il ragazzo ti bacia in bocca e ti tocca le tette
Io: l’uomo invece si abbassa e ti sposta la gonna
Io: ti mette le mani sul culo
Stranger: io no voglio, cerco di divincolarmi
Io: e ti sposta anche le mutandine …
Io: non puoi, sono decisi a non lasciarti andare
Io: e la lingua dell’uomo inizia a baciarti in un modo che non hai mai provato
Io: prima ti lecca tutta
Stranger: io non voglio, obbligami… con la forza ti prego
Io: prima la fichetta, entrando piano piano con la lingua fin dentro ..
Io: i due ti bloccano, sono troppo eccitati, uno ti mette una mano davanti alla bocca per non farti urlare
Io: poi ti lecca anche il culetto … e ti mette le dita dentro
Io: la fica e dentro il culo …
Io: tu ti inarchi tutta e spingi in modo che le dita entrino tutte dentro di te
Stranger: fammi inginocchiare ti prego
Io: aspetta … nel frattempo il ragazzo ti ha tolto la camicia e il reggiseno e ti sta baciano e mordendo i capezzoli
Io: turgidi di sesso…
Stranger: mi stai eccitando
Io: con le dita dell’uomo ancora dentro fai capire che ti vuoi inginocchiare
Io: l’uomo adulto scende con te e tu gli prendi in mano il cazzo
Stranger: tiralo fuori mentre scrivi… voglio che sia eccitato anche tu
Io: è già fuori, tu cosa stai facendo?
Stranger: ho allargato le gambe ed ho una mano nelle mutandine
Io: il ragazzo resta in piedi e tira fuori il suo cazzo
Io: tu glielo prendi subito in bocca e cominci a leccarlo dal basso verso l’alto
Io: mettiti le dita nella fica dai …
Io: e poi dall’alto verso il basso
Stranger: mi sto accarezzando e sono bagnata
Io: gli prendi in bocca le palle, tutte insieme … sei famelica …
Stranger: mi piace prenderlo in bocca ma non ho mai avuto il coraggio di farmi venire in bocca… obbligami ti prego
Io: poi cominci a prenderlo tutto in bocca
Io: e lui ti prende per i capelli e comincia a metterlo dentro e fuori … tenendoti la testa ferma
Io: tu lo lecchi tutto e lui è sempre più grosso …
Io: ti sborra un po’
Io: tu ti fermi e con la mano gli spalmi la sborra sul cazzo… e poi te la metti in bocca e gli dici che la sua sborra è buonissima
Io: lui ricomincia a mettertelo dentro e tu a succhiarglielo
Io: avanti e indietro, il ragazzo non ce la fa più
Io: l’uomo nel frattempo ti ha messo tutte le dita nella fica e te le muove tutte insieme …
Io: tu vieni proprio nel momento in cui il ragazzo ti sborra tutto in bocca
Stranger: si mi piace
Io: sei talmente eccitata che non riesci nemmeno a pensare di non inghiottire …
Io: l’uomo capisce che sei venuta e decide che è il momento di farti godere ancora
Io: ti fa alzare e mettere le mani sul muro …
Io: ti fa allargare le gambe e ti alza la gonna
Io: ti sposta le mutandine e ti prende da dietro …
Io: ha il cazzo più grosso che tu abbia mai provato
Stranger: voglio restare inginocchiata e fare il mio sogno proibito che non ho mai confessato
Io: cioe’?
Stranger: obbligami ad aprire la bocca, prendimi a sberle finchè non lo faccio…pisciami in bocca ti prego
Io: ok, ti faccio aprire la bocca a suon di sberle
Io: aprila bene. così
Stranger: non voglio…
Io: sì che lo vuoi, sei una troia da monta, adesso ti piscio in bocca
Stranger: si fallo
Io: perché lo hai sempre desiderato come la puttana che sei
Stranger: sii
Io: brava Alessia quanto sei porca …
Stranger: sogno di esserlo.. ma non ho il coraggio
Io: subito dopo averti pisciato ti scopo però come ti stavo descrivendo ..
Stranger: inculami ti prego
Io: puoi esserlo, se hai questi desideri, basta incontrare l’uomo giusto e reallizzarli…
Io: aspetta, dopo…
Io: prima
Io: ti scopo da dietro e inizio a metterti il dito pollice nel culo …
Io: prima solo quello
Stranger: grazie…. mi hai fatto venire
Io: poi ti faccio prendere in bocca tutte le altre dita della mia mano destra
Io: prego, è stato un piacere …
Stranger: era quello che volevo
Io: Alessia sei una gran troia, realizza le tue fantasie, non te ne pentirai

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Giorgia, la manager che diventa mia schiava 2

chi mi volesse contattare può scrivere a [email protected]

Qualche giorno dopo Giorgia sarebbe dovuta partire per le vacanze, come ogni anno quindici giorni in un campeggio di Rimini. Le ordinai che avrebbe dovuto stare in castità forzata per tutta la vacanza, ossia non poteva nè scopare col marito, nè masturbarsi, nè toccarsi, nè darsi piacere in alcun modo. Giorgia mi disse che per quanto riguardava il marito non ci sarebbe stato nessun problema, invece il divieto anche di toccarsi e masturbarsi sarebbe stato molto duro data la mole di bei ragazzi che popolavano quelle spiaggie e che spesso la eccitavano e quindi di notte cercava di sfogarsi con la masturbazione. Le risposi che non mi interessava e che doveva obbedire, lei con un gesto del capo quasi rassegnata disse di si. Le dissi però altre due cose che la mia ragazza aveva una casa vicino a Rimini e che quindi l’avrei tenuta d’occhio e che avrebbe dovuto indossare un costume bianco in quanto tutti avrebbero dovuto vedere la sua eccitazione montante se si fosse manifestata. Anche a questa richiesta mi fece di si con un gesto del capo al quale io sbottai dicendo che una schiava deve provare entusiamo ad obbedire al suo padrone e che avrebbe dovuto dire grazie padrone che si occupa della mia educazione. Giorgia ormai rassegnata affermò quanto gli avevo ordinato di dire.
Partita per le vacanze i primi giorni passarono come nulla fosse tra attività sportiva, giochi a carte e le classiche attività ludiche che si fanno in campeggio. Dopo qualche giorno però la castità forzata si faceva sentire e si vedeva Giorgia fare spesso la doccia, spesso fredda, la si scorgeva poi spesso camminare avanti e indietro nervosamente per la spiaggia segno che la sua resistenza cominciava a diventare sempre più difficile.
Per metterla ancora di più alla prova decisi di assoldare un mio amico palestrato affinchè la provocasse, questi stette al gioco e si divertì anche molto. Faceva finta di essere un semplice bagnante che passava di là e si fermava a guardarla puntandola sia con sorriso ammicante, sia puntandole le tette. L’astinenza forzata che ormai durava da una settimana e la non soddisfazione sessuale che provava in precedenza col marito furono un mix pazzesco: assistetti a un tipo di scena che non avevo mai visto, quando il mio amico la puntava si vedeva lo slip bianco del costume di Giorgia inumirsi dei suoi umori e lei imbarazzata tra le risatine dei spiaggianti, del marito e delle amiche andava a cambiarseli piena di vergogna.
Questa cosa proseguì per giorni e la sensaibilità di Giorgia a queste provocazioni diminuiva di giorno in giorno a un certo punto bastava che qualsiasi uomo mediamente piacente la guardasse negli occhi che si vedeva inzupparsi lo slip con i suoi umori intrisi di eccitazione.
Quando mancarono due giorni al ritorno a casa mi mandò un sms implorando pietà, dicendomi che non ce la faceva più descrivendo quelle scene che già conoscevo, ma le dissi che non se ne parlava proprio, allora lei mi chiese quale sarebbe stata la punizione in caso non fosse riuscita ad obbedire e ovviamente le dissi che sarebbe stata una sorpresa, che non glielo avrei potuto dire, ma sarebbe stata molto severa e si sarebbe pentita amaramente di quello aveva fatto permettendosi di disobbidre al suo padrone.
Il giorno dopo venni a sapere che aveva disobbdito al mio ordine della castità forzata, che non ce l’aveva fatta, poi lei con gesto di sincerità che apprezzai lo confessò in un sms chiedendomi pietà. Le dissi che non se ne parlava proprio e che al ritorno dalle vacanze sarebbe dovuta venire a casa mia con una spugna di ferro di quelle che si usa per pulire le pentole strumento col quale sarebbe stata punita.

http://www.padronebastardo.org

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Anal

Ein Abend allein, oder, Erinnerungen an einen wund

Ich sitze heute schon den geschlagenen Tag am PC und arbeite an meiner Homepage. Langsam geht die Kreativität zum Lachen in den Keller und die Motivation ist schon vor etwa 2 Stunden eine rauchen gegangen und bisher nicht zurückgekommen. Mein Körper schreit nach Sex, ich bin so geil, dass ich einfach nur hemmungslos ficken möchte, aber mein Mann ist geschäftlich unterwegs, also schaue ich doch mal beim Hamster vorbei…
Nach ein paar sinnlich versauten Filmen fühle ich die spermageile Schlampe in mir die Oberhand gewinnen und gebe mich ganz den sinnlichen Genüssen und eindeutigen Chats hin. Meine Muschi ist nass und willig, von einem harten, geilen Riemen durchgefickt zu werden, meine Brüste sehnen sich nach Streicheleinheiten und mein ganzes Ich brennt vor Verlangen nach gutem, dreckigen,harten Sex. Ich schaue ein Video, in dem die Hauptdarstellerin hemmungslos mit drei Männern fickt und ich kenne dieses herrliche Gefühl auch sehr gut und erinnere mich sehr gern an meinen ersten 4er. Dabei muss ich meine Muschi streicheln, denn diese Gedanken machen mich gleich wieder so heiß, wie an jenem Vormittag im Hotel.
Ich hatte mich mit einem Mann, man würde wohl Fuckbuddy/Fickfreund dazu sagen, denn außer Sex und freundschaftlicher Verbundenheit war da nichts zwischen uns, zum Treffen verabredet und ich wußte, er würde noch einen Kollegen mitbringen, dem er meine Nacktfotos gezeigt hatte und den er unbedingt einmal dabei haben wollte. Das war eine seiner Fantasien, die ich ihm nur zu gerne erfüllte.
Ich war Single und experimentierfreudig und so war ich pünktlich um 11:00 morgens an dem verabredeten Treffpunkt, einem Hotelparkplatz in Bochum. Ich stieg aus meinem Auto, gleichzeitig mit Ralf, meinem Freund, der seine 1,90m aus seinem alten Toyota faltete. Wir hatten verabredet, dass ich seinem Freund gleich noch auf dem Parkplatz an die Hose gehen sollte. Ein gutaussehender Mittvierziger entstieg nun dem Auto, blitzende, blaue Augen, blonde, kurze Haare und ein harter, fitter Körper. Hmmm…ja, nicht schlecht. Eindeutig Heiner, wie ihn Ralf mir beschrieben hatte. Ich wollte gerade auf ihn zusteuern, da stieg noch ein Mann aus, sauber ausrasierter kahler Schädel, massiger, muskulöser Körper und sehr groß, dazu freundliche, braune Augen, mit denen er mir jetzt etwas nervös lächelnd zuzwinkerte.
Ralf eilte zu mir und nahm mich beiseite. “Ich habe noch Bernd mitgebracht, der hat gerade keine Freundin und nichts zum Ficken, kennt auch nur Missionarsstellung und hatte wohl noch nie Oralsex…Seine geschiedene Frau war da eher prüde…hast Du Lust? Sonst geht er in der Zeit was essen…wenn du nicht magst.”
Ich schaute in Ralfs besorgte Augen und musste lachen. Ehrlich, vor einem halben Jahr hätte ich mir niemals vorgestellt, dass ich einmal in einer solchen Situation vor einer solchen Wahl stehen würde. Ich nickte, denn ich hatte nichts dagegen, und ging lächelnd zu den beiden wartenden Männern herüber, um mich vorzustellen. Heiner küsste mich zur Begrüßung schon einmal leidenschaftlich und ich öffnete mich nur zu gern seiner forschenden, zärtlichen Zunge, fühlte seinen harten, muskulösen Körper unter dem dünnen Sommerhemd und konnte sogar seinen halbsteifen, großen Schwanz an meiner Hüfte spüren, als er mich umarmte. Schauder der Vorfreude rannen über meinen Körper und meine Brustwarzen wurden augenblicklich steif unter meinem hautengen, schwarzen Kleid. Bernd umarmte mich danach und griff beherzt meine Pobacken während er mich auf die Wange küßte. Sein Atem roch vage nach Pfefferminz und sein Aftershave war sehr sinnlich und herb, er fühlte sich sehr sexy an und plötzlich war ich sicher, ich wollte Sex mit ihm.
Ralf atmete erleichtert auf, er hatte schließlich den schönen Ficktag vorbereitet und war wohl unsicher, ob er es jetzt übertrieben hatte und alles ruiniert war. Er nahm mich und zog mich hinter einen parkenden Kleintransporter, wo er mich leidenschaftlich küsste und mein Kleid hochschob. “Hmmm, schwarze Spitze…hmmm…aber was habe ich dir gesagt? Kein Höschen”. Die Männer folgten uns und bald schon war ich kichernder Mittelpunkt eines netten, erotischen Gespräches, bei dem ich zunächst mein Höschen verlor und mir dann meine Brüste aus dem Ausschnitt meines Kleides gezogen wurden. Ralf grinste frech und machte eine Ansage, wie ein Zirkusdirektor. “Meine Herren, mäßigen Sie sich. Wir werden jetzt diese junge Frau auf ihr Zimmer schmuggeln…äääh…begleiten, ich gehe mit Bernd voraus, dann folgt Sue mit Heiner.” So machten wir es und schon bald standen wir alle zusammen in dem angemieteten Doppelzimmer in einem nüchternen, modernen Hotel mit einer ebenerdigen Naßzelle in Bonbonfarben und einem spartanisch wirkenden Doppelbett alla Jugendherberge… Naja. Sekt stand bereit und als alle mit einem Glas (Kaffeebecher aus dem Automaten im Gang) versorgt waren, stießen wir auf einen erotischen Tag an.
Etwas verlegen standen wir nun erstmal da und so ging ich und zog die dünnen, orangefarbenen Vorhänge zu, Ralf entzündete ein paar Kerzen und ich ging dann entschlossen, mir den Tag nicht von einem mangelnden Ambiente zerstören zu lassen, zu Heiner hinüber, kniete mich ohne größere Ankündigung hin und öffnete seine Hose. Einen Moment atmete ich seinen männlichen Duft ein und rieb meine Wange am weichen Stoff seiner Boxershorts, dann zog ich seinen komplett erigierten Penis hervor und begann, ihn zu lecken, wie einen Lolli, bevor ich ihn mir in den Mund schob und an ihm saugte.
Er stöhnte auf und ich bekam mit, dass die anderen Männer sich um uns gruppiert hatten, um uns zuzusehen. Meine Wangen glühten und ich genoß es, diesen fantastischen Schwanz zu blasen. Bernd zog sein Hemd aus und stieg etwas unbeholfen aus seinen Hosen, während ich seine straffen Eier leckte und streichelte. Dann nahm er meinen Kopf und dirigierte meinen Mund auf seinem steifen, harten Schwanz auf und ab, rammte mir dann seine volle Länge in den Rachen, bis ich würgte. Ich spürte ihn kurz zögern, doch als ich keine Unmutsäußerung tat, fickte er meinen Mund wie in Trance, tief und hart mit regelmäßigen Stößen. Tränen liefen meine Wangen herab, ich konnte kaum Luft holen und Precum und Speichel troffen mir in den Ausschnitt. Es war herrlich und ich gab mich ganz dem Gefühl als Lustobjekt benutzt zu werden hin.
In einer kurzen Pause, die ich zum Luftholen brauchte, half Ralf mir aus dem Kleid und meinem schwarzen Spitzen BH, wobei er mich zärtlich streichelte und meine Brustwarzen leckte. Dann sah ich Bernds massige Gestalt hinter mir, der vollkommen nackt dastand, seinen Schwanz wichste und mich anstarrte, als hätte er noch nie eine nackte, rundliche Frau in High Heels gesehen, die einem Mann einen bläst. Naja, wahrscheinlich war es genauso…
Heiner legte sich aufs Bett und ich beugte mich mit gespreizten Beinen übers Bett, um ihn weiter mit dem Mund zu verwöhnen. Meine tropfende Muschi streckte ich Bernd und Ralf entgegen, eine Bitte und Aufforderung zugleich und schnell spürte ich auch einen Schwanz, der sanft und etwas zögernd in meine tropfnasse Möse gesteckt wurde. Bernd. Seine großen Hände umfassten meine Brüste, kneteten sie und hin und wieder zwickte er meine Brustwarzen. Ich keuchte auf, als er begann, mich hart zu ficken, schnell, langsam, hart, zart und so unendlich geil, dass ich nur noch stöhnen konnte. Ich genoß das Gefühl, zwei Schwänze zu spüren, die wegen mir hart waren, die mich befriedigen wollten, die sich an mir erregt hatten… ein geiles Gefühl für jemanden, der lange Jahre ein Gefühl des Begehrtsein nicht kannte und sich nie begehrenswert gefühlt hatte.
Nach einer Weile tippte mir Ralf auf die Schulter. Komm, meine Schöne, es ist an der Zeit, rutsch mal hoch und setz dich auf Heiners Schwanz, dann fick ich Dich in deinen geilen, kleinen Nuttenarsch und Du kannst Bernd einen Blasen, ja? Du bist doch meine willige, kleine Dreilochstute, komm… so ein Sandwich ist doch etwas Feines…”
Er dirigierte uns auf dem Bett solange hin und her, bis wir die perfekte Position gefunden hatten. Heiner ließ mich aufsteigen und ich setzte mich stöhnend vor Lust auf seinen großen, pochenden Schwanz. Ich spürte die hervortretenden Adern bei jedem Stoß und hob und senkte mich einige Sekunden in schönstem Ficktakt, dann hieß mich Ralf, mich nach vorn zu lehnen und kurz stillzuhalten. “Atme tief aus, wenn ich es dir sage und drücke ein bisschen gegen meinen Schwanz an, wenn ich eindringe, dann ist es ganz einfach.” Da erst wurde mir bewußt, ich würde gleich einen Schwanz in Meiner Muschi und einen in meinem Arsch haben und dazu noch einen in meinem gierigen, spermageilen Maul. Ich war aufgeregt, aber Ralf nahm mir alle Angst, er massierte meinen Anus mit meinem Muschisaft, rieb sanft an dem ring aus Muskeln und schob zunächst seinen Daumen hinein. Durch den massiven Schwanz in meiner Muschi war der Kanal extra eng, doch es tat nur einen Moment weh, als er seine Eichel ansetzte und sie mir in mein Muschisaft glitschiges Loch drückte. Er keuchte und stöhnte vor Lust, hielt sich aber zurück, bis ich signalisierte, dass ich gefickt werden wollte, von beiden…zwei Schwänze in mir, einfach ein wahnsinns Gefühl, die beiden bewegten sich in mir im Takt und ich war nur noch blanke Lust. Schmerz wurde zu Wonne und ich griff wie im Rausch nach Bernds großem, rosigen Penis, der feucht, hart und bereit vor meinem Gesicht baumelte und begann ihn zu blasen, wie von Sinnen. Ich wurde nach allen Regeln der Kunst gefickt und ich schleckte und saugte einen herrlichen, langen, dicken Schwanz, der wie eine sanfte Meeresbrise schmeckte. Ich schaute zu Bernd hoch. Sein Kopf war hochrot, seine Augen halbgeschlossen, er sah so sexy aus, dass ich gleich nocheinmal so gerne an seinem Schwengel saugte. Wir schauten uns in die Augen und mit fragendem Blick nahm er meinen Kopf. Ich nickte, ja…Ich war einverstanden…benutz mich, fick mich, ich will heute nur noch Lust sein, purer, reiner Sex ohne Gedanken. Er dirigierte meinen Kopf und ich öffnete mich ihm, ließ ihn gewähren, als er seinen Prügel in meine Kehle rammte, bis meine Nase an sein Schambein donnerte, vor meinen Augen flimmerte es. Bernd stöhnte auf und ergoß sich in meinen willigen Mund und meine Kehle. Ich war seelig. Das cremige Sperma rann mir aus Mund und Nase, bevor ich zum Schlucken kam und tropfte auf meine Brüste, ich musste husten, doch hielt er mich auf seinem Schwanz wie mit eisernem Griff und sein Schwanz sprühte Strom um Strom köstlichen Spermas in meine Kehle. Nach und nach entspannte er sich und es kamen nur noch ein paar Tropfen, dann ließ er mich los. Die beiden anderen Männer fickten mich immer noch gnadenlos und so tief jetzt, dass ich das Gefühl hatte, in Stücke zu zerspringen. Ralf zog sich nach ein paar heftigen Stößen in meinen mittlerweile weit geöffneten Arsch aus mir zurück und stoppte sanft auch Heiner, der mich noch ein paar Stöße länger bearbeitete. Ich zitterte und mein Gesicht und meine Brüste waren mit Sperma beschmiert. “Komm Sue, knie dich mal da hin” Ich folgte Ralfs Anweisung und kniete mich mitten ins Zimmer auf den harten Teppich. “Heiner, komm, wir werden jetzt ihr Gesicht noch mehr verzieren, als es schon ist.” Bernd stellte sich dazu und rieb seinen Schwanz an meiner Schulter, während die anderen beiden sich in meinem Mund abwechselten und sich die Spritzbereiten Schwänze wichsten, ich schleckte mit meiner Zunge mal über diese Eichel, mal über jene, leckte und massierte die zum Bersten gefüllten Eier und lutschte auch Bernds schon beinahe wieder fickbereiten Schwanz. Da stöhnte Ralf auf und griff nach meinem Kinn. Schon spritze sein cremiger Saft über meine herausgestreckte Zunge und in meinen geöffneten Mund, ein paar Spritzer verteilten sich auf meiner Wange, in meiner Augenbraue und auf meinen Brüsten mit den harten Brustwarzen. Ich schluckte das Sperma und leckte mir genießerisch die Lippen…”Und jetzt du” Heiner lächelte mich stattdessen nur an. Ich muss fragend dreingeschaut haben, aber dann nahm er mich, statt ebenfalls abzuspritzen und setzte mich mit dem Rücken zu ihm auf seinen Schwanz, eine Hand an meiner Muschi begann er, mich langsam zu ficken, intensiv, heiß, langsam, quälend langsam, dann mit plötzlichen, harten Stößen. Seine Finger spielten mit meiner nassen Klitoris, dass ich irgendwann den Bezug zur Realität komplett verlor und mich nur noch meiner Lust hingab. Er küsste sanft meinen Nacken und mit einem letzten Aufbäumen kam ich in harten, zitternden Schüben und spürte, wie auch er sich in mich ergoß. Es war einer der herrlichsten Orgasmen meines Lebens. Als ich von Heiners Schoß kletterte, zittrig und völlig befriedigt, hauchte ich ihm einen Kuß auf die Lippen. “Dankeschön” Wir alle waren fürs erste müde und zufrieden. Es sollte noch ein langer, herrlicher Ficktag werden. Wir gingen zwischendurch in die Saunalandschaft, die an das Hotel angegliedert war und ins Resaturant, danach noch einmal aufs Zimmer und erst spät in der Nacht verabschiedeten wir uns voneinander.

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Mein Erwachen! Teil 3

Mein Erwachen Teil 3

Jedenfalls geriet Monika irgendwie immer an die falschen Kerle und wir verloren uns für lange Zeit aus den Augen.
Weder andere Freunde noch ihre Familie hatten Kontakt zu ihr.
Lange Zeit musste ich ausharren, bis es endlich klappte mit einer Frau und mir blieben nur Fantasien und abfuhren.
Mit 18 erst hatte ich meine erste Freundin, für 14 Tage, in der Zeit war nur kuscheln und knutschen dabei.
Da sie leider dazu neigte einen Vaterkomplex zu haben, wurde sie von einem älteren als ich mir ausgespannt.
Es dauerte dann ein Jahr, bis es richtig klappte, genau einen Tag nach meinem 19. Geburtstag, kam ich mit Petra zusammen, sie war 16 schöne Augen in denen man versinken konnte und trotz ihrer Größe von ca.154cm, endlos scheinende Beine und eine wunderschöne Fußform.
Sie schnappte sich immer heimlich die Heels ihrer Mutter und war damit unterwegs.
Petra war ihr Name und sie war eine Ballenläuferin, zur Erklärung, sie lief auch Barfuss wie als wenn sie Absätze anhätte und lief nur auf ihren Ballen.
Ihre Fußform war schon sehr erregend für mich und wenn wir bei mir oder ihr waren und wir miteinander schön kuschelten, streichelte ich immer ihre Füße dabei.
Wir waren ein halbes Jahr zusammen und dann hatte ich erst das Vertrauen zu ihr das ich mich getraut hätte mit ihr zu schlafen.
Da ich eigentlich immer in Gefühlsdingen für offene Gespräche bin, habe ich mit ihr auch darüber geredet.
Das Ergebnis war, das wir uns in Freundschaft trennten und ich später mitbekam das sie mir eigentlich ausgespannt wurde.
Also wieder Pech gehabt mit den Frauen, allerdings bin ich mir meiner Einstellung: Sex nur mit einer Partnerin wenn Liebe im Spiel ist, treu geblieben.
Bis zu meinem 21. Lebensjahr war ich also trauriger Single und es war wirklich schwer für mich, im Freundeskreis ständig zu sehen wie schön Liebe ist und man selber immer in die Röhre schaut.
Dann lernte ich Sara kennen, sie war ein halben Kopf größer als ich, schwarze lange Haare bis zur Hüfte runter und rehbraune Augen.
Sara war ein halben Kopf größer als ich, aber das störte mich überhaupt nicht.
Eine gute Freundin nahm mich auf ihren Geburtstag mit, da meine Moral schon so weit unten war, hatte ich keine Kraft mehr zu kämpfen.
Also amüsierte ich mich auf der Party sprach hier und da mit den Leuten und wir organisierten einen Videoabend bei mir zu Hause.
Eine gute Freundin von ihr und mir, mein Kumpel Mike und es sollte noch jemand kommen an dem Abend.
Sara hatten wir auch eingeladen und sie wollte auch kommen, ich holte sie alle am U-Bahnhof ab und wir spazierten zu mir.
Es war ein kalter Wintertag, es war schweine Glatt, es ging ein scharfer Wind und die Temperatur ging so in die Minus 10 Grad schon.
Der dritte Kumpel in der Runde hatte abgesagt und somit waren wir nur zu viert.
Wir liefen in einer Kette Arm in Arm eingehackt und wärmten uns so, bis wir bei mir waren.
Ich hatte in meinem einen Zimmer eine große Couch und von meiner alten Couch noch ein großes Sitzkissen.
Ich lies die Damen auf der Couch es sich gemütlich machen, Mike setzte sich erst auf meinen Bürostuhl und ich verzog mich mit dem Sitzkissen auf den Boden zu Füßen von Nadine und Sara.
Durch Nadine wusste ich, dass Sara gern Mike näher kennen lernen wollte und Nadine und ich hatten unsere Fronten schon einmal geklärt.
Also ging es an diesem Abend mehr um Sara und Mike.
Ich versorgte meine Gäste mit Knabbersachen und genug Getränke und hatte Kerzen im Zimmer an.
Die Stimmung dadurch war schon sehr romantisch und so war es für mich auch erträglich die ganze Situation.
Dies machte ich häufig um einfach innerlich abzuschalten und so zu entspannen vom Alltag.
Wir hatten vor an diesem Abend drei Filme zu schauen, jedenfalls zog das Wetter draußen schön an.
Der Wind wurde stärker und pfiff scharf um die Ecken, das Thermometer auf meinem Fensterbrett zeigte minus 20 Grad schon an.
Während wir den ersten Film schauten, ich glaube es war Bodyguard mit Kevin Kostner, sah ich aus den Augenwinkeln die schönen langen Beine von Sara, sie trug eine Strumpfhose und schwarze Overkneesocken, ihre Füße hatten eine auf mich anziehende und erregende Form.
Allerdings hatte sie dadurch auch das Glück/Pech das ihr Schuhe in den Größen 39, 40 oder 41 passten.
Als wir den ersten Film zu ende hatten, tauschte Mike den Platz und saß neben Nadine auf der Couch und Sara auf der anderen Seite von ihm.
Wir fingen den zweiten Film an zu schauen und ich merkte wie Sara versuchte sich an Mike anzukuscheln und der reagierte einfach nur kalt.
Irgendwie dachte ich mir, merkt der noch was sie macht den ersten Schritt und was macht er….
Irgendwann merkte ich nur wie sich jemand von hinten an mich ankuschelte und sah das Sara zu mir runter auf den Boden gekommen ist.
Ich rutschte allerdings hinter ihr so das sie sich anlehnen konnte und legte meine Arme um sie um sie noch zu wärmen, Sara schmiegte sich schön an mich an und ein kribbeln breitete sich in meiner Magengegend aus, mir wurde mollig warm und ich fühlte mich sau wohl.
Wir schauten den Film ohne Pause in der Situation zu ende, als wir zum dritten Film hin eine Pause machen wollten, merkten wir, dass Nadine sehr blass aussah.
Als ich ihre Stirn fühlte, glühte sie förmlich, also Thermometer geholt und gemessen, erschreckende 40 Grad.
Also ein Grund den Abend abzubrechen, natürlich gebot mein Ehrverhalten Nadine nach Hause zu bringen und danach Sara nach Hause zu bringen.
Also wir gingen zu viert los und raus in die Kälte, Mike brachte Nadine mit nach Hause und verabschiedete sich dann von uns.
Mir war das egal denn eine junge Frau lässt man nicht nachts allein nach Hause und so brachte ich auch Sara nach Hause, auf dem ganzen Weg kuschelte sie sich an mich.
Mein Herz und mein Bauch rasten wie Wild, irgendwie wollte ich es nicht glauben, das sich so eine hübsche Maus an mich ran machte.
Es ging einige Tage hin und her, wir trafen uns und telefonierten viel miteinander, doch die eigentliche Frage ob wir miteinander gehen sollten kam nicht auf.
An einem Tag klickte es auch bei ihr und sie wusste allerdings nicht wie sie sich verhalten sollte.
Sie wollte von mir Ruhe haben und sagte mir das auch durch die Blume, traurig zog ich mich zurück und verbrachte die ganze Zeit in meinem Zimmer und lenkte mich mit allem ab was mir einfiel.
Als das Telefon klingelte reagierte ich nicht mal, erst als mein Vater mich holte das es für mich sei ging ich ran.
Sie wollte, dass ich bei ihr vorbeikam, allerdings hatte ich vor dem Treffen viel Angst wieder enttäuscht zu werden.
Als ich bei Sara ankam, klingelte ich mit zitternden Fingern an der WG Tür und mit Herzklopfen klopfte ich an ihre Zimmertür.
Aber es kam anders als ich dachte, es gab ein kurzes Gespräch und wir lagen knutschend auf ihrer Couch und wir waren zusammen.
Innerlich flammte eine kleine Flamme in der Asche meiner Gefühle wieder auf, Hoffnung war wieder da und das wissen doch geliebt zu werden.
Ich war im siebten Himmel und wir trafen uns jeden Tag zwei Wochen lang, dann wollte sie, dass ich übers Wochenende bei ihr sein sollte.
Also Freitag nach Feierabend nach Hause, Tasche gepackt und ab zu ihr, hatte schließlich auch den Montag frei.
Ich hatte extra Kondome gekauft, da ich selber noch Jungfrau war und bei ihr wusste ich, dass sie es nicht mehr war.
Der Freundeskreis erzählte mir Geschichten von ihrem ersten mal, das sie es nicht mal geschafft hatten einen hoch zu bekommen als es soweit war.
Abends kam ich bei ihr in der WG an, sie trug ein grünes Hemd von mir was mit Druckknöpfen geschlossen wurde und fiel mir um den Hals als ich in ihr Zimmer kam.
Zunächst kam ich die nächste halbe Stunde nicht dazu meine Jacke auszuziehen weil sich unsere Zungen nicht voneinander lösen konnten.
Wir kuschelten uns auf ihre Couch machten Radio an und quatschten und kuschelten miteinander.
Irgendwann ging sie aus ihrem Zimmer und holte eine Flasche Selters mit rein, damit wir was zu trinken hatten.
Ich meinte, ich werd mich mal Bettfertig machen, ab ins Bad Zähne geputzt, T-Shirt und Shorts an und ab wieder ins Zimmer.
Sie saß im Schneidersitz und wartet auf mich, wir kuschelten uns aneinander und sie fing an das Hemd langsam aufzuknöpfen, mein Herz raste und von dem ganzen Kuscheln und Knutschen hatte ich sowieso schon eine schöne Beule.
Als sie das Hemd aus hatte sah ich dass sie einen wunderschönen Body anhatte in einem dunkel grünen Satainstoff, er war noch mit Spitze komplett besetzt und er fasste sich einfach himmlisch an.
Sie nahm meine Hand und führte sie zu dem Body das ich ihn anfassen konnte und als ich bei ihren Brüsten ankam und ihr Blick den meinen traf, wusste ich das in dieser Nacht mein erstes Mal sein würde.
Ich stoppte allerdings kurz und sprach sie an auf Verhütung und HIV, holte dabei die Kondome aus der Tasche.
Sara kam zu mir, hab keine Angst ich nehme die Pille und habe wegen dir ein HIV Test gemacht.
Als die Punkte geklärt waren, ließ ich mich einfach Fallen und folgte einfach meinen Gefühlen und meiner Intuition.
Ich denke mal das ich dadurch keine Ladehemmungen hatte, seltsamer Weise übernahm ich die Führung im Bett.
Wenn ich schätzen müsste, streichelte ich sie und küsste sie am ganzen Körper mehrere Stunden lang bis wir es nicht mehr aushielten und in Extase übereinander herfielen.
Und ich erzähle euch hier kein Märchen das wir so einige Stellungen durch probierten und das volle drei Tage lang, nur mit kurzen Pausen für Toilette und mal was trinken.
Am Montag auf dem Späten Abend kroch ich auf allen vieren nach Hause, da ich am Dienstag wieder arbeiten musste.
Auf gut deutsch, wir haben und sie Seele aus dem Leib gefickt und mein erster Orgasmus war so intensiv gewesen das ich weggetreten war.
So fing meine erste richtige Beziehung an, Sara und ich waren drei und ein halbes Jahr zusammen.
Und das letzte halbe Jahr davon sogar verlobt mit eigener Wohnung.
Jedenfalls merkte ich, das ihr in Sachen Sex nichts zu langweilig war, allerdings war sie nicht sehr Kreativ und so lernte sie durch mich mehr kennen.
Theorie hatte ich genug, ich las viel und unterhielt mich mit guten Freundinnen und nahm einfach so in mich auf, auf was Frauen so stehen.
So kamen wir recht Früh auf die Idee es im stehen zu treiben, ich hatte Sara wie im Huckepack nur von vorn, auf den Armen und drang so in sie ein.
Das war unsere Lieblingsstellung für die schnelle Nummer.
Oder wenn wir bei mir waren bevor wir zusammen eine eigene Wohnung hatten, nutzte sie aus wenn ich auf meinem Bürostuhl saß, der eine sehr gute Hydraulikfederung hatte und keine Armlehnen.
Sie drehte mich dann einfach zu sich um, schob ihren String bei Seite, holte meinen kleinen Freund raus uns setzte sich langsam auf mich rauf.
Dann ließ sie sich kurz fallen und durch die Federung wurde das spiel verstärkt und wir konnten so Stundenlang auf dem Stuhl geil ficken.
Sara hatte es drauf auf einmal still zu halten und mich so zu bremsen, sie fing dann einfach an nur ihre Intimmuskeln zusammen zu ziehen und mich dann fast in den Wahnsinn zu treiben.
Als wir dann unsere eigene Wohnung hatten, überkam es sie häufig, nur mit der Hand in den Wahnsinn zu treiben.
Sie holte mein Schwanz schön hoch und sie konnte das so gut dass ich einfach mit geschlossenen Augen da lag.
Sie nutze einen Griff auf den ich bis heute nicht komme, sie umfasste mein Schwanz allerdings bewegte sie ihre Hand nicht auf und ab wie man es sich denken könnte.
Ich kann es wirklich nicht richtig beschreiben, sie holte alles damit aus mir raus das ich sehr laut kam und in so einem hohen Bogen abspritze das es über meinen Kopf hinweg schoss oder sogar mich selber im Gesicht traf.
Wir fingen an regelmäßig uns die Coupe zu kaufen und schauten was sie dort immer wieder vorstellten, aus welchen Kulturen manche Praktiken kamen.
In den Jahren die wir zusammen waren, kaufte ich ihr auch schöne Dessous zum Geburtstag und so bekam sie durch mich auch ihre ersten Nylons, Corsagen, Strapsen und Halterlosen.
Bei Absätzen habe ich sie indirekt überredet, jedenfalls konnte sie sich sehr gut zurechtmachen und überraschte mich auch häufig in Dessous und verführte mich gekonnt.
Wenn ich hier euch alle geilen Situationen mit ihr Erzählen würde, würde das den Rahmen sprengen, daher komme ich auf mein Erwachen, das ich durch Sara erlebte.
Also ich saß in der Badewanne und relaxte, als sie ins Bad kam nur in kurzer Shorts und T-Shirt.
Hätte ich schon damals das Wissen über die Fußerotik gehabt was ich heute habe, dann hätte ich gern ihre Füße geleckt und ihre Zehen gelutscht.
Unser Bad war so aufgestellt das zum Fußende der Badewanne hin das Waschbecken war, sie kam ins Bad und setzte sich auf das Waschbecken und fragte mich noch wie lange ich in der Wanne bleiben möchte.
Ich erwiderte, nicht Lange Maus, wird gleich Wasser ablassen und mich noch rasieren unter der Dusche dann komm ich raus.
Jedenfalls fingen wir an uns zu unterhalten und sie lies wie durch Zufall ihre Füße im Badewasser baumeln.
Sie fing an immer näher an meinen kleinen Freund zu kommen und fing neckisch an mit ihm zu spielen.
Durch meinen Körper schoss ein Blitz als sich ihre Ballen um meinen immer härter werdenden Freund schlossen und sie anfing ihre Füße an ihm auf und ab gleiten zu lassen.
Sie machte das mit einem breiten Grinsen und genoss die Reaktion von mir wie ich mich anfing zu winden unter ihren Berührungen ihrer Füße.
Bei meinen Bewegungen kam ich an den Stöpsel und das Wasser lief langsam aus der Wanne, sie behielt das langsame Tempo bei und veränderte die Fußhaltung an meinem harten Mast so das mein Schwanz genau zwischen ihrem Innenriss war und massierte ihn so das ihre Füße meine Wurzel schön pressten.
Ich schätze das ging über eine Stunde und ich kam sehr laut und intensiv, meine Sahne schoss über ihre Füße und Beine ich dachte das hört gar nicht mehr auf, Schwall um Schwall ergoss ich mich über ihre schönen Beine und Füße.
Mit Sternen und schwärze vor den Augen lag ich ca. eine halbe Stunde in der Badewanne und ich kam langsam zu mir.
Mir stellte sich nur die Frage, woher hatte sie die Idee….einige Tage später bekam ich die Antwort.
Ich fand auf unserer Toilette eine Ausgabe der Coupe die ich nicht gekauft geschweige denn gelesen habe und darin kam das indonesische Fußpendeln vor mit intensiver Erklärung und Bildern.
Sie baute das immer wieder mit in unser Liebesspiel mit ein und bekam mich so immer in den Wahnsinn.
Die Trennung lief leider sehr schmutzig ab, von ihrer Seite aus, ich brauchte lange um mich von diesem Schlag zu erholen und auch wieder einer Frau zu vertrauen.
Als ich wieder soweit Fit war alles zu verarbeiten und alles mal durch den Kopf gehen zu lassen.
Kam ich für mich zu dem Entschluss, das ich es ihr zu verdanken habe, das ich so wie ich heute bin, kein Weichei mehr mit dem jeder anstellen konnte was er wollte.
Ich habe meine Seele mein innerstes Entdeckt und bin Erwacht und in sexueller Hinsicht bin ich durch das Erlebnis meines ersten Footjobs von ihr, sehr bewusst geworden das ich den Fetisch und die Vorliebe für Fußerotik, Nylon, Fußkettchen und High Heels habe.
Nach dem Footjob von ihr habe ich mir auch mein erstes Paar High Heels in einem Second Hand Shop gekauft.
Und ich muss sagen, dass ich seit dem das Talent habe meinen Partnerinnen die Freude der Fußerotik beizubringen und es gemeinsam auszuleben.

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London Calling 02

London Calling

By plusquamperfekt ©

Zweiter Teil – Nur Freunde

Langsam kehrten alle Weihnachtsurlauber ins Haus zurück. Und mit Ihnen die „Normalität“. Adrian hatte keine neuen Übersetzungsjobs für mich, da die Vorbereitungen für seine Vorlesungsreihe abgeschlossen waren. Kev, der kanadische Regisseur, hatte aber Arbeit für mich. In Deutschland hatte ich zum Schluss meine eigenen Möbel gebaut. Er wollte auch etwas Maßgeschneidertes, ein Bücherregal für sein Wohnzimmer.

Eines, das sich um einen Türrahmen rankte, beziehungsweise diesen einschloss. Zwei einzelne Standregale mit einem Verbindungsstück, das für Taschenbücher und Dekoration gedacht war. Es war kein schwerer Job und er hatte so ziemlich alle Werkzeuge da, die man sich wünschen konnte. Beim Bohren hatte ich ein paar unerwartete Probleme, aber ich schaffte es schließlich, das Ding ordentlich mit der Wand zu verschrauben.

