Era un fine pomeriggio come tutti gli altri. Passeggiavo per le strade del centro con passo morbido, incuriosito da tutte quelle facce che mi si presentavano di fronte e che sfilavano via rapidamente una dopo l’altra, senza lasciarmi il tempo di osservarle con attenzione.
Le “facce di donna” naturalmente erano quelle sulle quali il mio sguardo si posava con più interesse, cercando di coglierne qualche particolare, qualche impercettibile invitante mistero celato dietro un movimento, un’espressione.
Non c’era malizia in questa improvvisata “ricerca”; la mia era più una naturale inclinazione a godere di quella bellezza sfuggente che, per fortuna, alcuni esseri umani non riescono proprio a nascondere.
Quando poi è una creatura di sesso femminile a manifestarla in tutto il suo splendore non posso fare a meno di assaporarne, con ancora più piacere, tutti i suoi dettagli e tutti i suoi richiami.
Erano più o meno le 17 e 40 quando ad una ventina di metri da me noto sul lato destro della strada una folta chioma scura muoversi lentamente, solitaria.
I capelli le ricoprivano quasi tutta la schiena, fermandosi proprio dove i fianchi iniziavano a delineare una forma così sinuosa e dolcemente provocante da farmi avvertire immediatamente in tutto il corpo un intenso brivido di piacere. Indossava un paio di jeans sportivi abbastanza stretti, portati con la consapevolezza di essere guardata, ma in un modo estremamente naturale che la rendeva ancora più eccitante. Si, il suo sedere era un gioiello di carne scolpito dai suoi anni in modo perfetto ed i pantaloni che lo contenevano non facevano altro che invitarti a conoscerlo e ad osservarlo sempre più da vicino nell’intenso desiderio di un contatto.
Le mani sarebbero state mandate in missione dal corpo per esplorare quella che appariva come una “terra” piena di vita e di ricchezze, dove perdersi con estremo piacere.
Non era molto alta, ma vedendola camminare di spalle il suo corpo sprigionava attraverso i suoi movimenti un’energia fortissima che ad un essere attento non poteva passare certo inosservata.
Le sue gambe erano slanciate, ma non troppo magre, dotate di quel tono muscolare che le rendeva vitali come quelle di un a****le che in un attimo sarebbe potuto s**ttare per raggiungere qualunque cosa.
Il loro ipnotico movimento non faceva altro che esaltare le sue forme eleganti ed estremamente sensuali, così piene di sostanza. Il suo lato posteriore terminava in basso con uno stivaletto di pelle marroncina finemente decorato, che le arrivava poco sopra le caviglie e che donava alla sua figura quel tocco di lieve provocazione e maturità femminile che può far impazzire un uomo, e perché no anche una donna..
Sopra i pantaloni, oltre ai suoi lunghi capelli scuri,
una veste nera, di un tessuto apparentemente molto soffice, incorniciava il suo busto lasciando intravedere, dalle maniche appena troppo lunghe, delle bellissime dita affusolate, sulla punta delle quali risaltavano dei puntini d’intenso rosso bordò: unghie di donna..
Il mio passo intanto si stava facendo sempre più rapido, perché tanta era la voglia di scoprire cosa quella donna potesse offrire dall’altro lato.. un “lato” che, in quei pochi istanti che mi separavano dalla sua scoperta, l’immaginazione riempiva di bellezze di ogni genere, di sguardi intensi, di proiezioni fantastiche dove si sarebbe materializzata la donna più affascinante del pianeta.
Era arrivato il momento del “sorpasso”, di vedere finalmente quale volto fosse il “padrone” di quel corpo che tanto avevo ammirato in quei minuti.
Proprio nel preciso istante in cui mi stavo voltando per guardarla notai che anche lei stava girando lentamente la testa nella mia direzione, come se avesse percepito d’istinto la mia presenza.
I nostri occhi s’incontrarono allora potentemente, senza difese, senza maschere, come se quella frazione di tempo potesse rivelare qualcosa di inspiegabilmente significativo e duraturo.
Uno sguardo profondo, dotato di una calma e di una forza quasi innaturali, mi stava scrutando da qualche secondo senza che potessi fare nulla per evitarlo e, soprattutto, mi stava invitando in qualche luogo a me sconosciuto.
Fece un cenno con la testa verso destra e si diresse verso una piccola stradina stretta e deserta, rigirandosi solo un attimo per essere sicura che la stessi seguendo.
Continuò a camminare per un centinaio di metri senza mai voltarsi. Poi, quando fu sicura che fossimo soli, si girò e mi guardò in silenzio fissandomi negli occhi, accennando un leggero sorriso che nella mia mente spalancò la porta a tutte le fantasie rimaste fino ad allora sul punto di essere liberate.
Era bella, di una bellezza ancestrale ed ipnotizzante.
Una pelle chiara le dipingeva il viso e metteva in risalto un leggero rossetto che regalava alle labbra tanti motivi per essere baciate. Lineamenti fini, ma dotati di un fascino selvatico, creavano un cortocircuito nei miei sensi che non riuscivano a decifrare quell’essere così speciale.
La sua veste nera, con una leggera scollatura, faceva intravedere dei seni piccoli e sodi che la natura le aveva generosamente regalato e che la rendevano ancora più desiderabile.
Pensavo che non fosse reale, ma lo era.. eccome se lo era.
Senza dirmi niente si avvicinò e posò le sue labbra sulle mie, con tutto il peso del suo corpo su di me. Immediatamente la sua lingua cominciò ad insinuarsi decisa nella mia bocca che non fece molta resistenza per farla entrare. Fu un bacio totale, senza compromessi. Le lingue dimostravano tutta la nostra passione invocando qualcos’altro..
Così ad un certo punto lei mi prese una mano e se la infilò sotto la maglietta portandosela con forza al seno ed io iniziai ad accarezzarla desiderandola con tutto me stesso. Aveva iniziato ad ansimare di piacere ed io con lei. I nostri corpi si erano incontrati, attratti da chissà quale forza misteriosa che fino a quel momento non aveva avuto bisogno di una sola parola, di una sola indicazione per manifestarsi. Tutto era estremamente semplice e chiaro. Lei era ormai con il suo seno ormai scoperto, ma improvvisamente si staccò da quell’intreccio di bocche e mani per girarsi contro la parete di fronte, chinarsi leggermente ed abbassarsi i jeans.
Quel culo così tanto immaginato solo qualche minuto prima, era ora davanti a me, con un perizoma nero semi trasparente, di cui potevo percepire i raffinati ricami che rendevano quella visione ancora più eccitante. L’unica cosa che potei fare fu ammirarlo per qualche secondo e poi iniziare a morderlo con passione. La sua fica iniziava ad essere chiaramente visibile e la mia lingua iniziava a conoscerla, a sentire la sua morbida consistenza. Emanava quel profumo inconfondibile di una fica eccitata che vuole essere condotta verso un piacere sempre più intenso e profondo.
Era lucente, luccicava per quella sostanza incolore che la ricopriva sempre più copiosamente, riflettendo nella penombra la poca luce del giorno che ormai stava lasciando il posto all’oscurità.
Lei aveva iniziato a girare la testa per cercarmi, guardarmi, ma i suoi occhi non riuscivano ad aprirsi completamente, tanta era l’eccitazione che li riempiva. Il mio cazzo era ormai diventato durissimo e, senza che me ne resi conto, mi ritrovai in un attimo in quel luogo di piacere, ormai completamente bagnato, dove mi muovevo con facilità cercando con sempre più forza la via per raggiungere l’istante di massimo godimento in cui la mia essenza si sarebbe unita alla sua.
Uscii da lei per un attimo perché volevo guardarla negli occhi.
Così la convinsi con le mie mani a rigirarsi per poi rientrare dentro di lei con ancora più impeto, sentendo e guardando il suo corpo muoversi sotto di me, soffermandomi sul viso arrossato per l’eccitazione e i capezzoli turgidi come spilli. Venimmo insieme con un grido selvaggio, dimenticando totalmente che ad un centinaio di metri la gente continuava a passeggiare normalmente in una zona molto trafficata della città. Facemmo in modo che ogni parte del corpo di ognuno aderisse il più possibile a quella dell’altro, affinché non ci fosse tra di noi più nessuna distanza fisica e mentale. Eravamo due sconosciuti che avevano oltrepassato le barriere dell’identità, delle proprie storie personali per fondersi in un’incredibile testimonianza di condivisione, dove il piacere dei sensi era stato il collante potentissimo di questa unione.
Eravamo praticamente distesi per terra, in una posizione non certo comoda, ma che non ci aveva impedito comunque di seguire il corso inarrestabile di quella poderosa passione.
Dopo che riprendemmo coscienza di noi stessi lei mi guardò ancora intensamente per qualche istante, e lentamente si allontanò dal mio corpo. Ora mi scrutava così come aveva fatto la prima volta sulla strada, quasi seriamente, ma con una punta di dolcezza e soddisfazione che prima sicuramente non c’era. Si sistemò le mutandine, si alzò decisa e si allacciò i pantaloni.
Poi si diede una vigorosa scrollata con la testa che le rimise quasi in ordine quei lunghi capelli neri che ora le riavvolgevano la schiena come un morbido mantello. Mi salutò con un cenno della testa, e il suo sguardo in quell’istante riuscì incredibilmente a contenere tutto, tutto quello di cui avevo bisogno prima di non rivederla più. Si voltò e silenziosamente s’incamminò con passo lento nella direzione da cui eravamo venuti. Sapevo che non avrei potuto fare niente per fermarla ma soprattutto sentivo che non dovevo fare niente.. perché la perfezione è il sottile equilibrio esistente tra qualcosa che trovi e qualcosa che perdi, anche dopo pochi istanti.
Dopo quell’esperienza ora so che due “sconosciuti” possono trovare la perfezione, in qualunque luogo e in qualunque momento.
Mia moglie Laura al Club Privé.
Racconto trovato in rete su xhamster.
Io e mia moglie Laura abbiamo sempre avuto una perfetta sintonia sotto l’aspetto sessuale, una sera durante una scopata proposi a Laura di andare in un Club Privé, la risposta fu positiva, avevo già scopato Laura con altri uomini ma solo in casa tra le nostre quattro mura, questa per noi sarebbe stata una nuova esperienza. La sera successiva mangiammo qualcosa a casa poi ci preparammo, io mi vestii in modo elegante Laura in maniera molto sexy, in macchina eravamo silenziosi, chiaramente eravamo emozionati mentre ci dirigevamo al Club Privé. Una volta arrivati entrammo, dietro una porta a vetri una scala a scendere ci condusse all’ingresso, un distinto uomo sulla cinquantina ci salutò gentilmente, si preoccupò dei nostri soprabiti e ci chiese di compilare la tessera del club, pagammo e ci consegnò 4 preservativi augurandoci buon divertimento. Ero tesissimo e credo che Laura lo fosse molto più di me, la sala pareva vuota, in realtà notammo alcune coppie che chiacchieravano nel buio dei separé, andammo verso il bar e ordinammo ad una barista due gin tonic, ci sedemmo agli alti sgabelli, quattro chiacchiere, molta tensione, intanto la sala lentamente andava riempiendosi anche di alcuni uomini soli. Partì una musica da discoteca, le luci della pista cominciarono il classico lampeggìo da disco, proposi a Laura di andare a ballare sola io l’avrei guardata da un separé, mi sembrò titubante, ordinammo altri due drink, Laura diede un lungo sorso al gin tonic mi guardò con un sorriso malizioso e se ne andò in pista. Cominciò a ballare da sola, lentamente, in maniera molto seducente, vedevo che cominciava a prendere confidenza con la situazione, le sue lunghe gambe valorizzate dagli alti tacchi e la minigonna facevano effetto, i suoi capelli biondi ondeggiava ritmicamente mentre il generoso seno si muoveva liberamente sotto la camicetta scollata. Ero eccitatissimo, era bellissima, bastarono pochi minuti e due uomini le si avvicinarono ballando anche loro con lei, cominciò uno scambio di occhiate, di sorrisi, le furono sempre più vicini, fino a quando il più intraprendente dei due le mise una mano sui fianchi la fece girare e la baciò in bocca. Laura era fantastica fra le braccia di quello sconosciuto che aveva preso a toccarla in mezzo alla pista, le sbottonò la camicetta e le sue tette uscirono turgide incontro alle mani dell’uomo, anche il secondo prese coraggio a sua volta la baciò stringendole il seno. Laura prese la mani dei due, a seno scoperto li condusse al mio separé, non ci furono presentazioni, io rimasi leggermente staccato da loro mentre Laura si sedette al centro e aprì la patta dei pantaloni dei due che erano in piedi davanti a lei. Gli tirò fuori i duri cazzi che prese in mano, a turno cominciò a sbocchinarli succhiando avidamente, ogni tanto mi guardava sorridendo mentre spompinava, gli uomini le palpavano con furore le mammelle, sborrarono quasi insieme in maniera incontrollata bagnandole il viso la bocca e le tette, Laura succhiò fino all’ultima goccia e mentre si asciugava il volto e il seno con dei fazzolettini venne verso di me. Mi baciò con ardore, il suo seno si schiacciava su di me, sapeva di sperma e la cosa mi piacque moltissimo, mi tirò fuori il cazzo e cominciò a sbocchinarmi, stavo godendo di lei come non mi era mai capitato, mentre impazzivo di piacere vidi un ragazzo dietro di lei che si stava togliendo i pantaloni, tirò fuori un cazzo duro e potente, si mise il preservativo e senza che lei lo vedesse in volto la penetrò da dietro. Sentìì la bocca di Laura stringersi sul mio cazzo, mugolava di piacere sotto i colpi del cazzo dell’uomo, bastarono pochi minuti e la sentii venire mentre mi sussurrava che stava godendo come una troia, mi bastò sentirle dire quello che le sborrai in gola tutto lo sperma che avevo in corpo, il ragazzo tirò fuori il cazzo dalla figa di Laura si tolse il preservativo e le sborrò sulla schiena. Passarono alcuni minuti, Laura si rimise in sesto alla meno peggio e se ne andò in bagno a pulirsi, dopo qualche istante feci lo stesso anch’io, mentre mi lavavo e rinfrescavo il volto senti il rumore di una porta che battevam, era il suono che si provoca facendosi una scopata appoggiati a una porta semichiusa. Non resistetti ed entrai nel bagno delle donne, Laura a pecora era sbattuta come l’ultima delle mignotte dal padrone del locale, quello che sorridente e con modi gentili ci fece entrare, mi guardò stremata e godente fino a quando si girò per ingoiare lo sperma, finimmo la serata al bar sorseggiando il drink offertoci dal proprietario sfiniti e felici.
Mein Hausarzt Teil 2
Mein Name ist übrigens Holger und ich möchte euch noch gerne von meinem zweiten Besuch bei Jens, meinem neuen Hausarzt, erzählen.
Wir beide haben einige Gemeinsamkeiten. So ist er, wie ich, glücklich verheiratet aber sexuell ein wenig unausgelastet. Ebenfalls hat er eine Vorliebe für erotische Damenunterwäsche, allerdings nicht bei seiner Partnerin, sondern er kleidet sich selber gerne darin. Auch diese Vorliebe teile ich mit ihm.
Und wir haben noch etwas gemeinsam. Wir lieben beide nicht nur den Verkehr mit unseren Frauen, sondern auch den gleichgeschlechtlichen Sex.
Jens rief mich ca. eine Woche nach meinem ersten Besuch bei ihm wieder an. Er machte mich darauf aufmerksam, dass ich mal ein Belastungs-EKG machen lassen sollte. Ich dachte gleich an unser erstes Abenteuer und war sehr damit einverstanden. Wir verabredeten einen Termin für heute Abend.
Bevor es soweit war, hatte ich genügend Zeit, mich vorzubereiten. Nach einer ausgiebigen Dusche und Intimrasur überlegte ich, was ich anziehen sollte. Ich entschied mich für ein schwarzes, sehr transparentes und äußerst feminines Hemdchen mit dazu passendem Stringtanga, der meinen Schwanz eher betonte als ihn zu verbergen, sowie schwarzen halterlosen Nylonstrümpfen.
Bei unserer letzten Begegnung hatte ich Jens zunächst nur gezeigt, dass ich gerne Damenunterwäsche trage. Heute wollte ich noch ein Stück weiter gehen und sehen, wie er auf die Nylons reagiert. Zum Schluss noch die „normale“ Alltagskleidung drüber und schon war es Zeit zu fahren.
Wenige Minuten später war ich in der Praxis. Jens hatte seine „Mädels“ schon nach Hause geschickt und schloss hinter mir ab, sodass wir vollkommen ungestört waren.
„Schön, dass es geklappt hat.“ begrüßte er mich mit einer Umarmung. Es war für mich noch ein wenig ungewohnt, dass er gleich so vertraulich war aber auch angenehm und macht mich gleich ein wenig lockerer.
„Komm mal gleich mit in das EKG-Zimmer.“ Er setzte sich auf einen Stuhl neben dem Ergometer und bat mich, mich auszuziehen. Jetzt galt es. Ich war schon etwas nervös wegen seiner Reaktion auf meine Unterwäsche. Langsam zog ich zuerst meine Schuhe aus und ich sah, wie er sehr interessiert auf meine nylonbestrumpften Füße sah. Als nächstes öffnete ich ein wenig aufreizend meine Hose und zog sie aus. Es war schon recht aufregend für mich, so vor ihm zu stehen und ihm meine geheimen Wünsche zu zeigen. Mein Puls war schon auf 100. Jetzt sah er also zum ersten Mal meine, in Nylon gehüllten Beine. Da mein Hemd etwas länger war, konnte er den Tanga noch nicht erkennen.
„Deine Beine sehen wirklich sehr schön aus in den Strümpfen.“ Er lächelte mich an und ich verstand, dass er es wirklich so meinte.
Davon ermutigt knöpfte ich langsam mein Hemd auf. Mit gespannter Neugier beobachtete er mich, wie ich nach und nach mein Hemd öffnete. Beim letzten Knopf angekommen stand Jens auf und trat einen Schritt auf mich zu. Er streifte mir selber das Hemd von den Schultern. Aufmerksam betrachtete er mich von oben bis unten.
„Du siehst wirklich sehr geil aus.“ Er strich mit beiden Händen von meinen Schultern abwärts zu den Brustwarzen und streichelte sie eine Weile sehr sanft durch den transparenten Stoff des Hemdchens. Diese Berührung ließ meinen Schwanz schon ein wenig anschwellen, sodass der Slip immer enger wurde.
Seine Hände wanderten weiter nach unten. Mit einer Hand strich er nun über meine Pobacken und knetete sie gefühlvoll. Dabei strich er auch ab und zu durch die Ritze, was mich nur noch mehr aufgeilte. Die andere Hand widmete sich der Vorderseite. Mit nur zwei Fingern strich er über den Stoff entlang den Konturen meines Schwanzes. Dieser erhob sich nun zu voller Größe und ragte oben aus dem Slip heraus.
„Es freut mich, dass Du wieder so geil bist. Wir werden heute wieder sehr viel Spaß miteinander haben.“
Jens umschloss meine Schwanzspitze mit Daumen und Zeigefinger und streifte die Vorhaut nach unten. Die ersten Lusttropfen verteilte er langsam auf der Eichel und steckte mir anschließend den Finger zum ablutschen in den Mund.
„Jetzt werden wir erstmal das EKG schreiben.“, sagte er.
Das Hemdchen war vorne mit Schleifen geschlossen, die er nun auf zog und es bis zu Hälfte öffnete. Jens brachte die Elektroden an und ich sollte auf dem Trimmfahrrad Platz nehmen. So wie ich war führte er die Untersuchung durch, nicht ohne hin und wieder über meine Nylonstrümpfe zu streicheln oder seine Hand in meinen Schritt zu legen. Dabei wurde ich so unruhig, dass das Ergebnis des EKG sicher nicht richtig war.
„Das ist jetzt genug.“ Sagte Jens nach einer viertel Stunde und befreite mich von der Apparatur. „Mach dich ein wenig frisch und komm dann nach nebenan.“
Ich verknotete wieder die Schleifen meines Hemdchens und wusch mich ein wenig, da es doch etwas anstrengend war und ging dann, ohne mich weiter anzuziehen, nur in meiner Unterwäsche gekleidet, in das Nebenzimmer. Wenn ich zu Hause alleine bin, laufe ich auch fast immer nur mit einer Nylonstrumpfhose und Negligé bekleidet herum. Wenigstens wenn meine Frau nicht zu Hause war. Daher war es für mich hier in der Praxis nichts Ungewohntes mehr, da wir ja auch alleine waren.
Als ich in das Zimmer trat sah Jens hinter seinem Schreibtisch auf, lächelte mir freudig entgegen, stand auf und trat auf mich zu. Sehr zärtlich nahm er mich in den Arm und sagte: „Nun können wir ja dem aufregenderen Teil des Abends beginnen.“
Sein Gesicht näherte sich langsam dem Meinen und sein leicht geöffneter Mund berührte sehr zärtlich meine Lippen. Es war für mich immer noch sehr ungewohnt. Zwar hat er mich beim letzten Mal auch schon geküsst, aber in einer anderen Situation. Damals ließ er dabei mein Sperma in meinen Mund fließen, das ich ihm vorher in den Mund gespritzt habe.
Bei dem Kuss heute erinnerte ich mich plötzlich an meine Jugendzeit. Ich hatte früher hin und wieder mit einem Cousin ‚Mann und Frau’ gespielt. Dabei haben wir uns nackt ausgezogen, gestreichelt und geküsst. Er war immer die treibende Kraft, aber ich habe es sehr gemocht und mich den Gefühlen und ihm hin gegeben.
Jens´ Zunge drang in meinen Mund ein und jetzt erwiderte ich seinen Kuss leidenschaftlich und lange. Dabei streichelte er mit seinen Händen meinen Rücken und den Po und strich sehr fordernd durch meine Arschritze.
Ich war jetzt nur noch geil und wollte es ihm auch zeigen. Ich hauchte in sein Ohr: „Jens bitte fick mich jetzt. Ich bin so geil und möchte endlich deinen Schwanz in mir spüren. Die ganze letzte Woche habe ich an unser erstes Mal gedacht und dabei ist mein Schwanz immer knüppelhart geworden. Ich möchte endlich wieder deine Muschi sein.“
„Das sollst du auch. Ich werde dich heute noch schön vollspritzen. Aber zuerst werden wir uns noch ein wenig um deinen Hintereingang kümmern. Er soll doch alles aushalten können, oder?“
„Ja, bitte, aber mach es endlich. Ich halte es sonst nicht mehr aus.“
„Dann komm zuerst mal mit ins Bad. Wir müssen doch erstmal deinen Darm leeren. Ich mache dir ein paar Darmspülungen. Das magst du doch, oder?“
Und wie ich das mochte. Zu Hause mache ich mir hin und wieder sehr gerne einen Einlauf oder eine Darmspülung auch als Vorspiel wenn ich mich hinterher selber mit einem dicken Dildo ficke.
Jetzt führte er mich im Bad zu einer Vorrichtung, die ich beim letzten Mal noch nicht gesehen hatte.
Es war ein Sitz, ähnlich wie der Gynstuhl, über einer Wanne mit großem Ausguss. Nun sollte ich darauf Platz nehmen. Ich gehorchte natürlich gerne, zog meinen Slip aus, setzte mich und legte die Beine in die Halteschalen. Mein Hintern ragte ein wenig über den Rand des Stuhls hinweg, sodass die Hinterpforte schön zugänglich war.
„Ich werde dir jetzt ein paar Darmspülungen machen. Wenn du dich entleeren musst, bleibst du auf dem Stuhl sitzen und lässt es einfach heraus. Ich kann dein Loch in dieser Stellung danach ganz einfach sauber machen.“, erklärte mir Jens. „Und jetzt entspann dich.“
Er nahm etwas Gleitgel und schmierte mein Arschloch ein. Langsam erhöhte er den Druck auf meine Rosette und drang mit einem Finger ein. Er fickte mich nun etwas, während seine andere Hand meinen Schwanz umschloss und mich vorsichtig wichste. Ich stöhnte vor lauter Geilheit. Nun nahm er einen Wasserschlauch an dessen Ende ein Aluminiumaufsatz mit einem Durchmesser von ca. 2 cm angebracht war. Am Ende des Aufsatzes waren mehrere Löcher gebohrt, aus denen das Wasser spritzte. Diesen Aufsatz kannte ich bereits, da ich zu Hause einen ähnlichen verwende und freute mich auf das Kommende.
Jens führte mir das Rohr ein und das Wasser strömte in meinen Darm. Er fickte mich ein wenig mit dem Aufsatz, während seine andere Hand meine Eier streichelte und knetete. Langsam nahm der Druck in meinen Eingeweiden immer mehr zu.
„Jens, ich kann nicht mehr. Ich will es raus lassen.“
„Ok, für den ersten reicht das auch.“ Er zog das Rohr heraus und im selben Moment entleerte ich das Wasser ins Becken. Als ich fertig war spülte er mein Loch sauber und wischte es noch ab. Dann nahm er wieder etwas Gleitgel schmierte meine Rosette nochmals ein und nahm einen anderen Aufsatz. Dieser hatte zwar den gleichen Durchmesser, war aber sicher 40 cm lang.
„Den willst du doch nicht etwa ganz in mich reinstecken?“ Ich war bei dem Anblick doch etwas ängstlich.
„Keine Sorge, dass geht schon. Ich werde sehr behutsam sein.“ Jens versuchte mich zu beruhigen. Und ich wusste, dass er es auch so meinte. Also lehnte ich mich wieder zurück und entspannte mich. Gebannt sah ich zu, wie Jens sehr vorsichtig und mit viel Gefühl das Rohr in mich einführte.
Das warme Wasser, das in meinen Darm floss und die streichelnde Hand von Jens an meinem Schwanz führten dazu, dass meine Geilheit nun ein Maß erreicht, das ich bisher noch nicht erlebt hatte. Immer mehr Wasser breitete sich in mir aus und dauerte immer länger, bis ich nur noch stöhnte. Jens entfernte das Rohr und augenblicklich schoss alles Wasser aus mir heraus. Es war super geil mit anzusehen, wie das Wasser aus meinem Arschloch in die Wanne strömte. Als ich vollständig entleert war, wusch mich Jens wieder ab und cremte mein Loch noch zärtlich ein.
„So, jetzt bist du auch wieder schön sauber. Bitte zieh deinen Stringtanga wieder an, dein Schwanz sieht so schön geil darin aus, und komm dann wieder nach nebenan.“
Ich tat, was er mir sagte, und ging hinterher.
„Jetzt nimm wieder auf dem Gynstuhl Platz. Ich möchte dich noch weiter vorbereiten.“ Ich setzte mich und legte wieder die Beine weit gespreizt in die Schalen.
„Bitte Jens fick mich endlich. Ich bin so geil, gib mir deinen Schwanz, bitte!“
„Keine Sorge, du bekommst bestimmt, was du willst.“ Er trat nahe an mich heran und ich streichelte seinen Schritt während er mir wieder, wie beim letzten Mal, die Beine fest schnallte.
Auch der Oberkörper wurde festgeschnallt, so dass ich zwar meine Arme und Hände frei hatte, mich aber selber nicht befreien konnte. Ich war nun Jens vollkommen ausgeliefert. Aber ich vertraute ihm und daher war es für mich noch geiler.
„Wir werden nun mal sehen, ob dein Fickloch auch noch voll in Ordnung ist.“ Jens nahm ein Spekulum und ich merkte, wie er es durch meine Rosette schob und anschließend weitete.
Ich stöhnte, aber nicht vor Schmerz.
„Ich werde nun mal probieren, wie weit ich dich dehnen kann.“
„Ja, weite meine Möse. Ich möchte schön weit sein, wenn du mich fickst. Bitte fick mich endlich.“
„Immer mit der Ruhe. Vorfreude ist doch die schönste Freude, oder? Erstmal werde ich dir noch einen Vibratorplug geben.“
Er entfernte das Spekulum und ich sah, wie er ein recht großen Plug in mich steckte. Ich hatte schon Mühe, dieses Ding zu verkraften, aber als er saß war es doch sehr angenehm. Ich fühlte mich schön ausgefüllt aber er tat mir nicht weh. Und plötzlich fing er an zu vibrieren. Genau unter meiner Prostata spürte ich es zucken.
Ich stöhnte nun hemmungslos: „Uhohh… Das ist so GEIL……. Bitte komm her, ich möchte dich blasen. Steck mir deinen Schwanz in den Mund.“
Er kam um mich herum und wichste vorsichtig meinen Schwanz. Aber als ich ihm grade in den Schritt fasste um seinen Schwanz heraus zu holen ging urplötzlich die Zimmertür auf und ein Mann in einem Anzug betrat den Raum. Ich erschrak bis ins Mark. Augenblicklich verlor mein Schwanz an Spannung. Ich wollte aufspringen und mich verstecken. Niemand sollte mich so sehen, in der geilen Damenunterwäsche, die Beine weit gespreizt und mit einem Plug im Arsch. Doch ich konnte nicht, ich war ja festgeschnallt auf diesem Gynstuhl. Ich merkte, wie mir die Schamesröte ins Gesicht schoss und es mir die Kehle zuschnürte.
Jens drehte sich zu dem Fremden um und lächelte ihn an: „Hallo Dirk.“
„Hallo Jens“, grüßte dieser zurück.
„Holger, ich möchte dir Dirk vorstellen. Er ist ein Kollege und mehr als ein Freund.“
Jens ging auf Dirk zu und umarmte ihn sehr herzlich. Beide küssten sich sehr innig und leidenschaftlich. Bei diesem Anblick beruhigte ich mich wieder ein wenig und spürte die Geilheit wieder leicht erwachen.
„Das ist also der Patient, von dem du erzählt hast?“ Dirk löste sich ein wenig und lächelte zu mir herüber.
„Ja und ich habe ihn schon ein wenig vorbereitet. Aber leg doch erst einmal ab.“
Jens drehte sich zu mir und sagte: „Dirk und ich sind schon sehr lange zusammen. Ich habe ihm von dir erzählt und er wollte dich so sehr gerne kennen lernen. Ich hoffe, du bist mir nicht böse?“ Ich war immer noch zu geschockt um zu antworten und sah nur zu ihnen herüber.
„Ich glaube, wir müssen ihn noch ein wenig mehr zeigen, bevor er etwas lockerer wird.“, sagte Dirk.
Er nahm Jens wieder in die Arme und küsste ihn erneut. Dabei fingen sie an, sich gegenseitig aus zu ziehen. Nachdem Jens Dirk die Jacke abgenommen hat knöpfte er ihm das Hemd auf. Darunter trug Dirk ein schwarzes und transparentes Muskelshirt, das seinen trainierten Oberkörper gut betonte.
Jetzt öffnete Jens ihm auch die Hose. Langsam streifte er sie ihm nach unten und ging dabei auf die Knie. Sein Gesicht war jetzt genau vor Dirks Slip. Es war ein schwarzer Tanga aus Leder, der vorne geschnürt wurde. Jens zog an den Schleifen und befreite den Schwanz. Dieser hing nun leicht geschwollen heraus und Jens nahm ihn gleich in den Mund. Geil sahen sie sich in die Augen und Jens blies sehr ausgiebig und mit viel Hingabe den Schwanz, der sich immer weiter aufrichtete.
Dieses Schauspiel und auch der immer noch vibrierende Plug in meinem Loch ließen auch mich nicht mehr kalt und die Geilheit kehrte nun langsam zurück.
Jetzt stellte sich Jens wieder hin, küsste Dirk noch einmal leidenschaftlich, bevor nun Dirk anfing ihn zu entkleiden. Er streifte ihm das Polohemd über den Kopf und ich sah, dass er darunter eine blaue Spitzenkorsage trug und als die Hose ausgezogen war, sah ich sehr schöne Nylonstrümpfe im gleichen Farbton, die von einem Strapsgürtel gehalten wurden. Also hatte auch Jens ganz offensichtlich eine Vorliebe für erotische Nylons.
Jens drehte sich zu mir um und fragte: „Und, gefalle ich dir auch so?“
„Ja, sehr. Du siehst wirklich geil aus.“ Langsam kam auch meine Stimme wieder.
„Aber für den perfekten Look fehlt noch etwas.“ Er ging hinter seinen Schreibtisch, öffnete ihn und kam mit einem roten und einem weißen Paar High Heels wieder zu mir. Sich selber zog er das weiße Paar an und mir anschließend die Roten.
„So, jetzt sieht es noch viel geiler aus!“ Er ging zur Seite und ich betrachtete die Schuhe an meinen Füßen. Er hatte Recht. Ich hatte noch nie Damenschuhe getragen, weil ich mir nicht vorstellen konnte, dass mich das anmacht. Nun aber mit den roten High Heels an meinen Füßen und dem Kontrast zu den schwarzen halterlosen Nylons sah es vollkommen geil und nuttig aus.
„Ja“, sagte ich, „Du hast wirklich geile Ideen.“
Jens stand nun eben mir und wichste wieder leicht meinen Schwanz, der langsam wieder zum Leben erwachte. Auch Jens sah einfach megageil in seinem Dress und mit den weißen Schuhen aus, was wohl auch Dirk so empfand. Dieser stellte sich nun hinter Jens hin und legte seinen Schwanz in die Arschritze. Langsam bewegte er ihn in fickenden Bewegungen in der Ritze auf und ab. Jens drängte sich dabei weiter dem Schwanz entgegen und stöhnte auf. Er legte seinen Kopf seitlich in den Nacken und beide küssten sich sehr intensiv und während er mich weiter wichste langte ich zu seinem Schwanz, was ihm ein weiteres Stöhnen entlockte. Ich war nun wieder vollends geil und wollte mehr.
Nun ließ Jens von Dirk ab und beugte sich nach vorne über mein Gesicht. Seine Lippen kamen meinen immer näher und jetzt hatte ich keine Scheu mehr davor. Bereitwillig öffnete ich meinen Mund und als ich seine Lippen auf meinen spürte, empfing ich gerne seine Zunge. Während dessen ging Dirk auf die andere Seite von meinem Kopf. Ich merkte plötzlich, wie er seinen Schwanz zwischen unsere Lippen steckte. Jetzt konnten wir beide Jens´ Schwanz blasen. Wild und hemmungslos umspielten unsere Zungen den harten Schaft und abwechselnd fickte Dirk uns in unsere Mundfotzen.
Nach einer Weile ging Dirk weiter um mich herum zwischen meine Beine. Er schaltete den Vibrator aus und entfernte ihn aus meinem Darm. Das war mir sehr recht. Ich wollte nun von etwas anderem gestopft werden. Dirk beugte sich vor und ich spürte seine Zunge an meinem Schaft. Er leckte sehr gekonnt immer wieder hoch und runter. Weiter zu den Eiern, die er abwechselnd in seinen Mund saugte und ordentlich einspeichelte. Dann leckte er noch weiter runter über den Damm zu meiner Rosette. Diese stand durch die Dehnung des Plugs noch sehr weit offen und er drang mit der Zunge in mich ein.
Ich stöhnte in Jens Mund: „Bitte, fickt mich endlich. Gib mir nicht nur deine Zunge. Fick mich endlich mit deinem Schwanz. Ich will deinen Schwanz in meiner Arschfotze.“
Ich kannte Dirk nun erst sehr kurze Zeit, aber ich war geil und wollte endlich einen Schwanz in mir. Außerdem vertraute ich auf Jens. Dieser setzte sich mit seinem Arsch auf mein Gesicht so, dass er zu Dirk sah. Ich wusste, was er wollte und leckte seinen Sack mit den Eiern und auch weiter zu seiner Rosette. Hier leckte ich ausgiebig und drang auch bei ihm ein. Dann kniete er sich nun über mich in der 69er Stellung und ich nahm gerne seinen Schwanz in meinem Mund auf und Jens tat bei mir das Selbe.
Während dessen hat sich Dirk ein Kondom übergezogen und ich spürte nun endlich, dass er seinen Schwanz bei mir ansetzte. Meine Analmöse war so weit offen, dass er gleich in voller Länge bei mir eindringen konnte. Ich konnte nur noch stöhnen, da ich ja auch einen Schwanz im Mund hatte.
So ausgefüllt war ich noch nie. Gleichzeitig einen Schwanz in beiden Löchern. Es war unbeschreiblich. Dirk fing nun an, mich in den Arsch zu ficken und gleichzeitig fickte mich Jens in den Mund und blies dabei meinen Schwanz. Ich fingerte an Jens´ Rosette und drang gleich mit zwei Fingern in ihn ein, was er auch gleich mit einem geilen Stöhnen quittierte. Nie zuvor erlebte Geilheit überkam mich und ich wusste, dass ich so etwas noch öfter erleben wollte.
Dirk fickte mich immer weiter und zeigte eine enorme Ausdauer. Auch Jens stieß seinen Schwanz immer weiter in meinen Rachen ohne abzuspritzen. Dagegen merkte ich langsam, wie mir die Sahne aufstieg. Der Druck in meinen Eiern wurde immer größer und kurz darauf erreichte ich den „Point of no Return“. Meine Eier zogen sich zusammen und ich spritzte Jens die volle Ladung in den Mund während ich immer weiter in den Arsch gefickt wurde. Jens behielt meinen Schwanz noch so lange in dem Mund, bis er kleiner wurde und drehte sich dann herum, so dass sein Hintern jetzt über meinem war. Wieder näherten sich seine Lippen den meinen und ich wusste vom letzten Mal, was jetzt kam. Geil und bereitwillig öffnete ich meinen Mund und als mir Jens die Zunge hineinsteckte floss meine eigene Sahne in meinen Mund. Geil und hemmungslos küssten wir uns und Jens verteilte dabei mit seiner Zunge viel Sperma um meine Lippen herum und im ganzen Gesicht.
Nun spürte ich auch, wie Dirk sich aus mir heraus zog und wie er nun in Jens eindrang, der daraufhin in meinen Mund stöhnte. Immer schneller fickte Dirk ihn jetzt und mit einem lauten Aufschrei kam er in Jens´ Arsch. Als er kleiner wurde zog er ihn heraus und kam zu unserem Kopfende. Jens nahm ihm das Kondom ab und dirigierte ihn vor meine Lippen. Ich streckte meine Zunge heraus und wollte ihn ablecken um auch mal seine Sahne zu kosten. Da sah ich, wie Jens das Kondom über Dirks Schwanz umdrehte und alles Sperma auf den Schwanz floss. Dabei bekam ich natürlich auch eine ganze Menge in den Mund. Aber auch Jens schloss seine Lippen wieder von oben über Dirks Schwanz und gemeinsam leckten wir ihn wieder sauber. Als kein Sperma mehr auf dem Schwanz war, beugte sich Dirk zu uns herunter und wir küssten uns alle drei und leckten die spermaverschmierten Münder.
Jens war der Einzige, der noch nicht gekommen war. „Holger… Du bist genauso eine geile Schwanzmaus, wie ich. Ich möchte dich jetzt auch noch ficken.“
„Ja… Jens… Bitte. Ich bin schon wieder so geil durch diese Spermaspiele. Ich konnte mir bisher nicht vorstellen, dass das so geil ist. Aber bitte fick mich von hinten. Ich mag es besonders wenn ich von hinten gefickt werde.“
Ich sah nun Dirk an und sagte zu ihm: „Und ich möchte auch noch mal einen Schwanz gleichzeitig in meiner Mundfotze haben.“
Beide banden mich nun los und ich kniete mich vor Jens hin.
„Bitte.. Komm‘ jetzt… Fick deine kleine Schwanzmaus. Ich bin schon wieder so geil auf deinen Schwanz. Und dann spritz mir deine Sahne tief rein.“
Jens setzte seinen Schwanz an meine Analfotze und drang vorsichtig, immer Stück für Stück ein.
Dirk legte sich nun unter mich in die 69 und ich konnte nun auch meine Mundfotze wieder mit einem Schwanz füllen, der auch schon wieder zu wachsen begann.
Dirk blies seinerseits meinen Schwanz und knetete gleichzeitig Jens´ und meine Eier.
Jens stieß mich sehr gefühlvoll und wieder überkam mich diese Gefühlswelle aus Geilheit und Zufriedenheit diesen Schwanz in mir zu spüren und so geilen Sex erleben zu können.
Es waren endlose 10 Minuten in denen ich unter den Stößen von Jens dahin floss und Dirk mit dem Mund verwöhnte. Dann wurde Jens schneller. Ein letztes Mal stieß er mich kräftig bevor er seinen Schwanz aus meiner Möse zog und zu meinem Kopf kam.
Auch Dirk kam unter mir hervor und wir beide öffneten unsere Münder weit. Nach zwei, drei Wichsbewegungen schoss Jens seine Sahne abwechselnd auf unsere herausgestreckten Zungen und in die Gesichter. Dann kniete sich Jens zu uns und wir küssten uns wild und leckten das Sperma gegenseitig aus den Gesichtern.
Dann legte sich Dirk auf den Rücken.
„Kommt meine beiden geilen Nylonschwänze. Saugt mir noch mal die Sahne heraus.“
Jens und ich drehten uns um und gemeinsam leckten und wichsten wir ihm den Schwanz. Dabei knetete er unsere Ärsche und fickte uns jeweils mit den Fingern. Langsam merkten wir, wie er immer unruhiger wurde und dann zum zweiten Mal an diesem Abend seine Sahne verschoss.
Geil leckten wir alles von seinem Schwanz und gaben uns noch einen sehr feuchten Zungenkuss über der Eichel.
Noch vor einer Woche habe ich nur hin und wieder mal mein eigenes Sperma vorsichtig nach dem Wichsen von der Hand abgeleckt. Heute war ich geil auf Spermaspiele und Zungenküsse.
Nachdem sein Schwanz wieder sauber war musste Dirk leider schon wieder weg. Er zog sich an und gab Jens noch einen innigen Kuss. Dann kam er auch zu mir.
„Du hast wirklich eine sehr geile Ader. Ich würde dich sehr gerne wieder treffen.“
Ich stand vor ihm in der Reizwäsche und Nylonstrümpfen die in den roten High Heels steckten mit vorstehendem Schwanz. Er nahm mich in seine Arme und gab mir auch noch einen innigen Zungenkuss, wobei er noch mal meine Arschbacken knetete.
Danach war ich mit Jens wieder alleine.
„Nun“, fragte er mich, „habe ich dich mit Dirk heute zu sehr überfahren?“.
Wir setzten uns auf eine weiche Matte, über der eine Decke ausbreitet war und er rückte nahe an mich heran. Langsam und zärtlich streichelte er über meine bestrumpften Beine und ich streichelte seine Brust unter der blauen Korsage.
„Nein“, antwortete ich nach kurzer Pause. „Anfangs war ich sehr geschockt, als er plötzlich in der Tür stand. Aber als ich gesehen habe, wie zärtlich ihr miteinander wart wusste ich, dass ich dir vertrauen kann. Du hast heute unglaublich geile Gefühle in mir geweckt. Es war einfach schön und ich möchte dass auch wieder mit euch erleben.“
Ich streckte mich aus und genoss sein Streicheln.
Jens rückte nun noch näher an mich heran.
„Das ist sehr schön, dass du das sagst. Auch Dirk und ich hatten heute sicher den geilsten Sex miteinander, obwohl wir uns schon sehr lange kennen. Wir hatten während unseres Studiums eine WG mit noch zwei anderen. Die sind dann aber nach einem halben Jahr ausgezogen. Irgendwann danach ist es dann passiert. Er stieg eines Tages zu mir in die Dusche und wir haben uns gegenseitig gewichst und ein paar Wochen später wollte ich wissen, wie es ist in den Arsch gefickt zu werden. Seitdem treffen wir uns sehr regelmäßig und haben Sex. Dirk ist auch verheiratet und hat drei Kinder. Ich denke er ist auch sehr glücklich, genau wie ich mit meiner Familie. Aber wir ficken eben auch gerne miteinander und leben unsere sexuellen Fantasien aus.“
Bei diesen Worten neigte er seinen Kopf wieder dicht über mein Gesicht.
„Ich würde dich sehr gerne damit einbeziehen. Du hast eine genauso schöne und natürliche Geilheit wie ich. Und dein Fetisch für erotische Damenunterwäsche macht auch Dirk geil.“
Damit drückte er wieder seine Lippen auf meinen Mund, den ich bereitwillig öffnete und er verstand, dass auch ich mich öfter mit ihm und Dirk treffen wollte.
Seine Hand wichste nun wieder meinen Schwanz der wieder anschwoll.
Jens haucht mir ins Ohr: „Ich möchte jetzt noch von dir gefickt werden. Du hast mich ja auch noch gar nicht gevögelt. Ich möchte dich reiten. Aber deinen Samen sollst du mir in den Mund spritzen.“
„Dann setz dich doch auf meinen Schwanz. Wenn du mich weiter so wichst spritze ich gleich ab.“
Er rollte mir ein Kondom über und hockte sich dann auf mich, das Gesicht mir zugewandt. Sehr einfach konnte ich in ihn eindringen und er fing auch gleich an, mich zu reiten. Dabei fasste ich ihm an den Schwanz und wichste ihn im gleichen Takt, wie er auf mir ritt. Dann stützte er sich nach hinten ab und ich fickte ihn von unten immer schneller.
„Jens, ich komme gleich.“ Ich war nur noch zu einem Stöhnen in der Lage.
Er ging von mir runter und hockte sich wieder in der 69er Stellung über mich. Wir bliesen und wichsten uns gegenseitig und als ich in seinen Mund spritzte spürte ich auch das Ziehen in seinem Schwanz. Gleichzeitig entluden wir uns gegenseitig in die Mundfotzen.
Jens drehte sich dann wieder um und wir vermengten unsere Säfte in einem langen und sehr feuchten Zungenkuss.
Danach waren wir nun endlich geschafft und zu keiner Tat mehr fähig. Wir streichelten uns gegenseitig noch ein wenig und nachdem wir uns wieder etwas erholt hatten reinigten wir uns im Bad, bevor ich mich wieder anzog und wir uns verabschiedeten.
Mi scossero per svegliarmi. Aprii gli occhi ed il mio Giacomo mi stava scuotendo.
“Cosa c’è?” Chiesi.
“È il giorno del diploma, i tuoi genitori hanno detto di scendere per la colazione. Poi ti devi preparare.”
Mi lamentai. ” Va bene.”
Giacomo stava passando il week end con me. I suoi genitori avevano accettato di permettergli di andare a scuola con noi per la cerimonia del diploma. Scivolai in un paio di mutande e pantaloni del pigiama. La cerimonia era programmata per l’inizio di pomeriggio e la festa che i miei genitori avevano progettato per me sarebbe stata subito dopo la cerimonia.
Andai in cucina e mia madre mi servì la colazione, subito dopo lo fece con Giacomo e mio padre.
“Quando avete finito uno va a fare la doccia e poi quando a finifo, va l’altro.”
“Possiamo farla insieme.” Dissi senza pensare.
“Nick! ” detto mia madre.
“Scherzavo”
I miei genitori ci guardarono e Giacomo arrossì. “Giacomo può farla per primo.”
“Bene.” Disse mio padre. “Nick, capisco che voi due probabilmente avete già fatto la doccia insieme, ma penso che sia imbarazzante per il tuo amico, non è una cosa saggia da fare.”
“Mi spiacente.” Dissi io.
“NessunÈ bene il Sig. WIllis.” Disse Giacomo.
Finita la colazione andammo in camera mia. Giacomo prese un asciugamano ed andò in bagno. Io cominciai a cercare i miei vestiti. Preparai camicia, cravatta e pantaloni, berretto e giacca. Sentii qualcuno entrare dalla posta d’ingresso, uscii dalla mia camera e sentii le voci dei nonni. Ritornai in camera e chiusi la porta. Sarei stato felice di vedere i miei nonni, ma questo voleva dire che c’era anche Alice ed io non avevo nessun interesse a vedere mia sorella per il momento.
Giacomo ritornò in con un asciugamano avvolto intorno alla vita. Tirò via l’asciugamano e si ise un paio di mutande. “Non uscire ancora.” Dissi io. “Ci sono i miei nonni e vuol dire che Alice è qui.”
“Posso chiudere la porta a chiave?”
“Buon idea.” Dissi dato che avevo una porta per il bagno nella mia stanza. Giacomo chiuse la porta a chiave come io prendevo un asciugamano e cominciai a togliermi i vestiti e li gettavo nella cesta. Diedi un bacio a Giacomo, andai in bagno e feci la mia doccia. Quando rientrai nella mia camera Giacomo era completamente vestito.
Rapidamente mi vestii e fui pronto per andare. “Pronto? ” Chiesi a Giacomo.
“Ok, facciamolo.”
Giacomo ed io uscimmo ed andammo a salutare i nonni. “Allora, pronto per l’università?” Disse mio nonno salutandomi con un abbraccio.
“Oh Nicola.” disse mia nonna. “Siamo così orgogliosi di te.” E mi tirò in un abbraccio.
“Allora è questo l’amico?” Chiese mia nonna.
“Sì.” Dissi io. “Nonna, nonno questo è Giacomo.”
“Felice di conoscerti, Giacomo.” Disse mio nonno stringendogli la mano.
“Chiamaci Barbara e Paolo.” disse mia nonna.
Vidi Alice in un angolo della stanza. Sembrava oppressa da un peso, forse la gravidanza cominciava a mostrarsi. Aveva anche un’espressione strana sul viso mentre guardava Giacomo e me, uno sguardo che diceva che se avesse potuto ci avrebbe uccisi.
Era venuto il momento di andare a scuola, portammo i bagagli dei nonni nella camera degli ospiti, e poi andammo a scuola. Finalmente ottenemmo i nostri diplomi, posammo per le foto con le nostre famiglie ed amici. Poi ritornammo a casa e la festa cominciò.
I miei genitori avevano invitato famigliari ed amici miei e di Giacomo. Renzo era con Tammy ed alla fine noi quattro finimmo per giocare in piscina. Con mio grande piacere sembrava che Giacomo avesse finalmente cominciato a portare gli speedos. Eravamo seduti e stavamo chiacchierando quando qualcuno disse. “Cosa fanno qui loro?”
Alzai lo sguardo e vidi Alice, capii cosa voleva dire con “loro”, si riferiva a Renzo e Tammy. “Alice.” Dissi. “Questa è la mia festa e loro sono i miei amici, loro sono qui perché loro sono stati invitati.”
“Tu e Renzo non eravate amici.”
“Ora lo siamo, qualcosa che non va?”
“Questa sarebbe stata anchela mia festa se non fosse stato per quel tuo disgustoso amico.” Disse Alice disse guardando Giacomo con disgusto.
“No, Alice.” Disse Tammy. “Sarebbe stata anche la tua festa se tu non fossi andata a letto con metà della città. E sarebbe meglio non sentirti dire niente di cattivo su Renzo, Nick o Giacomo.
“Sì.” Dissi io. “E nel mio amico non c’è niente disgustoso.” Mentre lo dicevo misi un braccio intorno a Giacomo.
Alice sbuffò e se ne andò. “E’ una vera stronza!” Disse Tammy. “Nick come hai fatto a vivere nella stessa casa?”
“Non è stato facile, credimi.”
Venne l’ora di mangiare, mio padre aveva cotto delle costolette sulla griglia e noi ci sedemmo a mangiarle. I miei parenti mi diedero ricche mance e dopo un po’ gli ospiti cominciarono ad andarsene, Renzo e Tammy salutarono, i miei genitori non permisero che Giacomo ed io li aiutassimo a pulire così andammo in soggiorno e cominciammo a guardare della la televisione. Avevo un braccio intorno alle spalle di Giacomo ed i miei nonni si unirono a noi.
“Perché non se ne va?” Vidi Alice sulla porta del soggiorno.
“Se stai parlando di Giacomo, lui passerà la notte qui.”
“Non lo può fare!”
“Alice.” Disse il nonno. “Io non ho problemi se Giacomo resta se per i suoi genitori va bene.”
“E dove dormirà?”
“Dove pensi? Con me chiaramente.” Dissi io.
“Sapete quello che fanno a letto? ” Alice chiese ai miei nonni.
“Alice è probabile che noi siamo vecchi, ma non siamo vecchi barbogi.” Disse mia nonna. “Nick e Giacomo sono sicuramente sessualmente attivi. Ed inoltre quello che loro fanno a letto non sono affari nostri.i”
“Sì.” Dissi io. “Quindi taci e vattene.”
“Io non dormirò in una casa con due checche! ” Gridò Alice.
“Allora dormi fuori.” Dissi io.
Mia nonna si alzò, si avvicinò ad Alice, alzò una mano e la schiaffeggiò. “Non voglio mai più sentire quella parola! Lui è tuo fratello, è una vergogna che tu parli così, non hai un grammo di decenza.”
Alice uscì dalla stanza impettita.
“Non dovevi farlo nonna.” Dissi.