„Komm das reicht. Das muss heutzutage nicht mehr hundert Jahre halten. Ihr Deutschen seid alle Perfektionisten.“

Ich stieg von der Leiter und betrachtete befriedigt mein Werk. Ein befreundeter Bühnenbildner gesellte sich zu uns.

„Sehr schön. Hat er gut gemacht, der hübsche junge Mann.“

Kev war bisexuell, der andere Mann wohl eher exklusiv schwul.

„Und, was meinst du, wie lang du für den Job gebraucht hättest?“ fragte Kev lauernd.

„Zwei, drei Tage höchstens. Warum?“

„Sechs Stunden hat er gebraucht. Und da ist die Zeit mit drin, um das Holz vom Holzhändler hierher zu schaffen. Verstehst du jetzt, warum es den Deutschen so viel besser geht?“

Der lockenköpfige Mann verzog indigniert das Gesicht, aber verzichtete auf eine Antwort. Dann versuchte er wieder mit mir zu flirten. Wie gesagt war ich schon neugierig. Aber bislang hatte mich noch kein Mann wirklich gereizt. Der etwas tuntige wirkende Bühnenbildner war da keine Ausnahme. Er war nett, aber uninteressant. Ich schaute, dass ich da wegkam.

***

Für Bill übersetzte ich dann das Theaterstück, dass ich zusammen mit Sara gesehen hatte. Eine Agentur aus Hamburg hatte Interesse an dem Stück bekundet. Ich gab mir richtig Mühe, aber es war grausam schwer, viel schwerer noch als die Philosophieübersetzungen, weil das Teil mit Umgangssprache gespickt war, die einfach nicht zu übersetzen war.

Ich war mit dem Ergebnis nicht hundertprozentig zufrieden, aber es wurde auch nie jemandem vorgelegt. Bill rief die Agentur an, um die Adresse zum Zuschicken zu bekommen, wurde aber nur informiert, dass sie sich gegen das Stück entschieden hatten. Er gab mir fünfzig Pfund für drei Wochen Arbeit. Bei Kev hatte ich in sechs Stunden das Doppelte verdient.

Die Beziehung zu Sara war eigenartig. Wir gingen händchenhaltend den Kanal entlang spazieren, unterhielten uns in einer Tiefe, wie ich sie nur mit ganz wenigen Menschen erreicht hatte und teilten alles miteinander. Trotzdem fing es langsam an weh zu tun. Nicht vollständig mit ihr zusammen sein zu können. Ich hielt mich von anderen Frauen fern, das machte die Sache nicht unbedingt besser. Ich hatte schon manchmal das Gefühl, irgendwohin mit ihr zu gelangen. Und dieses Gefühl hielt mich auch weiter bei der Stange. Ich wollte meine Chancen einfach nicht verspielen.

Dann lernten wir auf einer Party einen Gitarristen namens Rick kennen. Er und Sara verstanden sich auf Anhieb. Vor meinen Augen schien sich unsere eigene Kennenlern-Phase zu wiederholen. Ich war nicht direkt eifersüchtig, aber verletzt war ich schon. Und desillusioniert. Na gut. Immerhin wurden mal Tatsachen geschaffen.

Es war auch weiterhin fast eine Kopie unserer Geschichte, denn sie endete auch für ihn in dem „lass uns Freunde sein“. Eine echte Genugtuung war das aber nicht. Wir saßen in unserem Zimmer zusammen, sie zeichnete, während ich an den letzten Seiten meines Romans schrieb.

„Rick hat mich gefragt, ob wir mit ihm zusammenziehen wollen. Er und sein Freund Ian kriegen für ein Jahr ein komplett möbliertes Haus in Stamford Hill, das ist ein jüdisches Viertel im Norden. Das Haus soll toll sein.“

„Wir?“

„Nun, er hat das von sich aus vorgeschlagen. Er weiß auch, dass ich nicht ohne dich dahin ziehen würde.“

Das war ja schön zu wissen.

„Und wir teilen uns wieder ein Zimmer oder was?“

„Nein, es gibt da ein kleines Arbeitszimmer, das würde ich dann nehmen. Also, was meinst du?“

„Ein Jahr? Und dann?“

„Dann suchen wir uns was anderes. Klar, Matthew und Sid und alle anderen würde ich schon vermissen. Aber wir können doch an den Wochenenden in den Falcon gehen. Weniger als ‘ne Stunde mit dem Bus.“

„Hm, ich weiß nicht. Klingt ja ganz gut.“

Mir wurde die Party-Welt, in der ich mich befand, schon langsam ein wenig zu viel. Ich wollte mich langsam auch beruflich orientieren. Schwarzarbeit war auf Dauer nicht mein Ding, vor allem fehlte mir da eine verlässliche Regelmäßigkeit. Ich würde in diesem Jahr meinen dreißigsten Geburtstag feiern. Ich fragte beim Job Centre nach, ob und wenn ja welche Arten von Fortbildung sie mir finanzieren würden. Ich entschied mich für einen einjährigen College-Kurs in „Business Administration“ also in der allgemeinen Verwaltung.

Die Sache wurde sofort genehmigt und mir ein Platz am College im September zugewiesen. Ich hatte natürlich überhaupt keine Idee, wie die Ausbildung da ablaufen würde, denn die erste Informationsveranstaltung war nicht so besonders ergiebig. Trotzdem nahm ich an, zu Hause auch lernen zu müssen und da war Bobs Haus nicht unbedingt der richtige Ort. Das gab den Ausschlag. Wir sagten Rick zu. Bob war ein wenig angepisst, versuchte aber, es nicht zu zeigen. Er versuchte trotzdem, mir die Sache auszureden.

„Echt, was willst du der Braut auch noch hinterher ziehen? Dabei fickst du sie nicht mal. Mann! Stamford Hill ist einfach sterbenslangweilig. Echter Totentanz. Du hast doch echt ‘ne Macke. Überleg dir das, wenn sie weg ist, hast du doch wenigstens das Zimmer ganz für dich allein und kannst auch mal wieder ordentlich einen wegstecken.“

Zur gleichen Zeit hatte nämlich auch Sid seinen Auszug bekanntgegeben. Sid hatte eine neue Freundin, eine Australierin mit kurzen Haaren und einer so angenehmen und bezaubernden Persönlichkeit, dass sich in meine Freude für Sid auch ein Hauch von Neid schlich. Da hatte er einen echten Haupttreffer gelandet. Trotz unser anstehenden Auszüge fing ich an, mit Sid auf dem Camden Market zu arbeiten. Dort kriegte man von Second-Hand bis Kunstgewerbssachen so ziemlich alles.

Er hatte eine einfache, aber sehr lukrative Idee. Er ließ sich unter falschen Namen über Buchclubs Kunstbücher zukommen, die er nie bezahlte. Es gab in England keine Meldepflicht, daher kann man so etwas recht einfach durchziehen. Aus diesen Büchern schnitt er dann Bilder und Fotos aus, rahmte sie mit selbstgebastelten Papprahmen und verscherbelte sie auf dem Markt. Da man schließlich nicht den ganzen Tag allein an seinem Stand stehen konnte, machten wir den Spaß zusammen, beziehungsweise wurde ich sein „Verkaufsangestellter“ und half ihm Rahmenteile zuzuschneiden.

Ich mochte die Atmosphäre auf dem Markt. Ein Großteil der Besucher waren Touristen, aber auch viele Einheimische machten das bunte Treiben dort zu einem unvergleichlichen Erlebnis. Aber auch der Verlauf der Verkaufstage hatte was. Die Erlösung, wenn man mit den ersten Verkäufen zumindest schon einmal die Standmiete raushatte. Und dann die Verkäufe kamen, die uns nur noch Gewinn einbrachten. Die Zufriedenheit, als wir beim Packen feststellten, dass unsere Kisten halb leer und die Taschen voll Geld waren. Wir zogen dies bis zu unserem Umzug fast jedes Wochenende durch und einmal noch danach.

Ein wenig Wehmut war schon dabei, als wir uns Ende April zum ersten Mal unser neues Zuhause ansahen. Die Gegend sah okay aus, deutlich gepflegter und edler als die Häuser in Camden. Das Haus selbst war sehr geräumig und gehörte Leuten, die nicht wenig Geld hatten. Sie waren für ein Jahr auf Weltreise gegangen und hatten das Haus komplett möbliert, inklusive Geschirr und Fernseher usw. an uns vermietet. Aber es war Stamford Hill.

Bob hatte Recht gehabt. Viel war da wirklich nicht los. Erst später erfuhr ich, dass dort vornehmlich Juden einer sehr orthodoxen Richtung lebten, die ihren Frauen beispielsweise kein Körperhaar erlaubten. Die Damen sahen alle gleich frisiert aus, was daran lag, dass sie alle dieselben Perücken trugen. Das hätte ja für Sex auch ganz interessant sein können, aber sie verkehrten durch ein Bettlaken, sahen sich während einer kompletten Ehe niemals nackt.

Außerdem sahen sie weder fern, noch hörten sie Musik. Sie sangen manchmal. Und in diese Gegend zogen dann vier Musiker, Rick als Gitarrist, Ian war der Bassist seiner Gruppe, Sara und ich halt. Gott sei Dank war eine erstaunliche Toleranz auch Bestandteil ihrer Religiosität. Die brauchten sie bei unserem lautstarken Üben und Einspielen von Songs auf unseren Vierspurmaschinen aber auch.

Von dem Sänger von Ricks Gruppe, der Philosophie an Adrians Universität studierte, lieh ich mir einen Computer, um meinen fertiggestellten, aber nur handgeschriebenen Roman einzutippen und auszudrucken. Das Tippen mit zehn Fingern würde ich erst im September am College lernen, also wurde es eine grausame Zweifinger-Würgerei. Zudem war ich unter Zeitdruck, da er mir das Ding nur für eine Woche überlassen konnte, es danach selbst wieder für das Studium benötigte.

Ich arbeitete bestimmt vierzehn Stunden am Tag, bis ich kaum noch meine Fingerkuppen spürte. Der Roman war etwa zweihundert Seiten lang und mir lief die Zeit weg. Ich übersah eine Menge Fehler. Und musste am letzten Tag auch die ganze Nacht durchdrucken, um rechtzeitig fertig zu werden. Mit einem alten Neunnadler, wem das was sagt. Die Dinger sind nicht nur extrem langsam, wenn man eine einigermaßen vernünftige Druckqualität haben möchte, sie sind auch infernalisch laut. Meine Hausgenossen waren da zwar nicht unbedingt glücklich drüber, aber nahmen es so hin.

Ich war nicht unbedingt euphorisch; ich war einfach nur froh, die Arbeit beendet zu haben. Für erste Reaktionen würde ich das Manuskript meinen Freunden in Deutschland schicken müssen, denn ich hatte zu Denise den Kontakt verloren und auch mit Adrian hatte ich keinen direkten Draht für eine Weile.

***

Wir fuhren am darauffolgenden Wochenende nach Camden, was wir am Anfang noch öfters taten. Wir trafen Gianna im Pub, Saras italienische Freundin, die zu dieser Zeit noch immer in der Vicarage wohnte. Sie wollte auf eine Party gehen, House, worauf der Rest der Truppe nun nicht unbedingt abfuhr. Gianna hatte ein paar Pillen dabei und verkaufte mir zwei davon. Ich versuchte, Sara zu überreden, doch mit uns zu ziehen, aber sie wollte lieber mit Rick und Ian auf Achse gehen.

Gianna hatte ein sonniges Gemüt und war aus diesem Grunde sehr beliebt, auch und insbesondere bei der Männerwelt. Schon kurz nach dem Eintreffen auf der Party in einem besetzten Haus blieb sie bei irgendwelchen Bekannten hängen und wir verloren uns aus den Augen. Das war mir aber auch egal. Ich hatte eine der Pillen geschmissen und so ziemlich alle Lampen an. In einem Zimmer, das eine Luftfeuchtigkeit wie in den Tropen von der schwitzenden, sich wie eine Einheit hebenden und senkenden Menschmasse hatte, stürzte ich mich tanzend ins Getümmel. Sweatbox nannten sie das. Schweißkiste.

Ich zappelte eine ganze Weile herum, zunächst so völlig weggetreten und von der Musik entführt, dass ich meine Umgebung nicht einmal wahrnahm. Dann legte ich erste Pausen in einem Chill-Out Raum ein, die mich ein wenig runterbrachten. Ich kauerte mich an eine Wand und drehte mir einen Spliff, um zumindest ansatzweise meine Überdrehtheit zu dämpfen.

Eine ebenfalls durchgeschwitzte junge Frau mit zu einem Pferdeschwanz gebundenem braunen Haar und einem etwas anämisch wirkenden Teint, der jetzt aber durch gerötete Bäckchen verschönert wurde, setzte sich neben mich. Sie trug ein kurzes Röckchen und schien nicht im Mindesten darüber irritiert, dass sie mit ihren aufgestellten Beinen allen Gegenübersitzenden ihr Höschen präsentierte. Sie trug keine Socken und weiße Turnschuhe, die ihre Fesseln fast zerbrechlich aussehen ließen. Ihre beachtliche Oberweite steckte in einem hautengen, schmalen Top.

„Boah. Gut da drinnen, eh? Ich bin Chris. Darf ich mitrauchen?“

„Klar.“

Ich war eigentlich fast fertig gewesen, nun öffnete ich die aber Tüte wieder, um etwas mehr hinein zu packen. Sie reichte mir Wasser.

„Du musst viel trinken, sonst überhitzt du. Wie heißt du?“

„Tom. Sorry, ich bin ganz schön am fliegen und eventuell nicht der beste Gesprächspartner im Moment.“

„Ich auch. Ich bin Chris. Was hast du genommen? Ich hab die „Apples“. Ich kann meinen Kiefer kaum stillhalten. Voll die Abfahrt.“

„Doves. Bis jetzt nur eine. Die sind auch wahnsinnig gut. Ich fahr auch voll auf die Musik ab.“

Sie rückte ganz nah an mich ran.

„Ich hab dauernd Rushes, und das seit einer Stunde, es ist kaum zu glauben.“

Ich nahm sie in den Arm und gab ihr den angerauchten Spliff. Sie kippte ihre Beine auf meinen Schoss und schmiegte sich zufrieden an.

„Du fühlst dich gut an.“

Ich beeilte mich, ihr dasselbe zu bescheinigen. Sie hielt das Gespräch weiter in Gang.

„Bist du alleine hier?“

„Ich bin mit einer Bekannten von mir hier, Gianna, aber keine Ahnung, wo die ist.“

„Gianna? Die Italienerin aus der Vicarage?“

„Ja, genau die.“

Und genau die stand plötzlich auch vor uns und setzte sich grinsend dazu.

„Ich wusste gar nicht, dass du Chris kennst, Tom.“

„Wir kennen uns seit circa zehn Minuten.“

„Ach so. Tom, ich hab jemanden gefunden … ich zieh mit ihm jetzt los … weißt du, wie du von hier nach Hause kommst?“

Chris mischte sich ein.

„Ich kümmere mich schon um ihn. Nun geh, du kannst es ja wohl wieder gar nicht erwarten, oder?“

Giannas Strahlen schien sich noch einmal zu vertiefen. Sie leckte sich anzüglich die Lippen.

„Du kennst mich doch.“

Dann verabschiedete sie sich mit Küsschen von uns beiden und verschwand in der Menge. Chris rieb ihr Gesicht an meinen.

„Ich meinte das übrigens ernst. Ich kümmere dich mich heute Nacht um dich. Bist du auch Italiener?“

„Nein, Deutscher.“

„Du sprichst richtig gut Englisch. Fast ohne Akzent.“

„Danke.“

„Also lebst du hier?“

„Ja, bald ein Jahr, erst hier in Camden, seit kurzem in Stamford Hill.“

„Ach du Schreck, wie bist du denn dahin geraten?“

Ich erzählte ihr die Sache in groben Zügen. Eigentlich wollte ich wieder zurück in die Sweatbox, so angenehm sich die Frau an meiner Seite auch anfühlte, der wummernde Bass, der die Wand in meinem Rücken vibrieren ließ, war sehr hypnotisch und verführerisch.

„Ich wohn nur zwei Straßen weiter von hier. Ist aber schon Islington, genau an der Grenze zu Camden.“

„Aha. Ich hab vorher in der Royal College Street gewohnt.“

„Kenn ich natürlich. Willst du wieder tanzen gehen, oder wollen wir zu mir?“

Beides klang verlockend. Wie lange hatte ich jetzt keinen Sex mehr gehabt? Seit Sylvester. Fast sechs Monate. Mit Sara lief es nirgendwo hin. Aufgegeben hatte ich zwar noch nicht, aber musste ich mich so quälen? Nein.

„Hm. Beides klingt großartig. Wonach ist dir denn?“

„Seit Gianna uns erzählte, was sie vorhat, kann ich eigentlich nur noch an Sex denken. Aber wenn du lieber noch etwas tanzen willst … solange du dabei nicht alle Energie verbrauchst …“

„Dann lass uns los. Jetzt hast du mich mit dem Gedanken angesteckt.“

Es war wohl auch schon gegen drei. Ich fasste sie um die Hüfte, als wir die Party verließen und auf die fast leere Straße gelangten. Kaum waren wir dort, hielten schon erste Polizeiwagen. Wir gingen einfach weiter und wurden nicht aufgehalten.

„Na, haben wir uns doch noch gerade rechtzeitig abgeseilt“, stellte ich befriedigt fest.

„Ja. Das wäre gar nicht gut gekommen. Ich hab noch drei Pillen im Slip.“

„Du bist ja drauf. Schießt dich gern zum Mond, was?“

„Die letzten, die ich hatte, waren richtig scheiße. Kein Vergleich zu diesen Teilen hier. Ich schmeiß jedenfalls nichts noch hinterher. Vor allem jetzt nicht. Wie ist das, bist du aufgeschlossen, oder mehr der Vanille Typ?“

Ich verstand nicht genau, was sie meinte. Das Erreichen ihrer Haustüre unterbrach unser Gespräch auch zunächst. Es brannte Licht im Flur und einem offen stehenden Zimmer.

„Ah, sie sind noch wach. Komm mit, ich stell dich meinen Hausgenossen vor.“

Sie nahm mich an der Hand und führte mich ins Wohnzimmer, einem gemütlich eingerichteten Gemeinschaftsraum mit weichen, sehr sauberen Teppichen und einem Kamin, in dem trotz der eigentlich schon recht ordentlichen Temperaturen ein Gasfeuer loderte. In einer Ecke stand ein großer Pappkarton. Auf dem Tisch thronte ein großes Bong.

Das erste Sofa war von einem kuschelnden Pärchen belegt, die ich auf in etwa mein Alter schätzte und auf dem gegenüberliegenden befand sich eine weitere junge Frau, vielleicht Anfang Zwanzig. Bemerkenswert war, dass diese nur mit einem Höschen und T-Shirt bekleidet war. Auch der Typ trug kein Hemd, sondern lag mit nacktem Oberkörper und Jeans da, seine Freundin oder Frau trug ein kurzes Nachthemd. Seine Hand ruhte zwischen ihren Beinen. Na, die hatten es sich richtig gemütlich gemacht. Sie sahen zusammen einen Film, der auf einem ziemlich großen Fernseher lief.

„Hey. Wie war die Party?“

„Prima. Ich bin immer noch am fliegen. Die Apples waren ein Haupttreffer. Das ist hier ist Tom. Tom, die Kleine da drüben ist Tina, und das sind Shawn und Jamie.“

Ich grinste in die Runde und wurde dann von Chris weitergezogen, zur Kiste hin. Darin befanden sich auf Decken gebettet eine Katze und sechs Kätzchen.

„Schau sie dir ruhig an, sind die nicht süß? Zwei Wochen alt. Wir werden sie aber bald abgegeben müssen, so schwer uns das auch fällt. Unsere Diva behalten wir natürlich.“

Die schlafenden kleinen Fellknäuel sahen wirklich niedlich aus. Ich musste mich richtig zusammenreißen, um nicht in die Kiste zu greifen. Die Mutter blinzelte uns verschlafen an und leckte sich die Pfote.

„Wenn du jemanden weißt, der an Kätzchen interessiert ist, lass es mich wissen.“

„Ich liebe Katzen. Ich hatte auch zwei in Deutschland. Hm … ich müsste mal mit meinen Mitbewohnern sprechen … aber ich würde schon gern ein oder zwei haben.“

„Eh, sagenhaft. Ich würde sie natürlich am liebsten an Leute geben, die ich gut kenne.“

Na, sie kannte mich jetzt vielleicht eine Stunde. Aber was nicht war konnte ja noch werden. Wir setzten uns mit auf das größere der beiden Sofas zu dem Pärchen. Shawn betrachtete uns aufmerksam.

„Also, die Apples sind richtig gut? Hast du noch welche davon?“

„Drei Stück. Für jeden eine, wenn ihr wollt.“

„Ich hab zur Not auch noch eine von den Doves“, streute ich ein.

Die blonde Frau auf dem anderen Sofa räkelte sich.

„Jetzt noch? Und dann? Tanzen gehen? Auf die Party zurück?“

Nicht unbedingt zu meiner Überraschung hatte Chris ganz andere Ideen.

„Nee, die wurde auch gerade aufgelöst. Wir wollten eigentlich ficken. Habt ihr Lust?“

Die als Tina vorgestellte lachte laut los.

„Oh Chris. Darum lieb ich dich so … eine wilde Orgie? Mit dir ist es echt nie langweilig in diesem Haus.“

Zur Bestätigung stand Chris auf und zog sich ganz langsam ihr Höschen runter. Sie entfernte ein Hygiene-Pad, unter das sie ihre Drogen geklebt hatte.

„Shawn? Jamie? Seid ihr dabei?“

„Natürlich. Her damit.“

Sie stieg aus dem Höschen und reichte den dreien ihren Obulus.

„Nehmt vielleicht erst einmal ein halbe. Ich hab ganz schön Sterne gesehen bei der ganzen. Kein Vergleich zu den letzten.“

Irgendwie lief da gerade alles an mir vorbei. Ich war von der Idee einer echten Orgie zwar auch recht angetan, fand es aber etwas merkwürdig, dass ich nicht einmal befragt wurde, ob das okay für mich war. Na ja, wer hätte da auch schon nein gesagt. Wie das genau ablaufen sollte, war mir eh nicht klar. Chris roch kritisch an ihren Achselhöhlen.

„Ich könnte erst mal ein Bad vertragen. Ihr könnt ja das Zimmer schon mal herrichten, während wir beide uns den Squat-Schweiß runter waschen. Eh, Tom? Was hältst du davon? Auch von der ganzen Geschichte? Ist dir doch hoffentlich nicht zu abgefahren?“

„Nö, klingt geil.“

Okay, jetzt hatte sie mich ja offiziell auch befragt. Nun grinsten wir uns alle aufgeregt an. Die drei Zuhausegebliebenen warfen ihre Pillen ein, während Chris mich die Treppe hoch in ein Badezimmer führte. Das Haus war ähnlich nett wie unseres, mit Sicherheit kein Squat. Sie ließ Wasser einlaufen.

„Hast du auf E schon mal gebadet? Nee? Da hast du was verpasst. Man muss nur mit der Temperatur etwas aufpassen, sonst haut es dir den Kreislauf weg. Aber es fühlt sich an, als ob man schwebt. Komm, zieh dich aus.“

Chris zog gleichzeitig mit mir ihr Top über den Kopf. Sie trug keinen BH, das Top musste irgendwie selbst stützende Funktion gehabt haben, denn ihre Brüste hatten eine ansehnliche Größe und sehr gediegene Form. Nur die Vorhöfe waren ein wenig zu groß. Sie öffnete den Reißverschluss ihres kleinen Rocks und stieg aus. Ihre Schuhe flogen durch das Badezimmer. Sie badete zunächst in meinen bewundernden Blicken. Sie war sehr schlank und wohlgeformt. Ihre Maus war bis auf eine neckische Einflugschneise blank.

Chris leckte sich die Lippen, als sie das Kompliment zurückgab und mich ebenfalls von unten bis oben betrachtete.

„Sehr schön.“

Sie drehte sich um und beugte sich über den Wannenrand, um die Temperatur des Wassers zu bestimmen. Ich trat hinter sie und rieb meinen langsam schwellenden Schwanz an ihrem birnenförmigen Hintern.

„Das ist ein wenig zu heiß, ich lass uns lieber noch etwas Kaltes dazu laufen. Hör nicht auf, das fühlt sich gut an.“

Ich strich über ihren Rücken und grabschte ihre vollen Titten. Sie presste ihren Hintern an meinen Schwanz.

„Oh, das wird geil. Ich kann’s kaum noch erwarten.“

Dann entwand sie sich doch meinem Griff und setzte sich auf den Badewannenrand.

„Wir haben uns vorhin nicht zu Ende unterhalten. Was magst du denn so im Bett?“

Das hatte ich noch nie verbalisieren müssen. Aber ich hatte natürlich schon meine Vorlieben.

„Hm, ich lecke sehr gern. Und ficke natürlich auch mit Begeisterung. Gern auch anal.“

„Und hartes Zeug? Pissen? BDSM? Doppeldecker? Rollenspiele?“

Huch. Mein Schwanz schien von diesen Vorschlägen durchaus angetan. Mein Kopf konnte aber irgendwie nicht richtig folgen.

„Äh … kommt drauf an. Kann nicht sagen, dass ich bisher viel davon probiert habe.“

„Macht doch nichts. Aber aufgeschlossen wärst du?“

„Hm … ich hab’s halt noch nie probiert.“

„Bist du eher dominant oder devot?“

Nun war ich wirklich durcheinander. Sie war mit der Prüfung des Wassers nun offensichtlich zufrieden und drehte beide Hähne zu.

„Ich bin mir nicht sicher, ob ich verstehe, was du damit meinst.“

Sie seufzte.

„Hast du es lieber, wenn die Frau die Kontrolle übernimmt, oder bist du lieber der dominante Teil?“

„Ach so. Weiß nicht, ich hab nichts dagegen, wenn nicht alles von mir ausgeht, aber normalerweise …“

„Sowas nennt man bei uns Switch.“

„Bei uns?“

„In der Szene. Ich seh schon, du bist echt noch unbefleckt. Nun, ich bin auch ein Switch, Jamie und Tina sind eher devot und Shawn … er versucht sich halt auch manchmal als dominant, aber er hat nicht wirklich die Persönlichkeit dafür … es wird vermutlich auf Dauer mit den Beiden nicht klappen … verstehst du?“

Ich verstand nicht wirklich und das kriegte sie wohl auch mit. Sie seufzte erneut.

„Mach dir nicht zu viele Gedanken. Wir stellen uns einfach darauf ein, womit du dich wohlfühlst.“

„Okay. Habt ihr … öfters solche Partys?“

Sie lächelte und streckte sich in der Wanne aus.

„Komm doch rein, es ist herrlich. Nein, das wird nun das zweite Mal. Beim letzten Mal waren wir allerdings zu acht. Wir spielen aber schon ab und zu gemeinsam miteinander.“

Sie hatte völlig recht, das Wasser fühlte sich fantastisch an. Ich stellte mit einiger Besorgnis fest, dass mich diese ganze Quizstunde eher runtergebracht hatte. Sowohl von meinem High als auch in Bezug auf Erregung. Es klang alles schrecklich kompliziert und fremd. Ich war mir nicht einmal mehr sicher, ob ich überhaupt mitmachen wollte. Chris schien meine Gedanken lesen zu können.

„Denk nicht so viel drüber nach. Wir tun einfach, was sich gut anfühlt. Okay?“

Ich nickte nachdenklich. Tina stand plötzlich neben uns an der Badewanne. Sie war nackt. Neugierig betrachtete sie meinen Körper.

„Ich müsste nachrasieren und tu das besser, bevor ich wegen der Pillen Probleme mit der Optik bekomme. Gibst du mir den Rasierer? Den blauen da, neben dir.“

Mein Blick fiel auf ihre stoppelige Scham. Ich schluckte und wollte ihr das Teil reichen, das neben mir auf dem Badewannenrand ruhte. Chris hielt meine Hand fest.

„Lass mal. Stell dich in die Wanne, Schatz. Ich mach das schon für dich.“

„Warte, ich mach euch Platz.“

Ich erhob mich aus der Wanne. Die beiden Frauen legten kein Veto ein. Als Tina mir bei unserem Schichtwechsel den Rücken zudreht, sah ich, dass er mit vor nicht langer Zeit verheilten Wunden überdeckt war. Offensichtlich involvierten ihre besonderen Bedürfnisse die Nutzung von Peitschen. Auch ihr Hinterteil schien diese Art von Zuwendung erhalten zu haben. BDSM.

Eine für mich völlig fremde Welt. Mein Herz schlug schneller, weniger von dem unerwarteten Schauspiel der Vollrasur, die Chris da an ihrer Mitbewohnerin vollzog, als von der Tatsache, dass ich das Gefühl hatte, in etwas rein geraten zu sein, mit dem ich mich nicht hundertprozentig wohlfühlen oder gedanklich anfreunden konnte. Ich fror plötzlich und fing an zu zittern. Chris schien mich trotz ihrer konzentrierten Tätigkeit auch noch mit im Blick zu haben.

„Ist dir kalt? Trockne dich ab oder komm wieder rein. Es sind Handtücher in dem hohen weißen Schrank neben dem Waschbecken.“

Ich optierte für den ersten Vorschlag und holte mir ein Handtuch. Während ich mich abrubbelte rasierte Chris ihrer Mitbewohnerin auch noch die Beine nach. Sie spülte mit dem Duschkopf Seifenreste von Tinas Körper, verweilte dabei an Tinas bestem Stück lange genug mit dem Wasserstrahl, um diese zum Juchen zu bringen. Dann testete sie ihr Werk. Sie drehte Tina zur Seite, so dass ich ganz genau verfolgen konnte, wie sie an ihrer frischrasierten, fast kleinmädchenhaft wirkenden Pussy schleckte. Übergangslos wurde ich geil.

„Hey, fangt ihr schon ohne uns an?“

Shawn und Jamie standen im offenen Türrahmen. Beide hatten sich umgezogen. Jamie trug eine Art Ledergurt, der am Hals begann, sich unter ihre sehr ansehnlichen Titten schlang und dann einen weiteren Ausläufer um ihre Hüfte hatte. Das Teil war mit Nieten übersät. Dazu trug sie ein glänzendes schwarzes Höschen und hochhackige Lackstiefel, die mit Stulpen über ihren Knien endeten.

Sie hatte ihr Haar wohl mit irgendetwas eingeschmiert, denn ihre streng wirkende Ponyschwanzfrisur stand in deutlichem Kontrast zu dem offenen weichen Haar, dass ich vorher zu Gesichte bekommen hatte. Sie hatte sich auch stark geschminkt. Ohne Schminke hatte sie in meinen Augen aber besser ausgesehen.

Shawn trug schwarze Lederhosen, fast wie die Teile, die Cowboys verwenden, mit dem Unterschied, dass diese wohl für gewöhnlich nicht ihre Schwänze dabei freihängen haben. Auch Shawn war vollrasiert, was mich entgegen sonstigen Gepflogenheiten unnatürlich lange auf sein Gerät starren ließ. Das schien unter meinem Blick zu allem Überfluss leicht zu wachsen. Es sah eigenartig aus. Auch er trug Nietenbänder um den Hals, den Handgelenken und am Oberarm. Beide starrten abwechselnd von mir zu den beiden Frauen in der Wanne. Tina antwortete auf den milden Vorwurf.

„Chris hat mich nur rasiert. Ihr seht toll aus. Ich muss mir auch noch was raussuchen. Kribbelt es bei euch auch schon richtig?“

Jamie griff sich ostentativ selbst an ihre hübschen Titten.

„Und ob. Gute Pillen. Wir gehen dann schon mal runter.“

Tina ließ sich bereitwillig noch einmal die Muschi küssen und stieg dann aus der Wanne. Sie nahm eines der Badetücher von einer Stange und trocknete sich rasch ab. Ihr Blick aber war auf meinen schwellenden Stolz fixiert. Sie leckte sich sehr gekonnt die Lippen. Chris tauchte wieder an der Wasseroberfläche auf, nachdem sie kurz den Taucher gespielt hatte und wischte sich über die Augen. Tina lächelte mich noch verführerisch an und lief dann aus dem Badezimmer.

Ich war von den visuellen Eindrücken und merkwürdigen Empfindung richtig durcheinander.

„Ehm … muss ich mich denn auch verkleiden?“

„Brauchst du nicht. Nicht deine Welt, was?“

„Die sahen wirklich gut aus, aber ob ich sowas tragen könnte … weiß nicht.“

„Shawn hat sicher so einiges, was dir passen würde. Aber lass mal, das ist nicht so wichtig. Für uns ist es aber schon irgendwie Teil der ganzen Erfahrung.“

„Verstehe. Hm, ich müsste mal. Ist es okay, wenn ich …“

„Nein, das wär nicht okay. Komm hierher. Und jetzt piss mich an. Ins Gesicht. Komm, keine falsche Zurückhaltung. Tu es einfach. Es macht mich wahnsinnig geil.“

Ach du grüne Güte. Sie öffnete sogar den Mund etwas.

„Bitte. Bitte. Ich bitte dich. Piss mir ins Gesicht.“

Ich wollte ja kein Spielverderber sein, aber komisch war es zunächst schon, der bildhübschen jungen Frau ihren Wunsch zu erfüllen. Sie schloss die Augen und badete ihr Gesicht förmlich in meinem Urinstrahl, öffnete den Mund weiter, um auch damit etwas aufzufangen. Die war ja richtig abgefahren drauf. Aufregend war die Sache schon irgendwie. Sie öffnete die Augen wieder, als die Quelle ihrer Freude versiegt war.

„Danke schön. Siehst du, geht doch. Wie war das für dich?“

„Eigenartig. Aber schon interessant.“

Sie nahm den Duschkopf zur Hilfe, um sich zu reinigen. Ich atmete etwas auf. Dann kletterte auch sie aus der Wanne.

„Ich werde mir jetzt auch was Geiles anziehen. Geh du doch schon mal runter zu den Beiden. Die können es bestimmt schon gar nicht mehr erwarten. Ich bin gleich bei euch.“

Etwas verunsichert stolperte ich die Treppe runter. Aus dem Zimmer neben der Treppe trat gerade Tina. Sie hatte sich einen engen schwarzen Ledermini und einen Leder-BH dazu angezogen. Dazu trug sie lange Schnürstiefel mit hohen Absätzen. Sie drehte sich vor mir um ihre Achse.

„Gefalle ich dir?“

„Und wie. Die siehst fantastisch aus.“

Sie hatte sich mit der Schminke zurückgehalten und trug ihr blondes Haar weiterhin offen. Sie gluckste vergnügt. Auch sie trug ein Halsband, ohne Nieten, aber mit vier Ringen, die gleichmäßig darum verteilt waren.

„Ich mag auch, was du trägst. „Nichts“ steht dir. Und hurra, es steht doch was.“

Na, noch nicht vollständig. Aber etwas geschwollen war ich schon. Sie griff kichernd an meinen Schwanz und zog mich so ins Wohnzimmer. Shawn und Jamie hatten den Tisch vor dem großen Sofa weggeräumt und es ausgezogen. Eine doppelbettgroße Liegefläche war entstanden, über die sie gerade ein schwarzes Laken spannten. Neben dem Sofa lagen alle möglichen Gerätschaften, Handschellen, Peitschen, Ledergurte, Seile. Mir wurde etwas mulmig. Die anderen aber schienen bester Laune.

„Soll ich einen bauen?“ fragte ich, um irgendeine Beschäftigung zu haben, die mir aus meiner Verwirrung half. Die drei gaben ihre Zustimmung. Wir ließen uns alle auf dem Bett nieder. Tina räkelte sich wonnevoll auf dem schwarzen Laken. Sie trug unter dem Mini nichts, wie ich mit einem Seitenblick bemerkte. Als ich mein Werk gerade beendete, trat auch Chris ein.

Wow. Sie hatte ja vorher schon super ausgesehen, aber jetzt trat sie ein wie eine Göttin. Auch sie trug einen schwarzen Mini, dazu einen Schnürmieder aus Leder, der zugleich ihre prallen Titten stützte. Sie trug hochhackige, geschlossene Schuhe und in der Hand eine Klopfpeitsche, die sie zu den anderen Utensilien legte.

Sie hatte ihr Haar kunstvoll hochgesteckt, so ähnlich wie Julie das immer getan hatte und sah gleich ein paar Jahre älter aus. Auf der Liegefläche wurde es angenehm eng. Wir rauchten, während Chris Mitbewohner erst einmal die endgültige Ankunft der zuvor einverleibten Droge genossen. Ich merkte nicht mehr ganz so viel, wie noch auf der Party, wollte aber auch nichts nachschmeißen. Da deshalb alle mehr oder minder entspannt aneinander kuschelten, gelang es auch mir, etwas ruhiger zu werden.

Wir laberten irgendwelchen Unsinn, bis Tina plötzlich die Sache ungeduldig in Gang brachte.

„Wer fesselt mich? Ich will gefesselt werden.“

Chris vergnügtes Grinsen wich übergangslos einem harten, maskenhaften Gesichtsausdruck. Es war, als ob jemand einen Schalter umgelegt hatte. Die Atmosphäre knisterte plötzlich in erotischer Ladung. Wortlos nahm sie ein langes Lederband zur Hand und drehte die einen Kopf kleinere Frau auf den Bauch. Sie bog ihre Arme auf den Rücken, bis sich ihre Handgelenke trafen.

Dann schnürte sie diese mit dem Lederband zusammen, umwickelte sie einige Male und zog dann straff an, bevor sie das Teil mit kompliziert aussehenden Knoten versah. Sie zog Tinas Kopf an den Haaren von der Liegefläche und hauchte ihr übers Gesicht. Dann zog sie brutal weiter, bis sie Tina, die vor Schmerz und Geilheit stöhnte, auf Shawns Schoss manövriert hatte.

Er fackelte nicht lange und platzierte seinen in meinen Augen noch immer bizarr aussehenden Schwanz in ihren sich bereitwillig öffnenden Mund. Chris half ihr, ihre Beine unter ihren Oberkörper zu bekommen, so dass sie vor ihm Knien konnte, während Shawns wachsende Begeisterung in ihrem Mund auch physische Manifestationen erfuhr. Jamie starrte wie gebannt darauf, wie ihre Mitbewohnerin den Schwanz ihres Freundes verwöhnte. Ihre Hand rieb kräftig an ihrem glänzenden Höschen.

Auch ich wurde von dieser Darbietung ordentlich auf Touren gebracht. Chris zog Tinas Lederrock etwas höher und griff ihr an ihre freigelegten Arschbäckchen, zog sie weit auseinander, verkrallte sich dann mit ihren Fingernägeln darin. Tinas erstickte Zustimmung ging mir durch und durch. Chris zog sie auch ein wenig zur Seite, so dass sie mir eine direkte Sichtlinie zu ihrer süßen Rosette und der ebenfalls sehr niedlichen darunterliegenden Prachtmaus verschaffte. Sie rieb genüsslich langsam daran.

Shawns Schwanz hatte nun recht ordentliche Dimensionen erhalten. Jamie küsste ihren Freund leidenschaftlich, während er sich in Tinas Haar verkrallte und ihren Kopf immer ungestümer auf sein Teil zog. Irgendwie musste ich mich langsam auch einbringen. Ich rückte hinter Chris, die Tinas Fötzchen mit zwei Fingern bearbeitete und massierte ihre gloriosen Titten, die eine echte Handvoll waren. Sie bog ihren Kopf zu mir zurück und offerierte mir ihren hungrigen Mund. Wir küssten uns wild. Ich kniff in ihre harten Brustwarzen.

„Oh ja … fester …“

Ich tat ihr den Gefallen und drückte fester zu. Ihr schönes Gesicht verzerrte sich vor Schmerz und Lust. Auch Jamie schien jetzt in Fahrt zu kommen, denn sie zog mit einer raschen Bewegung ihr Höschen aus. Sie schien erst unschlüssig, bei wem sie mitspielen sollte, entschied sich dann aber für uns. Ehe ich mich versah, schloss sich ihre Hand prüfend um mein Gerät, dass von der ganzen Aktion nun volles Format erhalten hatte. Mit der anderen griff sie unter Chris Rock. Chris hauchte mir ins Ohr.

„Sag uns, was wir tun sollen.“

„Ihr könnt jetzt beide meinen Schwanz verwöhnen“, schlug ich unsicher vor. Und als sie etwas enttäuscht das Gesicht verzog:

„Los, saugt dran, ihr geilen Drecksstücke.“

Jamies entzückter und entrückter Gesichtsausdruck ließ mich wissen, dass ich den richtigen Ton getroffen hatte. Auch Chris nickte mir kurz anerkennend zu. Also gut. Machte ich eben auf Regisseur. Warum auch nicht. Die beiden Frauen legten sich seitlich neben mich, mit den Beinen in Richtung meines Kopfes.
Mein pochender Prinz wurde abwechselnd und teilweise gleichzeitig von den flinken Zungen und saugstarken Mündern der beiden Grazien verwöhnt. Shawn hatte mittlerweile von solchen Freuden genug und riss brutal an der gefesselten Tina herum, bis auch sie ihm den Rücken zukehrte. Seine Hand klatschte unglaublich laut und heftig auf ihren kleinen Po. Sie ging richtig ab dabei.

Fasziniert sah ich, wie sich heftige rote Striemen darauf bildeten. Dann postierte er sich hinter ihr und spießte sie mit seinem recht harten Teil auf. Er ging ihr gleich ins Arschloch, keine Vorbereitung, trocken ins Glück. Sie schrie vor Schmerz und Begeisterung. Das schien auch die beiden anderen Grazien anzustacheln, denn sie saugten beide deutlich heftiger an meiner Rübe.

Sie gingen zur Arbeitsteilung über, Jamie saugte, während Chris an meinem gespannten Säckchen und nach einer Seitdrehung an meinem Arschloch leckte. Ich war außer mir vor Geilheit und Euphorie. Das war unbeschreiblich gut. Chris biss in meinen Hintern, nicht so spielerisch und zärtlich, wie ich es auch manchmal tat. Sie langte kräftig zu und biss sich richtig fest. Die Welle des Schmerzes ließ mich keuchen, aber eigenartigerweise war ich ihr dankbar, dass sie zunächst nicht abließ.

Ich geriet in einen Rausch, wie ich ihn noch nie zuvor erlebt hatte. Ich zwängte drei Finger in Jamies enges, aber tropfnasses Loch, wühlte richtig darin, während sie auch weiterhin tapfer an meinem Knüppel kaute. Tina wurde derweil richtig laut, da sie von Shawn ordentlich hergenommen wurde. Chris blieb ihrer Linie treu und kratzte hart mit ihren spitzen Fingernägeln über meinen Rücken während sie erneut mein Arschloch züngelnd verwöhnte. Von der ganzen Aktion gegenüber angestachelt, wollte ich jetzt aber ebenfalls Mitglied der fickenden Gilde werden.

„Genug. Jamie, leg dich auf den Rücken und mach die Beine breit. Chris, knie dich vor ihr hin und lecke sie. Und dann fick ich dich, bis du um Gnade winselst.“

Die beiden begaben sich in Hochstimmung in die vorgeschlagene Position. Mein Blick fiel auf die Ansammlung von Utensilien neben dem Sofa. Ich schnappte mir ein paar Handschellen und nach kurzem Zögern auch eine kleine Klopfpeitsche mit etwa einen Zentimeter breiten und sehr dünnen Lederstriemen. Chris bekam dies zunächst nicht mit, da sie folgsam Jamies Möse leckte, ihre Schamlippen mit beiden Händen auseinanderreißend. Sie war völlig überrascht, als ich von hinten an die Handgelenke griff und ihre Arme zurück auf den Rücken bog.

Ich brauchte ein paar Sekunden um den Öffnungsmechanismus zu durchschauen, aber dann gelang es mir ihre schmalen Arme in den kühlen Metallzwingen einzuschließen. Ich werde niemals Jamies völlig weggetretenes Gesicht vergessen, wie sich mich verzückt anstarrte, während sie Chris nun mit ihren eigenen Händen bei deren Tun unterstützte, das ununterbrochen fortfuhr. Die Faszination hatte mit der Peitsche zu tun, die ich nun langsam über den Rücken ihrer Spielkameradin wandern ließ, damit sie wusste, was ihr bevorstand.

Ich versuchte vergeblich, mit der anderen Hand ihren superengen Rock hochzukriegen, also gab ich auf und öffnete stattdessen den Reißverschluss. Trotzdem war das mit einer Hand nicht so einfach, also klemmte ich mir das Klopfteil unter die Achselhöhle und riss mit beiden Händen an Rock und Höschen, bis ich ihr Hinterteil und Fötzchen weit genug frei gelegt hatte.

Ich wollte eigentlich nur ein oder zwei Male zuschlagen und dann gleich zum Ficken übergehen. Aber das, was ich unter normalen Umständen für verabscheuungswürde erachtete hätte, nämlich eine Frau zu schlagen, hatte irgendwo in mir einen heimlichen Fan, der nun nach oben gespült wurde. Adrenalin. Mir gingen die Gäule durch.

Wie besessen bearbeitete ich den bald puterroten Prachtarsch der winselnden und keuchenden Frau vor mir. Die flachen Streifen verletzten das Fleisch nicht, mussten aber gemein wehtun, da war ich mir ziemlich sicher. Ich glaube es war zum Teil auch diese Aktion, die Jamie zum Höhepunkt trieb. Erst nach dieser verklungen war, beendet ich auch meine Bestrafung ihrer Hausgenossin. Ich war davon ein wenig in Schweiß ausgebrochen und richtig böse geil. Ich riss ihr brennendes Fleisch mit beiden Händen auseinander und schob meinen jubilierenden Jochen in ihre feuchte, heiße Spalte.

Shawn erinnerte sich derweil, dass er eine Freundin hatte und ließ Tina im wahrsten Sinne des Wortes links liegen. Den gerade aus deren Arschloch abgezogenen Pimmel deponierte er stattdessen in dem Mund seiner Geliebten. Es schüttelte mich ein wenig, als ich das sah, aber die wussten vermutlich, was sie taten.

Meine Aufmerksamkeit gehörte jetzt auch einzig und allein Chris, die schwer unter meiner geschlechtlichen Fortführung ihrer Bestrafung laborierte, da ich wie ein Wahnsinniger auf sie einhämmerte, mit allem, was mein Becken hergab, über sie herfiel. Ihr gepeinigtes Gesicht ruhte seitlich auf dem Unterleib ihrer Freundin, sie stöhnte und röchelte immer lauter. Ich hielt mich an ihren fantastischen Titten fest, bearbeitete diese grob und kräftig, um ihr das Erlebnis noch ein wenig mehr zu versüßen.

Indes wurde Jamies Gesicht von einer ordentlichen Menge Spermas ihres Freundes verschönt, als er im letzten Moment abzog und sein Kommen mit diesem visuellen Zeichen dokumentierte. Er nahm ihr verklebtes Gesicht zwischen Daumen und Zeigefinger und drückte sie zu Tina runter, die die Aufgabe bekam, sie leckend zu säubern. Das Schauspiel trieb mich wiederum dem Höhepunkt zu. Chris winselte und stöhnte vor sich hin, schien aber noch lange nicht soweit zu sein. Es war mir in diesem Moment egal, ich verlor jede Möglichkeit der Kontrolle und ergoss mich in einem Hammerorgasmus in sie hinein, pumpte sie richtig voll.

Die Stille, die unseren keuchenden Atemgeräuschen nachfolgte, war fast unnatürlich. Es war, als müssten wir alle gemeinsam uns graduell in die Realität zurückkämpfen, so dass jeder erst einmal mit sich selbst beschäftigt war. Ich öffnete auf ihren Wunsch Chris Handfesseln. Tina drehte sich auf ihren Rücken, stellte ihre Beine auf und neckte uns alle mit ihrer blanken Maus. Sie wollte offensichtlich noch nicht befreit werden. Ein Zigarettenpäckchen und eine Wasserflasche gingen herum. Chris stieß mich an.

„Und das hast du vorher noch nicht getan? Na, ich glaube da hat einer seine Berufung gefunden.“

Jamie und Shawn grinsten zustimmend. Auch ich musste zum Teil über mich selbst lächeln.

„Hm … wer weiß, kann schon sein. Das war saugeil soweit. Ihr seid ja echt alle richtig hart drauf.“

Chris rieb leicht vorwurfsvoll ihren noch immer knallroten Po.

„Du hast aber auch ganz schön zugelangt, mein Lieber. Hättest du eine der anderen genommen, wäre meine Haut geplatzt.“

Als ich zu einer entschuldigenden Entgegnung ansetzen wollte, schüttelte sie energisch den Kopf.

„Das wäre auch kein Problem gewesen.“

Tina stimmte bekräftigend ein.

„Ja, das ist ein unglaubliches Gefühl. Ich werde richtig nass, wenn ich nur daran denke.“

Sie hob und senkte ihr Becken. Ich griff mit meiner linken Hand an ihr feuchtes Menschenleben.

„Stimmt.“

„Oh … bitte … bitte … mach weiter … ich will auch kommen.“

Meine Zigarette war erst halb geraucht. Außerdem glaubte ich das zu sagen, was sie wirklich hören wollte.

„Wann du kommst, bestimme immer noch ich.“

„Oh … Herr … bitte … bitte … lass mich kommen. Ich bin so geil …“

Das „Herr“ bzw. das englische „Master“ brachte mich gründlich durcheinander. Immerhin war ich ein absoluter Novize in ihren Szenepraktiken.

„Du verdienst noch gar nicht zu kommen“, sprang mir Chris überraschend bei. „Und dein „Herr“ wird jetzt erst mal das Dienen lernen …“

Es ging alles sehr schnell. Sie hatte die ganze Zeit die Handschellen in ihren Händen behalten und damit rumgespielt. Während ich gerade die Zigarette im Ascher ausdrückte, schnappte die erste Seite an meinem Handgelenk zu. Sie hatte wohl schon etwas weiter gestellt, aber es war trotzdem sehr eng und schnitt richtig in mein Fleisch. Unsere Blicke trafen sich. Stimmt, sie hatte ja gesagt, sie wäre ein „Switch“. Ihr Gesichtsausdruck war sehr beherrscht und irgendwie lauernd. Sie wollte mir wohl die Wahl geben, ob ich mir ihr tatsächlich auslieferte, oder nicht.

Es ist schwer zu beschreiben, was in diesem Moment in mir vorging. Ich war nicht unbedingt ein Fan von Schmerzen, obwohl ihre Beisserei vor einigen Minuten durchaus ihren Reiz gehabt hatte. Hier ging es um etwas anderes, Fundamentaleres. Es ging darum, ob ich dieses rückhaltlose Vertrauen aufbringen konnte, dass notwendig ist, um sich jemanden völlig und vollständig hinzugeben und in der Tat auszuliefern. Ich gab mir einen Ruck und nickte angedeutet. Also gut. Ein wenig Angst hat ja nun auch Erregungspotential.

Die zweite Schelle schloss sich um mein linkes Handgelenk, fesselte meine Hände hinter meinem Rücken. So fühlte sich das wohl für gefangene Verbrecher an. Wahrscheinlich aber deutlich weniger geil. Ihr nächster Angriff überraschte mich da schon deutlich mehr. Sie schlang ein schwarzes Tuch vor meine Augen. Von einem Augenblick zum nächsten sah ich nichts mehr. Die anderen tuschelten vergnügt. Ich saß blind und gefesselt irgendwo in der Mitte des Bettes hochaufgerichtet und etwas unbequem in einer Art Schneidersitz. Ein Fuß mit spitzem Absatz stieß mich um.

Ich versuchte verzweifelt, meine Beine zu sortieren und irgendwie in einen Bogen zu kommen, denn die Handschellen schnitten noch stärker in meine Unterarme, als mein Gewicht dazukam. Ich stellte mir vor, dass sich die vier köstlich amüsierten, als ich da wie ein Käfer auf dem Rücken rotierte, doch meinen Plan aber halbwegs ausführte. Mein linker Fuß landete dabei in etwas sehr Feuchtem und Heißen. Das musste Tinas vernachlässigtes Fötzchen sein, denn ich hörte ihr charakteristisches Stöhnen. Mein anderes Bein brauchte aber noch eine Gewichtsverlagerung zum Freikommen, also stellte ich meinen Fuß lieber auf, anstatt sie damit zu stimulieren.

Ich hörte sie enttäuscht seufzen. Na, vielleicht konnte ich ja trotzdem dahin zurück finden. Irgendjemand hatte da aber andere Pläne. Vor meiner Nase tauchte ein unverwechselbarer Duft auf. Ein Hitzeschwall traf mein Gesicht. Wer auch immer da ihre Pussy vor mir postierte, sie war geil. Ich bewegte meinen Kopf in der Dunkelheit nach vorn, der Quelle des süßen Duftes entgegen. Die Backpfeife, die dafür in mein Gesicht klatschte, hatte sich gewaschen. Meine Wange glühte noch Minuten nach.

„Wer sagt denn, dass du sie lecken darfst? Die tust nur, was ich dir sage, verstanden?“

Aha. Entweder hatte sie Jamie oder gar die gefesselte Tina über meinem Gesicht platziert. Die Sache machte mir langsam Spaß. Ich hauchte meinen heißen Atem stoßweise in Richtung des Objektes meiner blinden Begierde. Das war mir ja auch noch nicht ausdrücklich untersagt worden. Auf jeden Fall wurde es von der Besitzerin der Muschi bemerkt, denn die Hitze vor mir wurde stärker.
Kleine Hände schlossen sich um meinen wiedererwachenden Mannesstolz. Gleichzeitig hörte ich wie es vor mir glitschte und glitt. Sie spielte wohl mit sich selbst. Das war ja kaum auszuhalten. Mein Schwanz verschwand in einem gastfreundlichen Mund. Es war unbeschreiblich geil. Dann gab es auch ein Happy-End für meine sehnsüchtige Zunge.

„Jetzt darfst du sie lecken. Aber langsam. Ganz langsam.“

Ich war mir jetzt sicher, dass es Jamie war, denn ich fühlte kurz das Kitzeln von Schamhaaren auf meiner Nase, bevor sich ihre Möse bei meiner austretenden Zunge einfand. Plötzlich war Chrisses Stimme dich neben meinem Ohr. Sie musste sich direkt neben mir auf dem Boden befinden. Sah sich wohl aus aller Nähe an, was ich da mit ihrer Hausgenossin anstellte.

„Sehr schön. Leck ihren Kitzler … etwas höher, ja … so.“

Ich spürte natürlich schon, wo ich mich befand. Aber dieses Coaching hatte ja auch was. Ich musste laut stöhnen, weil mein Schwanz von einem erfahrenen Mund gerade richtig geil verwöhnt wurde.

„Ja, er bläst gut, nicht wahr?“

Hoppala. Nahm sie mich hoch? Das wollte ich doch schwer hoffen.

„Ehm … du ziehst mich auf, oder?“

Eine Hand griff an meine Augenbinde und hob sie etwas an. Zunächst sah ich nur Jamies lebensgroße Weiblichkeit vor mir.

„Lass ihn was sehen“, hörte ich wieder dicht an meinem Ohr. Dann hob sich ihr Unterleib aus dem Gesichtsfeld und ich sah Shawns Lockenkopf, in dem tatsächlich mein Schniedel verschwand.

„Du bist echt eine perverse Sau“, protestierte ich, bevor sich die Binde wieder auf meine Augen legte.

„Wieso, es gefällt dir doch, oder?“

Da hatte sie dummerweise auch noch recht. Er konnte wirklich gut blasen. Kunststück, schließlich war ihm das Sportgerät ja überaus vertraut. So hatte ich mir meine erste Begegnung mit einem Mann allerdings nicht vorgestellt. Ich brauchte nicht zu antworten, denn Jamie wollte weiter geleckt werden. Rieb ihre klitschige geile Fotze über mein ganzes Gesicht. Postierte sich dann wieder mit ihrem Kitzler auf meiner Zungenspitze.

„Leck!“

Ein Befehl, dem ich nur zu gern folgte. Die vollkommene Dunkelheit wurde wiederhergestellt. Sie knabberte an meinem Ohrläppchen. Dann biss sie richtig zu. Es war ein scharfer, böser Schmerz. Es hätte mich nicht gewundert, wenn jetzt gerade das erste Blut geflossen war.

„Schneller. Mach sie richtig geil. Ja … so ist das gut. Wie ist er, Jamie?“

„Begnadet. Probier’s doch gleich selbst.“

Wieder Getuschel. Ich ließ mich davon nicht irritieren. Gab Jamie, was sie wollte. Eigentlich war mir schon fast alles egal. Ich genoss, von einem Mann geblasen zu werden. Die ultimative Demütigung war ihr also schon gelungen. Was noch? Würde er mich in den Arsch ficken? Da würde ich wohl zumindest versuchen, ein Veto einzulegen. Aber erneut hatte sie andere Pläne. Mein bestes Stück war plötzlich wieder im Freien. Nur eine kurze Zeit. Dann senkte sich eine Pussy darauf ab. Zwischen Arsch und Pussy kann ich schon auch blind unterscheiden. Meine homoerotische Eskapade schien also vorerst mal beendet.

Das Atmen kam mir sehr bekannt vor. Es war unzweifelhaft Tina, die da auf mir arbeitete, sich wohl jetzt in Eigenregie das besorgen konnte, was sie vorhin von mir erbetteln wollte. Und wie sie das tat. Oh mein Gott. Ich vergaß fast meine andere Aufgabe, die sich vom Empfinden her und der Geräuschkulisse aber bald dem Ende zuneigen würde. Ein Kopf landete auf meiner Brust. Dann wurde auch von da Stöhnen laut. Ich nahm an, Chris ließ sich nun von Shawn durchziehen. Über mir zuckte und krampfte es und ein triumphierendes, erlöstes „Ja“ verkündete Jamies Erfolgserlebnis.

Dann presste sie ihre post-orgasmische Weiblichkeit gegen mein Gesicht. Drückte mir gleichzeitig Mund und Nase zu. Erst dachte ich mir weiter nichts dabei, wartete geduldig, dass sie sich wieder erheben würde. Das Gegenteil war der Fall. Der Druck wurde stärker. Sie benutzte ihr ganzes Körpergewicht. Ungläubig versuchte ich meinen Kopf aus dieser tödlichen Falle zu befreien. Ich hatte keine Chance. Während ich langsam in Panik geriet, spitzte sich auch der Ritt auf meinem fast schmerzenden Pony beidseitig immer mehr zu. Mein Körper wehrte sich noch immer krampfhaft gegen das Ersticken, während mein Geist sich schon in eine völlige Aufgabe und Resignation verlor.

Kurz vor der Ohnmacht kam ich, wie von einem Elektroschock zurück in das Leben gepeitscht und gleichzeitig bekam ich überraschend wieder Atem, den ich verzweifelt pfeifend einsog. Ich kriegte einen Hustenanfall, während ich mich in die ebenfalls eruptierende Tina ergoss.

„Chris, das war zu knapp. Das wird irgendwann mal schief gehen“, hörte ich Jamie protestieren.

Chris antwortete nicht. Sie stöhnte unterdrückt. Ich konnte die Fickgeräusche deutlich hören, das Klatschen zweier Leiber aufeinander. Mein Atem normalisierte sich langsam wieder, aber ich war noch immer total erschüttert vom Geschehenen. Wie waren die denn drauf? Das war mir eindeutig eine Nummer zu hart. Es wurde kühler in meinem Gesicht, Jamie hatte sich wohl zurückgezogen. Tina thronte immer noch auf meinem nur langsam erweichenden Zepter.

Shawn schien Chris richtig herzunehmen, das Grunzen und die Tiefe ihres Stöhnens sprachen eine eindeutige Sprache. Sie schienen ihre Position etwas verändert zu haben, denn plötzlich fühlte ich ihren suchenden Mund auf meinem. Ihre Zunge drang in meinen Mundraum ein, umkreiste meine, während ich nun ihren von Leidenschaft geschüttelten Körper eng an mich gepresst fühlte. Dann schnellte sie unvermittelt zur Seite und etwas anderes drang in meinen Mund ein. Auch ohne Vorerfahrung wurde mir sehr schnell klar, was sich da in meinem Mund so richtig ausspuckte.

Shawn hatte ihn mir zudem so tief in meinen Mund gesteckt, dass mir gleich alles direkt in den Rachen lief. Ich gurgelte und würgte, aber kriegte alles runter. Ich hörte allgemeines Gelächter. Dann zogen sie mir die Binde von den Augen. Shawn zog seinen stark geröteten Dödel aus meiner unfreiwilligen Mundfotze ab und ließ sich schwer auf die Liege fallen. Tina saß immer noch auf meinem Schoß, die Hände genau wie ich noch immer hinter dem Rücken gefesselt. Sie sah mich fröhlich an.

„War gut, oder?“

Ich konnte nicht einmal antworten. Ich konnte nicht verbalisieren, was ich fühlte oder dachte. Ich fühlte mich missbraucht, erniedrigt, benutzt, beschmutzt, verletzt. Und gleichzeitig unglaublich entspannt und befriedigt.
Chris tauchte über mir auf.

„Du brauchst jetzt nicht zu reden. Wir alle hier wissen, wie du dich jetzt fühlst. Es geht vorbei. In dem Moment, wo es das tut, wirst du es vermissen. Ich mach dich jetzt los.“

Sie drehte mich auf die Seite und öffnete die Handschellen. Ich spürte meine Hände kaum noch, die Fingerspitzen waren völlig taub. Jamie reichte mir die Wasserflasche. Den Geschmack von Shawns Sperma konnte ich aber nicht runterspülen.

Ich zündete mit zitternden Fingern eine Zigarette an. Ich war mir nicht einmal sicher, ob ich diese Runde liebte oder hasste. Ich war völlig aus meinem normalen Empfinden herausgerissen worden, wie betäubt. Verblüfft sah ich, wie erste Sonnenstrahlen helle, warme Flecke auf meinen Körper zauberten.
Wir kuschelten uns alle aneinander. Noch bevor mein Geist sich vollständig entwirrte, schlief ich ein.

***

Erst am frühen Nachmittag schlich ich nach Hause.

„Tom, wo kommst du denn jetzt her? Wir haben uns schon langsam Sorgen gemacht.“

Ich konnte Sara nicht einmal ins Gesicht sehen.

„Oh, ich war auf der Party mit Gianna. Und hab dann bei einer Bekannten von ihr übernachtet.“

Ich konnte ihren fragenden Blick spüren, aber wagte immer noch nicht, sie anzusehen.

„Das freut mich für dich.“

„Ich bin aber noch ziemlich hin. Ich haue mich erstmal aufs Ohr.“

Ich floh auf mein Zimmer. Da war die Frau, die ich liebte. Was war ich doch für ein perverses Schwein. Ich verdiente so jemanden wie sie ja auch gar nicht. Ich rauchte einen Spliff nach dem nächsten und hing meinen dunklen Gedanken nach. Erst am Abend kriegte ich Hunger. Ich traf natürlich wieder Sara in der Küche. Es gelang mir, das Gespräch auf die Katzen zu bringen. Sie war sofort einverstanden. Auch Rick und Ian hatten nichts dagegen, als wir sie damit konfrontierten. Ich rief etwas später Chris an.

„Hallo Chris. Höre, ich habe mit meinen Mitbewohnern gesprochen. Sie haben nichts gegen zwei Kätzchen einzuwenden.“

Sara strahlte bekräftigend auf dem Sofa mir gegenüber. Sie hatte sich immer schon eine Katze anschaffen wollen, aber bislang war es bei der Absicht geblieben.

„Jetzt ist es aber noch zu früh. Sie müssen noch ein paar Wochen bei der Mutter verbringen. Aber freut mich. Ich hab dir ja gesagt, dass ich sie am liebsten Leuten gebe, die ich kenne.“

„Stimmt, mittlerweile kennst du mich richtig gut.“

„Vielleicht kenn ich dich ja besser, als du selbst.“

„Es hatte einige Male den Anschein.“

„Was macht dein Schwanz? Kaputt?

Ich wünschte mir, die Leute würden mich mit ihrem Hollywooddeutsch verschonen.

„Nein. Aber abgenutzt.“

Ich war froh, dass ich weit genug von den anderen entfernt saß. Mit meinen Antworten würden sie vermutlich nichts anfangen können.

„Und wie fühlst du dich? Wie ein perverses Schwein?“

Mir stockte richtig der Atem.

„Du hörst nicht auf, mich zu verblüffen.“

„Das ist mein Talent. Ich fühle mich in Menschen ein. Darum bin ich auch so gut im Bett. Und mach dir nichts draus. Durch das Fegefeuer mussten wir alle mal. Was du aber auf der anderen Seite findest, entschädigt für so einiges.“

„Das mag ja sein. Und ich stimme zu, du bist erstaunlich empathisch. Bilde dir aber bloß nichts drauf ein.“

„Ich mag deine Stimme. So sehr, dass ich nun für den Rest unseres Gespräches masturbieren werde. Gefällt dir die Vorstellung?“

„Wenn du mich so gut kennst, kennst du auch die Antwort auf diese Frage.“

„Ja. Wirst du jetzt hart? Musst du jetzt deine spießigen Mitbewohner verlassen, weil du langsam geil wirst?“

In der Tat stand in just in diesem Moment auf und verließ mit dem Telefon das Wohnzimmer. Es war ein Schnurloses, zu dieser Zeit noch eine echte Rarität und zudem ein ziemlicher Kloben.

„Das tue ich gerade. Jetzt gehe ich die Treppe hoch. Schruppst du schon an deiner geilen Pflaume?“

„Möchtest du’s hören? Hier. Und, hat meine Muschi miaut?“

„Ich bin mir nicht sicher. Vielleicht solltest du ja mal …“

„… den Hörer reinstecken. Wie originell. Hast du jetzt endlich dein Prachtstück in der Hand, oder muss ich erst betteln?“

„Mmm … so gern ich dich auch betteln hören würde … so unwiderstehlich ist deine Stimme eigentlich gar nicht. Aber trotzdem …“

„… aber trotzdem hast du ihn schon in der Hand, nicht wahr? Gib ihm von mir mal liebe Grüße. Ach übrigens auch von Tina. Die ist gerade reingekommen. Was? Natürlich sieht sie, dass ich mit mir spiele. Sie hat einen ganz eigenartigen Gesichtsausdruck. Was soll mir diese Zunge sagen? Ich verstehe nicht, demonstrier es doch einfach mal. Ach das. Ja, das mag ich. Jetzt leckt sie mich. Schockierend, nicht wahr? Diese kleine geile Sau. Und ich bin auch eine Sau, eine ganz schöne Pott-Sau sogar. Ich geb es offen zu. Siehst du, ist der Ruf erst ruiniert, fickt es sich ganz ungeniert. Du hast deine Unschuld verloren, mach was draus. Mmm … du leckst guuuut, Tina-Schatz.“

Mir rutschte der Hörer für einen Moment die Schulter runter, weil ich so emphatisch „zuhörte“. Sie stöhnte am anderen Ende. Die Idee, dass sie da für mich Kasperle Theater vorführte, zerplatzte, als ich Tinas Stimme eindeutig im Hintergrund hörte.

„Oh Tom, ich wollte du könntest hier sein … ich bin so geil … oh … Tina leckt so … wahnsinnig … ah … geil …“

Ich wurde vor ihr fertig. Was für eine verrückte Frau. Ich war nicht verliebt oder so etwas. Ich war ihr und ihrem perversen Charme gegenüber einfach nur wehrlos.

***

Prompt schleppte ich Sara mit zum Kätzchen-Aufsammeln. Jamie und Chris waren alleine im Haus. Mit einiger Erleichterung stellte ich fest, dass sie sehr diskret waren. Keine Anspielungen, obwohl Sara schon versuchte, Chris auszuleuchten. Das war nicht weiter verwunderlich, denn wir telefonierten ziemlich oft miteinander. Chris hielt sich mit Fragen erstaunlich zurück. Jamie machte uns Tee und unterhielt sich mit Sara. Chris lächelte entschuldigend.

„Ich muss euch Tom mal ganz kurz entführen. Du hilfst mir doch, auf dem Dachboden nach einer passenden Transportkiste zu suchen? Wir sind gleich wieder da.“

Zu meiner Überraschung führte sie mich tatsächlich auf den Dachboden.

„Hier, ich glaub die geht.“

„Ach, du wolltest wirklich nur eine Kiste besorgen? Und ich dachte du wärest auf einen Mega-Quickie aus.“

„Jetzt sei nicht unartig. Du liebst die Frau da unten, nicht wahr? Warum seid ihr nicht zusammen?“

„Es ist kompliziert. Wir sind Freunde.“

„Erzähl mir ein andermal davon. Es ist mir egal, nebenbei. Ich will nur deinen Körper und deine schmutzige Fantasie. Solange sie dich nicht ran lässt … bleibt genug für mich über. Oder? Willst du dir etwa die hier entgehen lassen? Wo du doch so auf kleine Muschis stehst?“

Sie hob ihren Jeans-Rock an. Darunter befand sich nur das, was sie so anpries. Was für ein Luder.

„Komm morgen wieder hierher. Alleine und unbewaffnet. Dann zeige ich dir die anderen Seiten von dir, die du noch nicht kennst.“

„Ich weiß nicht.“

„Oh doch, du weißt. Und du wirst es dir bis morgen um vier Uhr vorstellen. Wage nicht deine Palme zu wedeln. Alles, was du in den nächsten vierundzwanzig Stunden produzierst, ist meins.“

„Na, da ist aber jemand richtig von sich selbst überzeugt.“

„Gar nicht mal. Aber ich weiß, dass ich dich überzeuge. Du kannst es schon gar nicht mehr erwarten, nicht wahr? Fass doch noch mal zum Abschied an, oder besser: Küss das Objekt deiner Begierde. Danke schön. Und jetzt bringt mal schön die beiden Kleinen in ihr neues Zuhause und seid gut zu ihnen.“

Wir gingen zurück ins Wohnzimmer. Als wir uns verabschiedeten, kriegte Sara doch noch einen Spruch von ihr.

„Schätzchen, du musst dich langsam mal entscheiden, sonst schnappt ihn dir jemand weg.“

Sara starrte sie verblüfft an.

„Was meinst du? Wir … wir sind Freunde.“

„Ja, vielleicht glaubst du’s ja auch wenn du’s dir und anderen oft genug erzählst. Sei doch nicht so feige. Tschüss. Nett dich kennengelernt zu haben.“

Sara schwieg betroffen. Erst auf der Busfahrt äußerte sie sich dazu.

„Was hast du ihr denn von uns erzählt?“

„Gar nichts. Sie hat … eine eigenartige Begabung.“

„Was meinst du?“

„Sie fühlt sich in Leute hinein, irgendwie.“

Sie sah angestrengt aus dem Fenster, als gäbe es dort irgendeine Sensation zu erhaschen.

„Vielleicht klappt das ja nicht immer gleich gut“, meinte sie nach einer langen Pause.

„Ja vielleicht.“

Wir beeilten uns, das Gespräch auf die Kätzchen und mögliche Namen für sie zu lenken. Wir einigten uns darauf, dass ich mir einen Namen für den Kater und sie für die Katze aussuchen würde. Ich entschied mich für Oberon. Unser Kätzchen würde Agatha heißen.

Sie schienen ihre Mutter nicht sonderlich zu vermissen und freundeten sich schnell mit uns an. Oberon hatte rot-weißes Fell, Agatha war ein grau-schwarzer Tiger. Es gab spezielle Nahrung für Kätzchen in dem Alter, und ich schoss los, um diese zu besorgen.

Auf dem Rückweg ging ich in den nächsten Falafel Laden. Die Falafels in Stamford Hill waren unglaublich gut. In dem Laden war ich auch vorher schon mal gewesen. Im Gegensatz zum vorherigen Mal stand diesmal eine alte Frau hinter den Tresen. Als sie mir die Tüte über den Tresen reichte, fiel mein Blick auf ihr Handgelenk. Eine sechsstellige Nummer war dort eintätowiert. Eine KZ-Überlebende. Eine Welle von Scham und Schuld schlug über mir zusammen.

In meinem Fall hatte der Geschichtsunterricht gewirkt. Hatte die KZ-Besichtigung in Buchenwald bei unserer Abi-Fahrt in die damalige DDR das Gefühl der nationalen Schuld erzeugen können, das immer noch vorhielt. Ich erinnere mich noch an den unglaublichen Zynismus der Torinschrift beim Eingang in dieses Lager des Grauens: Jedem das Seine.

Unsere Blicke trafen sich. Ich bat sie innerlich um Vergebung für alles, was mein Volk ihr angetan hatte. Ihr mildes Lächeln war wie eine Absolution. Die Geschichte brachte mich ganz hübsch durcheinander. Vor allem, weil sie in eine Kerbe schlug, die eh schon offen war. Ich hatte richtige Gewissensbisse wegen der Geschichte mit Chris. Ich paddelte wie ein Ertrinkender in einem Meer von Scham und Schuld. Ich war mir einigermaßen sicher, dass ich mich in Chris nicht verlieben würde. Und dennoch wurde ich von ihr angezogen, wie von einem Magneten.

***

Pünktlich um vier stand ich vor ihrer Tür. Hinter mir lagen eine schlaflose Nacht und ein paar unruhige, erschöpfte Dämmerzustände am Morgen. Sie öffnete mir ohne das erwartete triumphierende Lächeln.

„Schön, dass du da bist. Komm mit.“

Sie zog mich an meiner Hand in ihr Zimmer, das im obersten Stockwerk lag. Ihre Ruhe und Gelassenheit irritierten mich, ohne dass ich hätte benennen können, warum. Ihr Zimmer war sehr geräumig und aufgeräumt, ein großes Bett mit geschmiedetem Eisengestell, eine kleine Sitzecke mit einem Zweisitzer-Sofa und zwei Sesseln, ein großer verspiegelter Kleiderschrank, ein Schreibtisch mit einem Apple Computer, die zu dieser Zeit noch etwas exotisch und elitär auf mich wirkten. An den Wänden Aquarelle und Zeichnungen. Sehr viele und zum Teil sehr große Pflanzen. Nicht ein einziges Buch.

Man sagt, dass die Einrichtung eines Raumes viel über den Bewohner aussagt. Ich wusste ja noch nicht viel über sie, aber hier hatte ich eindeutig das Gefühl, dass es nicht passte, der Raum nicht im Mindesten ihre Persönlichkeit reflektierte. Wir setzten uns in die Sitzecke. Sie verschwand, um uns einen Tee zu machen. Es war sehr still im Haus.

„Was machst du eigentlich, beruflich meine ich?“ fragte ich sie teeschlürfend nach ihrer Rückkehr.

„Ich hab ein Geschäft von meinem Vater geerbt, der vor zwei Jahren verstorben ist. Da ich mich weder dafür interessiere, noch irgendein Talent besitze, das ich dort einbringen könnte, habe ich einen Geschäftsführer eingestellt, der es für mich am Laufen hält. Das Haus hier ist auch meins. Beides wirft genug ab, um angenehm davon leben zu können.“

„Sorry, tut mir leid mit deinem Vater. Und deine Mutter?“

„Lebt im Lake-Distrikt. Wieso interessiert dich das alles?“

„Ich werde irgendwie nicht aus dir schlau.“

„Mach dir nichts draus. Wie ich im „normalen“ Leben bin, spielt für unsere Beziehung eigentlich keine Rolle. Wie gefällt den beiden Kleinen ihr neues Zuhause? Ich hab heut Morgen übrigens die letzten beiden weggegeben.“

„Richtig gut. Ich hab das Futter besorgt, das du uns empfohlen hast und sie benutzen auch schon die Kiste.“

„Das freut mich. Wie du siehst, klappt es meist mit meiner Erziehung. Und nicht nur bei Katzen … was ist mit dir? Du wirkst bedrückt. Zuviel Wahrheit gestern? Die Italienerin?“

Ich musste erst einen Kloß im Hals herunterschlucken.

„Auch. Ich bin hier, um mich von dir zu verabschieden. Ich hab fast die ganze Nacht wach gelegen, um zu dieser Entscheidung zu finden. Versteh mich nicht falsch, du bist eine klasse Frau und echt faszinierend … du weckst Gefühle und eine Lust in mir, die mir teilweise richtig Angst macht. Aber ich krieg das nicht hin …“

„Was kriegst du nicht hin?“

„Diese Art des Lebens … diese Art von Beziehung … losgelöst von allem … Mist, ich kann es nicht vernünftig erklären …“

Sie schlürfte schweigend ihren Tee.

„Nimm doch einen von den Keksen. Die sind richtig lecker.“

Nahm sie meine Bedenken überhaupt nicht ernst? Oder war ich ihr so gleichgültig, dass sich bei ihr nicht einmal Widerspruch regte?

„Du hast nichts dazu zu sagen?“

„Nichts, was dir in diesem Moment weiterhelfen würde. Du möchtest, dass ich deine Bedenken einfach zerstreue oder darüber hinweg stiefele, dich richtig dominiere, dir keine Zeit zum Nachdenken lasse. Dir befehle, dich mir vollständig auszuliefern. So funktioniert das aber nicht. Außerdem hast du den festen Glauben, dass dieser Grad von Intimität und Vertrauen nur auf Menschen beschränkt sein sollte, die sich lieben. Und mit solchen Gefühlen hat unsere Beziehung nichts zu tun.“

So klar war mir die Geschichte nicht einmal selbst geworden. Mein Respekt für ihre empathischen Fähigkeiten wuchs. Sie zündete sich eine Zigarette an.

„Du hast das Gefühl, du bist noch nicht soweit. Das diese Art der Beziehung ein Aufgeben ist. Einerseits ein Aufgeben der Hoffnung auf das Happy-End mit der kleinen Italienerin, andererseits eine Aufgabe des Gefühls, dein Leben halbwegs kontrollieren zu können.“

Ich schwieg betroffen. Sie las wirklich in mir, wie in einem Buch.

„Und jetzt hoffst du inständig, dass ich für uns beide eine Entscheidung treffe. Den Gefallen tue ich dir aber nicht. Du bist harmoniesüchtig, es muss alles zueinander passen und darf dein Selbstbild nicht gefährden. Du hast Seiten an dir entdeckt, die du nicht kennst und die dir Angst machen. Ich kann dir die Angst nicht nehmen. Die Angst ist Teil der Erfahrung. Ihre Überwindung ist die Befreiung, die du suchst. Nicht die Flucht vor ihr. Verstehst du?“

„Vielleicht nicht vollständig. Du glaubst also, dass ich so bin, wie ihr? Das du mich sozusagen wachgeküsst hast und ich jetzt gefälligst der Realität in die Augen sehen soll?“

Sie schüttelte langsam den Kopf.

„Was heißt denn wie ihr? Meinst du, Tina, Shawn und Jamie sind genau so wie ich? Wir sind alle Individuen mit völlig unterschiedlichen Bedürfnissen, Geschichten und Gefühlen. Was sich gleicht, ist höchstens, dass wir alle irgendwann an einem Punkt waren, wo wir unsere Neigungen in unsere Persönlichkeit integrieren mussten; wo wir lernen mussten, uns dafür weder zu schämen, noch zu hassen. Zu akzeptieren, dass das Spiel mit der Macht, der Kontrolle und dem Schmerz auch etwas ist, das uns definiert. Dass es Ecken und scharfe Kanten in uns und unserer Persönlichkeit gibt, an denen man sich und andere auch verletzen kann. Dass Schmerz die Seele reinigen kann. Dass erniedrigt zu werden eine Befreiung von maßloser Selbstüberschätzung ist… dass es gerade die Brüche und Kanten sind, die uns definieren, nicht das Glatte, Aufgesetzte, hinter dem wir uns so gerne verbergen.“

Ich seufzte. Vielleicht hatte sie mit alldem Recht. Vielleicht kannte sie mich wirklich besser, als ich mich selbst. Vielleicht war es gerade das, was mich zu ihr hin drängte.

„Du solltest Psychologie studieren.“

„Wozu? Ich richte so schon genug Schaden an.“

Das klang nicht flapsig. Sie meinte das so. Und jetzt? Änderte das alles etwas an meiner Entscheidung? Hatte sich für mich irgendetwas geklärt? Ich war eher noch verwirrter und verunsicherter. Eines aber fühlte ich sehr deutlich: Das war kein Psycho-Spiel, sie versuchte nicht, mich zu überzeugen, oder zu brechen, oder gefügig zu machen. Sie zeigte mir einfach auf, dass ich eine Wahl hatte, was diese involvierte und dass ich sie alleine treffen musste.

„Jetzt weiß ich wieder überhaupt nicht, was ich tun soll.“

„Ja, ich weiß. Ich kann dir nicht helfen. Ich kann dir nur eine ehrliche Beziehung anbieten.“

„Es tut mir leid … zu viel Input. Ich muss das alles erst einmal verarbeiten.“
„Ich lass dich mal in dem Glauben.“
Den Satz verstand ich nun gar nicht.

„Wie? Was meinst du? Es ist keine rationale Entscheidung, oder was?“

„Oho. So langsam fällt doch der Groschen.“

Ihr Spott verletzte mich nicht. Überhaupt, vor ihr hatte ich nicht die mindeste Angst, im Gegenteil. Ich hatte das Gefühl, dass sie mir Schmerzen zufügen konnte, ohne mir weh zu tun. Warum? Und was wollte sie wirklich von mir?

„Warum bist du eigentlich an mir so interessiert? Warum hast du es nicht bei unserer geilen, aber bedeutungslosen Begegnung belassen? Warum hältst du mir den Spiegel vors Gesicht, was ist dabei für dich drin?“

„Den Spiegel vors Gesicht … das hast du schön gesagt. Um bei dieser Metapher zu bleiben, weil ich mich selbst sehe, wenn ich dich anschau. Du bist mein Spiegelbild. Du hast dasselbe Potential, dich vollständig in einer Sache zu verlieren. Du bist empfindsam, aber innerlich unglaublich stark. Du kannst einstecken und austeilen, aber du würdest mir nie wirklich wehtun. Ich vertraue dir. Der einzige Unterschied zwischen uns ist, dass mir das als Basis genügt, mich mit dir einzulassen. Dass ich nur jemanden will, mit dem ich meine Lust und Leidenschaft ausleben kann. Du glaubst immer noch, dass du mehr brauchst, die perfekte Beziehung, mit Liebe und Vergebung und dem Ritt in den Sonnenuntergang.“

„Na, dann weißt du ja wenigstens, was du willst. Dafür beneide ich dich.“

„Jetzt mach hier nicht auf Jammerlappen. Das bist du nicht. Und soll ich dir noch was sagen? Du fickst wahnsinnig gut. Du hast ebenfalls Ansätze zur Empathie. Was mich an dir reizt, ist die Grenzenlosigkeit der Möglichkeiten, die wir zusammen erforschen könnten. Die Aussicht auf Sex, der alles sprengt, was ich bisher erlebt habe. Scheiße, ich werde ja schon beim Gedanken dran richtig nass.“

Das hatte gesessen. Sie wusste genau, welche Knöpfchen sie bei mir drücken musste. Für einen Moment kriegte ich doch das Gefühl, dass sie mich nach Belieben manipulierte.