“Nick, non posso sentire quelle parole, specialmente se dirette ad uno dei miei figli o dei miei nipoti.”
Dopo un po’ Giacomo ed io salimmo in camera mia, ci spogliammo ed in breve Giacomo fu sulla schiena con le sue gambe sulle mie spalle ed il mio cazzo dentro di lui. Sparai un carico di sbvorra dentro di lui poi lo succhiai e bevvi il suo sperma.
Sono passati tredici anni, tredici anni in cui Giacomo ed io siamo rimasti insieme ed ancora lo siamo. Abbiamo avuto i nostri problemi nel corso di questi anni trascorsi insieme. Non potrei immaginare la mia vita senza che ci sia dentro Giacomo. Giacomo è diventato un medico, io continuai a nuotare con successo ma poi alla fine decisi di fare l’insegnante. Nuoto ancora per divertimento e sono allenatore di una squadra di nuoto.
Giacomo ed io torniamo a casa dei nostri ogni tanto ma non abbiamo più visto Alice dalla festa di diploma e la cosa non ci dispiace. I miei genitori mi hanno detto che ha avuto il bambino e se ne era preso cura il padre e la sua famiglia. Alice aveva pochi contatti col piccolo. Aveva ripreso ad andare a scuola ma era stata espulsa per il suo comportamento, ha avuto altri cinque figli, vive a senza fissa dimora ed entra ed esce di prigione.
Alan – Ch. 02
Alan – Kapitel 02
by literror©
* * * * * * * * * *
Was bisher geschah:
Alan, ein junger Mann kurz vor seinem Highschool-Abschluss, erhält auf mysteriöse Weise die Fähigkeit, die Gedanken anderer Menschen zu lesen und ihr Verhalten zu beeinflussen. Noch kann er mit dieser neu erlangten Macht nicht umgehen und nutzt sie unbeabsichtigt, um seine Lehrerin zu verführen.
Kurzzusammenfassung des zweiten Teils:
Der Tod seines Großvaters stellt einen tiefen Einschnitt für Alans Familie dar. Doch ungeachtet dessen gelingt es Alan, das Geheimnis um seine Macht zumindest teilweise zu lüften. Schließlich trainiert er seine Fähigkeiten an unbelebten, sowie an lebenden „Objekten”.
* * * * * * * * * *
Kapitel 2: Zusammenhänge erkennen
Alan und seine Eltern kamen nach Hause und seine Mutter wärmte das vom Vortag übriggebliebene Hähnchen zum Abendessen auf. Am Esstisch selbst gab es nur zurückhaltende Gespräche. Mit Alans Großvater ging es steil bergab. Der Arzt hatte mit ihnen gesprochen, während sein Großvater schlief, und ihnen mitgeteilt, dass dieser dem Ärzteteam auf der Herzstation erklärt hatte, sie sollten keine heldenhaften Anstrengungen unternehmen, um sein Leben zu verlängern, welches nach der Einschätzung des Doktors im Zeitraum der nächsten Stunden oder Tage zu Ende sein würde. Nach dem Abendessen setzte sich Alans Mutter auf die Couch und begann leise zu weinen. Sein Vater setzte sich neben sie, hielt sie fest im Arm und Alan konnte förmlich sehen, wie sich beide gegenseitig Trost spendeten. Das alles nahm seine Mutter sehr mit. Auch ihre Mutter war einen schleichenden Tod durch Krebs gestorben, noch bevor Alan geboren wurde, und nun zusehen zu müssen, wie das Leben ihres Vaters unaufhaltsam schwand, belastete sie sehr. Alan setzte sich neben sie auf die andere Seite und legte ihre Hand in seine, was ihre Laune etwas zu heben schien. Sie konnte ihre Traurigkeit zumindest für kurze Zeit verdrängen, drehte sich zu ihm, küsste ihn auf die Wange und verwuschelte sein Haar. Sie lächelte ihn an und holte tief Luft. Er war froh darüber, seine Mutter trösten zu können.
Alans Vater stand auf, um ans Telefon zu gehen, und seine Mutter legte ihren Arm um seine Schultern. Für einige Minuten saßen sie schweigend da. „Also,” fragte seine Mutter, „wie war’s heute in der Schule?” Alan wurde ein klein wenig rot, aber seine Mutter sah die ganze Zeit gerade aus und bemerkte es nicht. Alan erzählte ihr, es wäre nur ein ganz normaler Tag gewesen, und hatte dabei ein leichtes Lächeln auf den Lippen.
Später in der Nacht lag Alan wach im Bett und starrte an die Decke, da er unmöglich einschlafen konnte. Er war immer noch geschockt von den heutigen Ereignissen. Sein Leben hatte eine seltsame Wendung genommen, sicherlich keine schlechte, aber gleichwohl eine seltsame. Einige Dinge, die passiert waren, waren erklärbar. Sex mit einer älteren Frau zu haben, die sogar seine Lehrerin war, war unerwartet, aber im Rahmen des Möglichen. Er zog die Bettdecke von sich herunter und sah an seinem Körper hinab. Was er dagegen nicht so leicht verstehen konnte, war der plötzliche Wachstumsschub seine Penis. Er begann, gedanklich auf das Geschehen des Tages zurückzublicken und wurde schnell fündig. Kurz bevor Ms. Kelly Hand an seinen Penis angelegt hatte, war er noch besorgt gewesen angesichts dessen Größe, aber als sie ihn berührte, war er plötzlich gewachsen. Alan stand auf, schaltete seine Schreibtischlampe ein und öffnete die Schublade, um ein Lineal herauszuholen. Die Erinnerung an Ms. Kelly, die seinen Penis hielt, erregte ihn, und er wollte seinen Schwanz messen.
Er stieß ihn ein paar Mal in seine Faust, worauf er schnell zu voller Länge anzuschwoll. Mit der linken Hand setzte er das Ende des Lineals am Anfang an und sah, dass seine Erektion 22cm maß. Er war sprachlos. Während er sich zurück ins Bett legte, dachte er erneut an das Rendezvous mit Ms. Kelly zurück und auf einmal traf es ihn wie der Blitz: Der Schlüssel war dieses brummende Gefühl. Zum ersten Mal hatte er es während des seltsamen Zusammentreffens mit dem alten Mann im Krankenhaus gefühlt und später direkt bevor Ms. Kelly ihn in der Mittagspause geküsst hatte. Dann wieder, als er sie nach der Schule gesehen hatte und dann kam das Beste: Sein Schwanz hatte gekribbelt, kurz bevor sie ihn ergriffen hatte. Was auch immer mit ihm passiert war, dieses summende, kribbelnde Gefühl war allen Veränderungen gemeinsam. Er sah erneut auf seinen Schritt hinab, stellte sich seinen Penis in seiner ursprünglichen Größe vor und er fing wieder an zu kitzeln. Voller Erstaunen beobachtete er, wie er zu den 15cm zurückkehrte, und nur um sicher zu sein, wollte er es nachmessen. Er stand wieder auf, ging auf den Schreibtisch zu und streckte seine Hand nach dem Lineal aus. Als er etwa einen halben Meter vom Tisch entfernt war, erhob sich das Lineal in die Luft und glitt in seine Hand.
Alan atmete nun heftig, durch das Geschehen doch ein wenig eingeschüchtert. Er versuchte sich zu erinnern, was die Stimme in seinem Kopf gesagt hatte, als der alte Mann seinen Unterarm hielt. „Du hast die Macht, das Verhalten anderer zu kontrollieren und weitere Möglichkeiten werden sich dir auftun, wenn du deine Fähigkeiten weiterentwickelst.” Der alte Mann hatte ihm irgendetwas vermacht. Irgendeine Art von Macht. Er hatte sie benutzt, um seine Lehrerin zu vögeln. Er hatte sie ein weiteres Mal verwendet, um seinen Penis wachsen zu lassen. Er hatte sie benutzt, um das Lineal auf dem Schreibtisch zu sich zu rufen. Und ihm wurde klar, dass er so gut wie keine Kontrolle darüber hatte. „Entwickle deine Fähigkeiten weiter,” hatte die Stimme gesagt. Alan ging zurück ins Bett und konzentrierte sich auf seinen Penis. Er fing ein weiteres mal an, zu kribbeln, und vergrößerte sich fast schlagartig wieder auf 22cm. Er entschied sich herauszufinden, zu was er sonst noch in der Lage war. Nachdem er ins Bad gegangen war, betrachtete er seine Haare. Sie waren kastanienbraun, so wie die seiner Mutter, mittellang und durch das Liegen im Bett ein wenig durcheinander. Er schloss für einen Moment die Augen und konzentrierte sich. Als er sie wieder öffnete, war seine Frisur perfekt geglättet, als ob er sich gerade gekämmt hätte. Er schloss erneut die Augen und nach dem Öffnen war er blond. Noch einmal, und er war komplett kahl, wie Michael Jordan. Ein letztes Mal und seine Haaren waren wieder normal.
Als er so seinen Körper betrachtete, sah er, dass er dem langen Winter, gefolgt von all der Zeit, die er im Krankenhaus bei seinem Großvater verbrachte, etwa zwei bis vier überflüssige Kilo mehr verdankte, als sein „Kampfgewicht” betrug. Alans sportliche Betätigung kam größtenteils vom Radfahren und er hatte seit Herbst seinen Hintern so gut wie nie inden Sattel bekommen. Für den Winter über hatten ihm seine Eltern das alte Auto seiner Mutter gegeben, weil sie ihr ein neues gekauft hatten. Er war deshalb nicht einmal mehr mit dem Fahrrad zur Schule gefahren, als das Wetter wieder wärmer wurde.
Während er angestrengt darüber nachdachte, schloss er seine Augen und fühlte ein Kribbeln in seinem ganzen Körper, und als er an sich hinab sah, bemerkte er, dass er dünner und wohlgeformter geworden war. Er hatte seinen Spaß damit und entschied, die Muskelmasse seiner Arme und Beine leicht zu erhöhen, doch seine ersten Bemühungen waren zu gewagt und ließen ihn aussehen wie Arnold. „Zu abgefahren,” sagte er kichernd zu sich selbst und machte das Meiste wieder rückgängig. Er verbrachte eine gute Stunde damit, an seinem Körper herumzuspielen, doch am Ende sah er fast genauso aus wie zuvor, außer dass er den 22cm langen Schwanz und die sich besser abzeichnenden Muskeln beibehielt. Gerade als er wieder unter die Bettdecke schlüpfte, etwa um ein Uhr nachts, klopfte sein Vater mit düsterer Miene an die Tür. „Alan,” fing er an, „es ist passiert. Opa Joe ist gestorben. Deine Mutter zieht sich gerade an und wir fahren jetzt rüber.” Alan begann, sich ebenfalls anzuziehen und alle Gedanken an ‘die Saat’ waren in den hintersten Winkel seines Kopfes zurückgedrängt.
Wenige Kilometer weiter konnte Megan Kelly nicht schlafen. Sie fühlte sich, als ob sie bald wahnsinnig würde. „Wie konnte ich das nur zulassen?”, fragte sie sich selbst. „Ich könnte meine Stelle verlieren und bei allen Schulen des Landes auf die schwarze Liste gesetzt werden. Alles, wofür ich gearbeitet habe, wäre ruiniert.” Aber irgendwie machte ihr das weniger aus, als es sollte. In ihrem Herzen wusste sie, dass sie dabei war, wirkliche Gefühle für den Jungen zu entwickeln, und ein Teil ihres Gehirns erzählte ihr ununterbrochen, dass Liebe wichtiger war als ihre Karriere als Lehrerin. Aber für Megan Kelly glich der Beruf der Lehrerin einem Aufbäumen gegen die Erwartungen ihrer Eltern aus der Oberschicht. Sie brauchte den Job nicht wirklich, um sich selbst zu ernähren, ihre Familie war reich und sie wurde bis zu ihrem 25. Geburtstag vor kurzem mehr als ausreichend von ihre Mutter und ihrem Vater versorgt, als sie die Kontrolle über die Stiftung, die ihr von ihrem Großvater vermacht worden war, erhielt. Man sah es ihr mit ihrem der Mittelschicht entsprechenden Lebensstil nicht an, aber ihr Treuhandfonds enthielt mehrere Millionen Dollar, fast zehn Millionen, um genau zu sein. Als sie anfing zu unterrichten, konnte sie die die unausgesprochene Missbilligung ihrer Eltern beinahe spüren. Sie hätten sie gerne als standesgemäße Ehefrau und Mutter gesehen, im Wohltätigkeitsverein der Frauen, bei den üblicherweise rechten Spendengalas und dem ganzen Rest. Sie verstanden nicht, warum sie überhaupt arbeiten wollte und dann auch noch als Lehrerin.
Die Männer des Bestattungsinstituts holten den Körper von Großvater Joe vom Krankenhaus ab und Alan und seine Eltern sahen ihnen zu, wie sie um die Ecke verschwanden. Sein Vater hatte einen Arm um seine Mutter gelegt, stützte sie, und Alan nahm die Schlüssel von ihm, um das Auto her zu fahren. Die Beerdigung würde am nächsten Tag stattfinden und Alan brachte seine Eltern nach Hause. Sie hatten etwas Schlaf dringend nötig. Es war schon fast drei Uhr morgens und sie wollten den Leiter des Bestattungsinstituts um zehn Uhr treffen. Auf der Heimfahrt sagte Alans Vater zu ihm, er solle am nächsten Tag nicht in die Schule gehen, da er und seine Mutter alles arrangieren müssten und jemand zu Hause bleiben und das Telefon beantworten müsse.
Als die fünfte Schulstunde anbrach, war Ms. Kelly begierig darauf, Alan zu sehen, doch sie wurde durch seine Abwesenheit enttäuscht. Eine der anderen Schülerinnen ihres Kurses erzählte ihr, dass sie und Alan in der selben Klasse seien und der Klassenlehrer ihnen dort mitgeteilt hätte, dass Alans Großvater gestorben sei. Megan war hin- und hergerissen zwischen der Erleichterung, ihn nicht mit ihrem unangemessenen Verhalten vom Vortag konfrontieren zu müssen, und ihrem Verlangen, erneut mit ihm zusammen zu sein, ihn eng an sich zu drücken und seine Wärme zu fühlen, die gleichzeitig durch ihren eigenen Körper strömte.
Im Büro des Schulleiters fragte sie später die Sekretärin nach Alan und der Beerdigung. Die Sekretärin erklärte ihr, dass das Begräbnis morgen, am Donnerstag, gegen Abend sei und die Familie die Trauergäste abends nach der Beisetzung einladen werde. Megan wusste nicht, ob es angebrachte sein würde, morgen bei dem Haus von Alans Familie aufzutauchen, aber die Sekretärin informierte sie darüber, dass ein Großteil der Schule gehen werde. Megan hatte bis zu diesem Zeitpunkt noch nicht gewusst, dass Alans Mutter im Elternbeirat der Schule war, aber sie war froh, nun einen guten Grund zu haben, um zu ihrem Haus zu gehen. Die fünfte Stunde war gut verlaufen und sie wusste nicht, ob das daran lag, dass die Ablenkung, die Alan sonst für sie dargestellt hätte, gefehlt hatte.
Während seine Eltern den Morgen damit verbrachten, die Vorbereitungen für die Beerdigung zu treffen, nutzte Alan seine unerwartet hereingebrochene, freie Zeit, um mit seinen Fähigkeiten zu experimentieren. Das Telefon klingelte nur sporadisch — meistens waren es Freunde seiner Mutter — und so hatte er das ruhiges Haus für sich allein. Er begann damit, einzelne Objekte zu bewegen. Er ließ einen Teil der Wohnzimmermöbel umher schweben und setzte sie vorsichtig wieder ab. Einmal, als das Telefon klingelte und er zur Küche ging, wo er das Mobilteil liegen gelassen hatte, fiel ihm ein, dass er das gar nicht tun müsste. Gerade als das Telefon ihn erreichte, öffnete er seine Hand und nahm es. Da sonst keiner hier war, konnte er seine Macht nicht dazu benutzen, andere Menschen zu beeinflussen, und je mehr er darüber nachdachte, desto mehr Fragen tauchten in seinem Kopf auf. Er dachte über die moralischen Regeln und Folgen einer solchen Kontrolle über andere Menschen nach. Ein Problem, dass er auf sich zukommen sah war, dass er keinen hatte, mit dem er über seine gegenwärtige Situation reden konnte. Er glaubte nicht, dass ihn seine Eltern verstehen oder ihm erst gar glauben würden, wenn er ihnen von ‘der Saat’ erzählte. Ein weiteres Problem mit dem er sich konfrontiert sah, war, dass es niemanden gab, der ihm helfen konnte. Der alte Mann, der ihm ‘die Saat’ vermacht hatte, war tot und er wusste nicht, ob es eine andere lebende Person gab, die sie ebenfalls mit sich trug. Vielleicht war er der einzige, vielleicht gab es aber auch hunderte oder sogar tausende dieser Leute. Sie könnten sogar Clubs oder Vereinigungen haben, Alan wusste es nicht und hatte zudem keinerlei Idee, wen er fragen sollte, oder ob Fragen an sich überhaupt eine gute Idee war.
Bis jetzt, dachte er, hatte er nur eine einzige Person beeinflusst: Ms. Kelly. Er wusste nichts von der stellvertretenden Schulleiterin oder Mr. Stanton, dem Physiklehrer. Beide waren kurz davor gewesen, Alan und Megan zusammen zu erwischen, erstere während dem Kuss in der Mittagspause und letzterer, während Alan und Megan gerade Sex hatten. ‘Die Saat’ hatte an beide auf Geheiß Alans Unterbewusstseins ein Signal ausgesandt, vom Englischraum fernzubleiben.
Gegen drei Uhr kamen seine Eltern zurück. Nach ihrem Termin beim Beerdigungsinstitut waren sie bei Großvater Joes Haus vorbeigefahren, um die Kleidung abzuholen, die er bei seiner Beisetzung tragen sollte. Alan konnte deutlich erkennen, dass seine Mutter körperlich und emotional am Ende war und er tat, was er nur konnte, um sie zu trösten. Alle Gedanken an ‘die Saat’ und seine neuen Fähigkeiten verflogen.
Am nächsten Morgen blieb Alan ein weiteres Mal von der Schule daheim. Sein Vater hatte nichts dergleichen zu ihm gesagt, doch da am heutigen Tag um drei Uhr nachmittags die Beerdigung stattfinden sollte, dachte er, dass er die Schule sowieso vorzeitig verlassen müsste, um in seinen Anzug zu schlüpfen usw. Außerdem war seine Mutter in den letzten Tagen zunehmend auf ihn angewiesen und er wollte für sie da sein. Gegen Mittag kamen einige von Alans Schulfreunden vorbei, die ihre Mittagspause opferten, um ihr Beileid zu bekunden. Ein Teil der Freunde seiner Mutter war schon seit dem Frühstück im Haus umher gelaufen und Alan war froh darüber, denn sie hielten seine Mutter durchgehend beschäftigt und lenkten sie so von ihrem schmerzlichen Verlust ab. Alan führte seine Freunde auf die rückseitige Veranda hinaus und sie unterhielten sich für etwa ein halbe Stunde, bevor es für sie Zeit wurde, wieder zur Schule zurückzugehen.
Nach der Begräbnisfeier und der Beisetzung ließ der Shuttle-Service Alan und seine Verwandtschaft bei ihrem Haus aussteigen. Die Straße war von Autos gesäumt. Ein paar ihrer Freunde und Nachbarn waren bereits gleich nach der Beerdigung zu ihrem Haus gegangen, um alles für den Abend vorzubereiten. Alan sah, dass der Esstisch an die Wand geschoben war und unter Platten, voll mit Kuchen und anderem Essen, ächzte. Irgendwer hatte eine riesige Kaffeemaschine in der Küche aufgestellt und das Haus war übersät von Klappstühlen, die vom Bestattungsinstitut geliehen waren. Alans Mutter setzte sich auf die Couch im Wohnzimmer und die Leute kamen in kleinen Gruppen, um ihr Mitgefühl auszudrücken. Alan setzte sich eine Weile neben seine Mutter, aber schon nach kurzer Zeit scheuchte sie ihn weg und sagte ihm, er solle lieber mit seinen Freunden rumhängen, was er dann auch tat. Es befanden sich ziemlich viele Leute in ihrem Haus, Freunde und Nachbarn, Verwandte natürlich, Kollegen aus Vaters Anwaltskanzlei und eine ganzer Haufen an Leuten, die seine Mutter von ihrer Arbeit im Elternbeirat kannten. Alan konnte sogar seinen Schulleiter am anderen Ende des Raums erkennen. Einige seiner Lehrer, aktuelle und ehemalige, kamen zu ihm herüber, um ihm ihr Beileid auszusprechen. Er fragte sich, ob Ms. Kelly anwesend sei — war aber überzeugt, dass sie nicht gekommen sei. Ms. Kelly war relativ neu hier in der Stadt und er glaubte nicht, dass sie seine Mutter in ihrer beruflichen Rolle kannte. Seine Mutter hatte nie ein Wort von ihr erwähnt und Ms. Kelly hatte auch ihrerseits nie angedeutet, dass sie sie über die Stellung seiner Mutter Bescheid wusste.
Als er in die Küche ging, um sich eine Limo zu holen, sah er sie. Sie stand bei einer Gruppe von Lehrern aus seiner Schule, die sich locker unterhielt, und als er den Raum betrat, trafen sich ihre Blicke. Alle Lehrer aus dem Kreis drehten sich um und begrüßten ihn einzeln, als letzte davon Ms. Kelly. Einige von ihnen hatten ihn umarmt, also dachte er, da einige schon so gehandelt hätten, könnte sie das auch. Megan stellte sich auf ihre Zehenspitzen und schlang ihre Arme um seinen Hals, wobei ihre Backe die seine für einen Sekundenbruchteil berührte. Sie trennten sich, Alan nahm sich sein Getränk und entschloss sich dazu, die Küche zu verlassen, da er dachte, seine Anwesenheit würde bei Ms. Kelly ein unbehagliches Gefühl auslösen.
Als es langsam später wurde, lichtete sich die Menge im Haus allmählich. Als seine Freunde gingen, begleitete er sie zu ihren Autos und sein Vater tat es ihm gleich bei seinen Arbeitskollegen. Gegen neun Uhr schließlich, sah er einen Haufen Leute das Haus verlassen, und Ms. Kelly stand gerade vor dem Kleiderständer, den sie im Flur aufgestellt hatten — eine weitere Leihgabe des Bestattungsinstituts. Er beendete die Unterhaltung, die er mit seinem Vater geführt hatte schnell, aber höflich, drehte sich zu Ms. Kelly um und sagte, laut genug, dass ihn die noch im Haus verbliebenen Gäste hören konnten, an seine Lehrerin gewandt: „Warten Sie, Ms. Kelly, ich bringe Sie zu ihrem Auto und dabei können Sie mir erzählen, was ich alles für Unterrichtsstoff versäumt habe.” Er konnte erkennen, wie sich ihre Augen für den Bruchteil einer Sekunde weiteten, bevor sie antwortete: „Mach dir darüber mal keine Sorgen, Alan, den kannst du jederzeit nachholen.”
Alan trat an sie heran und sagte, immer noch deutlich im ganzen Raum vernehmbar: „OK, danke Ms. Kelly.” Er wartete eine Sekunde. „Ich bringe Sie trotzdem noch zu Ihrem Auto.” Alans Vater sah ihnen beiden zu, wie sie zusammen gingen, und nickte anerkennend. „Wir haben einen wahren Gentleman großgezogen,” bemerkte er an seine Frau gewandt und sie stimmte ihm zu. Sie wüsste nicht, wie sie die vergangenen Tagen ohne Alan ausgehalten hätte.
„Wollen Sie ‘das Gespräch’ jetzt führen, Ms. Kelly?”, fragte Alan, als sie beide auf ihr Auto zugingen. „Ich hätte nun genug Zeit. Meine Eltern sind mit den Gästen beschäftigt.” Alan konnte sich ziemlich genau ausmalen, was Ms. Kelly zu ihm sagen würde. Sie sperrte ihren Wagen mit der Funkfernbedienung auf und bedeutete ihm gestenreich, auf der anderen Seite einzusteigen. Als er sich ins Auto setzte, dachte Alan über seine Möglichkeiten nach. Er hatte sich schon fast dazu entschieden, dass er damit klarkommen würde, ‘die Saat’ dazu einzusetzen, um sein Aussehen zu verändern, und seine Fähigkeit, Gegenstände durch Geisteskraft zu bewegen war sicherlich cool, doch er entschloss sich dazu, sie nur privat für sich einzusetzen. Er hatte auch die Aspekte der Bewusstseinskontrolle durch ‘die Saat’ sorgfältig durchdacht und war zum Schluss gekommen, dass es falsch wäre, sehr falsch sogar, Leute dazu zu bewegen, Dinge zu tun, die sie nicht tun wollten, und er glaubte, dass er genügend Willenskraft besaß, um diese selbstauferlegten Richtlinien durchzustehen. Wenn Ms. Kelly sich durch und durch weigern würde, ihre Affäre fortzuführen, dann würde er damit leben, auch wenn es eine harte Bewährungsprobe für seinen Entschluss sein würde, wenn er sie für weitere drei Monate (also den Rest des Schuljahres) an fünf Tagen der Woche sehen müsste.
Er war überrascht, als Ms. Kelly den Motor anließ. Er wandte sich zu ihr um: „Was machen Sie da? Ich dachte, wie würden hier miteinander reden.” Ms. Kelly schwieg eine ganze Minute lang.
„Alan.” Sie wartete. „Ich denke, es wäre besser, wenn wir uns nicht so öffentlich unterhalten würden.” Während sie fuhr, jagten ihr gegensätzliche Gedanken durch den Kopf. Einige Minuten später fuhr sie vor ein städtisches Reihenhaus, parkte, schnallte sich ab und stieg aus. Alan folgte ihr. Nachdem sie die Haustür hinter ihnen abgeschlossen hatte, drehte sie sich zu Alan und warf sich in seine Arme. Ihr Kopf lehnte an seinem Brustkorb und Tränen strömten aus ihren Augen die Wangen hinunter. Alan schlang seine Arme um sie und hielt sie, während sein Hemd ihre Tränen aufsog. Sie richtete sich auf, zog Alan mit ins Wohnzimmer und ließ ihn sich auf den Stuhl setzen, während sie ihm gegenüber auf der Couch Platz nahm. Sie wollte nicht direkt neben ihm sitzen, da sie sich selbst nicht recht vertraute.