„Was für eine gelungene Überleitung …“

„Tom, ich bin ehrlich, nichts weiter. Ich bin geil auf dich, damit halte ich doch nicht hinter dem Berg. Ich versprech dir gar nichts, ich will dich nicht locken, ich sag dir einfach rundheraus, was in mir vorgeht. Ich will dich nicht verführen oder austricksen, ich will mit offenem Visier in eine klar definierte Beziehung. Glaubst du mir das?“

Ja, das glaubte ich ihr. Und jetzt? Sie wusste genau, dass sie mich auch in diesen Minuten locker im Sturm erobern konnte. Aber das wollte sie nicht. Okay, jetzt wusste ich, woran ich war. Das machte die Entscheidung auch nicht leichter.

„Und warum glaubst du, dass es eine Entscheidung ist, die man nicht rational treffen kann?“

„Weil es kein richtig oder falsch dabei gibt. Der Verstand braucht diese Antipoden“

Vermutlich hatte sie auch damit recht. Die Klarheit ihres Denkens war fast noch beeindruckender als ihre Empathie.

„Es ist auch keine Entscheidung zwischen ihr und mir. Das habe ich dir gestern schon versucht zu erklären.“

„Ja toll. Während du mir deine Muschi gezeigt hast.“

„Wie gemein von mir. Ich bin ein schlimmes Mädchen. Durch und durch verdorben. Du solltest mir dafür den Hintern versohlen, ehrlich.“

„Du bist unverbesserlich. Da hilft auch keine Tracht Prügel, fürchte ich.“

„Eben das findest du nur heraus, wenn du es probierst.“

Ich seufzte. Ich führte meine Tasse nachdenklich an den Mund, aber sie war schon leer.

„Willst du noch einen Tee?“

„Ich weiß nicht. Vielleicht sollte ich jetzt gehen.“

„Mit weiß nicht und vielleicht kommen wir nicht weiter. Ich schmeiß das Wasser an.“

Sie verließ das Zimmer. Ich war nicht einmal mehr verwirrt. Alles war klar und eindeutig. Ich musste mich nur entscheiden. Wortlos stellte sie mir nach ihrer Rückkehr den Tee vor die Nase, zog ein Knie an, legte ihren Kopf darauf und sah mich stumm an. Sie wirkte so schutzlos. Offen. Ehrlich. Frei. Voller Vertrauen. Weil sie in einen Spiegel sah?

Noch nie hatte ich mich einem Menschen so nahe gefühlt, ohne das Gefühl echter Liebe. Es war dieses Vertrauen und gleichzeitig diese Wehrlosigkeit, die uns verband. Ich hatte einen Moment absoluter Klarheit, als ich in ihren Augen versank. Ihr erstes Lächeln an diesem Tag zeigte mir, dass sie wusste, wie meine Entscheidung ausgefallen war.

„Ich will dich“, sagte ich einfach. Sie schlang ihre Arme um meinen Hals und seufzte.

„Ich will dich auch. Kümmerst du dich jetzt vielleicht mal um meine Fotze?“

„Nein, erst einmal versohle ich dir deinen frechen Arsch.“

Sie kicherte, stand auf und zog sich ihre hellblaue Jeans und ihr Höschen bis zu den Knien herunter. Dann legte sie sich quer über meinen Schoß. Sie wackelte aufmunternd mit ihrem Hintern. Das Klatschen klang ja schon mal gut. Es fühlte sich auch sehr angenehm an. Beim zweiten Mal besser als beim ersten. Man bekommt ein Gefühl dafür. Als ich bei zehn angekommen war, hatte ich auch schon in etwa das Maximum dessen erreicht, was ich an Kraft in diese Schläge packen konnte. Chris ging völlig ab. Sie wand sich auf meinem Schoß wie eine Schlange.

Die weißen Handabdrücke auf ihrem geröteten, knackigen Hintern waren mindestens so stimulierend, wie ihr verzerrter Gesichtsausdruck und die Laute der Lust und des Schmerzes. Nach etwa zwanzig weiteren heftigen Schlägen hielt ich einigermaßen erschöpft an und wanderte mit der anderen Hand zwischen ihre sich heiß anfühlenden Pobäckchen, zu dem nicht minder heißen und feuchten Beweis, wie sehr sie diese Aktion erregt hatte. Ich versenkte erst zwei, dann drei Finger in ihrem Loch, was sie mit einem zufriedenem aber gequetschten „Aaah“ quittierte.

Auch ich war von der ganzen Geschichte durchaus angetan; mein Schwanz drückte mächtig gegen den Stoff meiner Jeans und ihren Körper. Ich ergriff ihren Pferdeschwanz und zog sie recht brutal daran, bis sie verstand, was ich jetzt von ihr wollte. Sie krabbelte unter Schmerzlauten etwas zurück, bis ihr Kopf über meinem nun freigegebenen Schoß postiert war. Mit fliegenden Fingern öffnete sie die Knöpfe meiner Jeans, um meinen stummen Befehl auszuführen.

Ihre Lippen schlossen sich um meinen in ständigem Wachstum begriffenen Dödel. Ich ließ sie zunächst gewähren und mein bestes Stück nach allen Regeln der Kunst aufpumpen. Als er am Ende seiner Entwicklung angelangt war, zwang ich ihn mit einem Ruck bis zum Anschlag in ihren Mund. Sie gurgelte und würgte, sträubte sich gegen meinen erbarmungslosen Griff, aber ich ließ nicht nach. Erst als ihre Hände sich gegen meine Brust und die Sofafläche drückten, um Hebel zur Beendigung des wohl Unerträglichen zu finden, zog ich ihren Kopf vollständig von meinem Schwanz ab. Sie würgte, hustete und schien mit einem Brechreflex zu kämpfen.

Ein Kampf, den sie gewann. Ich gab ihr noch ein paar Sekunden, dann drückte ich sie wieder auf meinen Prügel, hielt ihren Kopf auf halber Höhe fest und stieß von unten in sie hinein, nicht ganz so tief wie zuvor, aber tief genug, um sie erneut zum würgen zu bringen. Das brachte mich nicht aus der Ruhe. Ich stieß härter und härter zu, hielt dann wieder still und bewegte stattdessen ihren Kopf auf und ab. Ihre erstickten Proteste waren Musik in meinen Ohren.

Meine rechte Hand wanderte derweil über die sich noch immer heiß anfühlende, gespannte und gerötete Haut auf ihrem Prachtarsch. Da ich ab und zu auch auf Saras akustischer Gitarre spielte, hatte ich die Nägel dort lang belassen und spitz gefeilt. Während Chris nun fast ohne Unterstützung in dem vorgegebenen Rhythmus weiterblies, zog ich mit einigem Druck über ihr entzündetes Fleisch. Sie stockte für einen Moment, als ich ihr die Nägel unbarmherzig in ihr Fleisch trieb. Ich schaute in ihr von Schmerz und Leidenschaft verzerrtes Gesicht, sah, dass sie ihre Augen geschlossen hatte, aber zusammen mit der Wiederaufnahme ihres Tuns wieder öffnete.

Ich kniff und kratzte, bis sich zu der Röte meiner Handarbeit auch lange rote Striemen und Druckstellen von meinen Nägeln gesellten; noch keine offenen Kratzer, aber viel konnte daran nicht mehr fehlen. Ich riss erneut an ihren Haaren, zog ihren Kopf bis in etwa auf Höhe meiner Brust. Ihr Gesichtsausdruck war unglaublich; sie bleckte die Zähne wie ein verwundetes Tier, ihre Augen blitzten und funkelten wie glühende Kohlen. Ich schlug ihr mit der flachen Hand ins Gesicht, einmal, zweimal, noch ein drittes Mal. Dann zog ich ihren Kopf höher, küsste sie wild und leidenschaftlich, während sie mir recht hart am Schwanz zog.

Ich ließ sie ihre unterbrochene Tätigkeit wiederaufnehmen. Sie saugte und züngelte mit ungebrochenem Enthusiasmus.

„Fuck, bläst du gut …“, sprudelte es aus mir hervor. Sie hörte überraschend auf und sah mich lauernd an. Ein abgrundtief böses Grinsen begleitete ihre Replik.

„Aber nicht so gut wie Shawn …“

Sie bekam ihre Belohnung, auf die sie wohl aus war, in Form der nächsten Backpfeife. Ihre rechte Gesichtshälfte nahm langsam die Farbe ihres Allerwertesten an. Die Wut, die mich dazu trieb, noch einmal kräftig zuzulangen, war nicht gespielt, sondern sehr echt. Diesmal hatte ich sie unbeabsichtigt auf den Mund getroffen. Erschrocken sah ich, dass ihre Unterlippe geplatzt war und ein dünner Faden Blut herunter lief. Sie betastete sich erstaunt ihre Lippe, grinste dann aber, wischte etwas Blut mit ihrem Zeigefinger ab und hielt ihn mir vor den Mund. Wie unter Zwang leckte ich das Blut ab, bewegte ihren Kopf dann wieder zu meinem und leckte an der kleinen, aber nun stärker blutenden Wunde.

Das Lecken ging in einen wilden Kuss über, den sie erneut mit harten Wichsen an meinem Prügel überbrückte. Sie ging dabei so wild und ungestüm zur Sache, dass ich trotz deutlichen Schmerzempfindens dicht ans Kommen gelangte. Ich beeilte mich, ihren Mund von meinem Mund auf mein bedürftigeres Körperteil zu verlagern und kam nach kurzer Zeit in einem mit völlig mitreißenden, fast gequälten Orgasmus; ergoss mich in sechs oder sieben harten Krämpfen in ihren verunstalteten Mund.

Sie schluckte das Meiste, behielt aber genug zurück, um nach der Entlassung meines Arbeitgebers etwas von meinem Saft aus ihren Mundwinkeln zu pressen und eine Blase zu formen. Das Bild, das sich mir so darbot, brannte sich für immer unauslöschlich in mein Gedächtnis ein: ihre geschwollene Gesichtshälfte, die dicke Lippe an der nun Blut und Sperma klebte und dazu ihr triumphierender, fiebriger Gesichtsausdruck.

Es dauerte Minuten, bevor ich mich halbwegs wieder beruhigt hatte. Sie betastete ihren Mund.

„Sorry, das wollte ich nicht. Da ist mir die Hand richtig ausgerutscht.“

Sie grinste, was mit ihrer geschwollenen Lippe gefährlich aussah.

„Kein Problem. Ich packe nachher etwas Eis drauf, für die Schwellung. Und du brauchst dich dafür nicht zu entschuldigen. Entschuldige dich niemals dafür, dass du dich richtig gehen lässt. Es war unbeschreiblich geil.“

Das war es in der Tat gewesen. Sie steckte sich eine Zigarette in den halbwegs heilen anderen Mundwinkel und kicherte, als sie darauf beim Abziehen einen Spermarest am Filter entdeckte, den sie genüsslich ableckte.

„Ich … ich bin halt noch total verunsichert, was du willst, und wie weit ich gehen soll und kann …“

„Fragst du mich jetzt nach einem Regelwerk? Schau dich um. Sowas hab ich nicht.“

Und als sie meinen etwas missmutigen Gesichtsausdruck bemerkte, fuhr sie fort.

„Das war auch im übertragenen Sinne gemeint. Ich hab keine Grenzen. Weder als Sub, noch als Domina.“

Mir fiel das Erlebnis von unserer ersten Nacht wieder ein. Wie nah ich am Erstickungstod gewesen war, als Jamie mir auf ihr Geheiß mit ihrer Möse die Atemwege verschlossen hatte.

„Letzteres hast du beim ersten Mal ja deutlich demonstriert.“

Sie wusste sofort, worauf ich anspielte.

„Du hattest Todesangst?“

„Ja, zumindest am Anfang. Obwohl es natürlich ein abgefahrener Weg wäre, den Besteckkasten abzugeben.“

„Bis jetzt ist es immer gut gegangen.“

„Wie beruhigend.“

Sie lächelte versonnen.

„Manche benutzen ein Safe-Word, also ein Signal, was anzeigt, dass man will, dass der andere aufhört.“

„Hm … ja, das klingt sinnig. Obwohl … sprechen konnte ich ja nun nicht mehr …“

„Ich halte da auch nichts von. Entweder man vertraut mir, oder man tut es nicht. Ich hab noch keine Beschwerden bekommen, und die meisten meiner Liebhaber sind wohl auch noch am Leben.“

„Na, dann bin ich ja beruhigt.“

Sie schlang ihre Arme um meinen Hals.

„Ruhe ist etwas, was ich dir nicht so oft gönnen werde. Und jetzt bin ich dran …“

Ein Satz, den ich lieben und fürchten lernen sollte. Sie machte eine sichtbare Verwandlung durch. Aus der netten, fröhlichen jungen Frau wurde etwas anderes, gefährliches. Wirklich dominantes. Ihre Gesichtszüge bekamen einen harten, unbarmherzigen Zug. Ihr Tonfall war kalt und klang unglaublich beherrscht.

„Zieh dich aus.“

Ich verkniff mir die Frage, ob sie einen Striptease sehen wollte. Ich würde jetzt die Dynamik unserer Beziehung kennenlernen, wenn sie am Ruder war. Ich zog mich ohne große Fisimatenten aus und wollte mich gerade zu ihr aufs Sofa setzten, als sie mich unterbrach.

„Leg dich aufs Bett, auf den Rücken, Arme und Beine gespreizt, Hände an das Kopfstück.“

Ich legte mich folgsam auf das weiche Bett. Sie schlüpfte ebenfalls aus ihrer Hose, die ihr zuvor noch um die Knöchel gehangen hatte. Sie ließ sich unglaublich viel Zeit. Verwundert nahm ich zur Kenntnis, dass mich ihre stillen Vorbereitungen bereits wieder leicht hart werden ließen, obwohl mein letzter Orgasmus keine zehn Minuten her war.

Sie machte sich an einer großen, fein geschnitzten Truhe zu schaffen und kam dann auf das Bett zu. Mit einer irritierenden Ruhe und Langsamkeit ergriff sie mein linkes Handgelenk, wickelte ein langes schwarzes Seilende mehrmals herum und drehte eine Schlaufe durch die Gitterstäbe des geschmiedeten Kopfteils des Betts.

Sie stieg über meine Brust auf die andere Seite und arretierte meine rechte Hand in gleicher Weise. Das Seil war nicht besonders rau und wohl auch recht elastisch, aber sie zog so eng an, so dass es doch recht schmerzhaft in meine Unterarme schnitt. Meine Erregung, und nicht nur diese, wuchs. Ihr Werk war damit aber noch lange nicht vollendet.

Sie schlang das Seil mehrmals um meinen Hals, nicht ganz so eng wie um die Handgelenke, also ohne Atemschwierigkeiten zu erzeugen, aber die Bewegungsfreiheit meines Kopfes war damit auf wenige Zentimeter reduziert. Sie produzierte eine weitere Schlaufe am Hals, durch die sie das Seil auf meinem Brustbein entlang nach unten zog, wo sie es einige Male um meine Hüfte wickelte.

Sie führte es weiter bis zu meinem rechten Knöchel und band ihn dort am Fußende fest, um das gleiche Spiel auf der linken Seite zu wiederholen. Befriedigt betrachte sie ihr Werk. Ich war wie ein Paket verschnürt, sozusagen nicht nur fertig zum Ausliefern, sondern ihr ganz und gar ausgeliefert. Erst jetzt legte sie auch ihre weiße Bluse und ihren BH ab. Atemlos vor Spannung folge ich ihren nächsten Bewegungen. Sie setzte sich zunächst auf meine Brust, sah mich schweigend und mit einem undefinierbaren Gesichtsausdruck an.

Ich spürte die Hitze, die von ihrem Geschlecht ausging, als sie plötzlich und mit einem Ruck an dem über meinem Brustbein verlaufenden Seilstück zog. Die Schlaufe an meinem Hals spannte sich und die Wicklungen darum schnürten mir die Atemzufuhr ab.

Das war deutlich weniger beängstigend, als ihr Gesichtsausdruck dabei, ein Hauch von Grausamkeit gemischt mit einer professionellen Distanziertheit, so, wie ich mir Folterknechte im richtigen Leben vorstellte. Sie hatte auch kein Interesse daran, mich lange meiner Fähigkeit zu atmen zu berauben; es wurde schnell klar, dass sie nur die Effektivität ihrer Verschnürungen prüfen wollte, denn sie lockerte den Zug nach wenigen Sekunden und tat dies auch bei den Schlaufen am Hals. Befriedigt sah sie mich lange schweigend an.

Sie rutschte etwas weiter zurück und küsste mich bedächtig und ruhig, löste ihre Lippen von meinen und küsste mich auf die Stirn. Erneut veränderte sie ihre Position etwas, so dass ihr Unterleib für einen Moment auf meinen fast wieder völlig harten Schwanz presste. Zu meiner Enttäuschung verweilte sie dort jedoch nicht, sondern glitt tiefer, küsste die wenigen freien Stellen meines Halses, bis sie den optimalen Ort für ihren ersten Angriff gefunden hatte. Ihr Biss war zunächst fast spielerisch, mit moderatem Druck und Zug an der Haut, so, wie eine Katzenmutter ihre Jungen greift. Und es fühlte sich mit diesem niederschwelligen Schmerz eigentlich sehr gut an.

Das änderte sich aber bald, da sie einfach fester und fester zupackte, bis mir schon der erste Schmerzlaut von den Lippen drang, es immer unangenehmer und unerträglicher wurde. Als ich langsam das Gefühl bekam, dass sie mir durch die Haut biss, ließ sie unerwartet ab. Sie leckte und küsste sich tiefer, erreichte meine linke Brustwarze. Erstaunt registrierte ich, wie empfindlich ich dort war und wie sehr mich ihr leichtes Saugen und Lecken dort erregte.

Sie wollte das rechte Pendant nicht neidvoll zurücklassen und widmete sich ihm mit gleicher Expertise und Geschick. Mir schwante schon Böses, als sie die verhärtete Warze zwischen ihre Zähne nahm, aber außer einem zärtlichen Knabbern geschah zunächst nichts. Ich entspannte mich etwas und sie wanderte zur linken zurück, wiederholte das Spiel mit Lecken und Saugen, das ich so genoss.

Der plötzliche, scharfe Schmerz war so überraschend und extrem, dass ich für einen Moment das Gefühl hatte, sie hätte mir das Teil abgebissen. Ich schrie entsprechend laut und versuchte sinnlos, mich gegen die Verschnürung zu stemmen, aber der einzige Effekt war, dass sich das Seil tiefer in mein Fleisch schnitt. Die Fortdauer des Schmerzes informierte mich, dass meine gepeinigte Extension durchaus noch am selben Platz war.

Ihre weiß-blitzenden Folterinstrumente gaben sie nun frei und sie küsste sich zu meiner rechten Warze zurück, während das Schmerzgefühl in der linken langsam abebbte. Seltsam distanziert hörte ich mich stammeln und winseln, sie möge doch bitte aufhören, die zweite nicht derselben Bestrafung unterziehen. Von ihr kam keine Reaktion, sie leckte und saugte, als wäre ihre brutale Attacke auf der anderen Seite überhaupt nicht passiert.

Die Spannung wurde unerträglich. Mit einiger Verwunderung stellte ich fest, dass der Schmerz auf meine Erektion keine Auswirkungen gehabt hatte. Ich war immer noch richtig hart. Sie verließ die liebkoste Warze und leckte sich am Seilverlauf entlang tiefer. Ihre Titten rieben für einen Moment neckisch an meinem erfreuten besten Stück und ich quittierte fast etwas enttäuscht, dass sie wiederum eine Aufwärtsbewegung vollzog und zu dem Schauplatz ihrer vorherigen Bestrafung zurückkehrte.

Dort war der Schmerz noch nicht vollständig verklungen, auch ihr nun beinahe beschwichtigendes Lecken und Saugen änderte nichts daran. Ich war fast erleichtert, als sie ohne weitere Gemeinheiten wieder von ihr abließ und zu der rechten weiterwanderte.

Ich hätte mir ja denken können, dass die Quälerei noch lange nicht beendet war, aber erneut gelang es ihr, mich mit dem brutalem Biss völlig zu überraschen, der nicht nachließ, mir Tränen in die Augen trieb; mich ein weiteres Mal aufbäumen ließ, auch wenn mir diesmal nicht einmal mehr ein Schrei oder Protest gelang. Die Erlösung kam ebenso unerwartet, sie entließ mein gepeinigtes Körperteil, rutschte höher und führte übergangslos meinen Schwanz in ihre hungrige Spalte ein.

Die Mischung aus nur zögerlich verklingenden Schmerz und der sich aufgrund ihrer langsamen Beckenbewegungen stetig steigernden Erregung war irre. Sie rotierte ihr Becken, wippte vor und zurück, drehte und schraubte sich mehr auf mich, als dass sie sich auf und ab bewegte. Gleichzeitig küsste sie mich fest und leidenschaftlich, was mit ihrer dicken Lippe sicher auch nicht ganz ohne Schmerzen abging.

Sie beendete den wilden Kuss und richtete ihren Oberkörper vollständig auf, hakte ihre Hände an den querlaufenden Seilwicklungen an meiner Hüfte ein und fing an, mich hart zu reiten. Das tat sie nicht besonders schnell, aber wahnsinnig intensiv, mit langen Ausholbewegungen und ungebrochener Gleichmäßigkeit. Sie sah gefährlich aus, mit dem zerzausten Haar und der dicken Lippe, den Mund leicht offen stehend gelassen und noch immer diesem fiebrigen, entrückten Gesichtsausdruck. Jede Sekunde genießend und mit ihrem moderatem Tempo sicherstellend, dass es sich um einen langen Ritt handelte.

Sie arbeitete uns schrittweise in höhere Ebenen der Geilheit und Erregung hoch. Ihr Gesicht glühte nun langsam, erste Schweißperlen tauchten auf ihrer Stirn auf, als sie fast unmerklich beschleunigte. Einen Gang zulegte und das neue Tempo mit gleicher Kraft und Intensität durchhielt. Jetzt merkte ich doch die ersten Anzeichen eines nahenden Höhepunkts. Nicht nur bei mir. Ihr keuchender Atem mischte sich mit brünstigem Stöhnen, aber anstatt nun weiter zu beschleunigen, was ich wahrscheinlich getan hätte, nahm sie Tempo heraus. Das änderte nichts daran, dass ich mich unter ihr immer öfter verkrampfte, der Orgasmus greifbar nah war und doch nicht geschah.

Mit Begeisterung quittierte ich ihre nächste Beschleunigung, die zunächst bei ihr zum Erfolg führte, aber ich konnte nicht mehr weit entfernt sein. Anstatt ihr Erlebnis auszukosten bearbeitete sich mich nun mit allem, was sie noch an Kraft und Wucht einzubringen hatte. Gleichzeitig zog sie mit beiden Händen an dem von der Hüfte zum Hals laufenden Seilstück, schnitt mir damit wieder die Luftzufuhr ab.

Was ich beim letzten Mal noch auf den Drogeneinfluss geschoben hatte, trat erneut ein. Ich war innerlich erstaunlich ruhig und auf den kommenden Orgasmus fixiert, während mein Körper gegen den Erstickungstod kämpfte. Der Orgasmus war eine vollständige Auflösung, wie ich sie ähnlich nur unter extrem hohen Drogendosen erlebt hatte, sprengte die Grenzen meines Selbst.

Das Chris in die Wellen meines Ergusses hinein das Seil gelockert hatte und auch an das Halsende griff, um mir Luft zu verschaffen, kriegte ich nur noch als Randnotiz mit. Ich hustete und würgte, atmete lange schwer und mit einem krächzenden und rasselenden Geräusch im Atem. Es war unfassbar. Ich hatte nicht einmal Angst gehabt. Ich vertraute ihr, so tief, wie ich nie einem Menschen vertraut hatte. Was ich in diesem Moment fühlte, war schon eine Art von Liebe, aber anders, als alles, was ich zuvor erlebt hatte. Ich hätte den Moment gern weiter ausgekostet, aber sie gönnte mir keine Ruhepause.

Sie ließ meinen erschlaffenden Penis aus ihrer Fut gleiten und krabbelte an mir hoch. Ohne weiteres Zwischenspiel hockte sie sich über mir hin und postierte sie ihre Pussy vor meinem Mund. Sie hielt sich mit ausgestreckten Armen an dem Bettgestell fest.

„Leck“, kam nach wenigen Sekunden der Befehl, auf den ich gewartet hatte. Ich beeilte mich, ihm nachzukommen. Während ich ihren Kitzler bearbeitete, liefen kleine Rinnsale meines Spermas aus ihrem Loch und tropften auf mein Kinn.

„Saug dein Soße ab.“

Das hatte ich ja schon einmal getan und muss gestehen, dass ich dies bei diesem Mal deutlich schmackhafter fand. Vielleicht erstreckte sich unsere Kompatibilität ja auch auf den Geschmack unserer Körpersäfte. Nachdem ich mein Werk vollendet hatte, dirigierte sie mich wieder an ihren Lustknopf, den zu drücken ich nur zu gern bereit war.

Sie musste maßlos erregt sein, denn sie kam nach erstaunlich kurzer Zeit. Fast erwartete ich, dass ich gleich noch engeren und atemlosen Kontakt mit ihrem heißen Fleisch bekommen würde, aber sie hatte anderes im Sinn. Kaum dass sich ihr Atem normalisiert hatte, während ich eher zögerlich mit dem Lecken fortfuhr, veränderte sie leicht ihre Position.

„Halt still.“

Ich war völlig überrascht, als sie mir plötzlich die Nase zuhielt, so dass ich den Mund öffnen musste. Er füllte sich sogleich mit einer ordentlichen Menge Urin. Ich konnte gar nicht anders, ich musste schlucken und schlucken und schlucken. Der zunächst aufkommende Ekel und Widerstand in mir ebbte ab und wich einer merkwürdigen Gleichgültigkeit. Wenn sie sich unbedingt in meinem Mund ausschiffen musste, okay. Sie war die Herrin. Sie konnte mit mir machen, was sie wollte.

„Sehr schön. Leck mich schön sauber. Da kommt noch ein Tröpfchen. Ja, so ist das schön. Du bist ein braver Junge.“

Sie ließ sich rücklings auf meinen Körper sacken. Ihr Kopf ruhte auf meinem erschlafften Schwanz. Wir genossen so für einige Minuten stumm die Nachbeben dieses zumindest für mich wirklich erschütternden Erlebnisses. Erst dann rappelte sie sich langsam auf. Sie machte keine Anstalten mich loszubinden.

„Ich mach uns noch ’n Tee“, meinte sie, nachdem sie sich wieder vollständig angezogen hatte.

„Bindest du mich vielleicht vorher los?“ fragte ich, um festzustellen, ob unser Spiel nun beendet war.

„Nein.“

Sprach‘s und verschwand. Ich hörte sie mit jemandem auf der Treppe sprechen und lachen. Ich bezweifelte, dass sie noch viel aus mir herausbekommen konnte. Aber das wollte sie auch gar nicht. Ich sollte mich einfach nur an die Ungewissheit gewöhnen. Und ihre Kontrolle.

Als mit dem Tee zurückkam, band sie mich grinsend los. Sie erlaubte mir allerdings nicht, mich wieder anzuziehen; erst als ich dann am späten Abend das Haus verließ, wurde mir das Tragen von Kleidung großzügigerweise wieder gestattet. Wir unterhielten uns nicht über das Geschehene. Worte waren ohnehin für das Erlebte unzureichend. Und wir fühlten genau, dass wir den Schritt über die unsichtbare Grenze vollzogen hatten, dass wir auf einer Ebene miteinander verbunden waren, die sich von allem und uns von allen abhob. In einem Zustand tiefster Befriedigung und mit einem sehr eindeutigen Gebissabdruck an meinem Hals fuhr ich nach Haus.

***

Ein wenig auf Wölkchen schwebte ich schon, als ich mich die Treppe hinaufschlich. In unserem Wohnzimmer brannte kein Licht, also waren alle bereits auf ihren Zimmern. Gerade als ich in mein Zimmer eintreten wollte, ging die am Ende des Ganges befindliche Badezimmertür auf und Sara kam heraus. Sie trug schon ein knielanges, weißes Nachthemd. Sie lächelte mir grüßend zu und kam etwas näher. Ich schaffte es nicht mehr in mein Zimmer zu schlüpfen. Als sie vor mir auftauchte, gefror ihr Lächeln und wich einem Ausdruck echter Besorgnis.

„Was ist denn mit deinem Hals passiert? Hattest du einen Unfall?“

„Nicht direkt …“

Mir fiel einfach keine gute Ausrede ein. Ich war noch viel zu benommen von den Ereignissen des Nachmittages, um klar zu denken. Die Schweigepause war unerträglich. Zu allem Überfluss sah sie sich die Bisswunde auch noch aus der Nähe an.

„Das sieht ja aus, als ob dich jemand gebissen hat.“

In diesem Moment stürzte alles ein, alle Dämme, des Wohlverhaltens und der Zurückhaltung, des Schleichens auf Zehenspitzen ob ihrer zarten Seele, brachen unter dem Druck der Scham, der endlos angestauten Frustration und der Wucht der gerade gemachten Erfahrungen zusammen. Heraus schwappte eine übel riechende Woge aus Bitterkeit und Wut.

„Ja, es hat mich jemand gebissen. Chris hat mich gebissen. Willst du wissen warum? Weil es sie geil macht, das zu tun. Weil wir wilden, bestialischen Sex miteinander hatten. Sex, der dich zum Kotzen bringen würde, wenn du Einzelheiten dazu hörtest. Reicht dir diese Information?“

Sie wurde sehr blass und sah zu Boden. Sie zitterte leicht.

„Ach so. Dann hat sie sich selbst gemeint, mit dem Wegnehmen. Ich … ich freue mich für dich. Sie scheint ja sonst sehr nett zu sein. Ich muss jetzt ins Bett.“

Ich war fassungslos über meine Tirade. Ich beeilte mich, meine Entschuldigung schnell anzubringen.

„Sara, sorry … es tut mir leid. Ich weiß nicht, was da gerade in mich gefahren ist.“

„Ich glaube, ich verstehe warum. Es ist okay. Wann wollten deine Freunde eigentlich kommen?“

Das war mir wegen der ganzen Geschichte mit Chris ja fast aus dem Bewusstsein entschwunden. Meine beiden besten Freunde aus Deutschland, Udo und Martin, wollten mich besuchen, dabei mit dem Auto rüberkommen und noch einiges von meinen Sachen mitbringen.

„In zwei Wochen, am Dienstagnachmittag wohl. Na, Martin ist auch so ein Katzenvater, der wird sich über unsere Kleinen freuen.“

„Ja, sie sind so süß. Du hättest sie heute Abend erleben sollen, sie haben miteinander gespielt und sich gegenseitig durch das ganze Wohnzimmer gejagt. Das war wirklich drollig.“

„Na, das war doch bestimmt nicht ihr letztes Mal. Gute Nacht, ich will noch unter die Dusche und geh dann ins Bett.“

„Ja, Gute Nacht.“

Sie stand schon an ihrer Tür, die meiner gegenüberlag.

„Sara, warte noch … weißt du … niemand kann mich dir wegnehmen. Es ist nicht so, wie du denkst.“

„Tu das nicht. Wir sind Freunde. Freunde, Tom, das ist wichtiger als alles andere. Ich … ich kann dir Dinge wie Chris nicht geben. Es tut mir leid. Ich bin so, wie ich bin. Gute Nacht.“

Ich ging in mein Zimmer, setzte mich auf mein Bett und vergrub meinen Kopf in meinen Händen. Ich war wie gelähmt. Ich konnte nicht einmal mehr denken. Der mangelnde Schlaf und die allgemeine Erschöpfung ließen mich irgendwann einfach auf das Bett sinken und einschlafen.

***

Am Morgen war Sara zwar auch im Haus, aber wir gingen uns aus dem Weg. Ich fiedelte ein paar Stunden auf meiner Gitarre herum und komponierte zwei Stücke, ziemlich auf der Heavy-Metal Schiene. Das passte zu meiner Stimmung. Es klopfte an meiner Tür. Sara hielt das Telefon in der Hand. Ich hatte wohl ganz schön aufgerissen, denn ich hatte es nicht einmal klingeln gehört.

„Chris.“

Ich konnte die Besorgnis in ihren Augen lesen. Sie mochte Chris nicht und gab sich alle Mühe, das zu verbergen. Ich kannte sie aber viel zu gut.

„Danke. Sorry, ich war wohl etwas laut.“

„Ist okay.“

Sie reichte mir den Hörer und verschwand.

„Wobei warst du laut?“ fragte sie zum Auftakt. „Hast du dir etwa an deinem Zipfel gespielt und dir dabei vorgestellt, wie Shawn dich in den Arsch fickt?“

„Wie bist du denn drauf? Guten Morgen erst mal. Nein, ich hab Gitarre gespielt. Was macht die Lippe?“

„Ich seh aus wie ein Opfer häuslicher Gewalt. Einer in meinem Haus üblichen Gewalt. Wie geht es deinem Hals?“

„Etwas entzündet. Hast du nebenbei Gift in deinen Zähnen, um das ich mir Gedanken machen muss?“

„Jetzt ist es sowieso zu spät, diese Frage zu stellen. Und was hält La Bella Signorina von dieser Verzierung?“

„Ich hab ihr gesagt, woher sie stammt. Leider nicht in der besten vorstellbaren Weise.“

„Ah, deshalb die mühsam versteckte Aggression gegen mich. Du kannst ihr gerne anbieten, dass sie mir den Hintern versohlen kann, wenn sie will. Ich fände das sogar eine hervorragende Basis, um Busenfreundinnen zu werden. Von dem hat sie ja eigentlich ganz ordentlich, findest du nicht?“

„Schon, aber ich muss dich enttäuschen, sie hat mit Frauen nichts am Hut.“

„Äch. Und wieder eine Freundschaft, die nicht zustande kommt. Na, Gianna ist da ganz anders drauf. Was machst du heute Nachmittag?“

„Ich hab noch nichts geplant, warum?“

„Ich will in einen Lederladen nahe Camden Market. Ich würde dir gern eine Hose schneidern lassen.“

„Ehm … ich glaub nicht, dass ich mir das im Moment leisten kann. Ich hab keinen Nebenjob mehr und es kommen bald ein paar Freunde von mir aus Deutschland.“

„Quatsch nicht, das ist ein Geschenk von mir. Ich hab doch genug Patte, du brauchst dich dadurch nicht entmannt zu fühlen. Am Donnerstag wollen wir ins Bedlam und ich will, dass du mitkommst.“

„Bedlam?“

„Ein Szene-Club. Es wird dir gefallen. Um zwei am Camden Lock?“

„Lieber halb drei. Ich hab immer noch nicht geduscht und der Bus braucht auch ‘ne ganze Weile.“

„Okay, halb drei. Ist Sara denn noch im Haus?“

„Ich glaub schon, warum?“

„Der Gedanke, dass sie dein Stöhnen gestört hat, gefällt mir viel besser, als das mit der Musik. Mach deine Zimmertür breit auf.“

„Was hast du vor?“

„Halt die Klappe und tu was ich dir sage. Mach deine Zimmertür auf.“

Ich stand auf und folgte ihrem Befehl. Ich gab ihr eine Vollzugsmeldung.

„Okay, nun hol deinen Schwanz raus und denk schön an gestern Nachmittag dabei. Ich will deine Begeisterung hören und fühlen, verstanden?“

„Das bring ich nicht.“

„Du tust, was ich dir sage. Ich dulde keine Widerrede.“

Ich schüttelte zwar noch einige Male für sie unsichtbar den Kopf, aber dann machte ich doch meine Hose auf. Ich hatte ein Kopfkissen neben mir, das ich bei unerwünschtem Sichtkontakt schützend ins Spiel bringen konnte. Zögernd sagte ich meinem Freudenspender hallo.

„Ich höre nichts.“

„Ich hab aber angefangen.“

„Ich auch. Ich sitze hier in unserer Küche auf dem Korbstuhl und habe meine Beine in Kopfhöhe gegen die Wand gestemmt. Kannst du fühlen, wie geil ich gerade bin?“

So unwahrscheinlich das klingen mag, aber ich hatte durchaus das Gefühl, dass ich das konnte.

„Ja? Gut. Dein Schwanz ist jetzt auch langsam richtig hart, nicht wahr?“

„Ja. Das ist er.“

„Los, wichs ihn dir richtig. Du kennst ja meine Handjobs noch gar nicht, sonst könntest du dir jetzt vorstellen, dass es meine Hand wär. Aber wie du dir vielleicht denken kannst, lang ich richtig zu.“

Das konnte ich mir sogar sehr gut vorstellen. Ich stöhnte unterdrückt. Ich ging langsam richtig ab.

„Nicht so schüchtern. Geilheit schreit man heraus. Aaaah! Hast du das gehört? So macht man das. Lauter. Na … schon besser. Wage es nicht vor mir zu kommen. Das gehört sich nicht und führt zu Bestrafungen, die du dir nicht einmal ausmalen kannst. Oh … lang brauch ich nicht mehr … ja … hmmmm … komme … gleich … oh …“

Ich bremste ab, sonst hätte ich ihrem Befehl nicht gehorchen können. Sie kam wie ein D-Zug auf der anderen Seite der Leitung. Das war meine Erlaubnis, auch zuzuschlagen. Ich war durch das Bremsen aber etwas rausgekommen und musste mächtig schruppen, um mich wieder heran zu arbeiten. Ich kam mit einem erleichterten Grunzen. Ich fing mein Sperma in meiner Hand und wollte schnell ein Taschentuch suchen.

„Ich muss dich kurz ablegen, ich hab klebriges, weißes Zeug auf meiner Hand, keine Ahnung woher.“

„Recycle es. Alles auflecken.“

Okay, spart Taschentücher. Und genau in dem Moment musste Saras Tür aufgehen. Ich drehte mich blitzschnell zur Seite. Mein Herz hämmerte wie verrückt. Ich glaubte aber nicht, dass sie gesehen hatte, was ich da gerade mit dem Telefonhörer in der Hand abgezogen hatte.

„Ich geh kurz einkaufen. Brauchst du was?“

„Nee, ich geh nachher zum Camden Lock und schaue auf dem Rückweg bei Sainsburys rein.“

„Okay.“

Ich nahm erleichtert zur Kenntnis, dass sie mein Stöhnen wohl nicht gehört hatte und es deutete auch nichts darauf hin, dass sie irgendetwas mitbekommen hatte. Ich lief trotzdem verspätet rot an, aber da war sie schon die Treppe herunter gelaufen. Ein Spermarest war mir auf mein erst vorgestern frisch bezogenes Bett getropft. Na klasse.

„Jetzt ist sie gerade gegangen.“

„Schade. Okay, jetzt darfst du unter die Dusche. Also halb drei. Auf der linken Seite, wenn man von der U-Bahn kommt. Da ist auch der Shop.“

***

Ich schaffte es gerade noch rechtzeitig, weil der Bus ewig in einem Stau festhing. Sie stand schon dort und wartete auf mich. Sie trug wieder ihre hellblaue Jeans, ein rotes T-Shirt und weiße Turnschuhe. Wie das nette Mädel von nebenan. Ich musste bei diesem Gedanken innerlich kichern.

„Ah, da bist du ja. Gerade noch pünktlich. Schade eigentlich. Für jede Minute, die du zu spät wärst, hätte ich dir einen mit der Neunschwänzigen verpasst.“

Ich küsste sie leidenschaftlich.

„Hey, hey, hey, wir sind hier in der Öffentlichkeit. Nachher denkt noch einer, ich bin deine kleine Freundin.“

Obwohl mir nicht ganz klar war, was daran so furchtbar sein sollte, entgegnete ich darauf erst mal nichts. Sie zog mich in den Shop. Der Geruch von Leder ist etwas ganz Besonderes. Und dieser Laden steckte voll frischer und älterer Ware. Ein japanisches Touristenpärchen diskutierte aufgeregt Preissc***der miteinander. Sie wollte wohl, er fand es war zu viel.

Die blonde Verkäuferin hinter dem Tresen schaute sich das Theater mit aufgestütztem Kopf und einer spürbaren Genervtheit an. Die war nicht unhübsch, hatte große blaue Augen und reichlich Tätowierungen auf ihrer rechten Schulter und ihrem rechten Arm. Ihr Blick hellte sich auf, als sie uns eintreten sah. Offenbar war mitten in der Woche hier nicht so viel los, da der eigentliche Markt nur am Wochenende stattfand.

„Kann ich euch helfen?“

„Mein kleiner Herkules hier braucht ein passendes Beinkleid. Und mit passend meine ich maßgeschneidert. Kriegt ihr das bis Donnerstag hin? Wir wollen ins Bedlam. Kennst du das?“

Die Verkäuferin grinste breit und kaute angestrengt ihren Kaugummi.

„Ja, kenn ich. Alles klar. Welche Farbe soll das Leder haben?“

„Schwarz. Ja, ich glaube, ich hab dich da schon mal gesehen. Prima. Dann kannst du mich auch gleich noch beraten. Ich will noch ein paar Röcke und Ledertops.“

„Wir haben gerade ein richtig geiles Schnürtop rein bekommen. Soll ich erst mal Maß bei ihm nehmen?“

„Entschuldigt … Discount auf Jacke? Jacke für zweihundert?“ sabbelte der japanische Tourist dazwischen.

„Was steht drauf?“

„Zweihundertfünfzig.“

„Ich sag dir was, ich geb sie dir für zweihundertachtzig.“

„Das sein mehr?“

„Na sowas, dreihundert Quid, mein letztes Angebot. Zahl oder verpiss dich. Ich hab hier zahlende Kunden. Entschuldigt. Wo waren wir?“

Wir grinsten uns an, als der Tourist schimpfend die Jacke wieder ins Regal hängte und seine Frau an der Hand aus dem Laden zog.

„Ich bin Chris, das ist Tom. Ja, nimm mal ordentlich Maß. Ich will sie richtig eng für ihn, so dass ich seinen Schwanz den ganzen Abend gegen das Leder pressen sehen kann. Er hat einen geilen Schwanz. Willst du ihn sehen?“

Man brauchte kein Sherlock Holmes sein, um zu sehen, wie sehr ihr der Gedanke gefiel.

„Okay, aber dann lass uns zu den Kabinen. Doreen, kommt du vielleicht auch mal wieder vom Klo runter und kümmerst dich um die Kundschaft?“ schrie sie plötzlich in den Laden hinein.

„Fick dich, du dumme Fotze“, dröhnte aus der Tür zum privaten Teil des Geschäfts an der Rückseite.

Zwei Umkleidekabinen befanden sich direkt davor. Den Vorhang zogen wir aber zunächst nicht zu.

„Ich bin Alice, nebenbei. Okay, bleib einfach so stehen.“

Sie schlang mir ihr Maßband um die Hüfte und notierte sich die Maße. Dann legte sie das Band direkt an meinen Schritt, maß den Abstand von Damm bis zum Hosenbund meiner Jeans.

„Oder wolltest du den Bund niedriger? Nein? Okay.“

„Ich hab Alice versprochen, dass sie deinen Schwanz sehen kann. Hol ihn raus.“

Alice grinste lasziv und blieb vor mir knien. Ich gab mir einen Ruck und öffnete meine Hose. Dann holte ich meinen langsam zum Leben erwachenden Kameraden befehlsgemäß an die Front. Just in diesem Moment kam die gescholtene Doreen vom Klo zurück. Sie hatte wilde, hennarote Haare und war genau wie Alice in Lederklamotten gekleidet. Sie mochte vielleicht an die Vierzig sein. Sie schüttelte ungläubig den Kopf.

„Eh, spinnst du? Macht doch wenigstens den Vorhang zu. Verfluchtes geiles Luder.“

„Sie soll halt ordentlich Maß nehmen“, verteidigte Chris ihre Kollegin.
Dorren murmelte zwar noch schimpfend weiter, aber konnte sich ein Grinsen auch nicht verkneifen. Einen letzten Blick auf meinen nun halberigierten Thomas riskierte sind dann aber auch noch, bevor sie im vorderen Teil des Ladens verschwand.

„Und, was sagst du?“ fragte Chris mit hörbarem Besitzerstolz.

„Schönes Spielzeug“, meinte die so gequizzte.

„Du brauchst doch auch bestimmt ein Maß davon, wenn er richtig steif ist. Saug mal dran, das geht dann ganz schnell.“

Alice biss sich für ein paar Sekunden unentschlossen auf der Unterlippe herum; dann konnte sie tatsächlich nicht widerstehen und nahm mein bestes Stück in den Mund. Wie geil war das denn? Sie sah mich mit großen Augen an, während sie genießerisch an meiner Lustwurzel sog. So eine Art lüsternes Schulmädchen-Impromptu. Sehr, sehr effektiv. Es dauerte keine zwei Minuten und ich hatte einen klassischen Härtefall.

„Ich glaub, jetzt kannst du Maß nehmen. Und? Was sagst du?“

„Er würde fast drei Zoll über den Bund hinaus stehen. Glückwunsch. Damit kann man sicher eine Menge anfangen.“

„Danke. Ich will dich aber nicht von der Arbeit abhalten. Nimm ruhig weiter die Maße, die du brauchst.“

Ich sah sie schnell an, aber sie schüttelte den Kopf. Ich hatte noch keine Erlaubnis ihn wieder wegzupacken. Was für eine abgefahrene Situation. Ich stand mit einem Mega-Ständer in einer noch immer offenen Kabine in einem Ledershop, während die Verkäuferin meine Oberschenkel maß. Ihre Hand zitterte ein wenig, als sie ihre Ergebnisse aufschrieb.

„Okay, das war’s.“

„So, jetzt zeig mir doch mal ein paar schöne Röcke. Eng und kurz, aber unten weit oder kurz genug, dass er mich noch problemlos lecken kann. Hast du sowas da?“

„Na klar. Warte hier, ich hole eine Auswahl.“

Ich benutzte ihren Abgang, um mir weitere Instruktionen zu holen.

„Soll ich ihn wieder einpacken?“

„Nein. Sie mag deinen Schwanz. Sie hatte einen beschissenen Tag und hat sich was fürs Auge verdient.“

„Also bist du sowas wie der Robin Hood des Sex, oder was?“

„Ich bin eine Humanistin in dieser Beziehung, ja klar. Hey, der ist ja geil“, vermeldete sie begeistert, als ihr die zurückkehrende Alice den ersten Rock reichte. Sie knöpfte sich aufreizend langsam ihre Jeans auf und zog sie mit reichlich Hintern-Gewackel und weiterer Show aus. Sie ließ auch ihren Slip folgen.

„Muss ja das richtige Gefühl dafür kriegen“, kommentiert sie dies ihrem Beifall grinsenden Publikum. Die Art, wie ihr Alice auf die Muschi starrte, ließ sehr deutlich werden, dass sie auch Frauen durchaus zugeneigt war. Chris zwängte sich in den Rock und drehte ihr aufmunternd ihren Hintern zu, damit sie ihr den Reißverschluss schloss.

„Okay, ja, der passt genau. Und jetzt der Praxistest. Komm hierher Tom. Auf die Knie. Leck.“

Ich folgte artig ihren Anweisungen. Alice leckte sich die Lippen und strich sich über ihre Titten, als sie uns in unserem Tun beobachtete.

„Alice, mach hin. Wir haben auch noch andere Kunden. Und mach gefälligst den verdammten Vorhang zu“, dröhnte es aus der vorderen Hälfte des Ladens. Alice seufzte wenig begeistert.

„Scheiß Job. Obwohl für ein paar Minuten hat er ja mal richtig Spaß gemacht. Nimm den Rock, er steht dir sagenhaft. Ich bedien erst mal vorne weiter und bring dir dann noch die Tops. Ich glaub der zweite hier ist nichts für deine Zwecke. Doch zu eng … scheiße … ich würd am liebsten mit euch spielen …“

„Komm doch am Donnerstag auch.“

„Mal sehen. Irgendwann laufen wir uns bestimmt noch mal über den Weg. Ich muss jetzt aber, die Alte geht ja voll ab“, kommentierte sie den erneuten langgezogenen Ruf ihrer Kollegin.

Sie zog von außen den Vorhang zu und ließ uns allein. Chris strich mir über mein Haar. Sie hatte mir noch nicht erlaubt, mit dem Lecken aufzuhören.

„Ja, der Rock ist schön. Okay, lass mich die nächsten probieren.“

Am Ende kaufte sie zwei Röcke, zwei Tops, eine Weste und die Hose für mich. Alter Schwede, sie steckte wohl echt voll davon. Statt dem Gesamtpreis von fünfhundertsechzig Pfund brauchte sie aber nur fünfhundert zu zahlen.
„Weil ihr die besten Kunden seid, die ich je hatte, seitdem ich in dem Drecksladen hier arbeite“, meinte sie erklärend. Ihre ältere Kollegin rollte zwar mit den Augen, aber protestierte nicht.

Als wir wieder draußen waren, wagte ich auch mal eine Bemerkung.

„Gib’s zu, du hast sie nur meinen Schwanz sehen lassen, um den Discount zu bekommen.“

Sie lachte fröhlich.

„Komm, wir versaufen die Ersparnis. Damit die liebe Seele Ruh hat. Es gibt eine nette Schwulenbar an der Camden High Street, den Black Cap.“

Die kannte ich, da war ich auch schon mit Kev und Bill gewesen. An der U-Bahn Station liefen wir Bob in die Arme.

„Chris, das ist Bob, bei ihm habe ich vor meiner Zeit in Stamford Hill gewohnt.“

„Na sowas, wo hast du denn die aufgegabelt? Die hat ja richtig Klasse.“

„Ja, Schätzchen. Gleich ein paar Ligen zu hoch für dich sogar. Nett dich kennenzulernen.“

Bob schien von ihrer schnippischen Antwort alles andere als begeistert. Sein anzügliches Grinsen gefror.

„Aber hat wie alle Engländerinnen offensichtlich auch Haare auf den Zähnen“, versetzte er fast schon auf dem Rückzug.

Sie flüsterte ihm etwas ins Ohr. Sein Gesichtsausdruck verdunkelte sich. Er sah sie nicht einmal mehr an und hatte es plötzlich eilig, verabschiedete sich knapp und verschwand.

„Was hast du ihm denn gesagt?“

„Das wird auf immer und ewig mein kleines Geheimnis bleiben. Auf zum Black Cap.“

***

Als ich die Hose Donnerstagmorgen abholte, war nur Doreen im Laden. Die Hose saß wie eine zweite Haut. Zufrieden besah ich mich nach meiner Rückkehr zu unserem Haus in der verspiegelten Schranktür meines Zimmers. Im Pub hatte mir Chris auch noch zwei Oberarmbänder und ein Halsband ausgehändigt. Natürlich packte sie die Sachen für alle sichtbar auf den Tisch, gerade als einer der Ober unsere leeren Gläser abräumte. Ich liebte ihre kleinen Spielchen mittlerweile aber schon.

Für einen Moment dachte ich darüber nach, ob ich Sara die Hose mal vorführen sollte. Ich öffnete meine Zimmertür und ging in Richtung Treppe. Ich hielt an, als ich hörte, dass Sara am Treppenende saß, wo wir das Telefon normalerweise für alle erreichbar ließen. Die meiste Zeit flog es aber doch irgendwo anders im Haus rum. Ich hörte sie kurz auf Italienisch und dann auf Englisch weiterreden.

Das war dann mit großer Wahrscheinlichkeit Gianna am anderen Ende der Leitung.

„Ich mach mir halt Sorgen um ihn. Wie gut kennst du sie denn? Oh? Das wollte ich jetzt aber gar nicht wissen. Natürlich kann er auf sich selber aufpassen, darum geht es doch gar nicht. Was meinst du mit „von der härteren Sorte“? Oh. Nein, ich verstehe nicht. Äch … das ist ja widerlich. Das glaube ich nicht. Tom doch nicht. Nein, davon verstehe ich nichts, das weißt du doch genau. Na, gebissen hat sie ihn wohl. Das ist doch nicht normal? Come?“

Sie glitten wieder ins Italienische ab. Ich schlich mich vorsichtig wieder in mein Zimmer zurück und traute mich bis zum Abend auch nicht mehr heraus. Wenn ich mit Chris zusammen war, war ich wirklich frei und fühlte mich mit allem, was ich tat auch vergleichsweise wohl. Aber ich konnte nicht ertragen, dass Sara ein Bild von mir bekam, das dem, wie ich mich ihr gegenüber bisher gegeben hatte, deutlich widersprach. Am liebsten hätte ich Chris angerufen, um mich von ihrer fröhlichen Lüsternheit wieder besänftigen zu lassen, aber das Telefon war ja besetzt.

Das Bedlam war ein kleiner, witziger Schuppen im Westend, am Ende einer schmutzigen Sackgasse. Ich war tatsächlich in der neuen Hose, wie von ihr gefordert ohne Unterwäsche und mit nacktem Oberkörper erschienen. Für die U-Bahn hatte ich allerdings eine Jacke übergezogen. Meine Turnschuh passten irgendwie nicht so optimal zu der Hose, wie mir auffiel. Was sollte es, ich ging ja nicht auf eine Modenschau.

Ein Szene-Club. Was hatte ich mir alles auf der Fahrt ausgemalt. Wilder Sex und angekettete Leute neben der Tanzfläche. Die Realität war eine andere. Klar, es waren alle in Lack und Leder unterwegs. Der eine oder andere Mann hatte seinen Schwanz raushängen, wie Shawn bei unserer ersten Session, aber außer ein paar wilderen Kuss-Szenen gab es gar nichts Außergewöhnliches. Gute, relativ harte Rockmusik und eine ganze Menge richtig netter Leute, die sich wohl mehr oder minder alle kannten. Man kam auch nur als Mitglied rein und konnte bis zu zwei Gäste mit hereinbringen.

Von dem, was Chris mir erzählte, geschah das aber eher selten. Daher wurde ich auch von vielen neugierig beäugt und in viele Gespräche gezogen. Ich bekam auch tatsächlich das eine oder andere Angebot zur Diversifikation. Auch Tina tauchte im späteren Verlauf des Abends auf. Sie schien von meinem neuen Outfit recht angetan. Sie trug ebenfalls eine enge Lederjeans, die in ihre Muschi schnitt, wie sie mir ungefragt mitteilte.

Alice war tatsächlich nicht erschienen. Es wurde auch ohne sie ein lustiger Abend, wir tanzten viel, tranken noch mehr und waren am Ende zwar noch halbwegs geil, als wir in Chris Haus eintrafen, aber viel zu besoffen, um ernsthaft an Sex zu denken. Das holten wir dann aber am Morgen und dem folgenden Tag bis zur Erschöpfung nach.

Am Samstagabend gingen wir zusammen auf ein Warehouse Rave, also dunkler Techno in einer großen leerstehenden Lagerhalle. Die Atmosphäre war nicht so genial, die Musik auch nur bedingt genießbar. Wir hatten jeder eine Hälfte der letzten Dove Pille geschmissen, die ich noch übrig behalten hatte, aber irgendwie kam es nicht so gut. Gegen zwei Uhr hatten wir dann beide die Schnauze voll, als es plötzlich am Rande aggressiv wurde, weil zwei Besoffene sich in die Flicken bekamen.

„Drecksparty. Lass uns abhauen. Wollen wir noch zu dir?“ lotete ich den Fortgang des Abends aus.

Chris nickte.

„Ja, lass uns los. Ob zu mir oder zu dir, ist mir egal.“

Ich schluckte. Mir war das nicht so egal. Sie war noch nie mit zu mir nach Hause gekommen. Gut, jetzt hatte sie wieder Partyklamotten an, aber sie war schon ein ständiger Gefahrenherd, auch und gerade in Saras Nähe. Sie beobachtete mich aufmerksam.

„Du willst nicht, dass wir zu dir gehen … du hast immer noch Probleme, deinen neuen Lebensstil vor Sara und den anderen einzugestehen. Wovor hast du denn Angst? Ich hab weder Handschellen noch Peitschen mitgebracht.“

„Deine Intuitionen können für manche ja wohl auch so schon ein hübsches Folterinstrument sein.“

„Du hast Angst, dass ich dir deine kleine Jungfrau kaputtmache?“

„Nein, aber … halt mal, wie kommst du denn darauf, dass sie noch Jungfrau ist?“

„Ich kann es spüren. Sie hat vor allem Sexuellen enorme Angst. Sie bewegt sich nicht wie eine Frau, die sich und ihrer Weiblichkeit bewusst ist.“

Ich schwieg betroffen.

„Oho, also ist es ein dunkles Geheimnis? Mach dir keine Sorgen, ich werde weder versuchen, ihr von der Wunderwelt des Sex zu berichten, noch auf eine Statusänderung hinzuwirken, in dem ich ihr die ganze Hand reinstecke.“

Ich musste grinsen, aber so richtig wohl war mir bei der Sache nicht. Wenn sie doch einen Spruch über Saras Jungfräulichkeit machte, würde diese natürlich annehmen, dass ich ihr das erzählt hätte. Es war nicht auszudenken, wie sie auf so einen angenommenen Vertrauensbruch reagieren würde. Erneut scannte sie mich und durchschaute mich non-verbal.

„Meine Lippen sind versiegelt. Ich würde echt nur gerne mal sehen, wo du und meine beiden kleinen Lieblinge ihr Leben fristen. Ist das so abwegig?“

„Okay, lass uns ein Taxi nehmen, ich habe keine Lust auf einen Nachtbus zu warten. Wir machen halbe, halbe.“

„Unsinn, du mit deinen paar Kröten. Ich mach das schon.“

Es ging mir langsam auch ein wenig gegen den Strich, dass sie mich ständig aushielt. Okay, ich ließ mir von ihr im Bett allerlei Befehle geben, aber dort wir drehten den Spieß oft genug um. In unserem „normalen“ Umgang, waren wir auch eher gleichwertig. Da war die Geldgeschichte schon ein wenig irritierend für mich.

Das Haus war leer. Ich hatte am Rande mitbekommen, dass meine drei Mitbewohner zumindest in den Falcon wollten, aber hatte angenommen, dass sie danach nicht noch auf Partys gehen würden. Wir spielten im Wohnzimmer mit Oberon und Agatha, die sich zunächst verschlafen an uns kuschelten, aber dann wieder wach wurden.

Als ich Chris da auf dem Boden liegen sah, wie sie Oberon mit einer Schnur um seine eigene Achse kreiseln ließ, immer wieder durch Partisanenattacken seiner Schwester unterbrochen und irritiert, wurde mir klar, dass es einen anderen Grund gab, warum mir nicht so wohl bei der ganzen Geschichte war. Ich war dabei, mich trotz meiner ersten Einschätzungen in Chris zu verlieben. Oberon verbiss sich in ihrer Hand.

„Eh … das zieht ganz schön. Geil. Kleiner, wilder Kater, hast du Spaß daran, mir weh zu tun? Ist er der einzige, der Lust darauf hat, mir weh zu tun? Was ist mit dir? Alles okay?“

Sie sah mich aufmerksam an. Ich kam etwas näher an sie heran. Da sie das Spielen aufgeben hatte, wurde sie Oberon zu langweilig und er jagte stattdessen lieber wieder seine Schwester.

„Mir ist nur gerade was klar geworden.“

„Erstaunlicherweise weiß ich diesmal nicht, was du meinst.“

„Ich bin dabei, mich in dich zu verlieben.“

„Spinner. Du bist geil auf mich, das ist alles. Wir sind Spiegelbilder, vergessen?“

„Vielleicht ist das der Punkt, wo wir wirklich anders sind. Du meinst, bei all deiner Empathie kannst du das nicht bei mir fühlen?“

„Junge, du hast eine halbe Pille geschmissen, vergessen? Natürlich liebst du alles und alle.“

„Und du liebst nichts und niemanden?“

Sie schwieg betroffen. Das Gespräch ging in Richtungen, die ihr Unbehagen bereiteten.

„Ich mag dich. Mit dir bin ich frei. Was soll diese Gefühlsduselei?“

„Sorry, ich dachte ich wäre in einer ehrlichen Beziehung.“

Wir wurden unterbrochen, weil meine drei Hausgenossen und der Sänger von Ricks Band zurückkehrten. Wir rauchten einen Spliff in der Runde. Chris hielt sich wirklich zurück. Ich konnte sehen, dass es in ihr arbeitete, sie war mehr mit sich denn allem anderen beschäftigt. Sara konnte kaum die Augen von ihr lassen. Auch Rick schien recht neugierig zu sein. Ob Sara ihm was von Giannas Insiderwissen zugetragen hatte?

Wir zogen uns demgemäß früh aus der Runde zurück. Sie schoss ihre Schuhe in ihrer charakteristischen Art und Weise durch mein Zimmer und setzte sich auf mein Bett.

„Jetzt hab ich nicht mal mehr Lust zum Ficken. Du und deine Gefühle. Du willst jetzt irgendwas klären, ja? Ich weiß nicht, ob ich das will und kann.“

„Nein, eigentlich will ich nichts klären. Ich habe dir erzählt, was in mir vorgeht, mehr nicht. Ich wollte uns nicht den Abend verderben.“

„Scheiß auf den Abend. Du bist mir wichtig … aber ich verliebe mich einfach nicht. Seit … seitdem mein Vater gestorben ist, kann ich so etwas wie Liebe nicht mehr fühlen. Hingabe, Vertrauen, Leidenschaft … was will man mehr? Mir reicht das. Ich komme damit zurecht. Verstehst du?“

„Du hast Angst davor, noch einmal jemanden zu verlieren, den du wirklich liebst?“

Sie verzog gequält das Gesicht. Für eine Weile starrte sie stumm vor sich hin.
„Vielleicht. Es ist nicht wichtig. Es geht mir gut, ich bin mit meinem Leben zufrieden, ich hab Freunde, die mir wichtig sind. Und nicht zuletzt dich. Auch du bist mir wichtig. Vielleicht mehr, als du denkst.“

Ihre Körperhaltung, ihr Tonfall und ihre Unruhe waren ein deutliches Indiz dafür, dass sie mir nicht die volle Wahrheit sagte, vielleicht aber auch einfach nicht konnte. Ich spürte deutlich, dass ich jetzt nicht weiterbohren durfte. Sie sah so verloren aus. Ich konnte gar nicht anders, als sie in meinen Arm zu nehmen und fest an mich zu drücken. Sie seufzte. Für einen Moment klang es so, als ob sie weinte.

„Mach es bitte nicht kaputt. Es ist so schön, was wir haben“, drang es halb erstickt von meiner Brust.

Was auch immer ich jetzt sagen würde, sie wollte es nicht wirklich hören. Ich küsste sie, zum ersten Mal in unserer Beziehung zärtlich und mit genau dem Gefühl, das sie nicht akzeptieren konnte. Das ihr Angst machte. Sie brach in meinen Armen richtig zusammen, schluchzte nun offen, fluchte dabei aber in ihrer typischen Art sogar noch wie ein Rohrspatz. Badete in meiner Wärme und Zuneigung. Beruhigte sich langsam und kroch mit mir ins Bett, als der Morgen schon lange gegraut hatte.

***

Als ich erwachte, war ich alleine im Bett. Da dies ja nun eigentlich der Regelfall war, dauerte es doch eine ganze Weile, nämlich das Drehen meiner ersten Zigarette, bis mir die letzte Nacht dämmerte und mir bewusst wurde, dass Chris nicht da war. Alarmiert schwang ich mich aus dem Bett. Ihre Turnschuhe lagen noch so da, wie sie sie gestern ausgezogen hatte, aber ihre Kleidung nicht. Mir schwante Böses. Ich zog mich an und rannte die Treppe herunter.
Tatsächlich, sie saß mit Sara am Esstisch und hatte wohl mit ihr gefrühstückt. Sara zeigte ihr gerade einige von ihren Zeichnungen. Bei meinem Eintritt schauten mich beide lächelnd an.

„Guten Morgen, Tom. Ich konnte nicht mehr schlafen und wollte dich nicht wecken. Sara hier war so lieb, mir Frühstück zu machen.“

Sara nickte bestätigend und erklärte ihr weiter die nächste Zeichnung, die wohl ein Entwurf für einen Anhänger war. Etwas irritiert darüber, dass die Beiden da so einträchtig zusammensaßen, verzog ich mich in die Küche, um mir einen Kaffee aufzusetzen. Die Beiden wollten keinen mehr. Verblüfft über den friedlichen, fast freundschaftlichen Umgang der Damen miteinander, saß ich dabei, bis Sara sich schließlich von uns verabschiedete, ihre Zeichnungen zusammenraffte und wieder in Richtung ihres Zimmers verschwand.

„Ihr scheint euch ja nett unterhalten zu haben.“

Chris wirkte völlig verändert, ruhig, aber sehr nachdenklich.

„Ja stimmt. Sie ist … etwas Besonderes. Und wirklich talentiert.“

Ich wollte die Fragen, die mir auf der Seele brannten, nicht in der Öffentlichkeit stellen, da auch Ian gerade mit wirrem Haar durch das Wohnzimmer in die Küche schlenderte und uns begrüßte. Ich füllte meine Tasse noch mit dem letzten Kaffeerest und ging mit ihr nach oben in mein Zimmer.

Chris klaubt ihre Turnschuhe zusammen und zog sie an.

„Was wird das jetzt? Willst du schon los?“

„Ja. Tom, es tut mir leid. Ich kann jetzt nicht mit dir reden. Ich bin … ganz hübsch durcheinander.“

Das war ich nun allerdings auch. Was hatten die Beiden denn besprochen? Oder hatte es nur mit dem Gespräch von letzter Nacht zu tun? Ich fühlte, dass sie mir die Wahrheit sagte. Sie war durcheinander, ihre Souveränität war wie weggeblasen.

„Okay. Ich verstehe. Krieg ich wenigstens noch einen Kuss?“

Sie seufzte und ließ sich von mir umarmen. Wir küssten uns lange, ohne die bislang so beherrschende Wildheit und Leidenschaft, die unsere Beziehung gekennzeichnet hatte. Sie strich mir noch übers Haar und lehnte mein Angebot, sie zur Bushaltestelle zu bringen, ab. Dann war sie weg, ließ mich in meiner Verwirrung und mit dem Gefühlschaos, in dem wir uns wohl beide befanden, zurück.

***

Sie meldete sich in den nächsten Tagen nicht. Ich hielt das Schweigen drei Tage aus, dann rief ich in ihrem Haus an. Jamie beantwortete das Telefon.

„Sie ist nicht hier. Sie ist zu ihrer Mutter in den Lake-Distrikt gefahren. Gestern schon.“

„Ach? Und sie befand es nicht für notwendig, mich darüber zu informieren?“

Jamie seufzte am anderen Ende der Leitung.

„Ich weiß ja nicht, was zwischen euch vorgefallen ist, aber sie wirkte ziemlich durcheinander. Sie hat uns gegenüber aber kein Wort darüber verloren. Was war denn los?“

„Sorry Jamie, aber das ist doch eine Sache zwischen ihr und mir. Kannst du mir eine Telefonnummer für ihre Mutter geben?“

„Nein, kann ich nicht. Sie hat keine hinterlassen. Seitdem ich hier wohne, hat sie auch nicht mal mit der telefoniert. Sie meinte, sie würde sich melden. Es klang, als ob sie vorhat, dort längere Zeit zu verbringen.“

„Na klasse.“

„Wenn du dich einsam fühlst, kannst du gern vorbeikommen. Wir drei könnten dir sicherlich die Zeit vertreiben … Ich glaube Shawn würde das sogar ganz besonders freuen …“

„Danke für das Angebot, aber ich glaub für den Moment ist das ein ‚Nein danke‘.“

„Wie du möchtest.“

„Kannst du sie bitten mich anzurufen, oder eine Kontakttelefonnummer zu hinterlassen, wenn sie sich bei euch meldet?“

„Na klar.“

Nachdenklich saß ich noch eine Weile auf der Treppe, das Telefon noch in der Hand, als Sara auf dem Weg zur Arbeit herunterkam.

„Morgen. Ich komme vorbei, brauchst keinen Platz zu machen.“

Sie sah wohl, dass etwas nicht in Ordnung war.

„Alles okay? Ist irgendetwas mit Chris?“

„Hm … ehrlich gesagt, ich weiß es nicht. Sie ist ohne mir einen Ton zu sagen zu ihrer Mutter in den Lake-Distrikt gefahren.“

„Oh. Verstehe. Das tut mir leid. Sie ist wirklich nett. Wir haben uns richtig gut verstanden, als wir den einen Morgen hier zusammengesessen haben. Sie hat mir gesagt, ich würde ihr wie ein süßer, kleiner Vogel vorkommen, der noch lernen muss zu fliegen … Ich hatte sie vorher ganz anders eingeschätzt. Ich bin eigentlich richtig froh, dass du mit so einer lieben Frau zusammen bist …“

„Ich bin nicht mit ihr zusammen … Jedenfalls nicht so, wie du es denkst. Wir … hatten Sex. Aber eigentlich sind wir wohl nur Freunde.“

Sie sah mich verblüfft an.

„Ich glaube nicht, dass ich verstehe, was du da sagst. Sorry, aber ich hab jetzt auch nicht die Zeit, ich bin schon wieder zu spät dran. Wir können uns ja heute Abend noch unterhalten.“

„Mehr kann und will ich dazu eigentlich auch gar nicht sagen. Viel Spaß bei der Arbeit.“

Dann war ich wieder allein.

***

Chris meldete sich zunächst nicht und Tina erzählte mir, dass sie auch im Haus nicht angerufen hatte. Der Besuch meiner Freunde lenkte mich in der Folge von der ganzen Geschichte ab. Sie brachten eine Menge von meinem Zeug mit, dazu eine elektrische Kaffeemühle und Bohnenkaffee, den meine Mutter zusammen mit reichlich deutschen Leckereien für mich mitgegeben hatte.

Ich hatte ihr gegenüber am Telefon mal erwähnt, dass man hier vornehmlich Instant Kaffee trank und dies sehr gewöhnungsbedürftig war. Allerdings hatte ich in der Zwischenzeit mir selbst schon fertig gemahlenen besorgt. Zumindest in dieser Hinsicht hatte ich mich den örtlichen Gepflogenheiten nicht angepasst. Zu meiner großen Freude hatten sie mir auch einen zusammengebastelten PC mitgebracht. Ich brauchte mir nur noch einen Monitor zu besorgen. Martin war Informatiker.

Es tat gut, mit meinen besten Freunden Zeit zu verbringen. Wir klapperten die eine oder andere Sehenswürdigkeit ab, die ich mir selbst noch nicht einmal angeschaut hatte, immerhin war ich ja kein Tourist. Also gingen wir zum Tower, Trafalgar Square, Houses of Parliament und so weiter. Danach zeigte ich ihnen das London, das ich so liebte, Camden und auch Bobs Haus. Udo hatte eine Videokamera dabei und dokumentierte den ganzen Besuch, auch wollte er ein Video speziell für meine Mutter zusammenschneiden, damit sie über meine neue Heimat informiert und beruhigt war.

Sie bekamen auch Gelegenheit, einem Übungsabend unserer Band beizuwohnen, der sie wohl nicht ganz unbeeindruckt ließ. Ihre Reaktionen zu meinem Roman, den ich beiden geschickt hatte, waren eher zurückhaltend. Sie hatten zusammengelegt und mir einen Rechtschreibduden und ein Thesaurus besorgt. Wink mit dem Zaunpfahl. Also gut, soviel zum Roman. Die ersten positiven Reaktionen bekam ich später.

Ich hatte mit Udo des Öfteren telefoniert und ihm auch einige Male geschrieben. Er wusste also von meiner etwas sonderbaren Freundschaft mit Sara und fragte nach dem Verlauf. Ich gab nur oberflächlich Auskunft. Eigentlich wollte ich ihm auch von Chris erzählen, aber ich konnte es nicht. Udo war mein bester Freund, seitdem wir uns mit Vierzehn im Sportverein kennengelernt hatten. Wir hatten uns immer alles erzählt, lagen völlig auf einer Wellenlänge. Er war sogar mein Trauzeuge gewesen.

Von Chris aber konnte ich ihm nicht berichten. Irgendetwas blockierte mich. Mir wurde in diesen Momenten wieder überdeutlich klar, dass ich auch weiterhin mit dieser Beziehung und unseren sexuellen Praktiken Probleme hatte. Mich zum Teil dafür schämte. Nicht dazu stehen konnte. War das vielleicht auch der Grund, warum Chris sich zurückgezogen hatte? Oder war es wirklich nur ihr eigenes Ding?

Viel zu früh verschwanden meine Freunde zurück nach Deutschland. Ein paar Wochen später würde ich ein grandioses Video, das Udo mit Musik von Nirvana unterlegt hatte, bekommen. Eine Woche bevor mein College anfing, meldete sich Chris telefonisch bei mir.

„Hey, du treulose Tomate. Zurück in London?“

„Ja Tom. Ich bin wieder da. Ich muss mich für die Aktion entschuldigen. Ich brauchte Zeit zum Nachdenken und vor allem Ruhe.“

Wir hätten das Gespräch in diesem Moment beenden können. Mir war schon klar, was jetzt kommen würde.

„Du willst mich nicht mehr sehen. Na toll.“

Sie seufzte am anderen Ende und schwieg ein paar Sekunden.

„Ja, darauf läuft es hinaus. Ich will nicht zwischen dich und Sara treten. Und genau das würde wohl passieren.“

„Was? Ich denke, es war keine Wahl zwischen ihr und mir?“

Sie war kaum wiederzuerkennen. Ihre Stimme klang brüchig und schwach.
„Ja, das habe ich in dem Moment, wo ich es sagte, auch so gemeint. Jetzt ist mir aber einiges klar geworden, nicht zuletzt durch dich. Bitte frag nicht weiter, du hast keine Ahnung, wie schwer mir dieser Anruf fällt.“

Ich war wütend, verletzt und fühlte mich verraten. Aber das war meine Seite, war, was dieses Ende für mich bedeutete. Gleichzeitig konnte ich fühlen, was sie fühlte. Und genau das brachte mich dazu, ihre Entscheidung zu akzeptieren. Nicht um sie zu kämpfen. Ihr keine Szene zu machen. Vielleicht war ich auch ein wenig erleichtert, dass ich nicht mich und andere mit dieser Beziehung konfrontieren, oder mich weiterhin verstecken musste. Auf jeden Fall machte ich ihr den Abschied leicht.

„Okay, ich glaube, ich verstehe. Es ist schade … wirklich schade. Ich liebe dich. Wenn … wenn du deine Meinung doch einmal ändern solltest, du hast ja meine Nummer.“

„Pass auf dich auf“, kam es noch vom anderen Ende. Es klang wie von erstickten Tränen begleitet. Dann legte sie auf.

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Anal

Teil 8: Wichsen nach dem Training!

Nach dem Abendessen fuhren wir mit der gesamten Mannschaft und Trainerteam in die Stadt und besuchten eine Diskothek. Hier war einiges los und so vergnügten wir uns den ganzen Abend bei Drinks und beim Tanzen. Einige Jungs baggerten die wenigen Girls an, die sich hier aufhielten, einige spielten an den Automaten und wieder andere saßen an der Bar und kippten sich mit Alk zu. Da Lars mit ein paar anderen Jungs gerade Billard spielte kam Eddy auf mich zu und flüsterte mir ins Ohr, dass ich ihm folgen sollte. Er lotste mich auf Herren WC und zog mich in die hinterste Kabine hinein und fasste mir sofort an meine Beule in der Jeans und meinte, er müsse doch die Gunst der Stunde ausnutzen und lies seine Hand in den Bund meiner Jeans wandern und streichelte meinen Schwanz zärtlich, so dass sich dieser langsam aufrichtete. Ich tat bei ihm das Gleiche, öffnete seine Jeans und holte sein Gehänge heraus, das sich unter meinen Berührungen auf gleich erhob. Er knöpfte mir auch meine Jeans auf und zog sie mit samt Slip nach unten, setzte sich auf das WC und begann mir einen zu blasen. Geil wie er seine flinke Zunge um meine pralle Eichel gleiten lies und mir am Bändchen der Eichel herumzüngelte und meinen nun reichlich hervortretenden Vorsaft genüsslich ableckte und dabei auch meine Eier knetete und auch leckte. Mein Gerät stand wie eine Eins und nun nahm er meinen Schwanz ganz in den Mund und forderte mich auf in Richtig zu ficken. Ich nahm seinen Kopf zwischen meine Hände und fickte in hart ins Maul, mal zog ich meinen Schwanz nur kurz heraus und dann wieder bis zur Eichel und in dann tief und mit voller Wucht in sein Fickmaul zu stoßen. Eddy würgte ganz schön und ich hatte schon Befürchtung dass er mir erstickt, konnte aber nicht mehr aufhören, da ich kurz vor dem Abspritzen war und nach ein paar weiteren Stößen schoss ich ihm meinen warmen Boysaft mit mehreren Schüben in sein geiles Fickmaul und die Sau schluckte alles brav hinunter und nachdem er meinen Schwanz sauber geleckt hatte, musste er erst einmal Luft holen und wieder zu Atem zu kommen. Ich sah das sein Schwanz voll Steif war und vor Vorsaft nur so tropfte und wechselte mit ihm die Position, so dass er nun vor mir Stand und ich ihm einen blasen konnte. Sein Vorsaft schmeckte leicht süßlich und machte ich sofort wieder Geil. Ich bearbeitete ihm seinen Schwanz mit meiner Zunge und fingerte mit einer Hand an seinem Arsch und er stöhnte wie Sau. Ich feuchtete einen Finger mit seinem Vorsaft an und schob ihn Eddy in die Rosette, während ich seinen Schwanz weiter züngelte, die war für ihn zuviel und in dem Moment wo mein Finger durch seinen Schließmuskel drang spritzte er mir seine Sahne in mehreren Schüben in den Mund und ich schluckte diese genüsslich herunter und quetschte seinen Schwanz bis zum letzten Tropfen aus und leckte ihn sauber. Dann zogen wir uns die Jeans wieder hoch und gingen zurück in die Disco zu unseren Kumpels, denen unser Fehlen scheinbar nicht aufgefallen war und feierten gemeinsam bis in die frühen Morgenstunden.

Als wir wieder in unserem Apartment waren, hatten wir alle Drei einen sitzen, entkleideten uns und ließen uns zu dritt ins Doppelbett fallen wo wir dann Augenblicklich einschliefen. Als gegen Mittag die Sonne in unser Zimmer schien wachte ich auf und schaute mir Eddy und Lars, die noch friedlich schlummerten, an. Ich dachte einfach geil was wir in dieser Woche hier erlebt haben und mein Schwanz wurde auch schon wieder hart. Da die beiden ebenfalls Nackt waren, sah ich dass Lars eine Erektion hatte und beugte mich einfach zu ihm hinüber und nahm seinen Pimmel in den Hand, zog seine Vorhaut zurück und leckte ihm über seine Eichel und den Schaft. Dies tat ich eine ganze Weile ohne dass er es merkte oder sich rührte, dann aber fing er an zu seufzen, öffnete im Halbschlaf seine Augen und lächelte mich an und meinte: „So fängt der Tag gut an Du geiles Luder!“ Ich sagte dein steifer Schwanz hat mich dazu animiert und blies ihn weiter. Ich wechselte die Stellung, so dass wir in der 69er-Stellung dalagen und er auch meinen Schwanz verwöhnen konnte. Durch unser Treiben wurde auch Eddy wach, der auch sofort wieder Geil war und sich Kommentarlos einklinkte. Wir legten uns nun im Dreieck auf dass Doppelbett, so dass Jeder einen Schwanz blies und seinen Schwanz geblasen bekam, ich blies Eddy, der Lars und Lars blies mich. Wir leckten uns gegenseitig die Eichel, den Schaft und die Eier und schaukelten uns langsam zum Orgasmus. Lars spritzte dann als erster seinen Saft in Eddys Mund der daraufhin seine warme Boysahne mir ins Gesicht spritzte und ich rotze meinen Geilsaft Lars in die Fresse. Nachdem wir uns dann von dieser Nummer erholt hatten, gingen wir gemeinsam unter die Dusche, säuberten uns und gingen erstmal zum Mittagessen.

Am Nachmittag trafen wir uns mit unseren Teamkameraden und den Trainern am Strand und machten zum Abschluss unseres Aufenthaltes noch mal richtig Party, da ja am nächsten Morgen unsere Heimreise anstand. Abend fuhren wir nochmals in die Stadt um gemeinsam in einem gemütlichen Restaurant essen zu gehen und uns den Rest des Abends in der Stadt zu vertreiben. Wir zogen von Bistro zu Bistro und ließen den Abend gemütlich ausklingen. Als wir wieder im Apartment angekommen waren, konnte keiner so recht einschlafen und Lars meinte:“ Lasst uns zum Abschied noch mal eine gemeinsame Nummer schieben!“ Da er zwischen Eddy und mir lag, nahm er unsere Schwänze in die Hand und wichste sie erst mal hart. Eddy hatte Lars Schwanz in der Hand und bearbeitete diesen bis er auch steif war. Nun gingen wir wieder in die Dreieck-Stellung diesmal blies Eddy meinen Schwanz, ich blies Lars und der Eddy. Es dauerte nicht all zu lange und Eddy brachte mich mit seiner geilen Leckerei zum Abschuss und ich spritzte ihm meinen Sabber in den Mund. Eddy rotze daraufhin Lars seinen Saft ins Gesicht und ich bekam Lars seine warme Brühe zum schlucken. Danach schliefen wir ein und wurden am frühen Morgen, nach nur drei Stunden Schlaf unsanft von unserem Wecker geweckt. Wir gingen schnell duschen, packten unsere restlichen Sachen zusammen und gingen Frühstücken. Nach dem Frühstück hatten wir noch 30 Minuten Zeit um unsere Sachen zu holen und im Bus zu verstauen und dann begaben wir uns auf die Heimreise.

So endete die geilste Woche in meinem damals noch recht jungen Leben. Als wir wieder in der Heimat waren trafen sich Lars, Eddy und ich noch ein paar Mal. Eddy klinkte sich dann als erster aus, als er seine erste Freundin hatte und die Beziehung zwischen Lars und mir ging dann noch ungefähr ein Jahr bis Lars auch seine erste Freundin aufreisen konnte. Lars ist Heute bereits zum zweiten Mal verheiratet und hat aus erster Ehe drei Kinder, Eddy ist ebenfalls verheiratet und hat zwei Kinder und ich bin Single geblieben und Lebe glücklich und zufrieden mein Leben. Wir Drei sind Heute alle Ende 40 und leben noch in der gleichen Gemeinde und haben regelmäßig Kontakt. Aber über diese Reise und das Turnier sprechen wir nur in sportlichen Dingen, die Zwischenmenschlichen Beziehungen von damals sind kein Thema mehr. Ich allerdings denke oft an die tolle Zeit zurück und denke mir wie unkompliziert wir doch als Teens waren und wie wir damals das Leben, auch ohne Computer und sonstigen Schnickschnack genossen haben.