„Ich weiß, warum Sie mit mir sprechen wollen, Ms. Kelly”, begann er. Sie sah ihn an und schniefte, eine Folge ihrer Heulorgie im Flur. Alan fuhr fort: „Sie wollen mir mitteilen, dass wir so etwas nie wieder machen dürfen, dass Sie Ihren Job verlieren und in einen Haufen Schwierigkeiten geraten könnten, richtig?” Ms. Kelly hörte ihm zu, ihr Kinn auf die Brust gesenkt, die Augen nach unten gerichtet, und wagte es nicht, Alan anzublicken. „Lassen Sie mich nur noch sagen, dass ich das verstehe, Ms. Kelly, und wenn es so sein muss, werde ich damit klarkommen.” Er sah, dass seine Lehrerin erneut angefangen hatte, lautlos zu weinen, und eine einzige Träne ihre Wange hinunter kullerte. Er wollte sich über den Kaffeetisch beugen, der sie beide trennte, und sie abwischen, aber er dachte, dass das unangebracht wäre, und so saß er ruhig dort und erwartete ihre Antwort.
Sie hob ihren Kopf, um ihn anzublicken, und wischte die Träne mit ihrem Handrücken fort. Sie war so sehr von Gefühlen ergriffen, dass sich ihre Kehle wie zugeschnürt anfühlte und sie glaubte, kaum mehr atmen zu können. Als sie versuchte zu reden, brachte sie kaum mehr als ein Flüstern zustande. „Ja, genau das wollte ich zu dir sagen. A-aber ich bin froh, dass du es ausgesprochen hast, denn ein großer Teil von mir wollte nicht aufhören.” Sie ließ diesen Satz, der das Potential besaß, eine Katastrophe auszulösen, einen Moment lang im totenstillen Raum stehen, bevor sie fortfuhr. Ihre Stimme war sehr leise und Alan bemühte sich, jedes Wort zu verstehen. Als sie erneut zum Sprechen ansetzte, konnte Alan erkennen, dass sie zitterte. Er stand auf und ging um den Kaffeetisch herum, setzte sich neben sie und hielt sie. Sie gab einen gedämpften Seufzer von sich und begann in seinen Armen, stärker zu zittern. Alan küsste sie oben auf ihren Kopf, voller Bewunderung für den angenehmen Duft ihrer Haare, und sie beruhigte sich zusehends. Als er den Eindruck hatte, sie hätte ihre Fassung so weit wiedererlangt, um wieder reden zu können, lehnte er sich zurück und schob sie behutsam von sich, sodass er ihr ins Gesicht blicken konnte. Immer noch sagte sie für ein oder zwei Minuten kein einziges Wort, sondern starrte lieber aufmerksam in seine blauen Augen.
Er dachte erneut über die Situation nach. Im Moment benutzte er seine Macht nicht, um sie zu einer Antwort zu zwingen. Zugegebenermaßen hatte er das letzte Mal auch nicht gewusst, dass er seine Fähigkeiten benutzt hatte, als sie Sex im Klassenzimmer hatten, aber diesmal spürte auch kein verräterisches Brummen in seinem Kopf, oder wie zuletzt, ein Kribbeln in seinem Penis. Falls Ms. Kelly sich mit freiem Willen dazu entscheiden würde, weiterhin mit ihm zu schlafen, hätte er sicher keine Einwände. Versunken in seinen Überlegungen bemerkte er nicht, wie Ms. Kellys Kopf sich seinem näherte. Er wurde aus seiner Nachdenklichkeit gerissen, als er ihre Lippen über seine streichen fühlte. Herzlich gern erwiderte er den Kuss und ihr Mund öffnete sich, um seiner Zunge Einlass zu gewähren. „Sie schmeckte nach Kaffee,” dachte er bei sich. Sie unterbrach den Kuss und legte ihr Kinn auf seine Schulter, während sich ihr Körper an seinen drängte.
„Seit diesem einen Tag war ich nicht für einen Augenblick in der Lage, an etwas anderes zu denken als an dich und an das, was wir zusammen getan haben,” fing sie an. Sie war kurz davor, ihm zu erzählen, wie sehr sie ihn liebte, aber biss sich schnell auf die Zunge, da sie ihn nicht verschrecken wollte. Erst vor ein paar Minuten, als er sie gehalten und oben auf den Kopf geküsst hatte, hatte er ihr den Rest gegeben.
Sie wollte ihn.
Sie wollte mit ihm zusammen sein.
Sie wollte sein Mädchen sein.
Sie hoffte, er würde sie nehmen. Scheiß auf die Konsequenzen.
Zu diesem Zeitpunkt war Alan nicht einmal sonderlich überrascht. Er konnte die Hitze förmlich spüren, die von ihr ausging, als er sie in den Armen hielt. Er fing an, seine Hände über ihren Körper wandern zu lassen und massierte ihre Schultern, ihren Rücken und dann ihren süßen Po. Schon jetzt war sie fast aufs äußerste angespannt und ihr Körper vibrierte förmlich unter seinen Berührungen. Sie atmete durch ihre Nase, da ihre Lippen sein Ohrläppchen fest umschlossen hielten, und so konnte er ihren heißen Atem in seinem Nacken spüren. Sie richtete sich auf, sah ihn erneut an und bedeckte seine Lippen mit ihren, während ihre Hände nach den Knöpfen ihrer Bluse tasteten. Ohne den Kuss zu unterbrechen, begann Alan sein Hemd aufzuknöpfen. Sie schlüpfte aus ihrer Bluse und ließ sie hinter sich auf den Boden fallen, um sogleich Alans Hemd zu packen und es aufzureißen, sodass die letzten zwei oder drei Knöpfe in alle Himmelsrichtungen davonflogen.
Alan zog seine Arme hervor, um sie an ihn zu drücken, seine Hände gingen auf Wanderschaft und fanden den Verschluss ihres BHs. Sie keuchte etwas, als er ihn aufhakte, unterbrach den Kuss, um sich herauszuwinden und ließ dann ihren BH einfach zwischen die beide fallen, sodass er auf Alans Schoß liegen blieb. Er spreizte im Sitzen seine Beine und sie kniete sich zwischen seine Oberschenkel, sodass ihr Hintern auf ihren Fersen ruhte, als sie sich vorbeugte, um ihren unterbrochenen Kuss fortzusetzen. Während sie ihren Mund auf seinen drückte, schob sie sein Hemd beiseite, rieb ihre harten Nippel gegen seine Brusthaare und seine stählerne Brust und quiekte dabei vor Vergnügen. Sie schob sein Hemd so weit wie möglich hinab, bis der Kragen ihn in der Mitte des Rückens berührte und der Rest sich auf der Höhe seiner Ellenbogen bündelte. Sie wand sich vor Hitze und bemerkte plötzlich, dass sie irgendwann begonnen hatte, sein Gesicht wie eine Katze zu lecken. Voller Schrecken sah sie ihn an, um dann angesichts seines Lächelns zu kichern. Er umfasste sie mit seinen starken Armen und zog sie mit sich auf die Füße, als er aufstand. „Wo geht’s zum Schlafzimmer?” fragte er, ohne sie aus der Umarmung zu entlassen. Sie nickte in Richtung der Treppe, er nahm sie auf die Arme und trug sie dann, genau wie ein Bräutigam seine Braut, über die Türschwelle. Sie schlang ihre Arme um seinen Hals und er trug sie die Stufen hinauf.
Sanft legte er sie auf ihr Bett. Er richtete sich auf, schnallte seinen Gürtel auf und ließ die Hose zu Boden fallen. Er schlüpfte aus seinen Schuhen und stieg aus seiner Hose. Dann zog er seine Socken aus. Sie war gerade dabei, hinter sich zu greifen, um ihren Rock abzulegen, als er sie aufhielt. „Lassen Sie mich das machen, Ms. Kelly.” Sie wurde rot. Er stieg aufs Bett, lehnte sich über sie und bedeckte ihre Brüste mit Küssen, während er um sie griff, um den Reißverschluss ihres Rocks zu öffnen. Sie hob ihren Hintern kurz an, sodass er den Rock zu Boden werfen konnte. Sofort waren seine Hände wieder an ihren Hüften, um sie um ihren Slip zu erleichtern. In dem dämmrigen Licht ihres Schlafzimmers zog er ihre Unterwäsche nach unten und sie zog ihre Beine an, damit er sie komplett ausziehen konnte. Er legte sich in Rückenlage neben sie und sie drehte sich auf die Seite, sodass sie sich küssen konnten. Die Hände beider flogen über den Körper des anderen und erkundeten sich gegenseitig. In ihrem Unterbewusstsein spürte Megan einen leichten Anflug von Verwirrung. Sie konnte sich nicht daran erinnern, dass Alan einen solch wohlgeformten Körper bei ihrem Zusammentreffen vor einigen Tagen gehabt hatte, aber sie würde niemals das aktuelle Geschehen unterbrechen, um sich darüber zu beschweren oder irgendwelche Fragen zu stellen.
Alans rechte Hand tastete sich hinab und er konnte ihr Nässe deutlich fühlen. Sie keuchte und stöhnte, als sie spürte, wie er sie in ihrem Heiligtum berührte, und begann vor Verlangen zu beben. „Alan,” sagte sie, „das, was du tust, fühlt sich so gut an. Ich brauche dich. Ich w-w-will, dass du mich berührst. M-mach weiter so.” Sie atmete schwer, ihr Körper zitterte immer heftiger, und als sie schließlich kam, schrie sie immer und immer wieder seinen Namen. Alan hielt sie an den Schulter fest und drehte sie so, dass sie nun über ihm war. Nachdem er sie vorsichtig an die richtige Stelle geschoben hatte, rieb ihr triefendes Loch bereits gegen seine hart geschwollene Erektion. Ihre Augen weiteten sich schlagartig, als sie seine Lanze an ihrer Spalte spürte, und sie ging in die Hocke und platzierte seine Schwanzspitze direkt vor ihrer Lusthöhle. Langsam ließ sie sich auf seinen langen Pfahl sinken und diesmal war es er, der keuchte. Sie war eng und das Gefühl ihrer sich noch immer zusammenziehenden Scheide überwältigte ihn. Er konzentrierte sich darauf, noch nicht zu kommen und irgendwo in den Tiefen seines Schädels erfüllte ihn erneut das schon bekannte wummernde Gefühl. Als ihr Hintern schließlich auf seinem Becken ruhte, langte er nach oben, um ihre zartrosa Nippel zu verwöhnen, und ein Schütteln durchfuhr ihren Körper. „Es ist so falsch, was wir hier machen, Alan, aber ich brauche es. Ich brauche dich,” keuchte sie mit einem schiefem Lächeln im Gesicht. „Ich fick dich, Alan… Ich fick dich, Alan…” wiederholte sie immer wieder gleich einem Mantra. Alan spielte weiterhin mit ihren Nippeln, kniff sie leicht, rieb sie ab und zu kreisförmig mit seinen Handflächen und nach nur wenigen Minuten kam sie erneut. Ihr Körper fiel nach vorne, ruhte nun auf seiner Brust und ihre Freudenschreie wurden von den Schlafzimmerwänden zurückgeworfen.
Doch Alan war noch nicht fertig.
Er drehte sie auf den Rücken, drang erneut in sie ein und bewegte seinen Kolben langsam hin und her, von der Spitze bis zum Anschlag. Ms. Kelly starrte ihn ungläubig an, viel zu entrückt, um im Moment irgendetwas sagen zu können. Sie fing an, leise zu wimmern, packte seinen Kopf seitlich und zog ihn zu sich herunter, um ihre Zunge in seinen Mund drücken zu können. Er wurde zunehmend schneller und nach ein paar Minuten vögelte er sie kraftvoll. Sie drückte ihren Rücken durch, kam erneut zum Höhepunkt und ihr ganzer Körper versteifte sich. Alan schoss seine Ladung in ihre Muschi und sie stöhnte lustvoll auf, völlig besinnungslos angesichts der Leidenschaft, die sie für ihn verspürte. Sie beide brachen zusammen, ihr Körper fiel in die Matratze und er auf sie drauf, während sein schrumpfender Penis aus ihrer Tiefe auftauchte. Er drehte sich auf den Rücken und sie tat es ihm gleich, sodass ihr Gesicht seitlich an seiner Schulter lag. Er legte den Arm um sie, sodass seine Hand auf ihrer Hüfte ruhte, während sie sanft seine Brust streichelte und ihre Finger seine Brusthaare kraulten.
Alan schielte zu ihrem Nachttisch hinüber, um nach der Uhrzeit zu sehen. Wenn er heimkommen würde, dann würde er seinen Eltern erzählen, er hätte einen langen Spaziergang unternommen, um die Trauer über seinen Opa Joe zu verarbeiten. Falls sie ihm das nicht abkaufen würden, würde er mit ‘der Saat’ nachhelfen, denn er war überzeugt, dass es nicht wehtun würde, seine Macht nur dieses eine Mal anzuwenden. Er müsste in Zukunft dann nur vorsichtiger sein.
Neben ihm auf dem Bett schnurrte Ms. Kelly zufrieden und er streichelte weiter ihre Hüfte. Beide waren von einer Schweißschicht bedeckt, die langsam verschwand und sie müde werden ließ, sodass Alan zum Bettende hinunter langte und die Daunendecke, die dort zusammengefaltet war, über sie breitete. Sie kuschelten für eine Weile und genossen die Nachwirkungen des Sex, bis Alan auf die Uhr sah und merkte, dass es schon fast 22:30 Uhr war. Er drehte sich zur Seite und küsste ihre Stirn, was sie mit einem Seufzen beantwortete. Nachdem er sich auf den Ellenbogen gestützt hatte, betrachtete er ihr wunderschönes Gesicht und wischte mit seiner freien Hand einige Haare weg, die ihm den Blick auf ihre Augen versperrten. Sie erwiderte seinen Blick auf verehrungswürdige Weise, und schließlich beendete er die Stille. “Ähm, Ms. Kelly? Würde es Ihnen was ausmachen, mich nach Hause zu fahren?” Er wartete einen Augenblick und fügte dann hinzu, “Morgen ist Schule und ich muss rechtzeitig zu Hause sein, sonst bekomme ich Ärger.” Sie kicherte angesichts seiner Erklärung und sie lösten sich voneinander und fingen an sich anzuziehen.
“Weißt du, Alan,” sagte sie, während sie in eine herumliegende Hose schlüpfte, “wenn wir unter uns sind, möchte ich, dass du mich ‘Megan’ nennst.” Aus irgendeinem Grund hielten sie beide das für äußerst lustig und die Luft war von Gelächter erfüllt, als sie sich auf den Weg hinab ins Erdgeschoss machten, damit Alan sein Hemd wieder anziehen konnte, bevor sie das Reihenhaus verlassen würden. An der Haustür spähte Megan zunächst vorsichtig hinaus, um zu sehen, ob die Luft rein war, und dann rannten sie beide zum Auto.
Als sie bei Alan daheim angekommen waren, küssten sie sich kurz, Alan stieg aus dem Auto und machte sich gemächlich auf den Weg zum Haus. Die Hemdknöpfe, die ihrem wilden Liebesspiel zum Opfer gefallen waren, waren glücklicherweise die untersten, daher stopfte er sein Hemd einfach in die Hose, sodass niemand so schnell den Schaden bemerken würde. Der Flur war verlassen, als er ihn betrat und so eilte er schnell die Treppe hinauf in sein Zimmer und schloss die Tür hinter sich. Als er sich gerade auszog, um zu duschen, hörte er es an die Tür klopfen und der Kopf seines Vaters erschien wenige Sekunden später im Türspalt. “Hi Großer, ich hab gehört, wie du reingekommen bist. Wohin warst du heute Abend verschwunden?” fragte er. Alan erzählte ihm die Geschichte vom Spaziergang und sein Vater nickte verständnisvoll.
Nach dem Duschen bedauerte es Alan, dass er Megans Geruch von seinem Körper gewaschen hatte. Er setzte sich an seinen Computer, loggte sich ein und begann, seine Mails durchzugehen. Es war erst 23:15 Uhr und er ging normalerweise nie vor Mitternacht zu Bett, und heute war er zudem ziemlich aufgedreht. Er hatte erwartet, dass Ms. Kelly – Megan – ihn zu Recht zurückweisen würde, aber er war heilfroh über ihr Verlangen nach ihm. Er hatte ihr Verhalten noch nicht einmal mit seiner Macht beeinflusst. Schließlich gab er es auf, am Computer zu arbeiten, da er durch die frische Erinnerung an das mit Megan Erlebte einfach zu stark abgelenkt war.
Er stellte den CD-Spieler an und legte ein Album der Punk Band Bad Religion ein, das “Seltsamer als Erdachtes” hieß. Seine skateboardverrückten Cousins aus Kalifornien hatten ihn zu der Band gebracht und da das Schlafzimmer seiner Eltern auf der anderen Seite des Hauses lag, würde er sie nicht stören, solange er die Lautstärke auf vernünftigem Niveau hielt. Er drückte auf ‘in zufälliger Reihenfolge abspielen’ und der zweite Song, der kam, hieß “Hurra für mich” und dessen Text ergab nun für Alan ein völlig neue Bedeutung.
“Sag mir… kannst du dir vorstellen, für eine Sekunde alles zu tun, nur weil du es willst? Nun, das ist genau das, was ich tue, also ein Hurra für mich… UND FICK DICH!”
Und später, in einer leicht veränderten Version des Refrains:
“Oh ja sag mir… kannst du dir vorstellen, für eine Sekunde nur die Hälfte aller Dinge zu probieren, die du jemals wolltest? Nun, das ist genau das, was ich tue, also ein Hurra für mich…”
Der Rest sollte bekannt sein…
* * * * * * * * * *
Autor des Originals: juliancoreto
Übersetzung durch: literror
Racconto trovato in rete su xhamster.
Quando ho visto su un sito porno dei trans che si inculavano e si spompinavano a vicenda il mio cazzo ha avuto subito una reazione incredibile, mi sono eccitato così tanto che con appena due toccate mi stavo sborrando nelle mutande, sarebbe stata una situazione imbarazzante, il computer era quello della società per cui lavoravo, così mi sono affrettato a cancellare la cronologia.
Di quella mia “evasione visiva” non ne è rimasta traccia ma il mio cervello iniziò a rimuginare alle donne avute sino ad allora, alle loro prestazioni, i bocchini che mi avevano fatto sino a quel momento non avevano la stessa carica erotica di quello che quei trans si facevano a vicenda.
Sebbene abbia conosciuto Sonia, da me soprannominata per la sua abilità nel settore specifico, “la Marchesa del Pompino”, nessuna donna mi aveva fatto eccitare in quel modo, forse neanche lei, sì neanche la Sonia del liceo così educata e troia che leccava il cazzo come una fottuta cagna e ingoiava come un uomo nel deserto assetato e avido di acqua.
Qualche volta pranzando a casa sua ho pensato che nella mia sborra ci fossero più proteine vitamine ed ormoni che in quella di altri, perciò lei veniva a rifornirsi da me anzichè andare in farmacia o in qualche negozio di articoli sportivi a comprare integratori, Sonia a tavola mangiava come un uccellino per mantenere la sua splendida taglia 42, per il resto beveva da me tutto il resto. Nonostante intorno ai trenta anni avessi questo tipo di “impegni” con lei, spesso fantasticavo, chi fantastica sogna e chi sogna desidera, vedere quei trans che avevano un fisico snello e longilineo, movenze femminili, maniere dolci ed accoglienti mi aveva destato curiosità, l’insolito è il vero afrodisiaco altro che viagra, cialis, levitra o altre pillole da super-eroi del porno.
Arriviamo a Jessica, “lei” era un ragazzo che avevo visto crescere, adesso faceva rosicare le ragazze più belle della facoltà di Scienze Politiche a Napoli, si prostituiva ogni sera per venti miserabili euro, non poteva essere possibile, di solito nell’eros ci attira molto più l’insolito del solito, Jessica con i suoi diciotto anni le sue gambe ed il suo culo meraviglioso era l’ “insolito”.
Neanche la mia fantasia era stata molto abituata alle cose solite sino ad allora, il mio desiderio divenne subito quello di avvicinare un trans, non mi eccitava l’idea di sperimentare una corporeità diversa ma la mia mente fantasticava su altre cose, poter toccare quelle lunghe gambe, quei fianchi così stretti atletici e nervosi rispetto al morbido fisico della donna, quella stessa notte feci un sogno erotico con una trans che mi inculava e io che gli sborravo sulle tette. Mi svegliai di colpo e mi accorsi di essere venuto veramente, incominciai a guardare sempre più film porno di trans, mi capitava pure di scoparmi Sonia pensando ad un culo di un trans e ritornando a casa riuscivo a vedere un film porno di trans per farmi proprio delle seghe esplosive, insomma ero proprio attratto da quei corpi magnifici. Volevo sapere, curiosare, per questo obbiettivo avevo raccontato tutto a Sonia, riuscii a coinvolgere il suo fidanzato ufficiale Francesco, non mi ci volle molto a coinvolgere Francesco, grazie anche alle sue millantate capacità amatorie e alle virtuose cavalcate olimpioniche che faceva con Sonia.
Un giorno, sbirciando su internet vidi un annuncio di una trans mulatta con una quinta di seno e un bel culo sodo, la chiamai subito e le dissi che Francesco non era mai stato da una trans ma che ne era attratto tantissimo, lei mi disse di farmi trovare sotto il suo palazzo e di chiamarla. Il tempo di avvisare Francesco e Sonia e due giorni dopo presi la decisione di andarci, quando fui sotto casa sua la chiamai e le domandai cosa dovevamo fare, eravamo in quattro, la più felice sembrava essere Sonia pensando che quello che le potesse capitare era di beccare tre cazzi al volo contemporaneamente.
Lei ci disse di aspettare fermi nel parcheggio e che ci stava guardando, dopo circa trenta minuti vidi venire verso di me una figa pazzesca in jeans corti e una t-shirt che esplodeva dalle tette, era lei, avevo il cuore a 1000, mi chiese il nome e si presentò anche a Francesco e Sonia. Ci invitò a salire e dopo aver chiarito che la persona interessata era Francesco lo baciò con tutta la lingua nella sua bocca, sentiva il cazzo del ragazzo esplodere cosi gli tolse i vestiti, lo buttò sul divano e cominciò a spompinarlo, si aggiunse subito Sonia che leccò tutto finchè Francesco non le venne sulla bocca, Sonia e Consuelo bevvero tutto. Dopo questi preliminari Francesco inizia a capire che cosa può volere Consuelo per meritarsi i 500 euro concordati, portò il ragazzo in camera sua e lo convinse a rimanere perchè gli aveva riservato un trattamento speciale, lei prese dal bagno un rasoio e un asciugamano che gli mise sotto il culo, inizia così a depilargli la parte sotto i testicoli e vicino al buchino vergine con abilità e precisione, dopo aver posato tutto in bagno Consuelo torna con del gel e dei preservativi, quindi gli alza le gambe e comincia a leccare il buchino e ad infilarci la lingua dentro. Sonia a quella vista era completamente bagnata, riuscii con scaltrezza a sentirla sotto la gonna ma Francesco era diventata la troia di Consuelo, faceva di lui quello che voleva ed infatti si tolse il perizoma e si girò di s**tto in un 69 forzato puntando sopra la sua bocca il suo enorme cazzo mulatto, il cazzo era duro e Francesco lo subì tutto.
Mentre Francesco veniva fottuto io nel frattempo in un’altra stanza prendevo da dietro Sonia inculandola in una allegra cavalcata, Francesco ci ha raccontato dopo che era impegnato a non soffocare col cazzo di Consuelo di cui sentiva l’odore e beveva il seme, il frocetto si era già abituato a Consuelo, aveva in mano (non so come avesse fatto a prenderlo ) un vibratore e così dopo una leggera lubrificazione iniziò la penetrazione. Il Don Giovanni dei quartieri alti di Napoli veniva inculato da un vibratore che gli causava un dolore atroce al culo, Consuelo in un’occhiata aveva capito l’intesa che esisteva da tempo tra me e Sonia, quasi reggendo il gioco dei nostri piccoli tradimenti si accanisce contro Francesco, gli fa tenere il vibratore con le sue stesse mani nel suo culo che ormai non lo espelleva più. A Francesco quel giochino iniziava a piacere, Consuelo si era già infilata un preservativo e gli sussura con voce sensuale che vuole infilarsi nel culetto di Francesco finchè non avrebbe goduto anche lei, alla vista di un arnese da 25 centimetri il ragazzo prova a dire di no, Consuelo gli toglie rapidamente il vibratore dal culo sputa un paio di volte nel buco del culo e in un colpo secco e doloroso se lo incula. Si trattava di un cazzo più morbido del vibratore ma più grosso e lungo, ad ogni pompata venie spinto con destrezza sempre più dentro, ad un certo punto Francesco rivela la sua vera natura di frocio latente, inizia ad urlare e godere con Sonia ad un passo, era dentro tutto voleva essere trombato come la sua troia.
Francesco era eccitatissimo non voleva smettere, sborrò un paio di volte, si bevve pure tutto lo sperma della travestita, alla fine dopo quasi tre ore di giostra Francesco non riusciva a credere all’idea di aver tradito la sua fidanzata con un trans, era ufficialmente passato dal ruolo di “sciupafemmine” della Napoli dei Baroni e dei Principi a quella di una squallida troia drogata vogliosa di prenderlo. Sonia chiese a me di essere riaccompagnata a casa, Francesco avrebbe preso un taxi, da quell’avventura di cui fui testimone non ho più visto Sonia, ho saputo che per volere dei suoi genitori era stata quasi costretta a sposarsi con Francesco, dal quale aveva divorziato dopo un paio di anni.
Die Geschichte trug sich in meiner Pubertät zu. Ich war 16 und der andere Schwanz gehörte meinem Kumpel Christian, ebenfalls 16.
Zuerst zur Vorgeschichte:
Ich kam ungefähr mit 12-13 in die Pubertät. Meine ersten Wichsversuche unternahm ich an der BRAVO. Dr. Sommer hat ja zu der damaligen Zeit viel für die Aufklärung getan 😉
Die ersten Orgasmen waren Luftnummern, d.h. es kam zu keinem Erguss. Aber das Gefühl dabei war großartig. Ich konnte gar nicht die Finger von meinem immer größer werdenden Schwanz lassen. Den ersten Abgang hatte ich wohl mit 14. Was mich aber auch stutzig machte war, dass mich die Schwänze der Jungs im Dr. Sommer-Teil gleichfalls aufgeilten, wie die Körper der Mädels. War etwa etwas nicht mit mir in Ordnung? Stand ich auf Schwänze?
Mit der Frage musste ich mich noch ca. 2 Jahre abquälen.
Es begab sich zu der Zeit, dass man versuchte noch an andere Wichsvorlagen als an die BRAVO zu kommen -> Sexfilme, Pornos natürlich. Schließlich will man ja nicht nur vom „Biest mit zwei Rücken“ lesen. Mein Kumpel Christian hatte anscheinend bessere Connections, um an die Ware zu kommen. Christian war schon immer groß gewachsen und sehr schlank. Die Mädels flogen reihenweise auf ihn ab und seinen makellosen Körper. Ich hingegen war schon immer pummelig gewesen (jetzt zum Glück nicht mehr).
Immer wenn ich bei ihm zu Besuch war und seine Eltern waren nicht zu Hause, sahen wir uns seine neusten Errungenschaften an. Natürlich machte uns das schon ziemlich geil, aber keiner wollte es so recht zeigen. Die Beulen in unseren Hosen schrien jedoch verzweifelt nach Freiheit. Nach ein paar weiteren Sessions fassten wir uns ein Herz und packten unsere Schwänze aus um sie uns, noch jeder für sich, ordentlich vom Druck zu befreien. Natürlich konnte ich es nicht unterlassen hin und wieder Christians Schwanz anzuschauen. Er war etwas länger und stärker nach oben gebogen als meiner, aber bei weitem nicht so dick wie meiner. Und er war beschnitten. Gott, was fand ich diesen Schwanz geil. Jedoch hielt ich mich zurück dies zu zeigen. Natürlich sah er dass ich seinen Schwanz begutachtete.
Wir saßen also in seinem Zimmer vor dem Fernseher und schauten die Filmchen auf VHS-Kassetten…ja, liebe jüngeren Leser, zu der Zeit gab es noch kein Internet bzw. nur mit Modem und die Rechner waren noch auf 486er-Architektur. Ich schweife ab.
Wir saßen also in seinem Zimmer und wichsten unsere Schwänze. Immer wenn es mir kam, und ich war immer der Erste, unterbrach er sein Tun und schaute mir zu wie ich im hohen Bogen schön auf seinen Boden abspritzte. Leider konnte ich nicht bei ihm zuschauen, denn er verschwand daraufhin im Badezimmer und kam erst nach 2 min. wieder mit abgewichstem Schwanz heraus. So war es eigentlich immer.
Nun kam ein Tag an dem wir wieder zusammen wichsten, aber ich einfach nicht kommen konnte. Ich hab mir den Schwanz gekeult wie ein Irrer. Mir tat schon das Handgelenk weh, aber es wollte einfach nicht so weit kommen. Irgendwann stoppte Christian seine Wichserei und fragte mich was mein Problem heute sei. Ich meinte zu ihm dass heute irgendwie der Reiz fehlt. Er schaute mich kurz an und fragte dann, ob er es mal versuchen darf. Ich war in dem Moment etwas Baff. Hat er mich jetzt tatsächlich gefragt, ob er mir den Schwanz wichsen darf? Sollte ich es wirklich zulassen? Überschreite ich damit nicht eine Grenze. Viele kennen es aber selbst. Die Geilheit und die Neugierde darauf eine fremde Hand, ja Männerhand, am Schwanz zu haben überwiegt dann doch.
Ich meinte dann zu ihm, er solle doch mal sein Glück versuchen. Es war ein komisches und zugleich erregendes Gefühl als er meinen Schaft in seine Hand nahm. Er fühlte ihn zuerst leicht und machte mir ein Kompliment über die Dicke meines Schwanzes. Dann begann er langsam seine Hand auf und ab zu bewegen. Meine Vorhaut gleitete dabei immer weiter über meine dicke Eichel zurück. Man war das ein geiles Gefühl, was ich auch mit einigen saftigen Stöhnern quittierte. Ich stand von seinem Bürostuhl auf und legte mich zu ihm ins Bett, damit er mehr Spielraum hat. Er bearbeitete meine Stange richtig gut und meine Lusttropfen erzeugten schmatzende Laute immer wenn die Vorhaut bewegt wurde.
Nach ein paar Minuten spürte ich wie sich langsam mein Beckenmuskel zusammenzog. Ich wusste dass es mir gleich kommen würde und teilte ihm es mit, dass ich gleich abspritzen würde wenn er weiter so gut wichst. Das schien ihn noch mehr anzuspornen, denn anstatt mir wieder das Ruder zu übergeben gab er mir jedoch den Rest. Ich keuchte heftig und bäumte mich auf, als mein erster Schub weißen Goldes aus dem Schwanz spritzte und in hohem Bogen auf meiner Brust landete. Schub für Schub quoll und schoss aus meinem Rohr, doch Christian wichste weiter bis seine Hand über und über mit meiner Ficksahne bedeckt war. Erschöpft holte ich Luft und begann mir sie Sahne vom Körper zu wischen. In Erwartung dass ich mich jetzt bei ihm revanchieren konnte wunderte ich mich, wieso er jetzt wieder im Bad verschwand. Super, dachte ich. Jetzt hätte ich endlich mal die Gelegenheit diesen Prachtschwanz zu wichsen und dann rennt er ins Bad davon…
La storia di Natasha
Fino a pochi mesi prima Natasha era stata una bellissima modella russa. Le sue foto erano sui giornali di moda di mezza Russia ed avevano fatto il giro del mondo. Poi aveva conosciuto Hugh Brandon, il magnate di una multinazionale petrolifera, con lui si era trasferita in Canada, in una principesca lussuosa villa. La differenza di età (25 lei, 55 lui) non rappresentava affatto un problema: ben più importante per la bella Natasha era la relazione con i costosissimi gioielli che amava indossare ed esibire. Era bellissima: 1.80 di altezza per 59 chili, lunghi capelli biondi e lisci, gli occhi azzurri, un culo da favola. Alle feste poteva passare per la figlia di qualche invitato, invece era la moglie rispettata dell’uomo di gran lunga più potente del gruppo. Mr. Brandon vedeva che gli altri uomini la guardavano con chiari ed evidenti desideri, mentre le altre donne, come una gran puttana di classe. L’occasione per tutti fu la festa di compleanno del gioielliere, il fornitore degli anelli d’oro, dei bracciali e dei collier di diamanti che Natasha indossava. Pochi intimi, tutti vestiti eleganti, le donne molto raffinate, gli uomini in rigoroso smoking. Natasha era letteralmente vestita da sballo, tutta di nero: abito corto aderente in pelle, collant sorrette da giarrettiera di catenelle dorate, scarpe con tacchi a spillo di 12 centimetri, uno string di diamanti che dietro le copriva appena il buco del culo, le unghie rosse attaccate, lunghissime, a sembrare vere. E poi gli altri gioielli: tutta una serie di bracciali e di anelli sfolgoranti, di gran valore ed effetto, oro e diamanti che luccicavano con le luci spente, che davano luce e colore a tutto ciò che c’era intorno. La bocca rossa ed un trucco forte, acceso, sugli occhi, poi i lunghi orecchini d’oro che penzolavano quasi fino alle spalle e poi, quel maestoso collier, un neklace tutto ricoperto di diamanti, un bagliore immenso che esaltava tutta la luce del suo viso evidenziandone quella bocca rossa carnosa, perfetta, e i lunghi capelli biondi, lisci, setosi, vellutati. Cento, forse centocinquanta milioni di euro: tanto sarebbe costato scoparsela, con tutti quei gioielli. E Edward Glass ce l’aveva duro da un pezzo, quella sera poi, era il suo compleanno. L’occasione era propizia perchè Mr. Brandon, dovette presto abbandonare la festa, causa improrogabili affari di lavoro. Natasha insistette per accompagnarlo, ma Mr. Brandon disse che si sarebbe divertita di più restando a quella festa. E così Natasha restò e appena Edward lo seppe, si sentì tra i pantaloni qualcosa di grosso che sembrava crescere ancora di più. La festa andò avanti tra vino e champagne e tutti erano particolarmente su di giri. La musica faceva il resto. Anche Natasha aveva bevuto parecchio e dall’alto del suo metro e novantadue non stava più in piedi. Con una scusa qualunque Robert chiese a Natasha di salire su in camera, dove c’era un tavolo da biliardo ma soprattutto la cassaforte con i gioielli. La convinse con la scusa dell’imitazione di una collana, quella che pare appartenuta alla regina Maria Antonietta, prima che venisse decapitata. Natasha non potè res****re alla tentazione di vederla e di indossarla. Su per le scale, Edward l’aiutava a salire cingendole i fianchi, nemmeno per un attimo poté distogliere lo sguardo dall’incantevole visione di quelle chiappe che si muovevano lentamente, con il buco del culo appena oscurato dallo string di diamanti. Entrarono nella camera e lui era ormai in preda all’agitazione, mentre lei era completamente esaltata dall’idea di indossare quella collana. Lui gliela diede, lei restò senza fiato per ciò che vedeva, una cosa così bella che lei, pur amante dei gioielli, non aveva mai visto. Chiese di indossarla e lui rispose che avrebbe accettato solo se in cambio, dato che era il suo compleanno, lei avesse accettato di ballare un lento con lui. Affare fatto. Nel frattempo Edward si era tolto lo smoking ed anche la camicia, era rimasto a petto nudo e non era un bella visione. Un metro e sessanta di altezza, cioè 30 centimetri più basso di lei, una pancia abnorme da tre strati rigonfianti, completamente calvo e per giunta con il corpo completamente ricoperto da una folta peluria. Era talmente peloso che anche la schiena e soprattutto le spalle, avevano peli lunghi dappertutto, spietatamente ancora neri nonostante i 50 anni che scoccavano più o meno in quell’istante. Ma Natasha, tutta ricoperta di oro e diamanti e con in più, adesso, quella straordinaria collana dal valore inestimabile, gli mise le braccia intorno al collo e lui, subito, ai fianchi. Forse per la bella Natasha era ancora un gioco, bella e ricca com’era, ed ecco che con le mani e le unghie rosse lunghissime gli accarezzava persino la nuca e le spalle, eccitandolo di più, come una bestia. Edward rispose facendo scendere le sue mani lungo le cosce, poi sulle natiche e lei, compiacente e divertita, ancora un po’ ignara di quanto stava per accadere, gli sorrideva compiaciuta con la sua bocca pennellata di rosso fuoco. Fu un attimo. Robert la girò e riuscì a chinarla sul tavolo da biliardo, si scese i pantaloni e glielo ficco’ nel culo prendendo la rincorsa. L’urlo di Natasha fu subito soffocato dalle mani forti di Edward che trovò subito la posizione per afferrargli il collo e stringerla con tutta la forza. Iniziò a scoparla come un forsennato urlandogli “Troia, puttana, adesso stai zitta, zoccola, ho le palle piene, devo sfondarti!” e Natasha impietrita e frastornata non poteva più muoversi. Si sentivano solo i rumori dei suoi braccialetti che cozzavano l’uno contro l’altro e le urla di piacere di Edward che l’aveva passata con un cazzo duro e robusto e se la stava scopando a sangue. Si fermò giusto un attimo prima e, appena Natasha cercò di muoversi, lui strinse ancora più forte il suo collo, poi ebbe in un urlo liberatorio e feroce, giunto che fu al culmine dell’orgasmo. Uscì tanto di quello sperma che lo string di diamanti della bella Natasha sembrava brillare di nuove pietre preziose.
Meine Entjungferung
Nach meinem ersten Besuch bei ihm verging einige Zeit. Mein erstes Sexerlebnis mit einem Mann musste ich erst mal verarbeiten. Es war unglaublich geil und erregend gewesen, als er mir meinen Schwanz das erste mal geblasen hatte. Es war ganz anders als von einer Frau. Dennoch zögerte ich lange vor einem erneuten Besuch. Er hat mich zwar mehrmals angerufen, aber ich habe ihn immer wieder vertröstet. Ich musste erst einmal für mich verstehen, ob ich nun auf Frauen oder auf Männer stand.
So vergingen etliche Wochen – doch immer öfter träumte ich nachts davon, ihn wieder zu sehen, das erlebte wieder zu erleben. Bald hörte er jedoch auf mich anzurufen. Offenbar dachte er, das erste mal wäre für mich doch genug gewesen. Er konnte nicht wissen, dass ich nun regelmäßig in Gedanken an einen Mann masturbierte, davon träumte einem Mann den Schwanz zu blasen und – ja ich träumte auch davon anal genommen zu werden. Häufig schon hatte ich mir den Finger in mein Loch gesteckt und dabei eine heftige Erektion bekommen, so lange und ausgiebig habe ich mich so selbst befriedigt und bis zum Höhepunkt mein Loch selbst bearbeitet, bis ich voller Erschöpfung abgespritzt habe. Bald reichte es mir nicht mehr mit dem Finger und ich nahm mir eine dicke Kerze, die ich in der Form eines Penis zurechtschnitzte. Ein Penis mit dicker Eichel so wie mein Schwanz. Dieses Gefühl, wenn der Schwanz eindringt und nachdem die Eichel eingedrungen ist der Widerstand geringer und dafür die Lust umso größer wird ließ mich nicht mehr los. Irgendwann war mir klar, dass ich ihn besuchen müsste, ihn bitten müsste mich zu nehmen. Ich wollte endlich das erste mal richtig Sex mit einem Mann haben, das erste mal anal genommen, entjungfert werden.
Eines abends, ich war schon zu Bett gegangen, träumte ich wieder sehr intensiv von ihm, von einem großen harten Männerschwanz. Ich machte meine Nachtlampe an und stand wieder auf, ging voller innerer Aufregung und Nervosität an mein Telefon, nahm den Hörer in die Hand, wählte seine Nummer – und legte wieder auf. Aber mein Penis war ganz steif und hart, in Gedanken kam ich nicht mehr vom Wunsch nach einem Männerschwanz los. So fasste ich dann doch all meinen Mut und wählte nochmal seine Nummer. Mit jedem Läuten pochte mein Herz zunehmend stark. Nach wenigen Malen Läuten nahm er den Hörer ab und meldete sich. Ich fragte nur: „Hallo, hier ist Chris, hast Du Lust auf einen Besuch?“ Er: „Ja gerne, wann denn?“ Ich fragend: „Jetzt gleich vielleicht? Ich könnte gleich kommen wenn Du Lust und Zeit hättest“. Er zögerte etwas: „Ja, oh, ok, gerne.“ Und fragte dann gleich „Wann wärest Du denn da?“. Ich: „So in etwa 20 Minuten könnte ich da sein, ok? Ich freue mich“ sagte ich zum Schluss des Telefonats.
Als ich aufgelegt hatte war ich voller Erstaunen über mich selbst. Was mache ich da gerade fragte ich mich. Ich rufe nachts einen Mann an, um mich mit ihm zu verabreden, um Sex mit ihm zu haben – obwohl ich ihm das ja in dem Moment nicht gesagt hatte. Aber dass er sofort darauf einging freute mich sehr. Ich dachte nur: wow, das hat ja geklappt. Freude und innere Erregung stiegen. Meine Lust war gewaltig, ich wollte endlich erleben wie es ist von einem Mann genommen zu werden. So zog ich mich wieder an und machte mich auf den Weg zu ihm. Allerdings hatte ich darauf verzichtet mein Höschen anzuziehen. Dieses freie Gefühl in der Hose erregte mich noch mehr …
Bei ihm angekommen klingelte ich unten an der Haustür. Sofort summte der Türöffner und so ging ich voller Aufregung die Treppe hinauf. Schon als ich die Treppen empor stieg merkte ich in mir eine weiter zunehmende Erregung. Mein Glied war frei in der Hose, meine Hoden waren fest und ebenso wurde mein Penis noch härter. Schon auf dem ganzen Weg zu ihm war er steif, aber jetzt war er absolut hart. Beim steigen der Treppen wich meine Vorhaut von der Eichel, die nun an der Hose rieb. Das tat mir etwas weh, aber zugleich machte ich es mich noch erregter. So fasste ich schon auf dem Weg die Treppe hoch an mein Glied und rückte Penis und die dicken festen Hoden zurecht. Meine Jeans war etwas eng und im Schritt nun ganz und gar ausgefüllt.
Oben angekommen stand die Tür schon leicht angelehnt offen und so ging ich hinein. Er war noch nicht zu sehen, ich hörte nur, dass er in der Küche war. Ich sollte meine Jacke ablegen und die Schuhe ausziehen, rief er, was ich dann gleich tat. Ich kniete also in seinem Flur um die Schuhe auszuziehen. In diesem Moment kam er aus der Küche und begrüßte mich freudestrahlend. Er hatte einen Nachmantel an: „Entschuldige bitte, dass ich schon meinen Nachtmantel anhabe“ sagte er, „aber ich war schon auf dem Weg ins Bett als Du angerufen hast. Möchtest Du etwas trinken“. „Ja gerne“ sagte ich, „vielleicht einen Wein?“
So ging er Wein holen, während ich in sein Wohn- und Schlafzimmer ging. Seine Bettcouch stand offen, die Bettcouch, auf dem er mir das erste mal meinen Schwanz bis zum abspritzen geblasen hatte. Nun wollte ich mehr, wusste aber nicht recht, ob ich ihm das sagen könnte. Würde er mich denn überhaupt mein Loch ficken fragte ich mich. Ich war sehr nervös. Und sehr erregt.
Als er mit dem Wein auf mich dann zukam sahen wir uns tief in die Augen und wir beide lächelten etwas verlegen. Er fragte mich, was denn los sei, dass ich so spät anrufe. Ich druckste etwas herum und erzählte dann etwas von einem Computerproblem bei dem er mir unbedingt helfen müsse. Es sei dringend für mich und ich wäre ihm dankbar, er könne dabei helfen. Er schaute dann etwas erstaunt und sagte dann aber: „Na klar kann ich Dir helfen, lass uns an den Computer gehen und ich erklär Dir das“.
So gingen wir an den PC, er setze sich in seinen Bürostuhl und ich stand daneben und schaute mit ihm auf den Monitor. Mein Penis war aber immer noch ganz steif und ich war mir irgendwie sicher, dass er das an der im Schritt prallen Hose sehen müsste. Ich weiß es aber nicht, ob er das wirklich sah, denn er schaute mir zwar auf die Hose, sagte aber erst einmal nichts. Ich würde also offensiver werden müssen dachte ich. Und mit einem Mal schoss es aus mir hervor: „Ich möchte Deinen Schwanz blasen. Und nach einer kurzen Pause schob ich hinterher: „Und ich will von Dir gefickt werden“. Er schaute mich von unten nach oben an, war ganz erstaunt und fing dann an zu lächeln.
Er stand auf, umarmte mich und merkte dass ich vor Erregung zitterte. Ich war unendlich befreit, dass ich meinen Wunsch geäußert hatte und er mich nicht abwies. So umarmten wir uns und zogen uns dann gegenseitig aus. Als er mir die Hose öffnete sprang mein voll erigierter Penis aus der Hose, was ihn sehr freute. Ich öffnete seinen Nachtmantel, unter dem er nichts anhatte und streifte ihn herab. Ein schöner leicht muskulöser Mann stand da vor mir. Und sein Penis war ganz und ganz steif und stand aufrecht vor mir. Offenbar, so dachte ich mir dann, hat er damit gerechnet, dass heute nach zwischen uns etwas tolles passieren könnte.
Als wir beide ganz nackt waren umarmten wir uns wieder ganz inniglich und rieben dabei unsere Schwänze aneinander. Ich nahm seinen Schwanz, er meinen und wir wichsten uns gegenseitig. Sein Schwanz war etwas kürzer als meiner, dafür aber dicker. Es war unglaublich geil seinen Schwanz in der Hand zu haben und dann schaute ich ihm in die Augen, schaute herab und kniete mich dann vor ihn hin.
Ich betrachtete seinen Penis intensiv, immerhin hatte ich nun das erste mal wirklich einen anderen Männerschwanz in der Hand, den ich jetzt blasen wollte. Noch nie hatte ich einen Männerschwanz geblasen und war ganz gespannt darauf. Zuerst streichelte ich den Penis, dann seine festen Hoden, küsste die Hoden und dann den Penis. Ich leckte dann mit meiner Zunge seine Eichel die beschnitten war. Dabei schaute ich ihn dann von unten ins Gesicht und sah, wie er es mit offenem Mund und geschlossenen Augen genoss von mir geblasen zu werden. Ich war sehr aufgeregt und dann flossen meine Lippen über seinen ganzen Stab, den ich bis zum Schafft in meinen Mund aufnahm und nun intensiv leckte und küsste. Er fing an zu stöhnen, was mich immer geiler machte und mich veranlasste ihn noch mehr zu blasen.
Dann befahl er mir plötzlich aufzuhören und sagte: „Ich soll Dich doch noch vögeln, also darfst Du mich nicht zum abspritzen blasen“. „Ja“ sagte ich, „Du musst mich ficken, ich träume schon seit Wochen davon von Dir hart durchgefickt zu werden“. Mit diesen Worten legte ich mich in sein Bett und hielt ihm erwartungsvoll meinen Hintern entgegen.
Er fing an meine Pobacken zu streicheln, kniff sie etwas, schlug mir dann leicht schmerzhaft auf den Hintern und sagte dann: „Geil und stramm ist Dein süßer Arsch ja schon, der macht mich richtig an“. „Das hoffe ich sehr, dass Dich mein Arsch anmacht“, erwiderte ich und reckte ihm meinen Hintern etwas mehr entgegen. Nun streichelte er mich voller Erregung, zwischen den Schenkel an den festen Hoden und dann vom Rücken abwärts immer tiefer. Voller Erregung merkte ich, wie er mit seinen Fingern zwischen Meinen Schenkeln immer näher um meinen Anus streichelte, was mich sehr stark erregte. Ich stöhnte leicht. Dann drückte er auf mein Loch und ich fing immer schwerer an zu atmen und stöhnte stärker. „Ja Du geiler Hengst, das ist so geil wenn Du mich da streichelst“ sagte ich stöhnend. Ich wand mich auf seinem Bett, drückte mein Gesicht auf die Matratze und meine Hände vergruben sich fest klammernd im Laken. „Jaaa, mach bitte weiter so, das ist so geil, ich will Dich spüren.“ Als ich das sagte drang er mit seinem Finger in mein Loch, überwand den ersten Widerstand, drang langsam ich mich ein und ich fing noch stärker an zu stöhnen. Es tat einerseits weh, andererseits war die Lust ganz gewaltig.
„Ich muss etwas Gleitmittel nehmen“ sagte er mir dann und holte sich ein Fläschchen mit der wundervollen Flüssigkeit. „Wir brauchen das, damit ich Dich ganz nehmen kann“ sagte er dann und fing an meinen Anus einzucremen. Er streichelte mich und cremte mich und drang dann mit seinem Finger wieder in mich ein, diesmal nur viel leichter als vorher. Ich stöhnte und empfand zunehmende Lust und Geilheit, merkte mit welcher Lust er meinen Arsch streichelte und dann mit seinem Daumen in mich tief eindrang, mich dehnte und vorbereitete. „Jaaaa“ stöhnte ich laut und tief, „das ist so geil, ich will Dich, ich will Deinen Schwanz spüren, fick mich endlich Du geiler Hengst“. Aber er dehnte mein Loch zunächst noch etwas weiter, griff meine Pobacken und drückte sie auseinander, während er mit dem Daumen in mich eindrang.
Dann befahl er mir mich vor ihm hinzuknien. „Mach, ich muss Dich jetzt ficken, mein Schwanz ist jetzt ganz heiß und dick“ sagte er. Mit diesen Worten spürte ich, wie sein dicker Penis an meinem Hintern rieb. Zunächst die Poritze rauf und runter, bis er seine Luststab mit sanftem aber stetigen Druck auf mein Loch drückte. Sein Schwanz war so gewaltig viel größer als sein Daumen und es tat mir etwas weh. Er spürte das und zog etwas zurück. „Nein, mach weiter, das ist so geil wenn Du Deinen Schwanz da hast, bitte fick mich hart durch“ sagte ich dann voller Geilheit. Das ließ er sich nicht zweimal sagen, griff meinen Hintern und nahm mich. Langsam aber stetig drang er nun in mich ein. Ich spürte jeden geilen Zentimeter, wie seine Eichel mein Loch öffnete, in mich eindrang und wie der Schmerz nachließ, als die Eichel erst einmal den ersten Widerstand überwunden hatte. Dann glitt sein Penis langsam immer tiefer in mein Loch bis zum Anschlag. Ich stöhnte laut und voller Geilheit: „Jaaaa, fick mich hart durch, stoß mich, besorg es mir“.
Mit immer schnellerem Rhythmus nahm er mich, stöhnte dabei und stieß seinen Schwanz in mein Loch: „Jaaa, Du hast einen so geilen Fickarsch, Dein Loch ist so wunderbar eng.“ Er beherrschte seine Aufgabe perfekt, ging aus meinem Loch raus und drang wieder mit hartem Stoß ich mich ein. Bei diesem Wechselspiel konnte ich nur noch stöhnen und vor Geilheit und Glück „jaaa, jaaa, jaaa, fick mich“ jauchzen.
Während er mich so hart nahm masturbierte ich meinen eigenen dicken harten Schwanz und rieb ihn heftig. Die Vorsahne kam tröpfchenweise und dann spürte ich, wie seine Stöße immer härter aber langsamer wurden, wie er immer schwerer stöhnte: Jaaa Du geile Fickstute, Dein Arsch ist jetzt ganz heiß und nass“. Sein dicker Penis glitt nun ganz leicht in meinem Loch rein und raus. Ich drückte meinen Hintern im gleichen Rhythmus entgegen. Dann zuckte er, stöhnte laut und tief, „Jaaaaa, ich komme und spitze“ sagte er voller Lust und Geilheit. Dabei klammerte mit seinen Händen fest meine Aschbacken und stieß seinen Penis ganz tief in mich rein. Seine volle Ladung Sperma ergoss sich in mir. Es dauerte lange und dann merkte ich, wie sein Schwanz leicht erschlaffte. Er zog dann seinen Penis langsam aus meinem Anus sogleich lief eine Menge Sahne meine Arschritze hinab auf meine dicken festen Hoden. Ich war nun am Arsch ganz nass, von seinem und meinem Schweiß und seiner Ficksahne, die langsam weiter aus meinem Loch floss. Ich rieb meinen Schwanz weiter und dann kam auch ich und spritze mit tiefem Stöhnen eine große Ladung von meinem Sperma in das Bettlaken. Erschöpft und ermattet ließen wir uns in das Bett fallen und schliefen fest ineinander geklammert ein.