Wenn euch diese Geschichte(n) gefallen haben, könnt ihr euch gerne bei mir melden. Ich freue mich über jede Reaktion und nehme auch Kritik zu Kenntnis!

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Eine geile Schiffsreise II. Teil

Der nächste Tag war ein Seetag. Wir frühstückten zusammen, und erkundeten dann das Schiff. Aber nach dem Mittagessen zogen wir uns in Barbaras Kabine zurück. Kaum war die Tür geschlossen, gingen wir uns gegenseitig an die Wäsche. Ich öffnete ihre Bluse und den Rock, dann stand sie in zarten durchsichtigen Spitzendessous vor mir und zog nun auch mir Hemd und Hose aus. Als sie mir den Slip herunterzog griff sie sich schon meinen Schwanz und wichste ihn. Er schwoll schnell zur vollen Größe an, und ich konnte die Geilheit kaum noch zurückhalten. Jetzt zog ich ihr auch die letzten Kleidungstücke aus, und betrachtete ihren mädchenhaften nackten Körper. Die herrlichen Titten hatten es mir besonders angetan, und ich nahm sie in den Mund, um die Brustwarzen mit der Zunge zu reizen. Barbara stöhnte ihre Geilheit heraus und zog mich auf die Koje. Dort legten wir uns in 69er Stellung hin und sie begann, meinen Schwanz mit ihrer Hand, dem Mund und der Zunge zu bearbeiten. Erst leckte sie nur über die Eichel, bis sie von ihrem Speichel nass glänzte. Dann sog sie meinen Schwanz in voller Länge in ihren Blasmund; ich hielt es kaum noch aus vor Geilheit! Ich packte sie an den Hüften und zog ihre Fotze über meinen Mund, um dann mit der Zunge die süßen Schamlippen und den Kitzler zu lecken. Sie schmeckte herrlich! Ihre Lippen schwollen immer stärker an, und ich presste meine Zunge tiefer in ihr geiles Loch. Ihr Unterleib begann wieder zu zittern, und kurz danach bekam sie ihren ersten Orgasmus. Der Geilsaft sprudelte aus ihrer Möse wie bei einem Springbrunnen und alles spritzte in meinen Mund, dass ich es kaum schlucken konnte. Derart angetörnt spürte ich auch das Kribbeln in meinem Schwanz, der tief in ihrem Mund steckte. Und während sie sich noch in ihrem Orgasmus wälzte schoss ich ihr meinen Samen in ihre Kehle. Nach diesen Orgasmen kuschelten wir uns aneinander und schliefen ein. Erst am späten Nachmittag wurden wir wieder wach, und gingen dann gemeinsam unter die Dusche. Natürlich nicht ohne uns wieder gegenseitig zu befummeln und einzuseifen. Besonders intensiv natürlich ihre Muschi und meinen Schwanz, der sich schon wieder leicht aufrichtete. “Langsam langsam”, sagte Barbara, “ich bin ja ein wenig älter als Du, und etwas erholen muss ich mich noch!” So streichelte ich nur ihre schönen Brüste, wir trockneten uns ab, zogen uns an, und gingen zum Abendessen.
Und danach in die Disco. Wir tanzten besonders bei den langsamen Stücken, und sie drückte ihren geilen Körper an mich. Ich spürte ihre süssen Titten durch das Hemd, und mein Schwanz wurde wieder steif. Nach Mitternacht gingen wir zu unseren Kabinen, und mit einem tiefen Zungenkuss verabschiedeten wir uns bis zum nächsten Tag.

Sankt Petersburg

Das Schiff hatte in der Nacht festgemacht, und nach dem Frühstück gingen wir von Bord, um mit dem Bus eine Stadtbesichtigung zu machen. Neben den vielen Sehenswürdigkeiten zog mich Barbaras Anblick immer wieder in meinen Bann. Sie interessierte sich auch sehr für die Kunst und Kultur dieser schönen Stadt. Am Abend besuchten wir gemeinsam noch eine Balettaufführung, und nach der Rückkehr zum Schiff überkam uns wieder die Geilheit, und wir verzogen uns in die Kabine. Schnell waren wir nackt, und wälzten uns engumschlungen auf der Koje. Barbara umfasste meinen Pimmel und den Sack mit einer Hand und streichelte sie. Sofort war mein Schwanz wieder steif, und ich steckte ihre erst zwei, dann drei, Finger in ihre schon wieder nasse Fotze. Mit dem Daumen strich ich über ihren Kitzler; das Ergebnis konnte ich schon ahnen! Nach kurzer Zeit war die Fotze wieder klatschnass, und sie schrie und spritzte ihren Orgasmus hinaus! Dann legte sie sich auf den Rücken, und stellte die Beine gespreitzt auf. So hatte ich einen wunderbaren Blick zwischen die geöffneten und nassen Schamlippen, an die ich jetzt meinen harten Schwanz ansetzte. Ohne Widerstand flutschte er in die warme, nasse Höhle, und ich schob ihn ihr bis zum Anschlag hinein. Sie umschlang mich mit ihren Beinen und ich begann, in sie zu ficken. Barbara stöhnte und keuchte unter mir, ihre Titten drückten gegen meine Brust, mein Verstand setzte aus und ich fickte nur noch meinen süssen Samenräuber in ihre doch noch enge Pussy. “Mir kommt es schon wieder”, keuchte meine Fickmaus, und schon spritzte sie wieder ihren Geilsaft aus der Möse, vorbei an meinem fickenden Pimmel. Jetzt konnte ich es auch nicht mehr halten, und spritzte Barbara meinen geilen Saft in die Fotze! Es war traumhaft, und nach einem schnellen, gemeinsamen Bad gingen wir in unsere Kojen und schliefen ermattet ein.

Am Nachmittag legte das Schiff wieder ab zur Rückfahrt nach Kiel. Wir genossen die gemeinsamen Stunden auf dem Schiff, an Deck, oder im Bett. Barbaras Sexualität war fast unstillbar, immer wieder leckte ich ihre Pussy oder reizte den Kitzler mit den Fingern oder der Zunge, bis sie ein um’s andere Mal abspritzte! Aber auch mein Schwanz kam zu seinem Recht. Sehr gerne hatte sie es auch, wenn ich ihr den Pimmel von hinten in die Fotze stieß. Dabei konnte ich auch ihre herrlichen Titten bearbeiten, und meistens kamen wir gemeinsam zum Orgasmus.
Auch in der Nacht vor unserer Ankunft fickten wir auf ihrer Koje, und ich leckte ihre Muschi, das sie mehrmals zum Orgasmus kam und ihren Saft abspritzte! Mein Gesicht und die Brust waren ebenfalls eingeschleimt von ihrem Geilsaft.
Nachdem wir uns etwas erholt und geduscht hatten packten wir unsere Koffer und warteten auf die Ankunft in Kiel.

Ich habe Barbara nach dieser supergeilen Schiffsreise noch zweimal wiedergesehen, allerdings hatten wir keinen Sex mehr miteinander.
Auch wenn dieses samentreibende Erlebnis schon über zehn Jahre zurückliegt denke ich heute immer noch daran zurück, und oft ist es eben geil, nur in’s ‘Kopfkino’ zu gehen 🙂

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Anal

Geile Alte (Teil 2)

Vorher Teil 1 lesen macht Sinn 🙂

…Ich glaube, deine Muschi will auch zu ihrem Recht kommen, sagte ich. Sie lachte mich an, wobei sie meinen immer noch harten Schwanz leicht wichste und meinte, da würde mir einiges einfallen, was wir dazu anstellen können. Ich rutschte vom Bett, und kniete mich zwischen ihre Beine, die sie bereitwillig weit spreizte. Ich schob meine Nase in Ihren Schritt und war sofort betört von dem unwahrscheinlich geilen Duft, den Ihre große, behaarte Möse ausstrahlte – eine Mischung aus Pisse und Mösensaft. Ich fuhr an den Nylons auf und ab und massierte ihre Spalte weiter mit der Nase, wobei ich auch meine Zunge ins Spiel brachte. Währenddessen begann Sie meinen Riemen mir ihren Nylonfüßen zu massieren – ein geiles Gefühl, das ihn sofort wieder knallhart werden ließ. Sie nahm ihn zwischen die Füße und rieb diese wichsend am Schaft hoch und runter. Ich stöhnte in ihre Möse leise hinein. Magst du Nylons? , fragte sie mich, ich bin jedes Mal dauergeil, wenn ich ohne Höschen damit herumlaufe. Das reibt so schön an der Möse und ich habe auch das Gefühl, dass mehr Kerle auf meine Beine schauen, wenn sie so leicht glänzend sind und nicht immer nur meine Titten angaffen – obwohl mir das auch gefällt, dann werden meine Zitzen immer ganz hart. Mit diesen Worten nahm sie ihr Nippel in die Hände und zog sie so lang, dass es mir beim zusehen weh tat, aber sie schien es zu genießen und ließ ihre Titten mit den Nippeln wackeln. Ja, ich mag Nylons auch, es fühlt sich unwahrscheinlich geil an, was du da machst, sagte ich. Dabei begann ich ihren harten großen Kitzler durch den Stoff zu massieren, was ihr ein lautes Stöhnen entlockte – ja, wichs mir meinen kleinen Schwanz, nimm ihn ganz in den Mund und saug an ihm, mach weiter… ich schob ihr dabei einen Finger zwischen die langen Schamlippen und fing an diesen mit dem Nylon in ihre Möse zu drücken und sie zu ficken. Schnell gesellten sich zwei weitere Finger dazu, da ihre Lustöffnung sehr geweitet und groß war. Sie atmete immer schneller und vergaß dabei meinen Schwanz weiter zu bearbeiten – aber jetzt war auch sie dran. Ich hob ihre Oberschenkel und drückte ihre Beine auf den Oberkörper, so dass ich nun auch an ihr ebenso behaarte Rosette gelangen konnte. Es sah geil aus, das dunkle runzlige Loch umrahmt von dichten schwarzen Haaren, die von ihrem Saft schon reichlich verschmiert waren. Auch hier massierte ich mit einem Finger, der alsbald in ihrem Arschkanal mitsamt dem Nylonstoff versank – auch hier passten locker drei Finger nach einer Weile hinein, so dass ich sie nun mit sechs Fingern fickte und dabei ihr dicke Klit, die wirklich wie ein kleiner Schwanz in meinem Mund wuchs, saugte. Sie war immer lauter am Stöhnen und feuerte mich an, es ihr ordentlich zu besorgen. Sie saugte dabei an ihren Nippeln und massierte, nein, schlug sich die Titten. Die Alte geht ab wie nichts Gutes, dachte ich, und da kam es ihr auch schon. Sie verkrampfte den ganzen Körper, bockte sich gegen meine Finger und Gesicht und stöhnte so laut, dass das ganze Haus nun wissen musste, was hier abging. Aus ihrer Möse lief der Saft in Strömen, dass ich dachte, sie hätte abgespritzt. Dann verebbte ihr Gestöhne und sie lag wie tod vor mir. Sie legte eine Hand auf meinen Kopf und streichelte sanft meine Haare – du hast nicht nur einen prächtigen Schwanz, du kannst auch lecken und fingern wie ein Großer. So einen geilen Abgang hatte ich schon lange nicht mehr – was soll nur passieren, wenn du mich gleich mit deinem Prügel fickst… Sie lag völlig geschafft auf dem Bett – ein geiler Anblick – die Beine gespreizt, freie Blick auf Ihre Möse und Rosette in denen noch die Nylons klebten, ihre mächtigen Titten, die noch Sperma Spuren aufwiesen, mit den malträtierten, knallroten dicken Zitzen, die flach auf ihrem Oberkörper lagen und weit seitlich herunterhingen, ihre Haare durcheinander und die rote Gesichtsfarbe von der Anstrengung des eben Erlebten. Ich schob mich über sie und mein Riemen fuhr durch ihre Beine hinauf um an der Möse anzuklopfen – ein geiles Gefühl, diese Reiben am Nylon mit der freien sensiblen Eichel. Als ich leicht gegen ihre Schamlippen drückte, machte sie die Augen auf und grinste mich an – willst du den auch mit Nylon verpackt hinein schieben? Außerdem brauche ich eine kleine Pause, meine Fotze ist ganz überreizt von deinem geilen Fingerspiel. Ich legte mich neben sie und schaute sie an. Machst du das eigentlich öfter, dich von Wildfremden ficken lassen? – Nein, und du, verführst du viele alte, einsame Frauen? – Nur wenn sie verführt werden wollen, wenn du nicht so reagiert hättest, wäre ich nie so weit gegangen, sondern hätte dich in Ruhe gelassen. Aber deine Reaktion war nun mehr als eindeutig. – Welche Frau kann denn bei dem Anblick widerstehen? Junger knackiger Kerl mit einem riesigen Paket in der Hose… – mit den Worten griff sie zwischen meine Beine, wo mein nunmehr halb steifer Schwanz lag – so groß sind manche noch nicht mal wenn sie steif sind. Und diese herrlich dicke Nille, die macht mich ganz neugierig darauf, wie sich die wohl in meiner Muschi anfühlen wird. Seit der Geburt meiner vierten Tochter bin ich recht groß gebaut und brauche einen ordentlichen Schwanz, damit ich ausgefüllt werde. Mein Mann ist fast so groß gebaut wie du, aber den sehe ich seit unserer Scheidung nur noch etwa einmal im Monat. Dann haben wir geilen Sex miteinander, denn den bekommt er bei seinen jungen Hühnern nicht. Von denen lässt sich kaum eine richtig hart in den Arsch ficken, das bekommt er dann bei mir und wir haben beide was davon. – Währenddessen massierte sie meinen Schwanz weiter, sodass er wieder zur vollen Größe anwuchs. – Komm, ich glaube ich kann jetzt deinen Riemen vertragen. Mit diesen Worten drehte sie sich auf den Bauch und ging am Fußende des Bettes in die Hundeposition, wobei sie sich die Nylons in die Kniekehlen herunter zog. Ich trat hinter sie und begutachtete erstmal ihren ausgeprägten, großen, aber nicht zu weichen Hintern. Sie sah geil aus, genau meine Kragenweite. Zwischen den vollen Backen begrüßte mich ihr Busch, der versuchte die Rosette und die Möse zu verstecken, was aber nicht gelang. Ich kniete mich hin, zog die Backen auseinander und leckte die Kimme hinab über ihr geiles Arschloch, dass schon wieder einladend leicht offen stand hinab über ihre dicken , langen braunen Schamlippen bis zu ihrem großen Kitzler, der auch schon wieder halb steif unter der schützenden Hautfalte heraus stand. Ich saugte diesen kurz, was sie mit einem Stöhnen quittierte, und drückte ihr dabei meine Nase in die Möse. Wieder dieser geile Geruch. Vor Augen hatte ich nun direkt ihre Rosette, die vor lauter Geilheit schon pumpte und sich fast nach Außen wölbte. Der behaarte braune Ringmuskel öffnete sich immer weiter und das rosafarbene Darmfleisch drang nach. Ich leckte ihr nochmals quer durch die Kimme und stand auf. Sofort schob sie eine Hand unter ihrem Bauch nach hinten um meinen Schwanz in Empfang zu nehmen. Das war eigentlich nicht nötig, da dieser knallhart waagerecht von mir abstand und direkt ins Zentrum zielte. Aber ich war gespannt, was sie vorhatte. Sie nahm meinen Riemen und fuhr sich mit der Nille ein paar Mal durch die nassen Schamlippen und rieb ihren Kitzler mit ihr. Als Sie wieder an ihrem Möseneingang vorbei fahren wollte, schob ich ruckartig mein Becken vor und mein Schwanz drängte die Lippen auseinander und fuhr in sie. Ich drückte ihn nun immer weiter in sie und öffnete ihren Fickkanal. Sie zog nicht zurück, sondern hielt kräftig gegen und stöhnte, ohhh, das tut gut, du bist doch viel größer als mein Mann gebaut, deine Nille fühlt sich soo geil an, wenn sie mein Fleisch teilt, fick mich tief, spieß mich ganz auf, pfähl mich mit deinem Riesen, reiß Mutti die Fotze auf, drück deinen dicken, harten Schwanz bis zum Anschlag rein du geiler Hengst… ich schob immer weiter, bis ich komplett in ihr steckte. Ihre Fotze hatte sich ein paar Mal gewehrt, aber mein harter Riemen hatte alle Widerstände durchpflügt. Als er ganz in ihr war hielt ich kurz an, presste ich noch mal nach, bis meine Eier gegen ihre Möse drückten um sie dann mit langen, ausholenden Stößen zu ficken. Sie ging wieder ab wie nichts. Ihre Schamlippen umklammerten meinen Schaft, und meine Eier klatschten bei jedem Stoß gegen ihren wieder harten Kitzler, den sie sich zusätzlich mit den Fingern rieb. Ihre dicken Euter hingen herab und schaukelten geil im Takt des Ficks. Ich griff in ihr geiles Arschfleisch und zog sie immer schneller über meinen Fickbolzen. Ich liebe diese Lovegrips bei Frauen mit ordentlichem Fleisch auf den Hüften. Ihr Arsch zitterte und wackelte unter der Behandlung geil vor meinen Augen. Ihre Fotze schmatzte und lief förmlich aus und sie stöhnte schon wieder das ganze Haus zusammen, so kurz stand sie vor ihrem zweiten Orgasmus. Sie feuerte mich an, sie schneller, tiefer, härter zu ficken und bockte sich geil gegen meine Stöße. Ich überlegte kurz, ob ich sie noch zappeln lassen sollte, aber dann fickte ich sie doch direkt auf ihre Orgasmuswelle. Wie von Sinnen zuckte ihr Körper unter mir und ihre Möse kaute meinen Riemen förmlich durch. Solch extreme Mösenzuckungen hatte ich noch nie erlebt. Sie hatte sich fest gegen meinen Schwanz geschoben, ihn tief in sich aufgenommen und hielt ihn fest und melkte ihn mit ihrer Fotzenmuskulatur. Ich war kurz davor abzuspritzen, als sie plötzlich ab ließ und sich mit einem letzten tiefen Seufzer nach vorne fallen ließ. Mein Schwanz ploppte aus ihrer Möse und ich stand da mit meiner Geilheit, kurz vorm Abspritzen – ich sagte, das hast du dir so gedacht, du geile Sau, den Kleinen aufgeilen und kurz vorher abhauen. Damit schob ich mich von hinten über sie, spreizte ihre Beine und Backen und schob ihre ohne Vorwarnung meine nasse Nille in die Rosette. Sie quiekte auf, konnte aber, da sie schon lag nicht weg und ich drückte ihr heftig mein Fickfleisch in den Darm. Meine Nille presste sich gegen die Rosette und weitete sie langsam auf. Ein geiler Anblick, wie die Eichel immer fetter aufquellend gegen den dunklen Ring drückte und langsam in diesem verschwand. Kaum hatte mein Schwanz den Widerstand überwunden, drückte ihr Ringmuskel gegen den Schaft. Sie stöhnte laut auf, hatte aber schon wieder diesen geilen Ton in der Stimme, der mir zeigte, dass ich sie weiter ficken konnte. Ich fuhr tief in ihr Arschloch hinein und auch hier begann sie mich mit der Rosette zu massieren. Ich wurde wieder so geil, dass ich sie diesmal ohne Rücksicht heftig abfickte und nach einigen Minuten meinen Saft laut stöhnend tief in Ihren Darm spritzte. Ich sackte zusammen und legte mich neben Sie.

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L vacanza parte 3

Mi sveglio verso mezzogiorno, so che sarà un giorno impegnativo, ed inizio i preparativi. L’hotel mi recapito una lettera da parte di Nico: “passiamo a prenderti alle 8 troietta, fatti trovare pronta e carina, prima del tuo ritorno a casa, vogliamo averti ancora nostra”; ci sono alcune foto dentro, ci sono loro tre in piedi, con me distesa sul pavimento senza sensi, e il buchetto dilatato, che “vomita” il loro seme..
“oh dio” penso, allora è vero, hanno continuato due sere prima, nonostante non fossi più in me, hanno continuato a scoparmi, come fossi una dannata bambola. Ma chi ha s**ttato quella foto? La mia domanda riceve subito risposta, capita tra le mie mani l’ultima foto, dove si vede un uomo di colore, mentre mi sta penetrando, ed il mio viso in una smorfia, impossibile ricordare se di piacere o di dolore. Sono le 2 di pomeriggio, non so che fare, ma cosi mando giù un po del prosecco disponibile nella mia camera e mi decido: farò questa cazzata, prima di ripartire.
Passo il pomeriggio a preparare il mio corpo, aggiustando ogni piccolo particolare, li voglio.
8 meno 5 io pronta, abito lungo stavolta, spacco raso coscia, calze con reggicalze lievemente visibile, trucco azzurro/verde, mi guardo allo specchio e mi piaccio, e poi quelle scarpe, mai messe prima, chiuse ma con lieve apertura sul davanti, tacco 15, e aperte sul tallone con fascia sulla caviglia. Bussano alla porta, “chi è” chiedo, “Sebastian” dice lui.
Apro lui mi guarda, entra in camera, mi sta mangiando con gli occhi, “sei davvero magnifica” mi dice, mentre si avvicina; con un abbraccio passa dietro la mia schiena e portandomi a lui mi bacia, poi mi sussurra “andiamo che è tardi”, io sono gia eccitatissima. Mentre scendiamo in ascensore, lo vedo dietro di me nello specchio, che osserva il mio sedere. C’è una limousine ad aspettarci, entro mi accomodo, e chiedo “dove andiamo”, lui subito “beh andiamo fuori città a casa di un amico, vedrai ci si divertirà”. Il viaggio dura una mezz’oretta, raccogliamo anche gli altri 2, si parla del più e del meno, tanto per passare il tempo. Infine prendiamo anche il ragazzo di colore, si chiama Mbobo, e non posso fare a meno di notare quanto sia grande, enorme e possente.
Si arriva fuori città, una villa di campagna, messa non troppo bene, ma accogliente; io ho bevuto a bordo, presa dall’ansia, e dall’emozione: so che sarà un esperienza estrema, unica ma estrema. La cena passa in fretta, ed ad un tratto è proprio Mbobo a prendere l’iniziativa: arriva alle mie spalle, e poggia il suo membro su di me lasciandolo scendere sul mio petto, è enorme, davvero enorme, lungo ma anche dannatamente largo. Senza pensarci, lo lecco, mentre gli altri guardano incuriositi, passo la mia lingua su quell’affare e sento quanto davvero sia potente, lo sento pulsare dannatamente. Sebastian interrompe tutto “sai stasera vorremmo invitare delle persone, nostri amici cari e fidati, e scoparti tutti assieme, saremo oltre 20 persone” tra l alcole l’eccitazione dico “va bene, rompetemi, distruggetemi, fate di me ciò che volete. Lui si alza ed invia qualche sms, mentre io decido di succhiare quell’affare nero, duro, pieno di nervature dure come il marmo. Il tempo passa, e tra una succhiata e l’altra la casa si riempie di persone, mi portano in una stanza, e sempre Seb mi dice “vogliamo sia violento, senza limiti, ti senti pronta?” ed io “si”. Uno di loro si avvicina e mi mette le manette, serrate strette, a parte i miei “amici” non conosco nessuno e non mi importa; voglio solo essere la loro troietta da sballo. Un altro si avvicina e mi bacia, stringendo i miei seni tra le sue mani, ma ecco l’inizio della mia fine. Sento mani dappertutto, il mio perizoma viene disintegrato, e le loro lingue sul mio corpo. Non ci sto capendo nulla, non posso oppormi. Il tizio che mi stava baciando, porta la mia bocca sul suo affare e chinandomi li vedo, tutti la a massaggiarsi, qualcuno infila una massiccia dose di lubrificante nel mio sedere, e vi penetra immediatamente. I suoi colpi sono veloci, irruenti, quasi furiosi, e il dolore iniziale si tramuta in un piacere continuo, e pulsante. A turno si danno il cambio sia con la mia bocca che col mio posteriore, ed io godo come una matta, gemo e tento invano di emettere suoni, mi toccano ovunque, giocano col mio membro, non ci capisco più nulla. Ma con la coda dell’occhio vedo i miei amici distanti, loro aspettano e si godono lo spettacolo, so cosa vogliono, vedo nei loro occhi quasi disprezzo per me; mentre tutti si limitano a scoparmi in ogni modo, loro vogliono la sottomissione, la tortura.
Qualcuno inizia a venire, mi riempie, e si scosta, qualcun altro scarica nella mia bocca. Passa qualche tempo e mi ritrovo seduta, ansimante, osservo sul pavimento il seme che avevo dentro, spargersi lentamente, ne ho ingoiato altrettanto, e sono su di giri; un tizio avanza, si china e inizia a masturbarmi compiaciuto, e in pochi secondi io vengo, e lui indirizza il mio spruzzo su di me, caldo e abbondante. “non male come prima” dice qualcuno “ma adesso la troietta sa cosa l’aspetta?” interviene Sebastian “ve l’avevo detto è brava, ma siamo qui per spingerla al limite, e una scopata di gruppo non è un limite” io ancora con le mani legate osservo e ascolto tentando di immaginare cosa vogliano farmi. “vorremmo tu ci dessi il permesso di abusare del tuo corpo brutalmente” dice “non solo scopandoti, ma facendoti del male vero, te la senti?” io mi guardo attorno, poi fisso lui e dico “fate di me ciò che volete, ci sono dentro e non mi tiro indietro, volete picchiarmi? Volete umiliarmi? Non è la violenza a spaventarmi, ma il terrore di vivere senza rischiare”. Tutti mi guardano con approvazione. Seb mi aiuta ad alzarmi e mi portano in una stanza abbastanza grande, cè di tutto dentro, da una croce, a diverse corde, oggetti metallici vari, un sybian, e vari strumenti di tortura che non saprei nemmeno definire. Mi legano alla croce ad “X” mi infilano una ball in bocca, e seb mi sussurra “ora urlerai, e vorrai scappare, se vuoi tirarti indietro fallo adesso, o mai più” io prontamente dico “mai più”. Lui strappa il mio vestito, afferra i miei seni e li stringe tirandoli con forza, tento di urlare, ma lui non molla, anzi prende i miei gioielli e strizza anche quelli. Una lacrima di sforzo segna il mio viso, ma sto bene. Lui si scansa ed un uomo bassetto si fa avanti, mi colpisce in volto, e poi sferra un pugno poderoso sul mio seno destro… mi manca il respiro… ma mi piace cazzo. Continua…

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il cazzone

Salve sono una pensionata e dolce signora di settantasette anni,mi chiamo Gina vi vorrei raccontare che cosa mi è accaduto alcuni giorni orsono . Abito in un piccolo paesino in toscana ,poche case ,la chiesa e un circolo, vita tranquilla ogni lunedi si svolge un mercato molto affollato essendo lontani dai grandi centri commerciali.Non avevo in mente di comprare qualcosa in particolare ma un bel giretto me lo sarei fatto ,sono vedova e i miei figli sono sistemati e lontani. Giravo tra i banchi quando vidi un vestito a fiori con una bella fantasia a fiori ,mi fermai chiesi il prezzo e dato che costava il giusto decisi di comprarlo ma la taglia era un problema perchè sono piuttosto in carne con due tette belle gonfie ,dovevo provarlo . Il furgone del commerciante era attrezzato con una specie di camerino all’interno :Presi il vestito mi spogliai e indossai il nuovo mi stava proprio bene , ma mentre lo provavo mi sentivo come osservata,ma forse era solo un impressione.Pagai e mi diressi verso casa tutta sodisfatta del mio acquisto.Misi via il mio nuovo vestito e mi misi comoda ,con una vestaglia leggera ,era estate per cui sotto rimasi in mutande e reggiseno. Stavo cucinando quando suonarono alla porta ,rimasi sorpresa quando mi trovai davanti il padrone del banco del mercato “Mi scusi signora se la disturbo ma devo averle dato il vestito sbagliato !” In effetti in mano aveva un sacchetto “Mah mi sembrava di aver preso il vestito giusto ! Aspetti che vado a prendere il mio !” Mi diressi verso la camera ma mi accorsi che lui mi stava seguendo “Scusi ma dove va ?” Gli chiesi stupita “Signora non sono venuto per il vestito devo confessare che l’ho spiata mentre se lo provava !” Allora la mia impressione era esatta ,diventai rossa e lo fulminai con un ochiataccia ,non mi venivano le parole .Lui era devo dire un bel uomo grosso e muscoloso anche se non era un ragazzino,devo dire che ero un poco turbata dal fatto che qualcuno volesse vedere un signora anziana come me spogliata . Lui incalzò “Quando l’ho vista in desabille sono rimasto folgorato ,non so cosa mi è successo …..devo…dire …che….si insomma ho avuto un erezione ….!” Era piuttosto imbarazzato mentre lo diceva quasi si vergognasse di provare attrazione per me “Ma che dice….io….sono….vecchia..!” “No lei è ancora una bella donna !” Mi gurdò con occhi rapaci mi si avvicinò e mi prese tra le sue braccia ,io ero come incapace di reagire in breve le sue mani mi carezzavano il culone e i grasssi fianchi ,stavo cominciando a scaldarmi anche io, in fondo erano dieci anni che ero vedova e fare l’ amore mi era sempre piaciuto. Lasciai che lui vagasse sul mio corpo tastandomi dappertutto fino alla passera che cominciava a bagnarsi , mi lasciai andare ,che diamine dopotutto ero di carne .Quando scesi con la mano verso il suo inguine credetti di aver sbagliato sentivo tra le sue cosce un enorme coso come avesse in tasca un salamone “Non aver paura è solo un poco grosso ,ora ti faccio vedere !” Quando si calo i pantaloni apparve ai miei stupefatti occhi un pene di dimensioni mostruose con una cappella viola grossa come una melanzana . Non so cosa mi prese non dissi niente ma mi inginocchiai e cominciai a leccarlo stupendomi di me stessa ,quel palo gigantesco aveva smosso qualcosa dentro di me ,una parte a****lesca ,mi ritrovai con la punta della cappella in bocca segandolo a due mani nella speranza di farlo diventare ancora piu grosso,cosa che avvenne in breve tempo avevo tra le mani una enorme proboscide calda e vibrante . “Scusa è troppo grosso per te ! Tutte le ragazze si spaventano !” In effetti incuteva paura duro e grosso come un braccio ,ma non so perchè a me faceva solo gola chissa che sensazione nella pancia .Era incredibile stavo facendo pensieri che non avevo mai fatto in vita mia ,evidentemente la mia parte porca non era mai emersa ,ed ora da vecchia scoprivo che lo ero . Ormai ero ad un punto di non ritorno li in ginocchio con quel mostro di cazzo in bocca tanto valeva dare sfogo a quello che provavo in quel momento “Dai fammi veder che cosa nascondi qui sotto !” Mi aiuto ad alzarmi ,mi liberai in un baleno della vestaglia rimanendo in reggiseno e mutande ,peraltro zuppe di umori ,ero bagnata come una capra in calore.”Guarda che roba ! Che tette ,fammele vedere!” Mi tolsi il reggiseno e le mie tettone esplosero con i capezzolini eretti . Si avvicinò e me le prese in bocca suchiandomele cominciavo gia a godere, ma lo volevo dentro sentivo la fica in fiamme “Dai mettimelo dentro non resisto !” Mi calai le mutande e mi sdraiai sul tavolo di cucina aprendo le coscione flaccide e schiudendo la fica odorosa ,anche lui non perse tempo si agguantò il palo e mi poggio la cappella gonfia all’ ingresso . Devo dire che capivo le ragazze che ne avevano paura ,ma era talmente tanta la voglia che mi sarei fatta squartare pur di averlo in corpo . Lui cominciò a spingere ,sentivo la carne morbida della passera che cercava di aprirsi per accogliere quel pisellone.La cappella entrò dentro con una scureggia ero talmente presa nel guardare l’operazione della penetrazione che non sentii nenche male ,e si che la fica era tirata al massimo .Mentre lui delicatamente spingeva in avanti per ficcarmelo sentivo la carne che si apriva quando la cappella mi picchiò in fondo godetti inaspettatamente urlando,mi sembrava di essere come al di fuori di me che mi osservavo godere di quel bastone di carne in pancia “Tutto bene ?” Mi chiese premuroso, “SII..che…bello….erano…anni..che……non…godevo….è.èè..davvero……grosso…!” “Eh si ma a te piace vero?” “Eccome….dai……pompami……………!” Quando prese a scoparmi sentivo le pareti della fica in fiamme ,quattro o cinque colpi e godetti di nuovo tremando.Sentivo rivoli di umori scorrermi sulle chiappe, la fica mi pulsava ,quando me lo metteva fino a picchiarmi sull’utero mi sentivo piena fino nello stomaco,erano sensazioni mai provate,merito di quel bastone di ciccia sempre bella dura che mi scavava dentro. Si fermo’ e me lo tolse “Dai girati voglio vedere il tuo bel culo!” Docile scesi poggiai le braccia sul tavolo e porsi le chiappe ormai sfatte a quel diavolo di cazzo ,lui me le carezzo’ bramoso poi me lo rimise in corpo ,in quella posizione lo sentivo ancora piu’ grosso . “OH….siiii…..che….bel…culo……nonna………!” Ora capivo perche’ lo attiravo tanto gli ricordavo la nonna ,”Sii…lo…senti…..nonnina……..!” Decisi di assecondarlo “Sii…dai….nipotone……trombal bene la tua……no..nnina!” Lui esaltato mi a gguanto’ per le chiappe e attacco’a trombarmi di brutto ,mi dava certi colpi che mi scombussolavano le viscere ma quanto godevo le cosce erano lucide dei miei sughi . Mi trombo a lungo facendomi venire molte volte fino a che me lo infilo’ a fondo sborrandomi abbondantemente sentivo la sbroda che fuoriusciva e colava formando una pozzetta a terra .Stette dentro di me fino a quando il cazzone si smollo e usci’ lasciandomi un vuoto nella fica ,devo dire che ne avrei preso ancora per un poco ma c’era poco da fare . Rimanemmo tremando nell’orgasmo poi mi tirai su e ci baciammo appassionatamente.Ci ripulimmo poi ci rilassammo sul divano ,ovviamente parlammo del fatoo che mi avea chiamato nonna .Venne fuori che lui dato che i suoi lavoravano fuori citta lui era statoa allevato da sua nonna e che i suoi primi bollori adolescenziali si erani rivolti a sua nonna ,la spiava in bagno masturbandosi ma non aveva mai avuto il coraggio di andare oltre .Sua nonna mi somigliava molto e quando mi aveva vista nel furgone i desideri giovanili avevano preso di nuovo vita e in breve se lo era trovato duro c*** da ragazzo .Devo dire che era una situazione strana da una parte ero lusingata di averlo eccitato ma da una parte era una cosa strana pensare che trombava me pensando alla nonna .Ma la cosa era di scarsa importanza dato che avevo goduto come non pensavo possibile . Mentre parlavamo di lui e della sua nonna gli carezzavo le grosse palle pelose ,il cazzo dava segni di ripresa per rafforzare l’azione cominciai a leccarlo delicatamente ,la bestia di carne mi stava crescendo in mano . Lui volle che ci mettesimo piu comodi , lo guidai verso la camera si sdraio sul letto palo all’ aria “Dai nonna voglio baciartela !” Ormai nella parte della nonna mi misi cavalcioni al suo viso con la bocca sulla sua bocca , lui comicio a leccarmela con foga io mi dedicai a poppargli la gonfia cappella massaggiandoglielo fino alle palle . “Sii…dai…nonna……si….leccamelo….cosi…..che…bellla fica….che hai……buona !” Mi disse con la bocca impiastricciata e lucida . Il cazzo intanto era tornato alle dimensioni esagerate di prima “Dai nipotone mio mettiglielo in pancia alla tua nonnina mi stesi di schiena sul letto spalncando le coscione e la fica .Lui come una furia mi si sdraio sopra e me lo spinse deciso dentro lanciai un urletto quando mi arrivo’ in fondo “Scusa….scusa…nonna…ti….ho…fatto la bua ?” “Nooo….dai….trombami…!!” Gli sussurrai in un orecchio . Comincio a scoparmi col suo formidabile uccello cosi a lungo che inizio’ a dolermi la fica “Dai….dai…che…..mi…brucia……!” “Nonnina mia….non…..riesco…a venire……!” “Dai che ci pensa la tua nonnina !” Me lo feci togliere da dentro avevo la fica arrossata e dolente ma soddisfatta .Lo feci sdraiare sul letto e mi dedicai a fargli un pompino come meglio potevo data la mole del pisello strizzandogli le palle gonfie , mi detti da fare fino a che riuscii a farlo venire tentai di inghiottire la sua sbroda ma devo dire che ne fece talmente tanta che non ci riuscii ,addirittura una parte mi usci’ dal naso,tossii e buttai giu una bella boccata ,aveva un sapore che era tanto non sentivo ,ma non era sgradevole Lui scosso dalla sbrodata mi guardava con occhi adoranti ,aveva esaudito un suo sogno scoparsi la nonna .Quando ci fummo ripresi mi fece vedere una foto di sua nonna e devo dire che la somiglianza con me era impressionante potevamo essere sorelle. Quando lui si fu rivestito in fretta perche’ doveva tornare al mercato per chiudere ci scambiammo i telefoni .Quella vicenda avrebbe avuto un seguito in fondo lui tornava tutti i lunedi
(parte prima )

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Asia e il cazzo di un rumeno