Das war meine Entjungferung, an die ich immer wieder gerne zurück denke …
Die Weihnachts (sex) geschichte Teil 5
26.Dez. Das erste mal
Geweckt wurde ich von Opa. Es war noch dunkel und er meinte ich sollte aufstehen und mit in den Stall kommen. Schnell hatte ich eine Jeans und Pullover angezogen und bin in den Stall. Ein fremder Wagen stand auf dem Hof und im Stall brannte Licht. Ich ging hinein und Opa winkte mir zu ich sollte mich beeilen. Jakob und eine Frau waren bei der Stute. „Das ist unsere Tierärztin die hat uns schon oft geholfen wenn es Probleme gab. Sie hat ein Medikament gegeben und wird jetzt das Fohlen holen. Sie ist schon überfällig und hat vor ein paar Stunden schon angefangen zu randalieren da haben wir Heidi angerufen und jetzt ist sie hier“.
„Johannes komm her du musst mit anfassen das schaffen wir nicht alleine“ sagte sie zu Opa. „Nein nein das macht jetzt Bernd das ist der neue Hofbesitzer und hat ab sofort Entscheidungsgewalt. Ich bin mir sicher das mein Enkel es genauso gut macht wie ich“. Erklärte Opa und schubste mich in die Box. Heidi sagte mir genau was ich zu machen hatte und nach einer Stunde hatten wir das Fohlen und die Mutter wohlbehalten in der Box stehen. Wir wuschen uns notdürftig und sie verabschiedete sich bis Nachmittags um noch einmal nach den beiden zu sehen.
Wir gingen in die Küche und machten Kaffee. „Bernd heute Mittag kommen Nachbarn die haben ihrer Tochter ein Pferd versprochen und wollen sich heute eins aussuchen. Ich möchte das du das Verkaufsgespräch leitest und ich bin nur dabei falls es Schwierigkeiten gibt“. „Du meinst ich kann das? Wie viel kostet denn so ein Pferd? Und was muss ich denn sagen?“ mir wurde Schwindelig. „Es kommt auf das Pferd an wir werden uns schon verständlich machen. Du brauchst auch keine Angst haben die haben Geld genug. Zeige ihnen die Pferde die zum Verkauf stehen und lass sie selber entscheiden“.
„Welche Pferde stehen denn zum Verkauf?“ wollte ich wissen. „Natürlich alle aber wenn es ein Zuchtpferd ist kostet es natürlich viel mehr wie ein Ackergaul“. Opa lachte und klopfte mir auf die Schulter. Jakob kam und wir Frühstückten zusammen und unterhielten uns noch bis es hell wurde. Oma kam und erkundigte sich nach dem Fohlen. Opa berichtete wie ich mit Heidi das kleine auf die Welt gebracht habe und er schmückte seine Geschichte richtig schön aus. „Ich geh erst einmal unter die Dusche“ sagte ich und traf auf der Treppe Gudrun. „Du wirst die Bilder doch niemandem zeigen oder?“ versperrte sie mir den Weg. „Ich überlege mir ob ich sie nicht einmal Andrea zeigen sollte?“ blinzelte ich sie an. „Mach das bitte nicht. Die kleine ist doch noch“ ich viel ihr ins Wort „Die kleine ist 18 und hat noch keinen Freund gehabt was ich auch gut verstehen kann denn bei so einer Mutter bleibt ja kein Junge. Aber das wird sich ja jetzt ändern oder?“.
„Ich verstehe nicht was du meinst?“ „Ab sofort wird Andrea auch mal alleine gelassen und sie darf auch ab und zu auf eine Party gehen. Und wenn ich noch einmal höre das an ihr herumgenörgelt wird sende ich die Bilder an ein einschlägiges Magazin zur Veröffentlichung. Und jetzt guten Morgen“ ich drängte mich an ihr vorbei. Rosi schlief noch und ich ging leise ins Bad. Andrea und die Zwillinge saßen in der Badewanne und hatten ihren Spaß miteinander. „Was macht ihr denn da ihr süßen?“ lächelte ich sie an und zog mich aus.
„Komm her und mach mit wir spielen Finger versenken“ sagte Andrea und leckte sich ihren Zeigefinger ab. Sarah und Judith sahen mich an und ich ging zu ihnen hin. Ich zwängte mich hinter Judith und lehnte mich zurück. Sie legte sich auf mich und meine Hände streichelten ihre Brüste. Mein Penis richtete sich auf und drängte zwischen ihre Beine. Sie versuchte ihn weg zu halten aber Andrea hatte schon ihre Finger an Judiths Muschi. Judith entspannte sich und ich drang ganz langsam in sie ein. Andrea massierte ihre Klit und Judith konnte es nicht länger aushalten. Sie bekam ihren ersten Orgasmus verursacht durch einen richtigen Penis. Sie genoss es und ich hatte mühe mich unter Kontrolle zu halten.
Sarah blickte mich an. Judith nahm ihre Schwester an die Hand und sie tauschten die Plätze. Bei Sarah war es nicht so einfach sie war einiges enger und ich wollte ihr nicht weh tun. Als ich sie dann auf mir sitzen hatte und mein Glied ganz in ihr steckte strahlte sie und rollte die Augen. Auch bei ihr war es unglaublich schnell gegangen das aber auch an Andrea lag die ihre Finger nicht bei sich behalten kann. Sarah wollte einfach nicht aufhören und ritt mich zum Höhepunkt. In letzter Sekunde drehte sie sich um und verschluckte meinen zuckenden Speer. Sie schluckte alles und wollte noch mehr.
Andrea erklärte ihr das es nicht so schnell geht man(n) braucht eben etwas Zeit. Sie zeigte ihr wie es allerdings schneller geht und schon nach einigen Minuten stand er voll einsatzbereit. Sarah freute sich und rückte direkt auf mich um die zweite Runde einzuläuten. Jetzt war sie entspannter und es klappte auf Anhieb. Ihre Muschi umschloss meinen Penis wie eine zweite Haut und massierte ihn sanft. Andrea hatte einen Finger in Sarahs Hintern geschoben und ich konnte sie an meinem Glied spüren. Für Sarah war das zu viel sie ging ab und es gab eine Überschwemmung im Bad.
Nachdem sie ihre Sinne wieder beisammen hatte wurde sie von Judith aufgefordert doch sie auch noch mal zu lassen. Das passte Andrea zwar gar nicht aber sie ließ ihr den Vortritt. Judith hatte sich selber und durch das zuschauen schon so hochgejubelt das sie es kaum schaffte meinen Penis ganz in sich zu versenken als es ihr schon kam. Wie wild zuckte ihr Becken und ich dachte sie beruhigt sich nie mehr. Dann brach sie erschöpft zusammen und machte platz für Andrea. Ich hatte schon mühe mich zu Konzentrieren als Andrea unnötigerweise noch einmal an meinen Ständer saugen musste. Ich drückte sie auf die Zwillinge die sie fest hielten und ich rammte ihr meinen Speer in ihr heißes Loch. Sie quiekte vor Vergnügen und zog ihre Beine an. Jetzt konnte ich ihr die volle Länge geben das ihr gefiel und sie mich am Hintern packte um mir mehr druck zu verleihen. Ich konnte nicht mehr und richtete mich auf.
Andrea bekam den ersten Schub voll ins Gesicht und Sarah den zweiten. Andrea hatte sich dann mit ihrem Mund auf meinen spritzenden gestürzt und saugte mich völlig aus. Die Tür ging auf und Mutter kam herein. „Oh Entschuldigung“ sie drehte sich um und war schon fast wieder draußen als sie stoppte und mich ansah. „Bernd was machst du denn da?“. Blöde Frage mit meinen Steifen in Andreas Mund und Sarah und Judith mit in der Badewanne. Sie kam auf uns zu und Judith und Sarah war es peinlich nur Andrea war so in ihrem Element das sie es erst gar nicht mitbekam. Katrin war hinter meiner Mutter auch ins Bad gekommen. „Judith, Sarah sofort raus aus der Wanne bevor noch was passiert“ schrie sie. „Da kommst du zu spät wir sind schon fertig und wollen gerade zur zweiten Runde“ sagte Judith etwas schüchtern.
„Aber das geht doch nicht ihr müsst doch…“ ihr fehlten die Worte und starrte nur auf Andrea. „Aber das geht ganz gut und er hat einen so schönen Schwanz willst du mal sehen?“ kam von Sarah. Mutter musste grinsen und nahm Katrin in den Arm „Komm die wissen genau was sie wollen und wir werden sie nicht daran hindern. Überlege mal als wir so alt waren. Ich hatte schon Bernd und du warst Hochschwanger“. „Aber meine Babys“ „Sie werden auch immer deine Babys bleiben jetzt wahrscheinlich mehr denn je“ sagte Mutter und drückte Katrin zur Tür. Uns war jetzt aber der Spaß vergangen und wir unterhielten uns nur über das eben erlebte. Ich ging ins Zimmer und Rosi war gerade erwacht und guckte mich grimmig an. „Ich kann nichts dafür. Du solltest deinen Vater besser kennen wie ich. Komm zieh dich an wir machen zweites Frühstück“ sagte ich zu ihr.
Vorsichtig krabbelte sie aus dem Bett und ich stützte sie wie eine alte Frau. „Kommen sie gnädigste einen Fuß vor den anderen und schön langsam“ dafür bekam ich ordentlich was über gezogen und ihre schlechte Laune verflüchtigte sich immer mehr. Als ich ihr dann noch erzählt habe was eben passierte war sie bestens drauf und machte noch abfällige Bemerkungen über Katrin.
Dann wurde sie nachdenklich. „Du wirst doch deine alte Tante ab und an noch beglücken oder?“ „Ich werde mein bestes tun“ versicherte ich ihr. Sie lächelte und wir gingen in die Küche. Gerda und Katrin saßen in einer Ecke. Oma stand am Herd und kochte schon das Mittagessen. Rosi machte sich einen Kaffee und ein Stück Brot fertig und setzte sich zu den beiden. Oma nahm mich in den Arm und knuddelte mich durch. „Wenn du den beiden weh tust komm ich und mach dich fertig“ sagte sie mit einem lächeln. „Und wenn die mir weh tun was dann?“ fragte ich. „Indianer kennen keinen Schmerz“ sie drohte mit dem Zeigefinger. „Ich werde mein bestes tun“ versprach ich und faltete die Hände. „Opa ist schon im Stall du sollst dann auch zu ihm kommen er will noch etwas mit dir besprechen“.
Ich ging zu ihm und er erklärte mir noch einiges. dann kamen auch schon die Nachbarn mit Tochter. Wir begrüßten sie und zeigten unsere Pferde die zum Verkauf standen. Mir war irgendwie nicht ganz wohl beider Sache. Als die Tochter dann einen schwarzen Hengst sah war sie sofort davon überzeugt das ist er. Ein riesiger Hengst mit Temperament. „Der ist eher was für die Zucht. Zum Reiten ist er eigentlich zu lebhaft und für Anfänger nicht unbedingt geeignet“ sagte ich ihnen. Sie beharrte jedoch darauf und ließ sich nicht davon abbringen.
„Also gut dann komm mal mit“ ich nahm ihre Hand und wir gingen in die Sattelkammer. „Such dir mal einen Sattel aus“ ich zeigte auf eine ganze Reihe guter Sättel. Wie ich mir schon dachte wählte sie Opas der war mit reichlich Verzierungen und Chrombeschlägen fast ein Wildwest Sattel. „OK. Gute Wahl. Nimm ihn mit“ war meine Anweisung und sie buckelte ihn hinter mir her. Die Eltern guckten etwas verunsichert aber Opa beruhigte sie. „So und jetzt Sattel dein Pferd“ sagte ich zu ihr und hielt ihr die Tür auf. Sie versuchte es einige male. Bekam ihn aber noch nicht einmal ansatzweise hoch. Als sie völlig außer Atem war hob ich ihr den Sattel auf und sie guckte mich etwas unglücklich an. Als alles fest verzurrt war sagte ich „Aufsitzen!“. Und wieder war ihr das Pferd um Nummern zu groß. „Wie groß bist du?“ fragte ich.
„Ich bin schon 14“ kam von ihr schnippisch. „Nicht wie alt wie groß?“ „so um 1,63m. Warum?“ „Sieh mal ich bin 1,85m und habe Probleme auf zu steigen. Siehst du“ gerade eben bekam ich meinen Fuß in den Steigbügel und hievte mich in den Sattel. „Und jetzt stell dir einmal vor du bist hier mit Hilfe aufgestiegen und fällst im Wald vom Pferd. Dein Fuß schmerzt und gehen kannst du nicht mehr? Was machst du dann?“ sie blickte zu Boden und stampfte mit dem Fuß auf. „Komm mal mit ich hab da ein schönes Pferd für dich“ wir gingen in den anderen Stall.
In einer großen Box hatten wir noch einige Mustangs keine echten nur sahen sie genau aus wie Indianer Pferde. Die lustig maskierten und schattierten Felle glänzten in der Mittagssonne. „Die sind alle Zugeritten und lammfromm. Auch von der Größe passt das. Ich selber Reite gerne auf ihnen. Wenn man keinen Geschwindigkeitsrekord aufstellen will sind das die besten Freunde fürs Leben“. Sie hatte es noch nicht ganz eingesehen aber eines der Pferde kam und schubste sie an der Schulter. „Da hat sich das Pferd den Reiter gesucht“ lachte ich und sie streichelte es. „Hat es schon einen Namen?“ fragte sie. „Nein den darfst du selber aussuchen“.
Mit den Eltern war eigentlich schon alles geklärt da fragte Opa „Wo soll er denn stehen?“. „Wir haben ja einen Resthof und genügend Platz. Da kann er sich eine Box aussuchen“ sagte der Vater. „Das ist ihr erstes Pferd?“ „Ja natürlich“ „Stellen sie sich mal folgendes vor. Sie sind auf einer Insel alles schön immer genug zu Essen und zu Trinken. Laufen können sie soviel sie wollen aber nur bis zum Wasser nicht weiter. Wenn es Regnet können sie in eine Hütte gehen und bei zu heißem Wetter in den Schatten. Soweit klar. Denken sie mal drei Monate weiter immer noch alleine vielleicht kommt mal ein Affe und laust ihnen den Kopf oder so aber keiner mit dem sie sich verständigen können. Sie können kein Pferd über längere Zeit alleine halten“.
Soweit hatte ich noch gar nicht gedacht. „Sie haben recht. Aber was machen wir denn da ein zweites Pferd können wir uns nicht nur wegen dem ersten daneben stellen?“ fragte der Vater. „Lassen sie es hier. Wir kümmern uns soweit um das Fressen und die Gesundheit und ihre Tochter kann kommen wann sie will und Reiten und natürlich pflegen. Es sollte nicht unterschätzt werden wie viel Arbeit so ein Tier macht. Sie kann auch von hier nach Hause Reiten und am nächsten Tag Reitet sie hierher zurück“.
Damit waren alle einverstanden und auch glücklich. Da kam auch schon die Tierärztin. „Komm mit ich zeige dir mal etwas“ sagte ich zu der Tochter und reichte ihr die Hand. Zusammen mit Heidi gingen wir zum Fohlen und alles war bestens. Heidi gab noch eine Spritze und verabschiedete sich wieder. Opa hatte soweit noch einige Kleinigkeiten geklärt und wir ließen sie erst einmal mit ihrem neuen Pferd alleine. „Was hat Heidi gesagt?“ wollte Opa wissen. „Alles bestens sie kommt nächste Woche wieder“ sagte ich.
Judith und Sarah kamen über den Hof zu uns. „Ihr beiden habt ihr nicht Lust mit Bernd hier auf dem Hof zu Wohnen?“ fragte Opa direkt. Sie blickten mich an. „Das wird Mama ganz bestimmt nicht erlauben“ sagte Judith. „Das war nicht meine Frage. Eure Mutter lasst ihr dann mal meine Sorge sein“ wurde er ernst. „Ja ich hätte schon große Lust dazu“ sagte Judith und Sarah nickt heftig mit dem Kopf. „Ihr wolltet bestimmt gerade Reiten so wie ihr euch angezogen habt?“ fragte Opa. „Ja wenn Bernd mitkommt?“. Ich sah zu Opa und er grinste und nickte. Wir gingen in den Stall und die Nachbarn waren auch noch da. Ich holte drei Pferde raus und lud die Tochter ein mit uns zu reiten. „Wie lange seid ihr dann weg?“ fragte die Mutter. „Nicht so lange eine Stunde höchstens“ sagte Sarah.
Judith war als erste draußen und legte vor. Ich gab Susanne ein Zeichen das sie als zweite reiten sollte dann folgte Sarah und ich machte das Schlusslicht. Nach 15 min. konnte ich feststellen das Susanne noch nicht so weit war und mächtig durchhing. Wir machten Rast und verschnauften 5 min. nach Absprache ging es zurück. Im Stall war es sehr ruhig und von hinten waren eindeutig Stimmen zu hören. Es war aber niemand zu sehen. Sie mussten in der letzten Box sein die irgendwie alle anzieht. Ich gab den anderen ein Zeichen mir leise zu folgen. Als wir näher kamen hörten wir ein leises Stöhnen.
Ich konnte als erster hinein schauen und es waren Wolfgang und Karla die Eltern von Susanne. Die beiden lagen im Stroh und küssten sich. Karla massierte Wolfgang den Ständer und er Fingerte an ihrer Möse. Ich war mir nicht sicher ob Susanne das sehen sollte und griff sie mir. Am Ausgang sagte ich ihr was ihre Eltern da machen und ich nicht wollte das sie es sieht. Judith und Sarah kamen zu uns und meinten auch wir sollten ihnen die Zeit geben und warten. Die Versuchung war sicherlich sehr groß für Susanne doch einen Blick darauf zu werfen aber sie wartete mit uns geduldig ab. Es war ihr trotzdem etwas peinlich und sie sprach kein Wort. Als ihre Eltern kamen und uns sahen versuchten sie eine Ausrede zu finden. Susanne meinte nur „Ihr seid so peinlich. Könnt ihr nicht bis zu Hause warten?“ und ging zum Auto.
Wir verabschiedeten uns noch und gingen ins Haus. Oma und Opa hatten Katrin dazwischen und wir gingen nach oben. Ich sagte den Zwillingen das sie im Zimmer warten sollten bis ich sie hole. In meinem Zimmer stand die Balkontüre auf und Rosi stand an der Brüstung rauchte und unterhielt sich mit jemandem. Ihr Oberkörper lehnte auf der Brüstung und sie streckte ihren Hintern zu mir. Ohne das sie mich bemerkt hat legte ich mich mit der Kamera zwischen ihre Füße. Sie trug wie immer Strümpfe mit Strumpfhalter und einen Slip hatte sie diesmal nicht an. Beim ersten Klick erschrak sie ein wenig und guckte mich entgeistert an sagte aber nichts.
Ihre Beine wogen hin und her und ihre Schamlippen rieben aneinander. Ich machte noch ein paar Bilder und hatte einen mächtigen Ständer dem ich erst einmal Luft machen musste. Ich streichelte ihre Beine und sie unterhielt sich weiter mit den Bekannten unten. Die konnten mich nicht sehen durch die geschlossene Brüstung und so wurde ich mutiger. Sanft strich ich über ihre Schamlippen und den Innenseiten der Oberschenkel.
Schon nach kurzer Zeit glänzten sie vor Feuchtigkeit. Ich wollte sie probieren das war in meiner Position aber gar nicht so einfach. Ihr Rock hinderte sie daran die Beine weiter zu spreizen und so schob ich ihn etwas nach oben und meine Zungenspitze berührte ihren Klitoris. Das kleine Köpfchen hatte sich vorwitzig hinaus begeben und wurde jetzt sanft geleckt. Sie schmeckte einfach Göttlich ich hätte mehr davon haben wollen aber sie ließ mich nicht. Ihre Beine schlossen sich etwas so das ich nicht mehr an ihre Spalte mit der Zunge heran reichen konnte. Mein Kopf war zwischen ihren Schenkeln eingeklemmt und es gelang mir nicht mich zu befreien. Dumme Position so in halber Höhe auf dem Rücken. Mit einer Hand musste ich mich abstützen aber die andere wanderte langsam an ihrem Schenkel hinauf. Mit den Fingerspitzen strich ich über ihre Muschi und ihre Feuchtigkeit benetzte sie. Langsam suchte ich ihren Eingang und wurde fündig. Erst mit einem dann mit zwei Fingern füllte ich ihre Muschi.
Sie wurde unruhig und kam ruckartig mit ihrem Hintern nach hinten. So wurde es für mich wieder schwerer meine Finger in ihr zu behalten. Dafür teilten sich ihre Pobacken und ich hatte einen schönen Blick auf ihren After. Ich versuchte an die Kamera zu kommen und es gelang mir. Nur musste ich Blind Fotografieren denn ich bekam sie nicht vors Auge. Hoffentlich werden die Bilder auch was dachte ich mir. Die Kamera legte ich beiseite und suchte mit dem Finger ihren Hintereingang und umkreiste ihn.
Ich holte mir weiter vorne Gleitsaft und verteilte ihn großzügig an ihrem After. Vorsichtig steckte ich meinen Finger in ihre Rosette. Jetzt hatte ich sie. Ihre Beine gaben nach und entließen meinen Kopf aus der Gefangenschaft. Den Daumen nutzte ich um ihre Muschi zu stimulieren und meine Zunge spielte an ihrer Klit. Sie wurde immer unruhiger und wog ihr Becken. Ihr Saft lief langsam an meiner Hand runter und ich wurde immer schärfer. Mein Ständer pochte und am liebsten hätte ich sie jetzt von hinten genommen. Dann ging alles sehr schnell sie verabschiedete sich und packte mich am Ohr. Halb kniend robbte ich hinter ihr her.
Sie warf mich aufs Bett und raffte ihren Rock hoch. Noch ehe ich was sagen konnte saß sie schon auf meinem Ständer und führte ihn langsam ein. Als er ganz in ihr verschwunden war ritt sie wie wild auf ihm und es kam ihr herrlich. Die Glücksgefühle waren ihr ins Gesicht geschrieben. Als ihr Orgasmus abebbte stieg sie ab richtete sich die Kleidung und sagte „Bis nachher dann“.
„Du kannst doch jetzt nicht einfach gehen wir sind doch noch nicht fertig“ sagte ich noch völlig außer Atem. „Wir nicht. Aber ich. Und das wird dir hoffentlich eine lehre sein das man eine fast wehrlose Frau nicht einfach so aufgeilen soll ohne das sie sich daran beteiligen kann“ schimpfte sie fast und ging. Ich lag da mit meinem Steifen in der Hand und war geneigt es mir selber zu besorgen. Aber warum zwei Zimmer weiter warteten die hübschesten Mädchen auf mich. Ich guckte in den Flur und niemand war zu sehen. Schnell ging ich zu den Zwillingen ins Zimmer. Mein Steifer stand immer noch wie eine eins vor mir und wippte auf und ab.
Judith und Sarah schauten darauf und lächelten. Ich ging zu Judith und ohne ein Wort sagen zu müssen wusste sie wonach mir jetzt war. Sie leckte am Schaft rauf und Sarah kam von der anderen Seite dazu und machte es ihr nach. Abwechselnd saugten sie sich an ihm fest und mir wurde langsam warm. Ich zog Sarah zu mir hoch und schob ihr den Pullover über den Kopf. Ihre Nippel standen hart und fest auf ihren Warzenvorhöfen. Ich saugte an ihnen und sie wurden noch größer. Ihre Leggins war schnell ausgezogen und ihre Muschi warm und bereit. Judith hatte sich jetzt meinen Ständer in den Hals geschoben und ich konzentrierte mich um nicht frühzeitig zu kommen.
Sarah legte sich aufs Bett und ich küsste ihren Bauch bis zu ihrem Schamansatz. Sie spreizte die Beine und ich konnte mir ihre Muschi vom nahen betrachten. Ihre inneren Schamlippen waren etwas länger und schauten hervor. Mit zwei Fingern teilte ich sie und am oberen Ende kam ein kleiner Kitzler zum Vorschein. Mit der Zunge berührte ich ihn und mit dem Daumen drückte ich auf ihren Eingang. Sie spreizte die Beine noch weiter und machte jetzt schon fast einen Spagat. „Du bist ganz schön gelenkig“ sagte ich. „Das geht noch weiter. Und wenn ich mich aufwärmen kann dann noch mehr“ sagte sie und zeigte es mir.
Unglaublich wieweit sie die Beine auseinander bekam. „Ich kann das aber auch“ kam von Judith und sie zog sich schnell aus und legte sich neben Sarah. Sie hielt ihre Fersen fest und streckte die Beine durch. Auch ihre Muschi ist sehr schön. Die inneren Schamlippen aber kleiner und ihr Kitzler dafür groß und dick. Ich streichelte beide sanft über den Venushügel und leckte abwechselnd an beiden Spalten. Jede für sich war schon phänomenal aber beide nebeneinander das ging schon fast über meinen Verstand. „Wer möchte zuerst?“ fragte ich und beide antworteten „Ich“ zeitgleich. Ich konnte mich nicht entscheiden und machte mit mir selber aus die die als erste einen Seufzer oder Stöhnen hören lässt ist die erste. Bei beiden glitt ein Finger in die Spalte ein und untersuchte die Konsistenz der abgesonderten Flüssigkeit.
Mit der Zunge prüfte ich abwechselnd den Geschmack und Sarah entließ einen langen Seufzer als ich an ihrem Kitzler saugte. Ich zog sie an die Bettkante und sie hielt immer noch ihre Füße fest. Meinen Ständer positionierte ich und strich damit einige male über die Spalte. Fast von alleine glitt er in sie hinein. Ich küsste sie und sie konnte meinen Kuss kaum erwidern. Einige Stöße und sie hatte ihren Orgasmus den ich an meinen Ständer spüren konnte. Ihre Muskulatur in ihrer Scheide war ausgeprägt und kräftig. Einige langsame Stöße gab ich ihr um sich zu beruhigen und dann stieß ich zu. Mein Speer tauchte immer wieder bis zur Spitze aus ihr auf um so schneller in die Tiefe zu gleiten. Die letzten Zuckungen ihres Orgasmus gingen in die des nächsten über.
Ihr Becken zuckte und sie schrie ihren Höhepunkt ins Kissen. Judith hatte ihre Füße hinter dem Kopf und massierte ihre Muschi mit beiden Händen. Die nächste Orgasmus welle überrollte Sarah und ich wechselte zu Judith ihre Massage hatte sie schon fast zum Orgasmus gebracht und mein Ständer steckte noch nicht ganz in ihr da war sie schon soweit. Sie war durch die Position ganz schön eng und mir kochte der Saft. Einige feste Stöße und Judith kam erneut und bei mir war es endgültig nicht mehr auf zu halten. Ich zog ihn raus und Sarah hatte meinen Speer schon in ihrem Mund und saugte mich fertig. Mein Sperma schoss in ihren Hals aber sie Schluckte alles.
Völlig fertig sackte ich zwischen die beiden in die Kissen. Sie legten sich ganz eng an mich und wir streichelten uns gegenseitig. Nach einigen Minuten der Erholung hörte ich Opa rufen. Ich ging auf den Balkon und sah ihn im Hof stehen. „Ich bin hier drüben“ rief ich. „Du könntest mir gut helfen. Ich möchte noch einige Sachen zum Club rüber fahren und wenn du willst komm mit“. Und ob ich wollte. Schnell hatte ich meine Hose angezogen Küsste Judith und Sarah und verschwand.
Opa war schon dabei seinen Kombi mit Kartons zu beladen und ich fasste mit an. „Das ist noch eine Lieferung von letzter Woche. Ich bin nicht dazu gekommen es rüber zu bringen. Geh und sag Oma das wir gleich wieder da sind“. Ich lief in die Küche und rief ihr zu und winkte zum Abschied. Im Auto sagte Opa mir das Mutter und Katrin auch schon da wären. „Wir haben fast alles fertig nur noch einige Kleinigkeiten sind zu machen und Silvester ist Eröffnung“ sagte er.
„Du könntest einige Bilder machen die wir für unsere Werbung gebrauchen könnten. Einen Namen haben wir auch noch nicht also wenn dir war einfällt sag es mir“. Wie sollte ein Golfclub schon heißen. Zum einlochen oder bei uns ist der Rasen immer kurz geschnitten. Opa lachte „Wie kommst du auf Golfclub. Wir eröffnen einen Swingerclub für gehobene Ansprüche“ mir fehlten die Worte und Opa bekam sich nicht wieder ein. „Aber du ..und Mama wird Geschäftsführerin in eurem Club?“ fragte ich stotternd. „Ja sie ist genau die Richtige Bildhübsch mit einer Tadellosen Figur und Katrin wird die Bar übernehmen“.
Jetzt war ich erst recht perplex. Katrin die immer so züchtig tut. Na ja bis auf das was ich gesehen habe. Ich sollte vielleicht langsam einmal anfangen etwas anders zu Denken. „Und Oma was ist mit der?“ war ich neugierig. „Die hatte erst etwas Bedenken aber sie selber hat ja ab und zu wie du weist auch gerne mal einen anderen Ständer in der Hand“ er lachte wieder. „Und nachdem Renate und Markus uns einmal mitgenommen haben in so einen Club war sie sofort einverstanden“. Renate und Markus das sind die Eltern von meinem Ferienfreund Rolf. Wir kamen am Hof von Renate und Markus an. Nichts deutete auf einen derartigen Club hin. Opa machte die Nebentür auf und wir trugen die Kisten in den Raum.
„Hier ist unsere Vorratskammer. Einige Sachen stehen schon da und andere sind schon Bestellt. Komm wir gehen erst einmal rein“ sagte er und ging vor. Im angrenzenden Zimmer war eine Art Umkleide. Jedoch nicht so lieblos sondern mit richtigen Möbeln und Handgearbeiteten Schränken. „Da hinten befindet sich noch ein kleiner Sanitärbereich“ deutete er mit der Hand an. Jetzt kamen wir in eine Empfangshalle die ihren Namen verdient hatte. Dicker Teppich, Samt Tapete, schwere Eichenmöbel, gedämpftes Licht und Marmorsäulen mit nackten Skulpturen darauf. Im nächsten Raum war die Bar mit einigen Sitzgruppen und einer langen Theke. Auch hier nur edelste Materialien. Mutter kam hinter dem Tresen zum Vorschein und sah mich.
Ihr war es doch etwas unangenehm und so ging ich zu ihr. Wir umarmten uns und ich gab ihr einen Kuss. „Das sieht hier aus wie in 1001 Nacht. Mit wie viel Leuten rechnet ihr denn?“ fragte ich. „Angemeldet sind bereits 17 Paare und 3 einzelne Damen. Und es werden noch einige so kommen. Komm ich zeige dir den Rest des Hauses“ wir gingen weiter in einen langen Flur. Kurz durchgezählt 7 Türen. An den meisten Türen waren geschnitzte Verzierungen die Szenen wiedergaben. Auf einer waren viele Leute zu einem Knäuel zusammengefasst. Eine andere hatte immer nur Paare mit klarer Abgrenzung. Und die letzte war tief schwarz. „Was ist das denn alles schön aus Holz und anderen edlen Material und dann eine Eisentür in Schwarz?“ ich war schon etwas verwundert. „Das ist der „Darkroom“ da wird sich dein Onkel Klaus am wohlsten fühlen“. Ganz klar war mir die Funktion dieses Raumes nicht. Auf der nächsten Tür war ein Schwimmbecken mit Leuten drauf in die wir hinein gingen. Es war eine Treppe nach unten und hell erleuchtet. Unten angekommen erwartete mich ein großer Pool mit Liegewiese und Solarium vom feinsten. Vollständig eingerichtet mit Sanitärbereich und Sauna.
„Das ist toll ich hoffe ich darf hier auch mal rein“ staunte ich. „Du stehst auf der Liste die immer Eintritt haben. Das bekommen nur Stammgäste“ sagte meine Mutter und zog mich weiter. Hinter den Solarien waren einige Whirlpools und extra große Badewannen alle voneinander immer abgeteilt. Auch hier gab es eine kleine Bar mit einigen wenigen Sitzgelegenheiten. Am Ende führte eine Treppe nach oben. Wir gelangten in einen Wintergarten der eher ein Palmengarten war. Von hier konnte man im Sommer in den Außenbereich.
Durch eine weitere Tür gelangten wir in einen Fitnessbereich der keine Wünsche übrig ließ. Alle Geräte die ich kannte waren mindestens zweimal vorhanden. Ich hatte die Orientierung verloren und fragte „So groß ist das Haus doch gar nicht. Wo sind wir denn jetzt?“. „Hier war früher der Kuhstall und weiter durch kommen wir dann noch in den Bereich wo früher die Scheune war. Komm wir gehen da durch zurück zur Bar“ sagte sie und nahm mich an der Hand.
An einer Tür hörten wir eindeutig Geräusche. „Was ist denn hier los?“ fragte ich. „Wir können ja mal nachschauen“ sagte Mutter und öffnete die Tür. Es war ein großer Raum in der Mitte stand ein riesiges rundes Bett auf einem Podest das sich langsam drehte. Rings um das Bett standen Stühle in einigem Abstand. Das Licht war auf das Bett gerichtet und so blieben die Sitzgelegenheiten etwas im dunklen. Auf dem Bett waren Renate und Markus in einem Liebesspiel so vertieft das sie uns nicht beim herein kommen bemerkt haben. Mutter erklärte mir das ist die Vorführliege-. Jeder der möchte kann hier seinen ganz Persönlichen Akt vortragen. Auf den Stühlen können Zuschauer sowie Akteure dabei zusehen. Wir setzten uns und schauten den beiden eine Weile zu.
Markus hatte einen enormen Schwanz der wie ein Säbel gebogen war. Renate hatte keine Chance ihn ganz in den Mund zu bekommen obwohl sie es immer versuchte. Sie legten sich in 69 Stellung nebeneinander. Dadurch das sich das Bett drehte konnte man alles genau betrachten.Renate hatte einen Analdildo und Markus leckte ihr die Spalte. Nach einigen Umdrehungen setzte sich Renate auf Markus und ritt seinen Ständer bis zum Anschlag. Ich konnte genau sehen wie Renate einen Orgasmus bekam und Markus seinen Saft in sie spritzte. Als sie sich nebeneinander legten sagte meine Mutter „Sehr schön habt ihr das gemacht“. Erst jetzt hatten sie gemerkt das wir da waren. Sie blinzelten um zu erkennen wer da sitzt. „Wen hast du denn da mitgebracht“ fragte Renate. „Meinen Sohn Bernd. Ihr kennt ihn ja“. „Ja natürlich und wir sollen auch von Rolf Grüße sagen aus Amerika“ sagte Markus. „Er Studiert in den Staaten und kommt nur selten nach Hause“ ergänzte Renate.
Sie saßen völlig nackt und ohne jegliche Scham vor uns. „Ich zeige Bernd die Anlage. Er wird die Bilder machen bei der Eröffnung und für die Werbung“ sagte sie und ging mit mir zum Ausgang. In der Bar war Katrin mit Gläser spülen beschäftigt. „Du Katrin, Renate und Markus haben schon wieder im Vorführraum gevögelt. Die machen zwei bis drei Nummern am Tag“ flüsterte Mutter. „Ich wünschte Klaus wäre nur halb so geil, dann hätten wir wenigstens jeden Tag Sex“ lachte Katrin. Opa kam mit einem Karton „Hier sind die Kondome die könnt ihr dann noch verteilen. Deine Fototasche habe ich hinter die Theke gestellt. Komm wir machen ein paar Fotos“. Wir gingen in die einzelnen Zimmer und ich machte Aufnahmen von allem. Er erklärte mir jeden einzelnen Punkt und zeigte mir auch die obere Etage. „Hier sind unsere Privaträume. Wir werden hier zusammen mit Renate und Markus Wohnen. Also nicht weit weg. Wenn du Probleme haben solltest wir sind immer für dich da“. Die Anlage war gigantisch. Ich konnte Opa gut verstehen das er so schnell wie möglich hier her wollte.
Im Eingangsbereich kamen mir auch noch Karla und Wolfgang entgegen. Warum wunderte mich das jetzt nicht. Wir gingen zum Auto und fuhren zum Hof zurück. Judith und Sarah kamen und umarmten mich. „Du kannst heute bei uns schlafen. Rosi muss noch zurück. In ihrer Boutique ist eingebrochen worden. Wir warten auf dich“.Oma hatte Rosi noch einiges eingepackt und verabschiedete sie. Ich gab ihr noch schnell einen Kuss und dann fuhr sie los. Wir gingen in die Küche und bekamen was zu Essen. Mutter und Katrin waren in der Zwischenzeit auch zurück.
Nachdem wir noch ein wenig über den Club geredet haben gingen wir auf unsere Zimmer. Ich suchte noch einiges zusammen und ging zu den Zwillingen. Sie waren gerade dabei einige Dehnungen zu machen. Ich sah ihnen interessiert zu wie sie ihre Beine bewegen konnten und wie elastisch ihr Rücken war. Judith machte eine Brücke und ihr Venushügel zeichnete sich in der Leggins deutlich ab. Ihr Pullover rutschte hoch und gab die Ansätze ihres Busens frei. Sarah sah mich an und erkannte das mich das unglaublich an macht. Sie zog ihren Pullover aus und hatte nur ein dünnes Unterhemd an und ihre Leggins.
Sie machte neben Judith genauso eine Brücke und versuchte sich noch weiter durch zu biegen. Ihre Brüste spannten unter dem dünnen Stoff und ihre Schamlippen waren dick unter der Leggins zu erkennen. Ich streichelte über die Hügel und machte einige sanfte Bewegungen entlang ihrer Spalten. Sie drückten sich mir immer weiter entgegen. Einen Kuss hauchte ich ihnen auf die gespannte Bauchdecke und zog mit der Zunge eine feuchte Spur zu ihren Brüsten. Ich hatte einen Ständer der nicht länger in der Hose bleiben wollte.
Kurzerhand entledigte ich mich meiner Sachen und wollte mich wieder den Zwillingen zuwenden. Die waren jedoch auch aufgestanden und zogen sich ebenfalls aus. Sie drückten mich aufs Bett und legten sich auf mich. Wir verschmolzen in einem langen Kuss und unsere Hände suchten die Körper der anderen. Beide hatten sie meinen Penis in der Hand und massierten den Schaft. Ich folgte ihrem Beispiel und suchte mit beiden Händen ihre Muschi. Sie waren heiß und wollten mehr. Sarah setzte sich auf mich und mein Speer glitt in sie. Sarah schloss die Augen und bewegte sich langsam. Judith küsste ihre Brüste und die Nippel richteten sich auf. Ich zog Judith über mich und so konnte ich ihre Muschi lecken. Sie stützte sich auf meinem Brustkorb ab und spreizte ihre Beine weit auseinander. Ihre Füße schwebten in der Luft und meine Zunge fand ihren kleinen Knopf. Sara hatte ihren Ritt verschärft und war kurz vor ihrem Orgasmus. Judith saugte an ihren Brustwarzen und nun war es um sie geschehen. Ihr Körper zuckte und Bebte auf mir. Sie stützte sich auf meinen Oberschenkeln ab und Stöhnte laut.
Als ihr Orgasmus abgeklungen war lächelte sie Judith an und Küsste sie. „Komm wir tauschen“ meinte sie und erhob sich. Judith dirigierte meinen Ständer in ihre Muschi und er glitt sanft in sie. Sarah hockte sich über mein Gesicht und ihre Muschi war sehr feucht. Sie schmeckte herrlich nach Frau und Leidenschaft. Judith hatte ein enormes Tempo das ich nicht lange durchhalten konnte drauf. Als ich noch dachte wir sollten die Position wechseln kam es ihr und ihre Schneidemuskulatur molk mir den Saft raus.
Ich bockte und spritzte alles in sie hinein. Als endlich meine Anspannung etwas nachließ lächelten sie mich beide an. Ich nahm sie in die Arme und freute mich über so viel Glück. Wir schmusten etwas und unsere Hände gingen auch schon wieder auf Wanderschaft da klopfte es an der Tür. Erst hatte ich den Instinkt mich zu verstecken aber dann sagte ich „Ja bitte herein“. Die beiden sahen mich an und Katrin steckte den Kopf ins Zimmer. „Entschuldigt darf ich rein kommen?“. Wir guckten uns an und nickten. „Ich glaube wir sollten uns mal unterhalten“. „Aber doch nicht jetzt?“ sagte ich. „Doch es ist wichtig. Ich sollte mit den Zwillingen unbedingt zum Frauenarzt sonst passiert noch was und das wollt ihr doch bestimmt noch nicht oder?“.
„Da waren wir schon“ antwortete Sarah. „Papa war mit uns schon vor einem Jahr da und hat uns die Pille verschreiben lassen für den Fall das es passieren sollte“ ergänzte Judith. Katrin schaute etwas traurig denn jetzt wollte sie einmal was für ihre Zwillinge machen da hat schon ein anderer alles erledigt. Ich griff nach ihrer Hand und zog sie ins Bett. Sie landete genau auf Judith und ich legte mich quer über sie und kitzelte sie. Erst wollte sie sich befreien doch ihre Muskeln gaben nach und sie konnte sich vor lachen kaum wehren. Sarah hatte schnell begriffen und packte ihre Mutter an den Waden und kitzelte sie unter den Füßen. Judith klammerte sich mit den Beinen an ihr fest und kitzelte unter den Armen. Katrin war völlig fertig und schrie um Hilfe. Das aber immer wieder in lachen über ging. „Was macht ihr hier?“ hörte ich plötzlich meine Mutter die durch das Geschrei von Katrin angelockt wurde. Sie stand in der Tür nur mit Slip und einem Strumpf bekleidet da und wusste erst nicht recht was hier los war. „Komm her wir kitzel Katrin aus und könnten etwas Hilfe gebrauchen“ rief ich. „Nein Nein hilf mir ich kann nicht mehr“ rief Katrin.
Mutter schmiss die Tür ins Schloss und sprang ins Bett. Erst dachte ich sie wollte uns helfen aber sie hatte es auf mich abgesehen. „Ich werde euch … eine alte Frau zu dritt …na wartet“ sie kitzelte mich in den Seiten wo sie genau wusste das ich sehr kitzelig bin. Die anderen ließen sich von ihr anstecken und machten sich ebenfalls über mich her. Nach und nach war jeder mal dran und wir lagen anschließend über kreuz alle durcheinander. Katrin lag mit dem Kopf auf Sarahs Bauch und betrachtete meinen Penis. Sie Bohrte mit dem Finger in Sarahs Bauchnabel und meinte „Der hat aber wirklich einen Schönen“ und wurde rot. Sofort waren Sarah und Judith da und hielten mein Glied fest in der Hand. „Ja und wir teilen ihn uns“ sagte Judith. „Komm Katrin lassen wir die Kinder alleine. Gehen wir schlafen“ meinte meine Mutter. Wir machten noch das Bett wieder in Ordnung und legten uns eng aneinander und schliefen ein.
Fortsetzung folgt …
auch wieder vielen Dank für die Kommentare weiter so und
nach dem lesen ein kurzer klick auf die Bewertung
…che non arrivò. Lei aprì le portiere dell’auto spalancandone una che dava sui sedili posteriori e mi disse “Ti va di stare più comodi?”.
Il parcheggio era piuttosto isolato, ma abituato alla strana fauna delle adiacenze di casa mia, dove tribù autoctone in cocaina cercano battaglie taglienti o gestiscono strani commerci, non ero minimamente teso. L’unica vera preoccupazione al contrario andava alla polizia, perché purtroppo gli “atti osceni” sono socialmente meno accettabili della violenza.
Ricominciammo a baciarci, ma avevo voglia di posare la bocca da un’altra parte. Le strinsi il seno tra le mani e le baciai quel poco di pelle che restava scoperto per la camicetta. Volevo succhiarle i capezzoli, per cui sbottonai lentamente fino a scoprirle il petto che era rinchiuso tirannicamente in un reggipetto nero.
Le scostai la coppa di sinistra, dove una deliziosa e rosea areola sporgente calamitò la mia bocca che ci si posò sopra, lasciando che la mia lingua irrequieta mandasse in tilt i suoi centri neuronali del piacere. Lei gemeva respirando affannosamente e stringendo con forza la mia testa contro di sé.
Passai dall’altra parte facendo la stessa cosa e la lasciai a seno scoperto per poi tornare a baciarla nuovamente, sfregando nel frattempo una mano tra le sue cosce.
Lei inarcava la schiena, strinse un po’ le cosce sulla mia mano e iniziò a serrare le dita dei piedi contro le suole dei sandali. Quel che stavo per fare era puro arrischio, ma giunti a quel punto dubitavo che mi bloccasse: le sbrogliai il cordino che le allacciava i pantaloni e iniziai ad calaglieli. Lei non fece opposizione, ma mi chiese “…cosa vuoi fare?” e io le risposi: “ Voglio assaggiare e sentire il profumo della tua orchidea.”
Lei replicò: “Nella mia vita l’ho sentita chiamare in tanti modi, ma mai in modo così botanico!”
Scoppiammo a ridere e ci baciammo;successivamente ella si mise scalza e divaricò le gambe. Io portai la testa tra le sue cosce e lambii vorace il suo clitoride: la sua “orchidea” traboccava di rugiada e il suo odore intenso, ma gradevole, accresceva in maniera esponenziale la mia eccitazione. I suoi piedi poggiavano sulle mie scapole e le sue mani spingevano sulla mia nuca verso il suo corpo. Con l’aumentare del godimento, lei spostò i palmi dalla mia testa e dopodiché, afferrò la tappezzeria del sedile affondandoci le dita con forza.
Quando l’orgasmo si fece strada dentro di lei, si contrasse e spalancò la bocca ansimando come una persona appena riemersa dall’acqua.
A quel punto si rilassò e con un filo di voce esclamò: “Ok, basta…sei stato bravissimo. Aspetta un attimo…”
Lei sistemò rapidamente i suoi abiti e mi sbottonò la camicia, baciandomi energicamente. Passò le sue mani sul mio torace, soffermandole sui pettorali e stringendoli con forza. Successivamente mi strinse entrambi i capezzoli tra pollici e lato degli indici, per poi leccarne uno e terminando con un morso attorno ad esso. Mi sfilò interamente la camicia lasciandomi a dorso nudo, mi abbassò completamente i pantaloni e i boxer neri sino alle caviglie.
Prese in mano il pene la rigidità di esso era quasi irreale. Lei restò a contemplarlo e avvertivo che il mio scroto inturgidito stava sopra il palmo di una delle sue mani calde. Dal meato sgorgava liquido di Cowper e lei scoprì il glande: mi stuzzicava essere nelle sue mani e restai inerte attendendo smanioso che facesse qualcosa. A quel punto poggiò un polpastrello sul meato inumidendolo di secrezione e se lo mise in bocca, come a degustare qualcosa di saporito. Ricoprì il fallo e tenendolo alla base, lo mise in bocca e iniziò a succhiarlo golosamente. Vedere la sua testa alzarsi ed abbassarsi e sentire i suoi capelli di seta sulle mie cosce, era benzina sulla mia libido ardente . Con quel pompino sembrava ingordamente intenzionata a farmi avere un orgasmo. Le dissi recuperando il fiato di tanto in tanto: “…se vai avanti così, credo durerò poco!” e lei staccandosi e continuando a muovere la mano su e giù, ribatté: “Non aspetto altro!”.
Ero arrivato al limite e il mio cazzo era una sensibilissima antenna sessuale che captava tutto il piacere che lei mi trasmetteva. Sentii la prostata contrarsi e in seguito percepii che il liquido pre-cum veniva spruzzato freneticamente all’interno della sua bocca. Quando giunsi all’eiaculazione, ebbi un orgasmo inaudito, che si protrasse oltre una decina di secondi e la quantità di sperma che produssi speravo non la facesse star male. Un torrente orgasmico in piena mi aveva investito togliendomi il respiro; reclinai il capo all’indietro e i glutei si contrassero con forza. L’encefalo era, seppur per pochi secondi, oltrepassato da una tale sensazione di piacere da farmi approssimare ad un Nirvana carnale. Solo il sesso riusciva a farmi raggiungere tale estasi, annullando in un breve istante qualsivoglia pensiero, angoscia e sentimento negativo. (continua)
Wie in einem Märchen
Es war einmal ein König der lebte mit seiner Königin mitten in einem tiefen Wald in einem prächtigen Märchenschloß.
Im Laufe der Zeit war es mit dem Königreich so ziemlich bergab gegangen. Die Einnahmen des Königs waren gegen den Nullpunkt gesunken und er musste sich Gedanken machen, um neue Einnahmequellen zu erschließen. Zunächst bot er sein damals noch recht heruntergekommenes Schloß als Kulisse für Filmaufnahmen an. Und als ein Aufnahmeteam dort begann, einen Hardcorefilm zu drehen, kam er auf die Idee, es doch auch selber mal als Pornoproduzent zu versuchen.
Leider reichte das wenige Geld, was er damals noch hatte, lediglich nur für Schmuddeldarsteller, doch er hatte sich vorgenommen nur exzellente Filme zu drehen. Und als er so sorgenvoll nachdachte, machte die Königin ihm den Vorschlag, daß er es doch zunächst einmal mit ihr als Hauptdarstellerin versuchen sollte.
Schon bei den ersten Filmaufnahmen ließ sie sich mit wirklich naturgeiler Hingabe von den anderen Darstellern verwöhnen, so daß der König ständig mit einem enorm aufgegeilten Ständer um sie herumschwänzelte. Und wenn sie dann nach einem anstrengenden Drehtag mit weiten Schenkeln und immer noch nasser Muschi unter ihm lag und er mit seinem Ständer endlich in ihr steckte, wunderte er sich, daß seine Königin nicht wund war.
Im Laufe der Zeit stellte sich heraus, daß sie eine exzellente, unverschämt gewagt und schamlos agierende Darstellerin vor der Kamera war. So war es unausweichlich, daß die Königin mit der Zeit zu einer viel beachteten und sehr begehrten Pornoqueen avancierte und mit ihr der König ein reicher Pornokönig wurde. Er verdiente viel Geld, und bediente sich, wenn seine Frau mit den Dreharbeiten beschäftigt war, den schönsten Mädchen, die sich für ihn in der Hoffnung auf eine Filmrolle in einem seiner Filme willig breit machten.
Er verdiente nun mehr Geld, als er jemals als König seines Königreiches im Wald verdient hatte. Er gab das Geld mit vollen Händen aus. Auch seine Frau, die Königin genoß nach ihren Dreharbeiten die begehrtesten Callboys oder ließ sich von den edelsten Damenhuren verwöhnen.
Eines Tages ließ es sich der Porno-König besonders ausschweifend geil von zwei bildhübschen Jungfrauen, die natürlich keine mehr waren, besorgen. Aber so genau nahm er es nicht: alle jungen Dinger, die untenrum noch einigermaßen eng waren, waren bei ihm Jungfrauen.
Als er also gerade mal wieder mit geilster Hingabe beim rummachen war, bekam er plötzlich dann doch Heimweh nach seinem Königsschloß daheim im Wald und wurde ganz traurig.
Seit dem dachte er immer wieder an das Königsschloß daheim im Wald und beschloß das viele Geld dort gewinnbringend zu investieren Er hatte beschlossen, sein Schloß mit den Repräsentations- und Gästezimmern zu einem kleinen Nobelhotel mit Edel-Bordellbetrieb umbauen zu lassen. Er ließ Duschen in jedes Zimmer einbauen, und ließ jedes der Zimmer dezent mit edlen Möbeln ausstatten. Eines davon ließ er sogar von einem bekannten SM-Studio projektieren und entsprechend herrichten.
Dazu sollte ein Nobelrestaurant entstehen, das auch in dieser Hinsicht alle erdenklichen Ansprüche befriedigen sollte.
Als der Umbau fertig war, heuerte er einige der bildhübschesten unter den verruchtesten Freudenmädchen an und schaltete in den einschlägigen Magazinen und Zeitschriften Anzeigen, in denen er mit den Leistungen seiner Mädchen warb. Er hatte die schönsten, fleißigsten und vor allem willigsten Edelnutten von weit her zusammengeholt die nun den Gästen gegen entsprechendes Entgelt zur Verfügung stehen sollten.
Aber auch die Königin, die zwar immer noch als absolute Pornoqueen galt, arbeite nun als Puffmutter im Betrieb des Königs mit. Sie unterwies die Anfängerinnen, teilte die Schichten der Mädchen ein und kümmerte sich um das luxuriöse Interieur des Bordells. Letzteres war äußerst exquisit und geschmackvoll gehalten, und die Mädchen arbeiteten ausnahmslos in einer angenehmen Atmosphäre. So waren nicht nur der Restaurant- und Barbereich, sowie natürlich auch die Gästezimmer nobel ausgestattet. Auch der Kontaktbereich in der großen Eingangshalle war mit geschmackvollen Regalen, Bücherwänden und dergleichen, in kleinere, diskrete Kontaktzonen unterteilt, in denen sich die Mädchen während ihrer Wartezeiten und bei der ersten Kontaktaufnahme mit ihren Kunden aufhalten konnten, sich jedoch nicht gegenseitig beobachten konnten.