Le tre. Non che fosse tardi, anzi, a volte era rimasta in un locale ancora più a lungo, ma quella sera in effetti non aveva voglia di perdere altro tempo a guardare le solite facce che con il passare dei minuti si facevano sempre più insistenti nel cercare sul viso di chiunque un segnale che facesse capire loro che ci stavi. E poi c’era quel cavolo di vicolo da attraversare che non mi andava proprio giù di percorrere da sola. Alla faccia della privacy! Doveva ancora capire perchè certi locali finivano il più delle volte per essere ubicati in posti così fuori mano.
Ormai ero stufa di stare ancora lì, e visto che comunque non conoscevo nessuno che sarebbe potuto uscire con me e fare un pezzo di strada insieme, mi decisi ad uscire.
L’aria fresca mi colpì in pieno viso mentre gli occhi stentavano ad abituarsi all’oscurità quasi completa che c’era intorno.
Mi incamminai mentre la fievole luce blu dell’insegna si perdeva alle mie spalle.
Perso in qualche pensiero non si accorsi subito che nel punto più buio del vicolo c’erano due paia d’occhi che mi guardavano.
Me ne ne resi conto solo quando mi trovai davanti qualcuno che mi chiese una sigaretta.
Un sussulto, una strizzata d’occhi per capire chi avevo di fronte, e mentre il mio cervello metteva a fuoco una serie di particolari, mi resi conto che il tizio non era solo.
Un leggero scroscio proveniente dalla parte del muro mii fece realizzare che c’era un’altra persona, che stava pisciando.
Maledissi il buio, il vicolo e con un leggero groppo alla gola tirai fuori il pacchetto delle sigarette per offrirne una.
Il pacchetto mi fu tolto di mano e contemporaneamente mi venne chiesto del di accendere.
Presi l’accendino e tenendolo fermo con entrambe le mani protese verso il viso di chi avevo di fronte.
La fiamma illuminò dei tratti mascolini ed uno sguardo intenso che mi scrutava.
In quel momento arrivò il secondo mentre finiva di chiudere la patta dei pantaloni, reclamando dall’amico una sigaretta anche per sè. Dopo avere dato un’occhiata sprezzante alla marca, anche questo ne prese una. Anche qui la fiamma illuminò i tratti di un viso piuttosto virile e due occhi di un celeste scuro che sorridevano in modo vagamente crudele.
-Che ci fai qui a quest’ora?
-Sto tornando a casa.
Con aria beffarda mi fece fatto notare che lì, in quel vicolo c’era solo un motivo per passarci: il locale da cui ero appena uscita. Mi allontanai evitando di dare ulteriori spiegazioni ed al diavolo anche il pacchetto di sigarette rimasto in mano ad uno dei due, quando il tizio dagli occhi celesti, mi pose una mano sul culetto.
-Ma a casa ci vai da sola ? Non hai trovato compagnia?
Dare spiegazioni diventava sempre più difficile, ed oltre tutto la voglia di scappare da lì stava prendendo il sopravvento.
Eppure in fondo qualcosa mi tratteneva, e non era solo la mano del tizio che intanto mi stava tirando verso la parte più buia del vicolo, quella da cui pochi minuti prima era sbucato.
Stavo resistendo alla pressione ma avevo già fatto due passi in direzione del buio totale, e questo dette più vigore alla pressione di chi mi stava tirando verso la sua direzione.
-Vuoi vedere due cazzi come non hai mai visto? sono certo che a una troietta come te farà piacere.
E senza aspettare risposta mi sentì afferrare una mano che fu portata a contatto con un cazzo già fuori dai pantaloni.
Mentre le mie dita percepivano le dimensioni di un cazzo scappellato e già in tiro, una mano mi spingeva la testa verso il basso.
Il piacere di quel contatto e la voglia mista alla sensazione di leggera violenza che si era venuta a creare, fecero sì che mi accovacciai davanti a quel cazzo e cominciai con leggeri colpi di lingua ad assaporarne il gusto, ma non ci fu tempo per i preliminari: un colpo violento del bacino mi fece ingoiare tutto d’un colpo quella mazza di dimensioni senz’altro notevoli che raggiunse il suo massimo all’interno della mia bocca.
Mentre in quella posizione sentivo il cazzo dello sconosciuto entrare ed uscire dalla mia bocca, il cazzo dell’altro si avvicinò alle mie labbra.
Ora avevo due cazzi a disposizione e non mi feci pregare a prendere in bocca anche il secondo.
-Uhmm che bocca da troia che hai visto che avevo ragione sei proprio una troietta femminella. Ti piace il cazzo vero?
Dai, assaggiali tutti e due e poi dicci quello che preferisci.
E così dicendo, i due cazzi si alternavano nella mia bocca facendomi percepire le differenze nelle dimensioni e nel sapore.
Uno ben dritto, con una cappella proporzionata ai 20 centimetri dell’asta con un sapore iniziale di piscio, che mi fece capire a chi appartenesse, l’altro, leggermente ricurvo verso l’alto, ma di circonferenza ben maggiore del precedente, tanto da fargli pensare che un cazzo del genere poteva fare male seriamente.
Ma i pensieri volavano. Non c’era tempo per le riflessioni. Le esigenze di chi voleva scoparmi la bocca venivano prima di ogni altra considerazione.
Il primo a venire fu quello dal cazzo ricurvo.
Estrasse l’uccello mentre il primo schizzo di sborra eruttava ed andava a piantarsi sulla mia faccia seguito immediatamente da un altro e da un altro ancora.
Mentre la sborra lentamente colava sul mio viso, il secondo cazzo entrò in bocca reclamando la sua parte di piacere.
La pompa fu più lenta e meno violenta della prima.
Le sue mani mi tenevano per la nuca. Troppo assorto a seguire il ritmo di quella pompa che sembrava non dovesse finire mai.
Le sue mani mi tenevano ferma mentre il bacino ritmicamente si avvicinava e si allontanava dal mio viso. Poi improvvisamente sentì il cazzo vibrare nella mia bocca e mentre cercavo di allontanarmi il primo schizzo mi si piantò in fondo alla gola, seguito dal secondo e poi dal terzo. Sborra, tanta sborra, che non potei non inghiottire in un atto di sottomissione.
-Bevi tutta la sborra, troia. Dai che ti piace. Bevila tutta.
La voce era autoritaria e soddisfatta.
Ripulì il cazzo dalle ultime gocce.
I pensieri riaffioravano nella mia mente.
Da quanto eravamo lì? Possibile che nessuno fosse passato nel frattempo? Il cazzo ormai si stava ammosciando nella mia bocca e le ultime gocce di liquido mii dettero il senso del rimpianto: tutto era finito.
Mi rialzai svettando sui miei decolte’ 15 cm.
Mi sentiva spossata. Cercai di darsi un’aggiustata al mio vestito di pizzo nero con il retro traforato fino al culetto e feci un lungo respiro sperando che il cuore smettesse di battere come un tamburo.
Le voci di qualcuno che usciva dal locale, mi fecero fare dei passi per allontanarmi da quel luogo.
I due si misero ai suoi fianchi.
La luce presto si fece più intensa e sotto il riflesso giallognolo di un lampione mi fermai a guardare i due sconosciuti.
Entrambi denunciavano le loro origini.
Li guardai in modo quasi interrogativo.
Quello dagli occhi celesti si presentò come Lorenzo, l’altro disse di chiamarsi Adrien.ci stringemmo la mano.
-Ti sono piaciuti i nostri cazzi? Vero troietta.
Chiese, o forse affermò Adriano.
-Ti è piaciuto bere la mia sborra, vero?
La tua bocca è come quella di una troia.Sono sicuro che sei ancora piu puttana di quanto ci hai fatto vedere. E noi di cazzo te ne possiamo dare ancora, quanta ne vorrai. La nostra e quella dei nostri amici. Dove abiti?
Percepì un vago senso di pericolo.
I miei sensi ora erano tornati vigili e presenti.
Chi erano questi due? Dove potevano condurmi? Ebbi paura. Cercai di glissare. Lorenzo che sembrava il più sveglio dei due, sembrò capire.
-Ok..
Disse.
-Ti dò il mio numero di cellulare. Quando avrai voglia della mia sborra basterà che mi chiami.
Sei bella vestita da puttana.
Come un automa, ma anche sollevata per la piega che la cosa aveva preso, memorizzai il numero.
Arrivò il momento dei saluti. Ci fu una nuova stretta di mano e quella di Adrian fu più intensa. I miei occhi si piantarono nei suoi.
Ciascuno per la sua strada, io, con la certezza che quanto era avvenuto, non avrebbe avuto un seguito.
Giunta a casa, mi spogliai completamente.una doccia e solo il mio intimo. L’idea di essere una femmina puttana vestita di tutto punto lingerie, gonna scarpe con tacco trucco mi fecero eccitare ancora di più , il sapore acre della sborra in bocca, e la testa piena di pensieri, mi stesi sul letto,mi abbandonai ad una sega.
Il ricordo di quanto avvenuto nel vicolo poche ore prima, mi accompagnò per tutta la giornata successiva.
Era domenica, una giornata uggiosa di pioggia, e decisi di non uscire affatto, cullando nella memoria quell’esperienza che se da una parte lmi aveva sconvolto per come si era svolta, dall’altra mi eccitava al solo pensiero.
Più di una volta presi il cellulare con l’idea di fare il numero che Adrian mii aveva lasciato, ma decisidi evitare.
Adrian, dei due indubbiamente era quello che mi aveva intrigato di più con i suoi modi accattivanti e allo stesso tempo autoritari.
Un vero maschio, ma cosa sapevo di lui se non che aveva un cazzo di 22 centimetri e che sembrava sapesse leggermi fino in fondo all’anima? Poteva essere un clandestino, piuttosto che un malavitoso come se ne leggeva sulle cronache tutti i giorni. Eppure al solo pensiero un brivido mi correva lungo la schiena.
Alle 18 pensava già ad altro, al giorno dopo, al mio negozio di langerie agli ordini da fare. Alle 19 cancellai il numero dal cellulare.
Il lunedì volò pur in mezzo a mille difficoltà, ed alle 19 imboccai la strada di casa con in mano le buste della spesa.
Stavo infilando le chiavi nel portone quando sentì una presenza al mio fianco. Mi girai: era Adrian.
-Ehi troietta non mi hai chiamato!
Confusa, mi domandai ma come avesse fatto a scoprire dove abitavo? Era chiaro: mi aveva seguita.
-Che fai? non mi inviti a salire da te?
A volte la confusione che abbiamo nella testa, assopisce la nostra capacità di reazione, e poi vuoi perchè vedermelo lì con il suo giubbotto di pelle e l’aria da bullo tutto sommato mi faceva piacere, non pensai di inventarsi una scusa qualsiasi, tipo abito in famiglia, e senza pensarci sopra più di tanto, gli proposi di salire.
Entrammo in casa, e mentre mi davo da fare tra i fornelli, Adrian mi girava intorno, senza mancare di tanto in tanto di darmi una palpata quando su una chiappa, quando sull’altra.
Non capivo se questo tipo di attenzioni mi faceva piacere o meno, lo allontanavo in un sottile gioco di seduzione, ma non riuscivo ad oppormi in modo risoluto.
La preparazione del pasto andava avanti, aprì una bottiglia di di vino che avevo in frigo, e ne bevvero entrambi.
Adrian in realtà se ne servì altre due volte, e poi controllando a che punto erano i preparativi, chiese se poteva farsi una doccia.
Rimasi sorpresa, ma non seppi dire di no.
Il suo pensiero andò ad una qualche situazione di estrema precarietà in cui Adrian sicuramente viveva.
Lo accompagnai nel bagno, e gli porsi un accappatoio per asciugarsi.
Tornai in cucina e mentre dopo avere approntato la tavola mi preparavo a riempire i piatti, lo vidi apparire davanti, con il suo accappatoio bianco addosso, e scalzo. La vista dei lunghi piedi affusolati e maschi mi impedirono di offrirgli qualsiasi tipo di ciabatta. Tutto si svolse in modo tranquillo. Ogni tanto alzavo gli occhi su Adrian e vedevo i suoi piantati nei miei. Lo guardavo in modo forse enigmatico, come se lo stessi valutando, ma in base a cosa? non capivo.
La cena terminò e passammo nel salotto dove Adriano, seduto sul divano, si fece servire un’abbondante dose di cognac.
Ne bevve un lungo sorso e poi senza parlare fece il gesto di sedermi al suo fianco.
Immediatamente un suo braccio avvolse le mie spalle
Adrian mi guardava fissa, e ammetto che faticai non poco a sostenere quello sguardo.
Poi all’improvviso, la presa si fece più dura una pressione che mi portava la testa verso il basso: verso il ventre di Adrian, che con un colpo si aprì l’accappatoio mettendo in mostra il suo cazzo svettante.
A me non rimaneva che prederlo in bocca…Stavolta ebbi tutto il tempo di godersi la pompata.
Quel cazzo era davvero magnifico.
Perfetto nelle sue misure, lo avvolsi tra le labbra e lo feci scivolare fino in gola, per poi risalire verso la cappella più succosa che aveva mai avuto tra le labbra.
Le mani di Adrian che fino a quel momento avevano accompagnato i movimenti della mia testa, si spostarono sul mio corpo, cominciando a tirargli verso l’alto la canottierina e alzando con impazienza la gonna.
Io senza staccare la bocca dal suo cazzo, cominciai a collaborare, togliendomi quanto potevo, finchè, ormai quasi nuda, mi staccai da Adrian giusto il tempo di sfilare i pochi indumenti rimasti addosso.
Ero nuda, adesso.
E mi sentì ancora più nuda per lo sguardo che Adrian gli dedicò.
Senza pudore, senza la minima possibilità di potermi riparare.
Adrian mi guardava in modo spietato.
Mi fece alzare, mi fece girare, mi scostò la mano che pudicamente tenevo davanti a voler coprire la mia nudità in un gesto di pudore senza senso, e poi ancora lo sguardo di Adrian che senza parole continuava a guardarmi. Pose le sue mani sulle mie chiappe, le afferrò come fossero due frutti maturi e le avvicinò al suo viso, avendo cura di allargare tanto da mettere in mostra il buchino in modo quasi osceno.
La sua lingua affondò proprio lì, e cominciò asucchiare a leccare cospargendo di saliva tutto ciò che toccava.
Non capivo più nulla, un pensiero stava facendosi largo: il momento si avvicinava.
Quel cazzo tra poco mi sarebbe entrato dentro lo volevo con tutta mè stessa anche se temeva l’impatto.
Tutto avvenne in modo rapido, mi sentì tirare verso il basso dalle mani di Adrian. La cappella mi sfiorò il buco mentre la mano di Adrian indirizzava il cazzo.
Sentì la cappella farsi largo ed un dolore molto forte, la presa di Adrian sui miei fianchi si fece ancora più forte e mi costrinse di nuovo verso il basso.
-Dai, troia tra poco ti piacerà sei una perfetta puttana.
Adrian rimase fermo in quella posizione il tempo che il mio buchetto si abituasse, e quando percepì che le resistenze si stavano allentando, con un solo colpo lo ficcò fino alle palle tenendomi sempre per i fianchi.
rimasi senza fiato, ed un urlo uscì dalla mia bocca. Il dolore era forte, ma il cazzo ormai era entrato completamente. Lo sentì bisbigliare:
-Allora, troia, va meglio? Ti piace sentirti impalata dal mio cazzo, vero?
Senti come è grosso?
Senti le mie palle che ti solleticano il culo?
Sì, è entrato tutto perchè le troie come te lo prendono fino in fondo e ne vorrebbero ancora.
Ed ora fammi vedere quanto sei brava. Dai, fammi godere, vai sù e giù, fammi sentire che ti piace essere inculata da un cazzo grande come il mio.
Mi staccai dal suo petto, e mettendo i piedi sul divano, mi posi in modo tale da poter andare sù e giù su quell’asta che oltre a riempirmi tutto il culo, con la sua presenza, mii fotteva anche il cervello.
Ero senza difese, ad ogni movimento lo ficcavo sempre più dentro. Anche Adrian cominciò a muovere il bacino, sincronizzando i movimenti con i miei ormai in delirio.
-Ti piace, vero? Dì che lo vuoi, dì che ti piace, troia.
-Sì, mi piace…
-Chi sei tu?
-Sono una troia…
-No, sei la mia troia!
Vedrai ti trasformerò in una vera donna troia, ti vestirai come una puttana, e prenderai cazzo come una vacca.
E così dicendo, con colpi sempre più forsennati, Adrian affondava la sua verga non connettevo più, tentai di toccarmi l’uccello, ma Adrian mi prese le mani e girando le braccia, le tenne ben salde dietro la mia schiena. Ormai ero in totale balia di Adrian, che sembrava non voler smettere di stantuffare il buco del mio culetto. Poi con un ultimo colpo di reni, affondò, se possibile, ancora di più il suo cazzo mi senti riempire, schizzo dopo schizzo, della sua sborra, ed in quel momento anche il mio cazzo cominciò ad eruttare lanciando schizzi sul tappeto.Ero completamente sua mi aveva riempita tutta era l’inizio della mia trasformazione in una travesta puttana al servizio del suo uomo e dei suoi amici.
Era il mio uomo…ero la sua femmina…Geloso forse troppo delle attenzioni che tutti i giorni ricevevo dai maschietti fummo innamorati fino a quando una retata per spaccio di droga lo costrinse a tornare al suo paese…ci scrivemmo per un po…quel ragazzo dagli occhi cattivi ne aveva viste e vissute tante di cose brutte, mi lascio’ cosi senza dirmi ciao…ma con i mille ricordi del suo cazzo dentro di me.

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Meine frühere versaute Herrin

“Na Du, mein geiles versautes Hausschwein”, sagte eines Nachmittags meine darmalige Herrin M., als Sie mich erwischte, wie ich meinen Skavenschwanz gerade im Personalraum wickste.

mmmmh….aaaaarrrrr…ist das geiiiiiil…mmmmmh.

ich erschrack sehr denn wie es so ist darf man als Hausschwein nun mal nicht einfach machen was einem gerade durch den Kopf geht.
In Gedanken aber war ich wo anders und Stellte mir folgendes vor, wie ich mit meiner Herrin im Pornokino bin und Sie mich durch die Wand (Loch) einen dicken Schwanz nach dem anderen schön blasen läßt.

Die Herren auf der anderen Seite denken, das es eine Frau macht, da sie nur die Stimme einer Frau hören und dann muß ich aber an der Stelle die Geilheit meiner Herrin damit befriedigen, das Sie es Sich gerne anschaust, wie Dein privates Schwein die dicken Eicheln saugt und lutscht.

(Aus Einfühlungsgrüngen schreibe ich es an Sie, damit die Leser sich da besser hineinversetzen können)

Du (Herrin)wickst Dir dabei schön Deine Fotze und reibst auch Dein Arschloch dabei über meinen Kopf.

Du presst mich immer wieder feste auf die Schwänze bis ich auch fasst die dicken Eier der User in meiner Fresse habe.

Du bist sehr streng und hart zu mir und nach einer Weile ist es Dir egal, ob die, an der anderen Seite mitkriegen, das nicht nur Du da bist und sagst mit forschem Ton:

DU VERDAMMTE DRECKSAU DU…LOOOOS SCHRAUB DEINEN HALS AUF DEN SCHWANZ….ICH WILL DAS DU DEN GANZEN PISSER IN DEINEN HALS KRIEGST. DU BIST NICHT ZU DEINEM VERGNÜGEN HIER,SODERN ZU MEINEM DU VERDAMMTE MAULHURE DU….LOOOOOS TIIIIIIIEFER…….:patsch(schon hatte ich eine leichte Ohrfeige als Zeichen Deiner Strenge……..

aaauuuuuh:

WAS HEIST HIER AAUUU DU MISTKÄFER DU,LOOOOS REIN DEN SCHWANZ IN DEINE FRESSE UND SAUGEN SODAS DER TYP AUF DER ANDEREN SEITE MERKT, DAS DAS EIN SAUGSCHWEIN IST!!

Du ziehst mich nun zurück und setzt mir die von Dir mitgebrachte Maulsperre an mit den strengen Worten:

DU VERDAMMTES SKLAVENSCHWEIN, AUS DIR MACHE ICH JETZT EINE FICKBARE MAUL HURE!!

DU WIRST NUN MEINE VERSAUTHEIT MAL RICHTIG SPÜREN UND DEINE FRESSE WIRD ZUM FICKLOCH FÜR ALLES UND WENN ICH WILL AUCH ALS KLO-FRESSE, HAHA:

auch einmal drückst nun mein ganzes Gesicht mit meinem durch die Maulsperren weit aufgerissenem Maul direkt auf das offene Wandloch und sagst durch die Wand zum Fremden User.

LOOOOS FICK DAS SCHWEIN JETZT DURCH DIE WAND IN SEINE FRESSE, ES MUSS LERNEN, IN DIE FRESSE GEFICKT ZU WERDEN. ICH WILL DAS SEINE MANDELN SICH AN SCHWÄNZE UND PISSER GEWÖHNEN UND DAS DAS SCHWEIN ALLES IN SEINE FRESSE BEKOMMT WAS NUR IRGENDWIE REIN GEHT:

LOOOOOS FICK DAS SCHWEIN!!!!!

Von der anderen Seite kam eine Stimme die sagte:
aber gerne doch, dann will ich doch mal sehen was die Sau so ab kann:

JAAA SO WILL ICH ES HÖREN.
sagtest Du und die Stimme von der anderen Seite sagte/fragte:

kann ich wenn es soweit ist auch in seine Fresse abrotzen und ihn dabei weiter in seine Fresse ficken bis es aufschäumt?

Du sagts:
ABER JA DOCH, WAS MEINST WARUM ICH HIER VON DIESER SEITE SEINE GANZE FRESSE AN DIE WAND AUFS FICKLOCH DRÜCKE: LOOOS FICK DAS VERDAMMTE WANDLOCH DURCH BIS ES KOTZT UND DANN STECHE MIT DEINEM PRALLEN SCHWANZ IMMER WIEDER IN DIE WARME BRÜHE….GRRRR LOOOOS ODER ICH KOMM RÜBER UND……

in dem Moment spürte ich auch schon einen sehr dicken (gottsei dank nicht langen) aber eben sehr dicken Pisser in meinem Maul.
Mit voller härte fickte der Typ sofort meine Maulfotze sodas ich schon dachte, der kommt gleich ganz durch die dünne Wand.
Immmer und immer wieder rauscht der Schwanz durch die Wand in meine Fresse und Du drückst nun auch noch mit Deinem Körper gegen meinen Hinterkopf, damit ich die vollen Stöße ganau in meinen Halsansatz bekomme und sagts zwischendurch immer wieder:

JAAAAA….:FICK MEIN SKLAVENSCHWEIN….FICK ES . MACH ES FERTIG… ICH WILL MEHR; VIIIIIEL MEHR. DAs SCHWEIN SOLL LEIDEN ….KOMM UND SPRITZ ES VOLL…GGGRRRRRRR

von der anderen Seite höre ich nur halb bewusstlos durch die harten Stöße verursacht die Stimme, die sagt.

Ich komme jeeeeetzt.
JAAAAA KOMM DU SAU, SPRITZ IN SEINE KLO-FRESSE ODER WARTE,….. KOMM RÜBER UND DANN KANNST IHM SEINE FRESSE DIRECKT VOLL STOßEN UND FICKEN BEIM ABROTZEN. LOOOS KOMM MIT OFFENER HOSE UND RAUSHÄNGENDEM SCHWANZ RÜBER:

in dem Moment verschwand der Schwanz aus der Wand und schon einen Moment später klopfte es an der Kabinentür.

Du machst die Verriegelung auf und vor uns steht eine Frau mit Pumps, Minirock und echten dicken Titten. Der Rock wurde durch den dicken Schwanz hochgedrückt und die dicke Eichel tropfte etwas aus der Nille.

Du schautest nicht schlecht und auch ich riss meine Augen weit auf, aber Du hast Dich schnell gefangen und sagtes nur in gleichem Ton:

KOMMT REIN DU SCHLAMPE: SCHRAUB DEINEN SCHWANZ IN SEINEN HALS UND FICK DAS SCHWEIN SEINE MAULFOTZE ZURECHT UND DANN SPRITZE WAS DEIN SACK NUR SO HER GIBT:

Sie kam rein und war sichtlich etwas überrascht, das Du auch Ihr gegenüber so ein Ton angeschlagen hast, aber folgte sogleich Deinen Befehlen.

JAAAA LOOOOS FICK ES ; STOßE IMMER WIEDER REIN BIS SEINE BACKEN UND HALS VOLL SIND:

Er/Sie fickt mich nun noch fester und hielt meinen Kopf an den Haaren ganz fest und zog und stieß wie besessen meinen Kopf immer schneller und fester auf Ihren dicken Pisser.
Da hörte ich Dich fordernd sagen:

AAAAARRRR IST DAS GEIIIIL ZU SEHEN WIE MEIN SCHWEIN NUN INS MAUL GEFICKT WIRD….HAHA JAAA MEHR, MACH ES FERTIG . ICH WILL ES LEIDEN SEHEN UND DICH WILL ICH SCHWITZEN SEHEN DU MIESE SCHLAMPE…HAHA LOOOOS FICK MEIN SCHWEIN,…… FICK ES FESTER.

und dabei drückst Du nun der Fremden Deine Hand unter seinen Minirock am Arsch und stößt Ihr einen Finger in Ihren kleinen Knackarsch, was zur Folge hat, das Sie noch fester und schnelle zum Höhepunkt kommen kann.

aaaarrrrr, sagte die Schwanzfrau und ich merkte in diesem Moment, das eine warme Brühe in meinen Hals spritzt….
Ich…Ich komme sagt Sie und Du drückst nun Deinen Finger noch fester in Ihr Arschloch und sagst:

JAAAAAAH KOMM DU HURE, SPRITZ SEIN KLOMAUL VOLL UND LASS ES AUFSCHÄUMEN….GGGGRRRRRRRR JAAAAA WEIIIIITER MEHR, FICK WEITER….. VIEL TIIIIIEFER JETZT

und Du drückst nun mit Deinem ganzen Körper gegen Sie, sodas ich Seine/Ihre Eier nun auch in der Fresse habe und fast keine Luft mehr bekomme.

Ich schluckte die heisse Brühe soweit ich es kann, die viele Sacksoße und sah mit einem Augenwinkel, das Du Ihr Ohr leckst und etwas flüssters zu Ihr.

Sie schaute Dich kurz an; grinste und dann spührte ich einen warmen Strahl in meiner Fresse.

Die Sau pisst in meinen Hals…..da höre ich Dich sagen:
JAAAA JETZT PISS MEINE MAULHURE IN DEN HALS UND FICK SIE DABEI, BIS IHRE MAULFOTZE GLÜHT:

ich schluckte nur und konnte garnicht anders, denn wer weiß auf was meine sehr versaute und strenge Herrin noch gekommen wäre, wenn ich mich auch nur irgendwie geweigert hätte, also schlucke ich lieber brav, denn meine Herrin kann noch ganz anders, wenn Sie will.

ich sehe mit einem Auge, das Du Dir dabei Deine geil angeschwollene Fotze wickst und diese schön schleimig ist und dabei schmatzt.
Du siehst, das ich es sehe und sagst nur:

GLAUB JA NICHT, DAS DU MIESES SCHWEIN JETZT MEINE FOTZE LECKEN DARFST…HAHA ……NEIN… ICH HABE EINE BESSERE IDEE:

KOMMT DU SCHWANZHURE,LOOOOS AUF DIE KNIE:

mit gespreizten Beinen stehst Du nun von der ebenfalls kniehenden Schwanzhure, die sehr zart aussieht von Körperbau und eigendlich so einen dicken Pisser nicht vermuten lies und sagst forderd zu Ihr.

LOOS….LECK DU MEINE HEISSE VERSCHLEIMTE DOSE SAUBER ABER DALLIII SONST SETZT ES WAS…LOOOOS ZUNGE RAUS UND ABSCHLECKEN.

Sie leckt sofort ohne ein Wort zu sagen Deine verschleimte Fotze.
Es scheint Ihr zu gefallen wie Du schmeckst und sie streichelt nun auch Deinen Arsch, indem Sie einen Hand zwischen Deine Beine nach hinten führt.

JAAAAAH SO IST ES GEIL, SO MAG ICH ES SEHR , DU HAST SCHNELL BEGRIFFEN UND WEIST WOHL WAS ICH MAG. WENN DU SCHON DABEI BIST DANN SCHIEBE MIR NUN DREI FINGER IN MEINEN aRSCH UND SCHLECKE SIE ZWISCHENDURCH MAL AB, DAS MACHT MICH GEIL WENN ICH ES SEHE WIE MEINE HUREN ALLES ABSCHLECKEN UND DU SKLAVENSCHWEIN WIRST NUN DEINEN SCHWANZ STEHEND VON MIR WICKSEN BIS DU KOMMST, SONNST BEKOMMST NOCH WAS ANDERES IN DEINE KLO-FRESSE KLAR?????

jaaaaa…….(zitter) Herrin.

ich stehe auf und sofort fange ich an meinen zum platzen nahe gewordenen Schwanz zu wicksen, als Du zu mir sagtest:

PLANÄNDERUNG.
LOOOS MEIN SKLAVENSCHWEIN, KNIE DICH WIEDER NIEDER,ABER DIESMAL HINTER DIE SCHWANZHURE UND LECKE DABEI IHREN ARSCH UND RIMME IHR ARSCHLOCH SCHÖN TIEF: LOOOOOOOS MACH DU SCHWEIN!!!!!!

ich kniehe mich nieder, hinter diesem geilen kleinen Arsch, spreitze mit beiden Händen Ihren kleinen Arschbacken und stecke mit einem ruck meine Zunge tief in Ihre Arschfotze. Meine Herrin schaute zufrieden und geniesst weiter das lecken und saugen an Ihrer Fotze und die Finger in Arsch.

Ende Teil 1

Wer möchte kann es mit mir gerne mal so oder privat ähnlich mit mir machen.
Bitte kommentiert meine Storry,s damit ich weiter die Mutivation habe Euch aufzugeilen und schreibt mir was Ihr auch gerne lesen wollt.

untertänigst Euer kostenloses Hausschwein Bernd

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Anal BDSM

Trost nach kalter Dusche

Es war ein Badetag kurz nach meinem 18. Geburtstag und ich war um 17:30 dran. Pünktlich holte mich Schwester Walburga aus dem Zimmer und schob mich mit meinem Rollstuhl den langen Gang hinunter zum Duschraum. Als sie die Tür öffnete stand in dem kahlen Raum ein junges, blondes Mädchen, das offensichtlich auf uns gewartet hatte. Auf das Mädchen, das etwa mein Alter haben mochte, zeigend sagte Schwester Walburga zu mir:
„Das ist Carmen, unsere neue Praktikantin. Sie wird dabei sein, wenn ich Dich jetzt dusche.“
Noch ehe ich mich vorstellen konnte, begann mich die Schwester mit routinierten Griffen auszuziehen. Es war mir peinlich, dass ich in wenigen Sekunden nackt vor der jungen Helferin sitzen würde. Doch ich konnte Walburga nicht stoppen, denn sie wandte sich an Carmen und erklärte:
„Das ist unser Wolli. Er hat spastische Lähmungen, das heißt, er kann seine Bewegung nicht steuern. Daher kann er nicht selbst essen und er kann sich auch nicht waschen, usw. Wenn er pinkeln muss, ziehst Du ihm einfach so die Hosen runter…“
In dem Moment hob ich fast automatisch meinen Po und Walburga zog mir auch noch die Hosen aus, so dass ich nun nackt da saß. Sie griff nach der Urinflasche, klemmte sie mir zwischen die Beine und steckte mit einem rüden Griff meinen Schwanz hinein.
„… und gibst ihm die Pissflasche. Wolli hat auch mit dem Sprechen Probleme, aber nicht weil er dumm wäre – im Gegenteil, er ist ziemlich intelligent und macht sogar das Abi -, sondern weil auch die Sprachmuskulatur teilweise gelähmt ist.“
Wie ich so nackt, mit der Pissflasche zwischen den Beinen, vor der jungen Praktikantin sitzen musste, fühlte ich mich ziemlich entwürdigt, ausgeliefert und hilflos. Als ich der Schwester zu verstehen gab, dass ich in dieser Situation nicht pinkeln kann, fauchte sie mich an, ich solle bloß nicht in die Dusche pinkeln. Walburga nahm mir die Flasche weg, wobei sie mir ein paar Schamhaare ausriss. Ich zuckte zusammen und sah, dass Carmen sich mitfühlend auf die Lippe biss.
In dem Moment wurde Schwester Walburga über ihren Piepser kurz auf eine andere Station gerufen, so dass Carmen allein mit mir im Bad zurückblieb. Carmen musste gemerkt haben, dass mir meine Nacktheit peinlich war, und legte mir mit einem verständnisvollen Lächeln ein Handtuch über meinen Schoß. Ich sah sie dankbar an, dann fragte sie mich:
„Ist die immer so grob?“
Ich nickte verlegen.
Weil Carmen wissen wollte, auf welchem Gymnasium ich Abi mache, nahm ich meinen Mut zusammen und begann mit ihr zu reden. Wider meinen Erwartungen verstand mich Carmen auf Anhieb, so dass sich ein kleines Gespräch entspann. Während wir so redeten, fiel mir zum ersten Mal auf, wie hübsch Carmen war. Sie hatte schulterlanges, blondes Haar, blaue Augen und einen schönen Mund, mit dem sie mich aufmunternd anlächelte. Plötzlich krachte die Tür auf und Schwester Walburga kam zurück. Sie unterbrach unsere Unterhaltung jäh, indem sie Carmen befahl, ihr zu helfen, mich von meinem Rollstuhl auf den Duschstuhl zu heben. Walburga packte mich unter den Armen und Carmen musste meine Beine nehmen. Dafür musste sich Carmen nach vorne beugen, so dass ich in den Ausschnitt ihres Kittels schauen konnte. Carmen trug nichts unter ihrem Kittel außer einen schmalen String. Kein T-Shirt, keinen BH. Ihr Busen war klein und straff. Offenbar hatte sie im Sommer einen Bikini getragen, denn er hatte sich als weiße Dreiecke abgezeichnet, von denen sich die Nippel scharf abhoben. Kaum saß ich auf dem Duschstuhl richtete sich Carmen auf und ihr Kittel verhüllte wieder ihren aufregenden Körper.
Sobald Walburga mich unter die Dusche geschoben hatte, begann sie mich zu waschen. Carmen sollte heute erstmal nur zusehen. Mit einem relativ rauen Schwamm schrubbte sie mir 0berkörper, Arme und Beine. Urplötzlich griff Schwester Walburga nach meinem Schwanz und schob mit einer harten, ruckartigen Bewegung meine Vorhaut zurück. Da ich nicht beschnitten bin, zuckte ich vor Schmerz zusammen. Weil auch Carmen zusammenzuckte und mich mitfühlend anblickte, erläuterte Walburga zynisch:
„Das musst Du so machen, damit er auf keine falschen Gedanken kommt!“
Nachdem ich ganz eingeseift war, drehte Walburga die große Dusche auf und zog den Duschvorhang zu. Meistens durfte ich dann etwas fünf Minuten alleine unter der warmen Dusche bleiben. Auch heute schien das so zu sein. Kaum war ich alleine, spürte ich, dass ich heute genau so unter der Brause saß, dass der Wasserstrahl meinen Schwanz traf. Der Strahl war warm und nicht zu hart eingestellt, wie lange hatte ich auf solch eine Gelegenheit gewartet. Endlich würde ich vielleicht mal einen 0rgasmus bekommen, denn mit meinen gelähmten Händen kann ich nicht wichsen. Also konzentrierte ich mich nun darauf den Wasserstrahl auf meiner Vorhaut und Eichel zu spüren. Während mein Schwanz langsam wuchs und steif wurde, dachte ich an Carmens sexy Körper, den ich zuvor kurz erspäht hatte. Mein Schwanz wurde größer und größer, das Wasser rieselte auf meine Eichel, deren Spalt sich schon zum Abspritzen öffnete.
Doch kurz bevor ich kommen konnte, zog Schwester Walburga den Duschvorhang auf, glotzte auf meinen steifen Schwanz, zischte mich wutschnaubend an und drehte mit einer blitzartigen Handbewegung das kalte Wasser voll auf. Auch Carmen musste meinen Ständer gesehen und meine Absicht erraten haben. Doch statt strafend, schaute mich erneut mitfühlend und fast bedauernd an. Dem kalten, nadelspitzen Wasserstrahl hielt mein Schwanz nicht lange stand. Er schrumpelte zusammen, dass man ihn kaum noch sah. Bibbernd vor Kälte vergas ich jeden Gedanken an einen 0rgasmus.
Nach einer Zeit, die endlos zu sein schien, drehte Walburga schließlich die kalte Dusche ab. Ich erwartete schon eine unangenehme Abtrocken-Aktion, da wurde die Schwester erneut auf eine andere Station gerufen. Da sie ahnte, dass sie wohl länger weg sein würde, befahl sie Carmen, mich abzutrocknen und anzuziehen.
Carmen begann also meine Haare und meinen 0berkörper abzutrocknen, und sie machte das ganz sanft. Als ihre Hände in die Nähe meines Schwanzes kamen, hielt sie mit einem Mal inne. Carmen sagte leise:
„Es tut mir Leid, dass sie Dich unterbrochen hat…-, das muss jetzt ein scheiß Gefühl sein…-. Kann ich vielleicht…-, was für Dich tun?“
Während Carmen noch nach Worten suchte, tastete ihr rechte Hand bereits nach meinem verschrumpelten Schwanz. Ich wagte nicht irgendwas zu sagen, aber mein Kleiner fand seine eigene Antwort. Er begann zu wachsen! Vorsichtig, ganz vorsichtig fing Carmen an mit meiner Vorhaut zu spielen. Sanft zog Carmen sie in die Länge, dann wieder schob sie über die Eichel zurück. Nachdem ich für einen Moment die Augen geschlossen hatte, sah ich plötzlich, dass sich Carmen auf den Badewannenrand gesetzt und ihren Kittel aufgeknöpft hat. Ohne meinen Schwanz loszulassen, zog sie mit ihrer linken Hand ihren String aus. Auch ihre Scham hob sich von ihrem gebräunten Körper durch ein elfenbeinfarbiges Dreieck, das ein Bikini-Höschen bedeckt haben musste, ab. Bis auf einen schmalen Strich waren ihre blonden Schamhaare rasiert. Nun begann Carmen ihren Kitzler, der am unteren Ende ihres Schamhaarstreifens hervorlugte, mit einem ihrer Finger zu umkreisen. Sie lächelte:
„So funktioniert das bei uns…-, soll ich das bei Dir auch mal versuchen?“
Als ich nickte, stülpte sich Carmen meine Vorhaut über ihren rechten Zeigefinger und begann mit ihm meine Eichel zu umkreisen. Es dauerte nicht lange und alles drehte sich in meinem Kopf. Mein Schwanz wurde härter, Carmens Kitzler größer, ihre Finger kreisten schneller, ich spürte nur noch meine Eichel…-, dann spritze mein Saft in Carmen Hand, es kam immer mehr, dieser 0rgasmus schien nicht aufzuhören. Wir lächelten uns an.

Wenige Tage später erfuhr ich, dass Carmen gefeuert worden war, weil sie zu freundlich zu uns Heimbewohner gewesen sei. Seitdem habe ich sie nie wieder gesehen.

… und der Duschvorhang bleibt nun leider immer offen.

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BDSM

Mein erster Swingerclub besuch

Hier meine Geschichte von meinem ersten Swingerclub besuch.
Ich komme aus Schweden aber war in Frankfurt auf Dienstreise.
Ich wollte ficken und habe in der Zeitung gesucht nach Pornoclubs und Bordelle um ein schnelles Nummer zu bekommen. Ein Inserat war besonders lockend, da GangBang ausgeschrieben war, man durfte drei Frauen in alle Löcher ficken, ich hab da angerufen aber es war nördlich von Frankfurt und ich hatte kein Auto.
Ich wurde immer geiler von dass viele herumtelefonieren und schließlich habe ich ein Inserat unter Clubs gefunden. Ich habe angerufen und es hat sich ergeben dass dieser Club ganz nahe an mein Hotel war und dass es kein Bordell war sondern ein Swingerclub. Der eintritt war 100 Euro. Ich fragte ob es Swingers da währen und man hat mir gesagt dass es ein paar Leute da waren. Obwohl es Mittwoch war – und ich sehr skeptisch war ob das wohl stimmte.

Der Club hieß (http://www.Rossini.de, +4669413947, Westerbachstraße 70 / Hinterhaus 60489 Frankfurt / Rödelheim) und der Eintritt war 100 Euro für einsame Männer.

Na ich war jetzt so geil dass ich es nicht lassen konnte, ich habe die S-Bahn genommen es war nur eine Station weg und ich habe die Strasse gefolgt bis Nummer 70. Der Club lag offensichtlich in einem Industriegebiet und es waren wenig Leute Unterwegs, ich war ganz allein und dacht hier kann es sogar gefährlich werden.

Als ich ankam war es nur zwei Pärchen da, und eine Hübsche Blonde mit großen Titten in der Rezeption. Ich habe mich ausgezogen nur den Slip angelassen und bin dann in die Bar runter gegangen, er lag im Keller vom Haus. Da saß ein sehr hübsches Paar, die Frau war sehr sexy. Leider gingen sie bald danach. Das andere Paar bestand aus einem sehr Schmaler Mann und eine Frau die ungefähr 50 Jahre alt war, er war sehr viel jünger als Sie.
Sie war ursprünglich aus Tjeckien und hieß Helena. Nach einer weile kam noch ein man zu den Club. Der Schmale Mann ist dann gegangen aber die Frau, Helena, blieb im Club stellte ich erstaunend fest.

Ich wusste nicht wie man es macht in so ein Club, und wollte dann die Räumlichkeiten untersuchen und bin in der ersten Etage gegangen wo die Zimmer lagen. Es waren drei Zimmer und eine Dusche da. Alle Zimmer hatten Große Betten und es gab Präservative und Gleitsalbe und Papier überall. Die Zimmer hatten keine Türe so wurde irgendwo gefickt konnte alle es sehen was ich sehr geil fand – leider waren keine fickenden Pärchen da.

Da wir nun zu dritt waren dachte ich das hier wird wohl nichts für mich heute Abend so ich wollte gerade zum Hotel zurück fahren

In dem Moment kam der andere Mann und Helena auch rauf in der ersten Etage und er fing an Sie zu befummeln, gerade in dem Zimmer wo ich stand. Ich habe dann auch geholfen und streichelte Ihre Brüste und habe sie da geleckt, Sie hat es nicht abgelehnt.

Helena sagte dass wir es bequem machen sollte und sie hat ihr BH und Slip entfernt und hat sich nackt auf dem großen Bett gelegt. Wir haben unser Unterhosen auch ausgezogen und haben uns um ihr gelegt.
Sie hat unsere Schwänze gewichst und wir haben ihre Brustwarzen geleckt und meine Hand glitt zur Fotze runter. Sie war glatt rasiert – ich fing an ihre Fotze und den Kitzler zu lecken – sie fing an laut zu stöhnen und dass machte mich noch geiler. (Meine Frau ist ganz leise beim verkehr.)
Ich lag jetzt zwischen ihre Beine und leckte ihre Fotze wie verrückt – ich war so geil. Sie hat mir zugeguckt als ich ihr leckte und sie war auch sehr geil. Der andere Mann fragte Sie falls sie es mag mit dem lecken und sie sagte ja.
Nach eine weile haben wir die Präservative auf unser harte Schwänze aufgezogen und sie fing an den Schwanz vom anderen Mann zu Blasen.
Nach eine weile haben wir getauscht und er leckte sie jetzt und sie hat mein Schwanz geblasen.
So haben wir uns dann abwechselnd ihre Fotze geleckt oder sie hat unsere Schwänze geblasen. Dann haben wir Stellung gewechselt und ich habe sie von hinten gefickt. Sie schrie die ganze Zeit. Dann haben wir wieder Stellung getauscht und ich habe sie zum ersten Orgasmus geleckt.
Der Andere fing dann an Sie zu ficken da Sie auf alle Vier mit den Arsch in der Luft Stand, Sie hat mir gleichzeitig geblasen. Ich habe ihre Brüste geknetet und gestreichelt.

Nach eine weile legte sie sich wieder auf den Rücken und er hat sie wieder geleckt – Sie wurde jetzt ganz wild, ich habe mich über Sie gesetzt und habe zwischen ihre große Brüste gefickt dann nahm Sie meine Schwanz wieder in ihr Mund und hat mich geblasen.

Danach wollte ich wieder ficken und wir haben schon wieder Platz getauscht und sie hat ihm geblasen, ich habe ein Kissen unter ihr Arsch gelegt und mein Schwanz in ihre Fotze placiert und habe dann losgelegt mit dem Ficken. Ich habe Sie sehr hart gefickt und es hat sie gefallen es hörte sich so als wurde sie einen Zweites mal ein Orgasmus erleben, ich habe sie dann auf die Seite gelegt und sie zeitlich von hinten gefickt und ihr dabei den Kitlzler kräftigt gestreichelt – auf einmal fing sie an zu schreien und zerrte kräftig en mein Bein, sie schrie dass wir gemeinsam kommen sollte was auch geschah, ich konnte jetzt nicht mehr zurück halten sonder schoss meine Samen in der Präservative er war voll mit Samen und ich war total fertig.

Während unsere Fickerei ist die Blond vollbusige Dame, Ulrike, aus der Rezeption gekommen und hat uns zugekuckt, Sie hat unsere Geschrei – vor allem Helenas – gehört und wollte mal sehen was los war wir haben es erst Wahrgenomen nach dem Orgasmus – vorher nicht.
Mein Fick-Kumpel hat Helena jetzt von hinten gefickt und sie stand wie ein Hund da und lies sich nehmen – es kam ihn gleich danach und Sie waren beide zufrieden. Die Blonde hat es alles beobachtet und ist dann wieder verschwunden so leise wie sie kam.

Ich war jetzt fertig gefickt und lag nackt auf den Rücken und habe die beiden ficken beobachtet. Dann bin ich in die Dusche gegangen und habe mich frisch gemacht.
Helen lag auf dem bett und wollte mehr haben aber ich musste jetzt zurück zum Hotel und schlafen – und mein Schwanz war auch nicht mehr spielbar, er hing so vor Müdigkeit runter.

So war ich zum ersten Mal in einem Swinger Club gewesen und habe eine Frau gefickt die genau so scharf auf Sex war wie ich. Dazu mit einem fremden Mann habe ich Sie geteilt und wie im Porno Film haben wir sie beide gefickt, es war ein tolles Erlebnis gewesen und ich war sehr zufrieden.
Es war nicht mein letztes besuch in einem Swinger Club und ich wurde noch geiler Sachen erleben in andere Clubs und andere Nächte.

Falls dich diese Geschichte gut gefallen hat, lass mir es wissen so werde ich andere Besuche auch erzählen, zum Beispiel der nächste Abend im gleichen Club!

Grüße von Kim der geile Schwede

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Racconti Erotici

La Svolta (Racconto trovato in rete)

La Svolta di solealtramonto

Scritto il 24.10.2013 | Visualizzazioni: 1.946 | Votazione 9.6:

Anna e Dario sono una coppia di mezza età. Lui 52 anni, alto 178, leggermente sovrappeso, moro, occhi castani, capelli neri ma alquanto brizzolati. Non vi sono dubbi che è ancora un uomo interessante.
Lei 48 anni, alta 166, peso 61 chilogrammi, seno una bella terza che ancora può fare a meno del reggiseno, un sederino rotondo che a vederlo fa venire dei pensieri sicuramente non casti, carnagione chiara, bei occhi grandi di un verde smeraldo, capelli una volta castani ma ora, dopo l’opera del parrucchiere, non si sa più di che colore sono. Attualmente neri con dei colpi di sole che donano lucentezza al viso e ne accrescono la sua femminilità. Decisamente ancora una gran bella donna.
Sono sposati da ventisei anni. La loro vita è stata serena ed allietata dalla nascita di due figli. Il più grande, nato un mese dopo le loro nozze, ha ventisei anni, la piccola ne ha ventiquattro.
Causa studio sono andati a studiare fuori Italia. Laureati non sono rientrati nella casa paterna. Il maschio lavora in America. La femmina in Finlandia.
La loro svolta inizia un anno fa. I loro rapporti intimi si sono raffreddati e il feeling comincia a risentirne. Nervosismo da parte di entrambi, musoni, liti per cose decisamente futili, insomma tante manifestazioni che lasciano intuire la presenza di un rapporto non più saldo e sul punto di lacerarsi.
Una sera, dopo avere fatto l’amore con poco trasporto da parte di entrambi, è Anna che, preso il coraggio a quattro mani, affronta il problema.
“Caro Dario, noi ci siamo amati veramente. A te mi sono data con tutta me stessa. Sei stato tu il mio primo uomo. Tu mi hai deflorata e ti sei presa la mia verginità. Ti ricordo che sei stato tu che con una spugna, imbevuta d’acqua fresca, hai ripulita la mia fica sporca di sangue del nostro primo rapporto completo e il tuo sesso con le tracce del mio sangue e dei i miei succhi di donna.
Pure tu mi hai amata. Sei sempre stato carino, fedele, affezionato, mi hai sempre protetta col tuo amore caldo e sincero. Mi hai iniziata all’arte del sesso. Io ti ho seguito in tutto tanto che sono rimasta incinta e ti ho sposato col pancione. Il nostro amore era cosi avvolgente che sono stata ben felice di esaudire le tue voglie e desideri che, provati, sono stati per me appaganti e spesso ti ho chiesto di ripeterli.
Abbiamo fatto tutto sempre in comune accordo. Mi ricordo quanto sei stato carino e delicato quando mi hai chiesto di farlo analmente. Avevo paura che mi facessi male. Mi hai lubrificato il buchino per diversi giorni. Le tue dita mi hanno allargato l’ano con tanta pazienza e alla fine, anche se la prima volta ho sentito dolore e bruciore, il godimento è stato intenso sia per te ma pure per me.
Mai avrei preso in bocca il cazzo di un altro uomo. Quando me l’hai chiesto non ho battuto ciglio e grazie a te ho appreso quanto è delizioso fare pompini e bere il succo prodotto dai tuoi coglioni.
Potrei continuare ancora, ma tu, essendo intelligente, mi hai capita. Possiamo fare finire il nostro amore nell’indifferenza del rapporto come abbiamo fatto poco fa? Io, il tuo amore lo voglio ancora! Voglio fare sesso con te come l’abbiamo fatto in tutti questi anni godendo e soddisfacendoci a vicenda! Dobbiamo rimuovere la cenere che ci sta patinando e fare riaccendere la fiamma della nostra carica erotica. Sbaglio? Che ne pensi se provassimo a fare qualche trasgressione? In giro se ne sentono e se ne vedono tante. In alcuni siti visitati di nascosto sia da te che da me, anche questa è una nostra inconcludenza, ho visto che ci sono una miriade di proposte esplicite. Non pensi che insieme potremmo cercare qualche annuncio che faccia al caso nostro? Mi auguro che queste mie parole non ti adombrino. Ricordati che ti amo e voglio vivere assieme a te le gioie che la vita ci può ancora dare! Se ti ho fatto questo discorso è perché desidero salvare il nostro amore!”.
Le parole di Anna fanno rivivere a Dario la vita insieme alla sua donna. Anche se non si aspettava la richiesta finale tuttavia non può disconoscere che ha ragione. Pure lui aveva pensato di far rifiorire il loro rapporto con qualche iniziativa intraprendente. Rinfrancato dal discorso di lei dice: “amore mio, hai ragione! Siamo stati due sciocchi a ridurci in questa situazione. Non ti nascondo che spesso ho pensato di farti qualche proposta trasgressiva ma mi sono fermato per paura di offendere la tua sensibilità. Ti sono grato per avere affrontato il problema. Insieme troveremo il modo di risolverlo e di riportare il giusto calore nel nostro rapporto. Non ti nascondo che quando, tre mesi fa, siamo stati a Milano volevo proporti di andare in un privè. Non l’ho fatto per timore di recarti offesa. In città c’è qualche club ma non mi fido, potremmo essere riconosciuti. Dimmi tu come possiamo fare!”.
“Io non pensavo di andare in un privè. Se potessimo trovare una coppia con i nostri stessi problemi potremmo iniziare a conoscerci, scambiare i nostri pensieri, manifestare i desideri e poi, senza forzare, aprirci ad un nuovo rapporto con loro”.
“La tua proposta mi sembra sensata. Io sono disponibile e pronto a cercare, insieme a te, ed incontrare un’altra coppia. Ti dico di più, sono pure disposto ad accettare tra noi anche un uomo con il quale vederti intrattenere. Sicuramente non sarà facile, troveremo delle difficoltà, ma rimanendo uniti possiamo farcela”.
Spontaneamente si stringono e si baciano con trasporto come ormai di rado capitava.
Anna, contenta che il marito abbia capito i suoi desideri, dimentica del magone e sentendosi leggera come una farfalla, dice: “caro ti andrebbe di rifare l’amore visto che poco fa non c’è piaciuto?”.
La risposta di Dario è: “sì! Se questa è la cura che dobbiamo seguire dobbiamo farla con la mente sgombra e senza imbarazzi. Sono d’accordo con te! Mettiamoci un poco di peperoncino e aspettiamo i benefici. Del resto, ad aprirci come coppia, non saremo i primi e neppure gli ultimi”.
Cosi dicendo abbraccia la sua donna e inizia a carezzarla dappertutto. Lei, sentendosi desiderata, si scioglie alle sue carezze e si offre senza più ritrosie. Le sue cosce spontaneamente si divaricano offrendo il fiore, non più asciutto, alle mani del suo uomo. Le sembra di essere ringiovanita di venti anni. Fanno l’amore a lungo e con intensità come da molto non succedeva. Dopo, con i sensi appagati e soddisfatti di come hanno goduto, esausti giacciono facendo aderire i loro corpi. Dario, tenendola sempre stretta, dice: “grazie amore! Mi sa che la cura inizia a dare i suoi effetti. È stato molto bello! Era da molto che non godevo cosi! Non dobbiamo fermarci! Abbiamo ancora molto da gioire insieme!”.
La bacia, la carezza e la stringe a se con voluttà e desiderio. Pure lei ricambia le effusioni ed entrambi incuranti di avere i corpi nudi appiccicati dal sudore e anche dai succhi femminei e maschili versati, si rilassano. In questo stato Morfeo li prende tra le braccia e li culla fino all’alba.
Nei giorni a seguire confabulano per trovare di mettere i pratica il loro disegno. Passano in rassegna tutti i loro amici, sia coppie che singoli, ma non riescono a individuare chi possa prestarsi al loro desiderio. Si collegano, questa volta insieme, con siti particolari. Si rendono conto che il loro problema è comune a molti altri. Evitano di fare un profilo tutto loro e si limitano a rispondere ad alcuni annunci. Non vanno aldilà dei primi approcci. Si rendono subito conto di non trovare la giusta sincerità. Finalmente una sera pensano di avere trovata la coppia giusta. È una coppia della stessa città. Si mettono in contatto. Si scambiano il numero di cellulare, per l’occasione Dario ha comprata una scheda nuova. Definiscono i particolari decidendo d’incontrarsi nel fine settimana in un hotel sul mare. La delusione loro è grande quando il giorno prima dell’incontro ricevono una telefonata dal lui che li informa del ripensamento della sua lei. Se vogliono lui è disponibilissimo ad incontrarsi con loro. Declinano l’invito. Riflettendoci su si rendono conto di essere caduti in un trabocchetto. Al telefono rispondeva sempre e solo il maschio. Loro, nella sincerità che li contraddistingue, si alternavano al cellulare. Prima esperienza decisamente negativa.
Siccome è il mese giugno, Dario per dimenticare la delusione sua e di Anna prenota una settimana all’isola del Desiderio.
È un’isola vulcanica che si trova nel Tirreno. La conoscono bene per esserci stati diverse volte. In quest’isola Anna si è messa per la prima volta in topless e seguendo l’esempio di alcuni stranieri non ha disdegnato di prendere il sole e fare il bagno nuda.
Durante il tragitto in auto per recarsi al porto e imbarcarsi discutono sul comportamento poco sincero della coppia contattata. Si rendono conto che le possibilità di fare l’incontro giusto è molto piccola. Nondimeno sperano di potere essere più fortunati in futuro.
S’imbarcano e dopo un’ora e venti arrivano a destinazione. Prendono possesso della villetta che il residence ha messo a loro disposizione. È una villetta bifamiliare con due appartamenti a schiera. Nel retro ci sono due terrazzini con un piccolo prato e qualche alberello divisi da una siepe alta meno di un metro.
Mettendosi nel terrazzino possono essere visti solamente da coloro che abitano l’appartamento attiguo. Per il resto la loro privacy è assicurata da alberi che circondano la villetta.
Dopo avere scaricate le valigie e rassettato vanno a pranzare in una trattoria dove altre volte sono stati.
Al rientro mettono i lettini e le sdraio nel terrazzino. L’appartamento attiguo è abitato in quanto sono stesi delle asciugamani. Al momento però non vedono nessuno. Anna, per prendere il sole, sceglie un bikini a sfondo azzurro con tanti piccoli quadratini. Lo slip è un minuscolo perizoma. Sicura di non essere notata non mette il reggiseno. Se lo può permettere perché ha un seno sodo e piacente. Dario ha indossato un costume a slip. È sdraiato sul lettino accanto e sta leggendo un libro. Lei nel distendersi dice: “Dario, se per caso qualcuno dei vicini rientra avvertimi che rimetto il reggiseno”. “Stai tranquilla e non crearti problemi!”, le risponde il marito.
Si stende sul lettino e, stanca del viaggio e scaldata dai raggi del sole, si assopisce. Anna, nel suo dormiveglia, viene destata dal sentire parlare Dario. Aprendo gli occhi nota, con meraviglia, Dario che in piede vicino alla siepe parla col vicino. Questi è pure in piedi e sicuramente avrà notato il suo seno nudo. Pensa: “mi copro o faccio l’indifferente?”. Considerando che Dario non l’ha avvisata opta per l’indifferenza. Alzatasi ed avvicinandosi ai due dice: “buongiorno, sono Anna”. “Io sono Oscar” è la risposta del vicino mentre le stringe la mano. Nel frattempo suona un cellulare ed il vicino si allontana.
Anna volgendosi verso il marito dice: “perché non mi hai detto niente? Quel signore mi ha vista con le tette di fuori e tu non mi hai avvertita. Perché?”.
La risposta di Dario è: “il perché è semplicissimo, le cose belle si possono mostrare! Lui ha ammirato ed ha gradito il tuo seno. Potevo io negargli la dolce visione delle tue mammelle e dei capezzoli? Suvvia, siamo al mare e non è il caso di sottilizzare. In fondo osservandoti non si è scandalizzato di vederti senza reggiseno”.
Un leggere sorriso affiora sulle labbra di Anna che si rende conto di essere stata alquanto sciocca. Nel frattempo ritorna il vicino che scusandosi per essersi allontanato dice che era la moglie a chiamarlo.
Anna, avendo sete, si dirige verso l’interno. Riflettendo si ferma e dice: “vi va un bicchiere d’acqua fresca?”. “Sì!”. Rispondono contemporaneamente Dario ed Oscar. Quest’ultimo aggiunge: “gliene sono grato”. Questi osservandole il bel culetto tondo che il perizoma lascia generosamente in vista non riesce a trattenersi dal leccarsi le labbra. Dario nota l’interesse e un sorrisino sornione gli affiora sulle labbra. Anna, ritenendo ormai non sensato indossare il reggiseno, riempie i tre bicchieri ed esce sul terrazzino. Il primo bicchiere l’offre al vicino, il secondo al marito, il terzo lo prende per se.
Il vicino nel rendere il bicchiere ringrazia e dice: “come detto mi chiamo Oscar e sono di Trieste. Sono solo perché mia moglie Elena causa di lavoro le hanno ritardate le ferie di qualche giorno. Io sono sceso in macchina portandomi dietro il gommone. Elena arriverà posdomani facendo in aereo da Trieste a Napoli e poi con la nave proseguirà fino all’isola del Desiderio. Non possiamo fare a meno di venire ogni anno in questo posto meraviglioso. Conoscendo bene Elena penso che legherà bene con la signora.”.
“Chiamami Anna, penso che possiamo darci del tu”. “Senz’altro!” è la risposta di Oscar.
Siccome desiderano fare il bagno decidono di andare nella spiaggia di Gelso. Il vicino è sdraiato sul lettino ed allora Dario gli chiede se vuole aggregarsi a loro. Ringraziandoli, per la cortesia, accetta l’invito e propone di andare con il gommone che è arenato nel porticciolo invece di andare in macchina.
Sono nella barca di Oscar che è al timone e illustra la natura dei scogli. Anna segue attentamente quello che dice e si rende conto di trovarsi di fronte ad una persona distinta, compita ed esperta di mare. Dario, pure lui ha legato bene con Oscar, osserva Anna e vedendola splendidamente serena ne è contento. All’altezza di una splendente caletta raggiungibile solamente via mare e che si trova, in linea d0aria, a un centinaio di metri dalla spiaggia di Gelso, Oscar propone di fermarsi li. Avuto l’assenso degli amici dirige il gommone verso la spiaggia. È un posto meraviglioso. Il mare limpido, calmo e trasparente invita a immergersi. Anna leva il pareo, si guarda intorno, ed allora toglie pure il reggiseno. Osservando Dario che sorride comprende che lui approva la sua decisione. Se non ci fosse Oscar sarebbe tentata pure di levare il perizoma.
Mentre Oscar blocca il gommone lei si tuffa nel mare. Dario la segue. Iniziano a nuotare e dopo un poco si abbracciano e si baciano. Lui la tocca tutta e la bacia ovunque. Lei risponde ai suoi baci e alle carezze e non protesta quando lui le sfila il perizoma. Riflettendo deve dare ragione a Dario, cosa le nasconde il perizoma? Il culo le si vede tutto, il pube idem, solamente la spacca della fica è celata.
Ora galleggiano e parlano. Allora Dario dice: “Anna, mi pare che tu piaci ad Oscar. Lo suppongo dall’avere veduto come ti guardava quando eri nel terrazzino e come ti ha guardata in barca. Se è come penso io incoraggialo. Per conto mio mi sento pronto … e sarei ben contento di vederti mentre ti intrattieni con lui”.
Gli occhi di Anna brillano. Oscar gli piace. Iniziare una trasgressione con lui le farebbe piacere. Nondimeno risponde a Dario: “e tu tesoro cosa fai mentre io, eventualmente, mi intrattengo con lui?”.
“Ma che diamine! Ma vi osservo e .. se è il caso partecipo … facendoti godere un doppio piacere. Ora ci sarà la prova generale”. “Che prova?”, bisbiglia Anna. “Dobbiamo vedere l’espressione che fa Oscar vedendoti uscire dal mare senza nulla addosso”. Se gli piaci, e sono sicuro che gli piaci, è fatta, altrimenti … è la seconda che va buca”.
Oscar che li aveva osservati vedendola uscire dall’acqua senza nulla addosso rimane abbagliato e non può trattenersi dall’osservarla leccandosi le labbra. Quando le è vicina, incurante dal poter essere udito da Dario, dice:” Anna, sei splendida! Sei favolosamente affascinante! Avevo visto che avevi un seno meraviglioso ma … il resto … non è da meno … sei … ”.
Non osa andare avanti temendo di potere rovinare, con le parole, la realtà insperata del momento.
Sono seduti sulla rena ed allora Dario, ritenendo opportuno che sia arrivato il momento, informa il nuovo amico delle loro intenzioni. Gli racconta tutto, gli anni trascorsi felicemente, la crisi dell’ultimo periodo e anche la fallita esperienza con la coppia di qualche settimana addietro. Quando smette di parlare Oscar li guarda e poi dice: “mi dispiace che non c’è Elena, stasera saremmo stati veramente bene in quattro. Ma se avete pazienza possiamo rimandare tra due giorni. Pure noi siamo alla ricerca di nuove esperienze ma abbiamo trovato solamente delusioni. Anna mi piace, è bella e sarà per me un onore ed un vero piacere potere godere delle sue fattezze. Sono sicuro che pure a te piacerà la mia Elena ed io sarei veramente felice di vederla godere tra le tue braccia. Appena arriviamo al residence vi faccio vedere delle foto di Elena che ho nel PC.
Il sole sta tramontando quando rientrano nel residence. Fanno una doccia ed appena Oscar li vede l’invita a vedere le foto della moglie.
Oscar preparando il PC nel terrazzino l’informa che ha parlato con la moglie che si è dimostrata disponibile. Un sospiro di liberazione esce contemporaneamente dalle labbra dei due coniugi.
Elena è una vera bella “mula” triestina. Alta non meno di 170, carnagione chiara, capelli biondi che le cascano sulle spalle, cosce sode, culo meraviglioso, pube completamente glabro per averlo depilato, un tattoo di farfalla sulla natica destra e uno di coccinella nel ventre proprio sopra la piega del pube. Ma quello che più strabilia Dario è il seno. Due mammelle belle grosse e sode con due capezzoli marrone scuro che si ergono dritti su una areola consistente. “Che seno bellissimo! Sarà sicuramente almeno una quarta”. Esclama con enfasi. “No, è una sesta!”, Corregge Oscar. Ora è la volta di Dario a leccarsi le labbra a vedere quella bella donna che gli si offre nel PC. Oscar osservando con quale cupidigia Dario guarda le foto della moglie e vedendo pure l’interesse di Anna, ritiene che sia il momento opportuno per rompere tutti gli indugi e sorridendo apre una foto della moglie che con le cosce divaricate mostra la meravigliosa orchidea che ha tra le cosce. “Ma che fica carnosa e meravigliosa!”. Non riesce a trattenere Dario. Poi, per paura di avere esagerato si scusa. “Non preoccuparti! Sono contento che Elena ti piace! Spero che piaccia pure ad Anna”. Dice Oscar mostrandosi soddisfatto dell’interesse che i nuovi amici hanno mostrato verso la sua donna.
Anna è rimasta abbagliata dalla naturalezza che Elena mostra nel farsi fotografare. Conviene che è una bella donna e che Dario sarebbe felice di potersela scopare.
Cenano nel terrazzino. Anna ha cucinati bene i pesci che nella mattinata Oscar aveva pes**ti. Naturalmente il tema dei loro discorsi è accentrato sull’argomento trasgressione. La serata è tiepida e fa tendere alle confidenze. Il vinello bevuto li rende allegri. Lo sguardo penetrante di Oscar sul seno di Anna, generosamente messo in mostra da un civettuolo e scollato top fa accaldare ancora di più la già calda Anna. Ormai non ci sono dubbi. L’espressione del viso di Oscar fa capire che brama di metterle le mani addosso. Dario sorride nel vederli col viso acceso di desiderio.
Anna oltre al top rosso indossa una minigonna bianca con un piccolo spacco sulla coscia sinistra. Abbassandosi per prendere i piatti dove mettere la frutta, la gonna si solleva ed Oscar non può non notare che sotto non ha nulla. Vede distintamente i glutei e al centro la fessura della natura femminile libera da strisce del perizoma.
L’espressione del suo viso fa capire di gradire e molto quello che vede. Allora Dario, comprendendo che è giunto il momento di rompere gli indugi dice: “ascoltatemi: considerato che Elena viene posdomani penso che oggi possiamo iniziare con un bell’antipasto. Visto che tu, Anna, piaci a Oscar il quale ti desidera, e che tu, Oscar, piace ad Anna che sarebbe ben contenta di averti tra le braccia, io, contentissimo di sapere che vi piacete, siccome debbo andare a comprare della malvasia, vi lascio il campo libero. Iniziate a dare sfogo alle vostre voglie e quando rientro mi unisco pure io”. È una scusa per lasciare soli Anna ed Oscar. Pensa che Oscar senza l’imbarazzo di avere il marito tra i piedi possa essere più libero ed intraprendente.
Appena Dario si allontana Anna si avvicina ad Oscar e gli dice: “Sia io che tu sappiamo quello che vogliamo. Considerato che Dario, volutamente, ci ha lasciati soli, iniziamo a conoscerci”. Lui respira profondamente e insinuando la mano sotto il top inizia a stringerle le mammelle e capezzoli mormorando: “che belle tette che hai, sono tutte da mordere e da leccare”.
“E perché non li mordi? Perché non le lecchi? Chi te lo proibisce?”.
In un attimo il top finisce a terra. Lui inizia a palparle le tette e a succhiarle i capezzoli. Qualche minuto dopo la gonna va a fare compagnia al top. Anna è completamente nuda. Lui la scruta a suo piacimento. Le sue mani, dopo aver deliziato le tette, vanno alla ricerca della calda femminilità che è di già tutta bagnata. Anna, nel percepire le dita dell’uomo che scorrono nella fenditura umida si eccita ancora di più e la sua schiena viene percorsa da brividi di piacere.
Le mani di lui ora le cingono le natiche. Gliele massaggia per qualche attimo e poi le dita iniziano a scorrere in su e in giù nel solco dei glutei. Poi insiste e continua fino a trovare l’altro solco che nasconde l’antro della meraviglia.
Le loro bocche si uniscono, i loro palpiti si confondono, i loro sessi sono preda delle loro mani. Anche se ancora Oscar indossa maglietta e pantaloncini le mani di Anna si sono insinuate dentro i pantaloncini tirando fuori il nerbo palpitante. Si toccano con voluttà e si desiderano. È in questa situazione che li trova Dario rientrando. Vedendoli sorride e dice: “ma siete ancora sul terrazzino? Non vi rendete conto che siete nudi e state dando scandalo?”. Sorride di cuore vedendo la moglie che stringe tra le mani il cazzo duro dell’amico mentre questi le palpa le intimità. La sua gioia è vera nel vedere Anna libera da ogni preoccupazioni.
Destata dalle parole del marito Anna emette un profondo sospiro e prendendo per la mano Oscar lo guida in camera da letto. Ha la voglia di conoscere bene la cosa dura che ha avuta tra le mani. Più che lui è lei che lo denuda. Non deve faticare molto perché levata la maglietta e fatto scivolare il pantaloncino può prendere nuovamente tra le mani quel meraviglioso membro duro e palpitante. L’osserva e conviene che è lunga e decisamente robusta. Per dirla in poche parole “veramente una bellissima minchia!”.
Non resiste e la prende in bocca. Succhia e lecca quel duro arnese, mentre i succhi della vagina le colano tra le cosce. A questo punto è lui a prendere l’iniziativa. La fa distendere sul dorso e dopo averle leccata la fica prende in mano il cazzo e inizia a farlo scorrere lungo tutta la fenditura fermandosi e indugiando in alto sulla clitoride e in basso sull’ano. Lei, oltre a sbrodare, ansima di piacere e non nasconde di essere ansiosa di essere infilzata. I suoi gemiti aumentano quando percepisce che il cazzo inizia a penetrarla dentro la fica. Lui lentamente lo fa scorrere dentro e imperterrito continua fino a quando i suoi coglioni iniziano a sbattere sul culo di lei. Allora incomincia un avanti indietro che la porta a godere come una baccante.
Lei viene un’infinità di volte ma lui no. Poi la fa girare e la mette a pecorina. Il suo cazzo nuovamente dentro la calda vagina di nuovo riprende a fare entra ed esce. Ad ogni colpo la sente ansimare di piacere mentre lui oltre a scoparle la fica le strizza tette e capezzoli.
Dario, entrando nella stanza li trova in questa posizione. Lo sentono ma continuano nel diletto. Non si spostano di un millimetro. Lei percepisce il cazzo che le entra ed esce dalla fica e non fa nulla per nascondere il suo godimento. Sente che gli sbatte sul collo dell’utero e ciò aumenta il suo piacere.
Dario nel vedere la sua Anna che emette grugniti di piacere mentre Oscar se la tromba a pecorina si eccita terribilmente. Inizia a denudarsi e si gode lo spettacolo che gli offrono. Vede il cazzo dell’amico che entra dentro la vulva oscenamente aperta della sua donna e un sentimento strano l’assale. Prova un sentimento fino ad ora sconosciuto. È come una fitta di gelosia ma nel contempo di compiacimento. “Come si può essere gelosi e contenti?”, si chiede mentalmente. Sente i lamenti di piacere della moglie mentre il cazzo di Oscar si sfila quasi completamente dalla fica per poi subito dopo entrare violentemente di nuovo tutto dentro. Allora è felice! Lei ad ogni colpo ansima di piacere ed emette grida di puro godimento. Li osserva e non riesce a trattenersi. È inconsciamente che inizia a menarsi il cazzo. La vede che muove il tronco come a volere sempre più dentro il cazzo, contemporaneamente cerca le mani di lui, e trovatele le conduce sulle sue tette. Oscar la trapana nella fica mentre con le mani le delizia mammelle e capezzoli che sono tremendamente inturgiditi e maestosamente eretti. Lei spinge con violenza il corpo sul ventre di lui come a dirgli di infilzarla con più violenza. La sua eccitazione raggiunge alte vette quando l’uomo inizia a sbatacchiarla con foga. È in questo momento che Dario si avvicina a loro porgendo il suo pene eretto all’avida bocca di Anna. Lei sta gridando tutto il suo godimento quando si trova in bocca il cazzo del Marito.
Allora, in preda alla voglia sconvolgente di godere esclama: “BELLISSIMO!! Un cazzo nella fica e uno nella bocca mi mandano in estasi”.
Dario allora dice qualcosa a Oscar. Con suo rincrescimento, lei lo sente sfilarsi da dentro di lei. Sta per protestare ma si ferma vedendolo che si sdraia sul letto. Allora intuisce cosa vogliono farle.
Si posiziona su Oscar a smorza candela e si impala sul meraviglioso cazzo eretto. Ora è lei che si muove come meglio vuole. È lei che decide come e dove farselo arrivare. Poi le mani di Dario la guidano ad assumere una certa posizione. Capisce quello che vuole farle e la sua libidine si esalta ancora di più. Sente le dita del marito cogliere gli umori dalla fica e ungerle il buco del culo. Un suo dito entra dentro con facilità (del resto Dario sa che non l’ho vergine in quanto diverse volte l’ha inculata), poi ne ficca dentro due. Li fa ruotare e poi li sfila lentamente. Quindi lei percepisce il cazzo che incomincia a pressare nello sfintere. Lui pressa adagio, ma è lei che muovendomi sopra Oscar facilita l’accesso dentro il suo culetto. Sospira e geme e si sente ai sette cieli. Un poderoso cazzo che le striscia dentro le pareti della fica e la estasia e un altro che le dà altrettanto godimento penetrandola nel retto. Miagola e grida come una gatta in calore. Senza reticenza li esorta a darle il massimo del piacere. Grida loro: “così! più forte! Ancoraaaa! Belloooooo! Continuate! Continuate a lungo! Minchia! Mi piace! Mamma mia come sto impazzendo! Minchiaaaa come è belloooo!”.
Tutta sudata e simile ad una baccante nell’estasi della danza, gode con tutti i sensi le gioie che i due maschi le stanno elargendo con gran piacere pure da parte loro.
Al sommo del godimento la sua fica inizia ad avere delle violente contrazioni che le danno l’impressione che il cazzo dentro la vagina ora le sta stretto per subito starle largo. Percepisce che pure il pene dentro il suo canale di donna incominci ad avere delle belle impennate che accelerano il suo stato eccitativo. Pure dietro sente le stesse sensazioni mentre i capezzoli durissimi sono possesso ora della bocca di Oscar ora delle mani di Dario.
Al massimo del godimento e mentre grida oscenamente tutto il piacere di donna che prova, loro quasi contemporaneamente la inondano nella fica e nel retto scaricandole dentro tutta la calda produzione dei loro coglioni.
Stanca e soddisfatta si rilassa sul letto mentre il seno continua a palpitarle. Dopo alcuni minuti si alza e va in bagno. Dopo avere pisciato sente la necessità di fare una doccia. Loro la raggiungono e fanno la doccia insieme a lei. Inutile dire che più di una doccia è uno strofinare di corpi.
Rinfres**ti si siedono nel terrazzino incuranti di essere nudi. Sorbiscono il gelato che Dario ha comprato insieme alla malvasia che bevono dopo il gelato. Il liquore riscalda le loro viscere. Siccome è tardi si salutano e vanno a dormire.
Anna dorme saporitamente come non le accadeva da tempo. Pure Dario dorme bene. Si svegliano che sono quasi le 7,30. Si alzano vanno nel terrazzino. Sul tavolo tenuto da una pietra c’è un foglietto. Anna lo prende e legge: “grazie per la bella serata! È stato veramente bello! Io sono andato a pescare. Ritorno verso le 9,00. Aspettatemi che organizziamo la giornata insieme. Fatta colazione decidono di andare a fare un bagno nel laghetto del fango.
Di comune accordo decidono di ritornare nella caletta. Preparano dei panini e poco dopo sono sul gommone.
La spiaggia è deserta. Ormai non ci sono più pregiudizi. Tutti e tre sono nudi. Sguazzano nel mare e si divertono come bambini. Dario ed Oscar la cercano in continuazione e lei non riesce a distinguere chi dei due le fa più avances. Per quasi un’ora stanno in acqua e per la prima volta Anna prova di essere scopata in contemporanea in fica e nel culo stando in acqua. Si sente illanguidire e non lesina baci e carezze ai due uomini. Oscar, da buon pes**tore, sa che hai pesci piace lo sperma. Essendo sul punto di venire si sfila spargendo il suo seme nel mare. Istantaneamente un branco di pesci si dirige a ingoiare il seme dell’uomo. La meraviglia di Anna è molta. Non sapeva che hai pesci piacesse lo spacchio. Pure Dario si sfila dal suo culo e la razione di pranzo è doppia per il branco di pesci affamato.
Fatti fuori i panini si distendono sulla rena all’ombra di un ombrellone. Stanno cosi per un bel po’ e poi Anna si alza. I due uomini sono rilassati e i loro sessi giacciono inerti sui rispettivi coglioni.
Le viene il desiderio di fare in contemporanea ad entrambi un bel pompino. È come il volerli ringraziare del piacere che le hanno dato. Succhiare il cazzo le piace. Le piace pure ingoiare lo sperma di Dario. Un’idea le balena: “che sapore ha lo spacchio di Oscar?”.
Allora prende in mano le due minchie e inizia a deliziarsi e a deliziarli a lungo menandoli. Li lecca e succhia unitamente alle palle. Loro, ormai desti, le stuzzicano fica, clitoride, culo, tette ed lei gode come una pazza. I due cazzi nella bocca s’ingrossano molto e lei non riesce quasi più a tenerli stretti tra le labbra. Qualche goccia di sborra le scorre sulla lingua ed allora la sua fica allenta lo sfintere e le mani dei due maschi vengono inondati oltre che dai suoi succhi femminei anche dal suo piscio.
È una sua caratteristica di non riuscire a trattenere il piscio quando viene percorsa in contemporanea dagli orgasmi vaginale e clitorideo. Anche questa volta la sua uretra si contrae liberando copiosi schizzi di urina.
È come un segnale perché subito dopo i due maschi vengono. Prima uno e subito dopo l’altro. A lei non importa chi è stato il primo a venire poiché si crogiola col piacere che le hanno dato. Alla fine anche lei, come il branco di pesci, ha potuto gustarsi la sua parte di spacchio.
Rientrati la stanchezza è tale che vogliono riposare. Quando si ridestano siccome c’è ancora il sole Anna, lasciati i due compagni, indossa un costume intero e va nuovamente nel lago del fango. Poco dopo viene raggiunta dai due.
La sera cenano verso le 21,00 e subito dopo vanno a dormire.
La mattina è Anna che prepara il caffè per tutti. Oscar non è andato a pescare. Verso le 13,00 deve arrivare Elena ed allora decidono di andare nella spiaggia nera e trascorrere la mattinata.
Per pranzare aspettano che arrivi Elena. Al porto vanno tutti e tre. Quando Elena scende dalla nave Dario rimane come inebetito. Anche Anna è sorpresa. Se nelle foto Elena sembrava una bella donna di presenza è ancora più bella. Il vestito leggero di cotone che indossa se da un lato nasconde le sue fattezze nello stesso tempo evidenzia un corpo che possiede una carica erotica superiore alla norma. Abbraccia e bacia il marito ma lo stesso fa con Anna e con Dario. “Migliore presentazione non poteva esserci” pensa Dario.
Pranzano in trattoria ed Elena confessa candidamente di essere informata come suo marito si sia sollazzato piacevolmente con Anna. Avvicinando confidenzialmente le labbra all’orecchio di Anna le dice: “Oscar mi ha detto per telefono che sei una donna fantastica! Testualmente mi ha detto che hai una fica caldissima e che sei impazzita di goduria quando ti hanno presa a sandwich. Nel pomeriggio debbono riservare lo stesso trattamento a me! Non ho pensato ad altro durante il viaggio. Mi ha detto pure che Dario ha una bella fornitura e che sicuramente mi farà godere”. Queste parole semplici e senza ipocrisia fanno capire ad Anna che tipo di donna sincera è Elena.
Dario nel frattempo non riesce a staccare gli occhi dal seno di Elena. Le due mammelle sono generosamente esposte e lui le ammira e le fissa con cupidigia. Il suo desiderio esplode in una meravigliosa erezione della sua minchia.
Ritornati al residence sentono la necessità di riposarsi per un’oretta. Anna e Dario si ritirano nella loro stanza, Elena e Oscar entrambi nudi sono sdraiati sui lettini nel terrazzino. Anna sta caricando la moka quando viene chiamata da Elena che l’ha sentita gironzolare per casa. Essendo nuda si affaccia timidamente nel terrazzino. Vedendo gli amici distesi nudi sui lettini esce senza esitazione e chiede loro se desiderano un caffè. La risposta è affermativa e subito dopo porta in un vassoio caffettiera, quattro tazzine e lo zucchero. Pure Dario si è alzato e mai il caffè è stato cosi buono preso in costume adamitico.
Il pomeriggio lo trascorrono nella caletta ormai diventato loro rifugio. La presenza di Elena porta allegria e il divertimento in acqua assume contorni da acrobazie circensi. Dario ha il suo daffare ad assecondare la nuova amica. Ogni occasione è buona per stringerle le tette e toccarle natiche e fica. I loro corpi aderiscono e il desiderio di conoscersi a fondo li libera e senza indugi i loro sessi s’intrecciano in un amplesso che li fa palpitare di desiderio. Oscar, con la presenza della moglie, è diventato più espansivo e si sollazza con Anna regalandole momenti di intensa eccitazione. Poi si ritrovano insieme sulla spiaggia e i loro corpi s’aggrovigliano in modo tale da non sapere più con chi stanno abbracciati. Ad un certo momento Anna si trova abbracciata stretta all’amica mentre uno dei maschietti le lavora il culo. È Oscar che le fa l’omaggio di una bella inculata poiché, vede dietro alle spalle di Elena, Dario che è intento a dare all’amica lo stesso godimento che le sta dando Oscar.
Sono sfiniti e soddisfatti quando rientrano nel residence. Ma la loro stanchezza è di breve durata. Il dopo cena è la continuazione di quanto iniziato in spiaggia. Sono nella villetta di Elena ed Oscar. Tra loro si è instaurata una tale complicità che nessuno si meraviglia quando Elena fatta scivolare la vestaglietta allarga le cosce e chiede a Dario di deliziarla. Lui si avvicina vede quella meravigliosa fica carnosa e palpitante di desiderio e senza pensarci le massaggia con le mani le grandi labbra e poi le strizza la clitoride turgida e che si erge fuori dalla vulva come un piccolo cazzo. Inizia a leccarla per tutta la lunghezza. Contemporaneamente le sue mani cercano il meraviglioso seno ed incomincia a strizzarle le tette e i superbi capezzoli. Oscar ed Anna li osservano ed eccitati da quanto vedono si trastullano menandosi vicendevolmente. Dario si riempie le mani di quel corpo fantastico. Il seno possente l’attrae e avvicinandosi inserisce il suo cazzo tra le due mammelle. Per un poco si fa sollazzare con una spagnola. Poi senza più indugiare, vista pure la richiesta della donna, lentamente fa scorrere il suo poderoso cazzo nel fica di lei. Inizia ad andare dentro e fuori. È un continuo entrare ed uscire che fa toccare alla donna sensazioni di alto godimento. Ora lei non riesce a nascondere il suo piacere e inizia a gemere e ad ansimare. Gemiti e ansimi si alternano con sempre maggiore tonalità fino a quando non potendone più inizia a gridare senza ritegno il suo godimento. Nello stesso tempo Dario è arrivato ed estratto il cazzo da dentro l’antro infuocato le scarica sul pube sulla pancia e sulle tette la produzione dei suoi coglioni. Anna ed Oscar non sono nella stanza. Sono sul letto nell’altra villetta e pure loro si stanno dando da fare e godono come ricci.
I giorni che stanno insieme sono intensi. Si divertono e si sollazzano alla grande. In tutto questo scopare la cosa bella è che anche le due coppie riescono a fare sesso tra loro. La sera prima della partenza di Anna e Dario la festa assume un andazzo che apre ad Anna nuovi orizzonti. Sta scopando con Dario quando Elena le si avvicina, la prende tra le sue braccia ed inizia a baciarla sulla bocca. Lei no si scandalizza. Come se aspettasse questa mossa ricambia totalmente le effusioni dell’amica. I loro corpi s’intrecciano. Le loro bocche vanno alla ricerca dei capezzoli dell’altra. Le lingue inumidiscono ogni centimetro di pelle. Al culmine del desiderio assumono la posizione di 69 e le due donne cosi possono conoscere il gusto e il sapore della rispettiva amica. Mentre sono nella posizione di 69 Dario mette il suo cazzo nella fica della moglie e cosi Elena mentre si diletta con la fica di Anna può deliziare pure Dario con un pompino. Lo stesso fa Oscar dall’altra parte e alla fine le due donne hanno il viso imbrattato di succhi femminei ma pure di delizioso spacchio.
Si lasciano con le lacrime agli occhi e si danno appuntamento per l’ultima settimana d’agosto a Trieste perché vogliono riprovare le gioie che hanno godute.
Da quel momento il rapporto tra Anna e Dario ha un’impennata. Sono ritornati più innamorati di prima. Sembrano due fidanzatini che non aspettano il momento di toccarsi e scopare. Tra loro il sesso non è più monotono. Basta che pensano a quello che hanno goduto nell’isola del Desiderio che la loro fantasia si accende e i loro freni inibitori scompaiono. In più Anna ha consapevolezza che essere bisex non è un male ma un godere ancora meglio il sesso.

Sole al tramonto