So vermochte sich der Kunde aus der Mitte der Eingangshalle zunächst einen Überblick über das jeweils verfügbare Angebot verschaffen, was die Mädchen auch gerne zum frivolen kokettieren nutzten, und um die Gunst der Kunden buhlten bevor er sich für eine von ihm auserwählte Liebesdienerin zur näheren Kontaktaufnahme entschied.
Das Arbeitsklima war hervorragend, denn der König behandelte seine Pferdchen gut, und die Königin ging warmherzig mit den Mädchen um, ging aber, wenn nötig, auch bestimmend und gerecht vor.
Die Mädchen bekamen nach Abzug der Kosten für Kost und Logis einen angemessenen Anteil des von den Freiern ausnahmslos bei der Königin zu entrichtenden Liebeslohnes.
Kurz: es fehlte in diesem Märchenschloß niemandem an nichts.
Die Gäste bekamen auf Wunsch obszöne Geilheiten geboten, hier konnten auch die heimlichsten Träume der Gäste verwirklicht werden.
Alle seine Schätzchen waren zur Freude des Königs ständig unverhohlen schwanzgeil und manchmal fragte man sich, wer hier eigentlich die Dienstleistung erbrachte, denn die Mädchen ließen sich durchweg vergnüglich von ihren Kunden fertig machen. Und dabei trieben sie es mit großer Freude in jeglichen erdenklichen Variationen.
Es waren keine vulgären Huren für ein schnelles raus-und-rein-rammeln, abspritzen, – fertig, – nein, – es waren gepflegte Dirnen, die sich jeweils ihre eigenen Kosmetikerinnen kommen ließen und die Chefin hatte sogar einen Visagisten unter Vertrag, der die Mädchen je nach Bedarf hin und wieder aufpolierte.
Dieser hatte auch die äußerst geschmackvolle Arbeitskleidung der Mädchen entworfen. Diese entsprach jeweils den persönlichen Neigungen der Damen von elegant bis ordinär und von fein bis obszön, und ließ in keinem Teil die von Königin gewünschte zweckdienliche Frivolität außer acht.
Für die verkehrsruhigen Zeiten gab es einen Gemeinschaftsraum der Mädchen, wo sie sich wieder frisch machen konnten. Wo sie aber auch miteinander spielten, fern sahen, oder wenn sie der Chefin schmeicheln wollten, sich einen ihrer alten Pornofilme ansahen, die ständig in der hausinternen Videoanlage liefen.
Oder die besonders Geilen spielten, wenn sie aufgrund mangelnder Kundschaft notgeil geworden waren, versonnen an sich selber.
Letzteres hatte der König allerdings gar nicht gern, denn damit war womöglich bei den Mädchen die erforderliche Spannung für einen spät eintreffenden Freier verpufft. Aber wenn sie dann wirklich notgeil waren legte er äußerst gern auch persönlich bei ihnen den Schwanz an.
Und auch für die unterschiedlichsten Vorlieben der Freier war bestens gesorgt: Die Königin hatte dafür gesorgt, das für jeden Geschmack etwas dabei war: von einer Jungfrau (freilich ohne Anspruch auf ein intaktes Jungferhäutchen) mit niedlichen Titten über Rubensfrau mit Megatitten bis zur ausgeleierten Mittfünfzigerin mit abgegrapschten Hängebrüsten. Alle bestens dauergeil, äußerst gepflegt und vor allem: immer patschnaß!!! Die Mittfünfzigerin bedurfte hierin allerdings etwas Nachhilfe durch ein gutes Gleitgel.
Diejenigen Mädchen, die ihre Tage hatten, wurden nicht etwa abgestellt. Sie arbeiteten während dieser Zeit weiterhin als vollwertige Mitarbeiterinnen des Gesamtteams an der Bar. Schließlich konnten sie ja für ein Trinkgeld den Gästen immer noch einen blasen.
Die mit der drallen Rubensfigur stand neben einem Typen vor dem Bartresen und ließ sich für ein fürstliches Taschengeld öffentlich vor den weiteren Bargästen ihre megageilen Titten begrapschen.
Auch für die anderen “Herren” hatte die Königin gesorgt. Sie hatte einen Gayboy, einen wirklich süßen Jüngling mit wunderbarem Arsch eingestellt. Dieser war weit und breit als ein besonderer Leckerbissen für jeden einschlägigen Herrn bekannt und daher allseits beliebt. Und es war eine warme Empfehlung ihrer Verbindungen aus ihren alten Pornobeziehungen, die sie schon aus reinen geschäftlichen Gründen weiterhin aufrecht hielt, und wo sie nach jeder Premierenparty sich mit weiten Schenkeln in die erfolgversprechendsten Betten sinken ließ. So hatte sie einige Pornoproduktionen in das Schlosshotel geholt und ihren Mädchen in diversen Rollen zu gewissem Ruhm verholfen, der sie bis in die Wohnzimmer der biederen Familienväter gebracht hatte.
Und für die Damenbegleitung der Freier (heimlich jedoch in erster Linie für ihren Eigenbedarf) hatte sie einen wirklich einmaligen, tollen durchtrainierten Callboy engagiert.
Der absolute Star im Stall dieses Königs war jedoch eine wunderschöne Hobbyhure namens Rosemarie. Wenn sie durch die Flure ging, bewegte sie sich dabei so grazil, ja sie schwebte förmlich anmutig und schön. Das geile Ding war sich ihrer betörenden Schönheit auch voll bewusst und lief deshalb ständig nur in einem langen, weißen und vor allem völlig durchsichtigen Neglige herum, damit Jedermann und Jedefrau jederzeit ihren schönen, ebenmäßigen Körper von allen Seiten ausgiebig bewundern sollte.
Auch der König war jedes Mal hellauf begeistert, wenn das Röschen seinen Lustdorn mit ihrer Muschi bearbeitete. Dabei spielte es auch keine Rolle, wenn sie noch naß “von eben”, vom vorherigen Freier war.
“Röschen hier,” “Röschen dort,” hallte es überall in den Mauern. Schon beim Anblick ihres geilen Körpers schnellten die Männerschwänze hoch, und der König machte sie zu seiner ersten Privathure. Er zog Röschen gern den anderen Damen vor, wenn nicht gerade einer der zahlenden Freier auf ihr lag oder sie auf einem anderen zahlenden Gast saß, und ihn wild ritt…
Aber auch die Königin verachtete ihre Dienste nicht, denn Röschen hatte auch für die Damenwelt eine wunderbar betörende Zunge parat, und so ließ die Pornoqueen sich leidenschaftlich gern von Röschen die Muschi lecken.
Röschen war berühmt und begehrt. Sogar aus fernen Ländern kamen die reichsten Freier und hochgestelltesten Männer und zahlten die besten Preise, nur um das märchenhafte Röschen zu vögeln. Teilweise wurde sie von besonderen Stammgästen sogar Monate im voraus gebucht. Und der König setzte sie, sofern er sie nicht gerade selber begehrte, auch gern für besonders wichtige Kunden zu Sonderschichten ein, die sie mit ihrer sagenhaften Spaßmuschi in vollendeter Virtuosität bediente.
Und jedermann erfreute sich auch daran, daß Röschen offenbar auch selbst jedes Mal die schönsten Lustekstasen erlebte.
Obwohl Röschen also der Star des ganzen Schlosses war, war sie darüber nicht etwa übergeschnappt sondern reihte sich, soweit es ihre vom König zugewiesnen Aufgaben in seinen Schlafgemächern oder bei denen seiner persönlichen Gäste zuließ, zumeist brav und bieder in die Reihe der anderen Damen in der Hotelhalle ein und beanspruchte dort auch nicht etwa einen besonderen Stellplatz. Deshalb war sie auch von allen anderen dort beschäftigten Mädchen hoch geachtet. Darüber hinaus war Röschen nicht etwa nur auf die reichsten, schönsten und potentesten Freier aus, sondern hatte auch ein sehr großherziges Gemüt und ließ sich wirklich von jedem beglücken. Sie hatte eben nicht nur eine jederzeit jedem ergebene Muschi, sondern auch ein großes Herz.
So kam es zuweilen vor, daß sie im Schlossgarten mit ihrem makellosen und wie immer lediglich nur mit einem Hauch von Nichts bedeckten Körper lustwandelte und dabei am Rand des Schlossgartens einen wild wichsenden und nach ihr lechzenden Bettler vernahm. Dann legte sie sich auch gern mal charmant und süffisant lächelnd rücklings ins Gras und ließ ihn wortlos und erfrischend gut gelaunt, vergnüglich umsonst in ihr freizügiges Spaßloch vögeln.
Es war schon eine illustre Gesellschaft, die da in diesem Märchenschloß lebte. So war es ein beliebter Zeitvertreib der Königin, sich mit blankem Busen quasi inkognito in der Eingangshalle einzufinden um sich gemütlich in eine der Kontaktecken der Mädchen zu setzen und mit den übrigen Mädchen um die Wette vor den eintreffenden Kunden zu buhlen.
Auch die Königin war eben ein geiles Luder, megageil…
Sie zeigte gern jovial und gutmütig schmunzelnd ihren Kolleginnen, daß man auch in ihrem Alter noch mit Erfolg um die Freier buhlen konnte, bevor sie sich dann sich in ihrem Turmzimmer ausschweifend brünstig mit diesem Kunden vergnügte und in megageilen Lustgefühlen juchzte…
Hauptsächlich hatte sie ihren Heidenspaß daran, möglicht viele Feier- Schwänze mit ihrer Muschi zu melken.
Sechs- bis siebenmal die Nacht war das übliche Maß eines ihrer Mädchen, und zu ihren eigenen besten Pornofilmzeiten hatte sie noch mehr geschafft. Die Gäste hier waren einfach unersättlich, ….und manchmal wechselten die Mädchen noch naß vom Vorgänger die Lotterbetten.
Dem losen Treiben der Königin ungeachtet war der König nicht etwa eifersüchtig wenn die Königin mal wieder berauschend aufgegeilt und himmelhochjauchzend in ihrem Turmzimmer unter einem ihrer Kunden lag oder es sich von dem Callboy besorgen ließ. Auch die Königin war wie alle anderen hier im Schloß außerordentlich naturgeil.
Manchmal war der König sogar dabei in ihrem Zimmer und vögelte seinerseits eine der gerade freien Huren, mit Vorliebe jedoch das Röschen.
Aber auch die Königin war nicht eifersüchtig, denn auch der König bediente sie häufig zu ihrer Zufriedenheit. Und wenn es ihr wirklich einmal unsäglich lüstern juckte (und das tat es ihr eigentlich immer), dann deckte sie ihren Mehrbedarf eben an ihrem fest angestellten Callboy; oder wenn die momentane Nachfrage unten in der Halle oder der Bar es zuließ, auch gern mal durch eine oder gar mehrere ihrer bezaubernden Edel-Dirnen.
So bekam auch sie es immer und zu jeder Zeit ausreichend besorgt.
Eines Tages sagte die Königin zum Röschen:
“Weißt du, ich schaffe das bald alles nicht mehr. Ich möchte mich gern von der Betreuung unserer Mädchen zurückziehen und mich nur noch meiner eigenen Lust widmen können. Ich will mich mehr unseren Freiern widmen und mich viel häufiger durchvögeln lassen. Willst du nicht unsere Chefin werden? Du bist doch so etwas wie der ruhende Pol unter unseren Mädchen, bist zu allen lieb, kommst mit allen gut aus…. und schön vöglen lassen kannst du ja auch noch weiterhin. So, wie ich es doch auch immer gemacht habe…….”
Das Röschen willigte ein und war fortan eine von allen Damen des Schlosses geschätzte, geachtete und vor allem eine von allen anerkannte Chefin. Sie war immer freundlich, hilfsbereit und hatte für allen möglichen Kummer der Dirnen ein offenes Ohr und ein helfendes oder tröstendes Wort. Auch wenn die Huren sich mal wieder stockbetrunken stritten (was allerdings recht selten vorkam), war sie für alle Seiten eine verständige Schlichterin.
Und so herrschte auch weiterhin unbeschwerte Stimmung im Schloss des Königs, und es war besonders zu den verkehrsintensivsten Nachtzeiten an den voll ausgebuchten Wochenenden eiteler Sonnenschein. Und bei all diesem mangelte es weder den Freiern noch den vollbeschäftigten Damen an nichts.
Ja, der Laden lief so gut, daß der König und die Königin manchmal sogar daran dachten, für die Wochenenden zu den festangestellten Professionals auch einige gute Teilzeitkräfte als Huren-Aushilfe anzuheuern.
***
Zwei Täler entfernt vom Märchenschloß des Pornokönigs und der Pornoqueen hatte schon vor langer Zeit eine emsige Nutte ebenfalls einen Bordell aufgemacht. Aber hier ging es längst nicht so gemütlich zu wie im Bordell des Pornokönigs. Hier herrschte ein sehr rauer, drangsalierender Ton, und die Mädchen wurden von ihr an sehr kurzer Leine gehalten.
Hinter vorgehaltener Hand sagte man gar, daß sie eine Hexe sei. Überdies war sie im Laufe der Zeit an miese Zuhälter geraten, die ihr zunächst Liebe versprachen, sie selber anständig durchvögelten und dann mit ihrem Geld verschwunden waren. Und nun presste sie nicht nur ihre Mädchen aus, nein, selbst auch noch deren Tangazwickel um den Extrakt über das Internet an entsprechende Kunden zu vermarkten.
Ihre Mädchen litten ständig Mangel, es waren arme charakterlose Geschöpfe, die sich für ein klägliches tägliches Brot, das ihnen die Hexe gerade mal zugestand, Nacht und Tag auf dem untersten Niveau für billiges Geld verkauften.
Aber trotz Dumpingpreisen lief der Puff einfach nicht so recht. Die Puffmutter hatte sich sogar schon ein “all inclusive” Angebot ausgedacht: Essen, was allerdings zumeist nur aus einem überteuertem Fastfood-Menü bestand, trinken, – und dann Vögeln bis zum abwinken mit einer der Nutten bis zum Erschöpfungsschlaf. Und selbst der Morgenfick vor dem Frühstück war noch “all-inclusive”.
Trotzdem kamen die Freier nur noch wenn sie wirklich notgeil waren, obwohl der nächste ebenfalls billige, allerdings auch nicht bessere Puff einige Tagesreisen weit entfernt war.
***
Eines Tages, an einem trüben Wochenende, hatten sich zwei aufgeschlossene, lusthungrige Freundinnen statt einem Beauty-Wochenende ein Lustwochenende gegönnt. Sie hatten gehört, daß im Schloßbordell auch Frauen bedient werden sollten. So gelangten die beiden, eine noch recht attraktive angejahrte Mittfünfzigerin und eine etwas plissierte Gleichaltrige – ein Vielfalter gewissermaßen, durch die Tür des Lusthauses, checkten an der Rezeption ein und bezogen ein Zimmer mit einem riesigen Lotterbett.
Wer mag hier schon alles gebumst haben?” sagte die Plissierte.
“Sicherlich auch schon dein Männe,” bekam sie zur Antwort, denn die Freundin wusste um die heimlichen Gelüste ihres Mannes, denn schließlich war sie selber schamlos lüstern und schon mehr als einmal das erfüllte Ziel seiner obszönen Begierden gewesen.
“Und die vielen Flecken…..” sinnierte wieder die andere, und strich über die frisch bezogene Bettwäsche, “ich liege nicht gern in den nassen Flecken auf dem Laken.”
“Aber wir wollen doch so richtig geil fertig gemacht werden; – dazu gehört halt alles dazu. Ich jedenfalls, will jedenfalls ordentlich was erleben. So wie die Pornofilmsternchen in der Pornofilmsammlung meines Männe etwa, da wird nicht nur ordentlich gevögelt, sondern auch mal so richtig geil eingesaut ……!!!!”
Während die beiden sich noch Gedanken machten, wie sie es besorgt bekommen wollten und welche Liebesdienste sie sich nun als erstes gönnen würden, fragte an der Rezeption ein gutsituierter Mittvierziger nach der Prinzessin.
“Wer?…” kam die Gegenfrage der Dame hinter dem Rezeptionstresen, deren Titten dem Hotel angemessen, obszön aus der offenen Bluse hingen.
“Das Röschen…” berichtigte stotternd der Gast.
“Was das Röschen macht? die ist schon ganz heiß und feucht!!!” wurde ihm lachend geantwortet, denn das entsprach bedenkenlos nach aller Erfahrung der Tatsache.
Aber der Gast wusste auch aus Erfahrung, daß der Preis für das Röschen für seine derzeitigen finanziellen Verhältnisse leider eine Nummer zu groß war.
So ging er in die Hotelhalle und besah sich eingehend die derzeitig verfügbaren Mädchen. Schließlich blieb er da stehen, wo die Cindy mit den extrem langen Titten saß. Diese hatte wirklich außergewöhnlich lange Hänger, oben flach eingezogen und unten eine volle Kugel. Sie stand auf und drehte sich leicht seitlich. Aus diesem Blickwinkel kam für den lüsternen Betrachter die langgezogene S-förmige Silhouette ihrer Brüste mit ihren jetzt deutlich aufgerichteten Tittennippeln besonders zur Geltung. Bestrickend strich sie sich mit den Händen diese Silhouette nach.
“Geil, diese Frau,” gierte der Freier und fasste sich bereits lüstern in den Schritt.
“Wie wärs mit uns beiden?” hauchte Cindy betörend.
Mit ihren blanken, ausgeleierten und lang baumelnden Titten stakste Cindy in den hohen Absatzschuhen durch die Halle, wobei sie die Hänger besonders aufreizend schlenkern ließ. Und im Aufzug wollte er ihr schon an die Titten.
“Bist du schön geil?” fragte sie, obwohl sie genau wusste, daß dieses Frage unnötig war. Sie streckte ihren Oberkörper und ließ sich schon mal die Titten begrapschen. In diesem Laden war der Kunde König und die Bedienung bekanntermaßen äußerst bereitwillig, denn hier waren nicht nur die Freier sondern auch die Nutten selber äußerst lustversessen.
Als sie aus dem Aufzug kamen, ging sie mit ihren lang baumelnden Hängern über den Flur zielstrebig auf sein Hotelzimmer zu, und zog im Schlepptau der Duftwolke ihres betörend aufdringlichen Parfüms den lüsternen Freier hinter sich her. Dabei begegneten sie den beiden Freundinnen.
Diese beiden hatten ja zunächst eine der Damen im Visier gehabt, waren dann aber doch beim Callboy schwach geworden. Schließlich hatten sie sich aber, da sie ja ein ganzes Lustwochenende vor sich hatten, dahingehend geeinigt, daß sie die Dienste der Damen dann eben anschließend genießen wollten.
Die eine hatte sich lüstern an seine stattliche Figur angelehnt und ließ sich träumend von seinen starken Armen zu ihrem Hotelzimmer führen, während der Vielfalter hinter den beiden mit beinahe verklärten Augen und mit sicherlich bereits klitschnasser Spalte auf seinen betörenden Knackarsch stierte, wo sich der String eines hellblauen Tangas in dessen Falte verlor.
Der süße Callboy hatte die sinnliche Freierin aus seinem Arm auf das Lotterbett gelegt und vögelte sie besonders zärtlich ihre wirklich brünstige Möse. Dabei war die langsame Zärtlichkeit für ihn eine Notwendigkeit, denn schließlich hatte er es ja anschließend auch noch dem Falter zu besorgen, die ihrer Freundin beim Bumsen zusah und dabei sich jetzt erst einmal selber die Spalte rieb.
Sein Fick blieb erwartungsgemäß nicht lange ohne die beabsichtigte Wirkung, und die Alte unter ihm hob gewaltig ab. Er ließ seinen Ständer noch ein wenig in ihrer Muschi auf und ab gleiten, dann war Nummer Eins erst mal fix und fertig und er konnte sich der zweiten Nummer widmen. Die war wohl durch ihr eigenes Rubbeln schon ziemlich weit. Das kam ihm sehr gelegen, denn es drängte in ihm, nun endlich abspritzen zu können.
Als sie in der höchsten Lustekstase stand, nahm er die Schranken von seiner Lust und spritzte selig tief fickend in die Lustmöse seiner Kundin hinein….
Dann lag er anschließend zwischen den beiden auf dem Rücken, deutete er auf seinen Schlaffi und sagte:
“Wer ihn als erste wieder hochbekommt, die bekommt es als erste noch einmal besorgt.”
Damit lehnte er sich süffisant zurück und genoß es, wie die beiden miteinander wetteifernd sich auf das äußerste um seinen Schwanz bemühten. Dabei wusste er es genau: in spätestens zehn Minuten würde er eine der beiden noch einmal drannehmen können.
Schließlich war er ja ein Profi!
Er steht….!!! jubelten beide gleichzeitig.
“Komm nimm mich von hinten,” bettelte der Falter nun ganz aufgeregt und bückte sich sogleich, um ihm ihre Muschi entgegenzurecken. Und prompt flutschte sein Ständer erneut in diese Lustmöse, deren geile Erregung er bereits wieder deutlich spürte.
“Komm ich lecke dich,” sagte sie zu ihrer Freundin. Und sogleich legte sich die Freundin in Position und ließ sich die Möse schlecken, während sich die Leckerin von hinten vögeln ließ.
Alle drei genossen ihre ungestüme Geilheit und der Boy vernahm aus der Enge der an seinem Schwanz saugenden Möse, daß er seine Kundin erneut in die höchsten Freuden katapultierte. Noch vier, fünf Schübe…..
Inzwischen hatte im Nebenzimmer der schwule Jüngling völlig romantisch seinem verzücktem Kunden seine willige Arschrosette entgegengestreckt. Nun steckte in seinem smarten, wohlgeschmierten Arsch ein geradezu wunderschöner, fester Schwanz…..
Es war ein besonderer Genießer, der gerade den Arsch des Jünglings fickte, und mit lustvoll verspanntem Körper offenkundig kurz vor dem lustvollen Schuß in den männlichen Kanal stand….
Auch in der Hotelküche ging gerade die Post ab. So ständig von den saugeilen Mädchen und ihren fickbrünstigen Freiern umgeben, war natürlich auch in Küche und Restaurant eine entsprechend lockeres Benehmen die Regel. Die Küchenmanmsell hatte heute, weil es in der Küche so warm war, ihre Bluse ausgezogen und lief schon den ganzen Abend oben ohne mit immensen nackten Wackeltitten in der Küche umher. Wenn sie die Speisen auf den Tellern drapierte und sich dabei etwas vorbeugte baumelten sie lang und schwer, so daß schon ihr Anblick eine geile Freude war. Und bei jeder sich bietenden Gelegenheit walkte der Koch auch noch wollüstig in diesen Titten. Schon den ganzen Abend waren die beiden immens aufgegeilt, und irgendwann zwischendurch hatte er sich auch schon mal einen runtergeholt. Aber es hatte nicht viel genutzt: er hatte immer noch einen gewaltigen Ständer in der Hose, den die Küchenhilfe bei jeder sich bietenden Gelegenheit in Form hielt und auch zwischendurch wiederholt begehrlich wichste. Und wenn die Gäste im Restaurant gewusst hätten, daß sie fortwährend auch noch ihre Finger in der patschnaß erregten Spalte hatte…. mancher Gast hätte sicherlich lieber die geile Küchenhilfe als das servierte Essen vernascht.
Der Koch stellte gerade einen Topf auf das Herdfeuer als die Mamsell ihm deutlich eindeutig in die Hose griff.
“Moment,” sagte er und drehte sich um, “ich helfe dir.” Damit machte er die Hose auf und streifte sie hinunter. Sogleich stand ihr sein Jonny steil und fest entgegen. Endlich hatten die beiden mal ein wenig Zeit für sich gefunden.
Die immens aufgegeilte Mamsell ergriff sofort die feste Latte und begann gierig an ihr zu nuckeln.
“Du könntest oben bei den Nutten sicherlich mehr verdienen, als hier unten bei mir in der Küche.” Die Mamsell lutsche ja nicht das erste Mal am Schwanz des Kochs und dieser war jedes Mal hellauf von ihren Blaskünsten begeistert. Sie ließ den Schwanz kurz aus dem Mund gleiten und sagte:
“Ich bin aber lieber hier unten!” Dabei betonte sie besonders das “hier” und wies auf den festen Ständer vor ihrem Gesicht. “Du machst mich doch immer so wunderbar fertig!” Und sogleich lutschte sie wieder äußerst gekonnt die ihr lüstern entgegengereckte Prachtlatte. Dabei war sie in die Hocke gegangen und rieb sich jetzt ganz besonders gierig ihre Pussy. Und je weiter sie sich selber vorantrieb, je intensiver nuckelte sie den Zauberstab. Gleich würde bei ihr die Post losgehen und auch der Schwanz in ihrem Mund zuckte schon freudvoll. Gleich würde er die geile Wichssoße auf ihre Titten spritzen…..
Oben in ihrem Turmzimmer lag die Königin mit breiten Schenkeln unter einem Freier und genoß dessen harten Stöße.
“Jahhh…..,” wimmerte sie mit lustvoll verzerrtem Gesicht. “Ja…. gleich… gibs mir…..!!! du machst mich fertig, ohhh… ist das geil…..!!!!!” stöhnte sie im Takt seiner Stöße.
“Ja, du versaute Hure,” tönte es ihr keuchend entgegen.
Ihr Freier vögelte sich regelrecht die Seele aus dem Leib, seine Lenden verspannten sich…..
Der König nebenan bumste gerade tröstend eines seiner neuesten Pferdchen. Es war eine Hure von kolossal verkommenem Ruf und liederlichem Lebenswandel. In einer schwülen Disco hatte sie den Ruf einer megageilen Jedermannsmuschi gehabt und war also das ideale Weibsbild für einen erfolgreichen Einstieg in eine vielversprechende Karriere gewesen.
Ihr aktueller Freier hatte schon recht schnell schlapp gemacht. Er hatte seine Ladung in Schnellspritzer-Manier in sie hineingespritzt, war dann runter von ihr, und in die Bar; und nun saß er dort und besoff sich. Das fleißige Flittchen jedoch hatte er völlig unbefriedigt liegengelassen.
Das arme Ding war auch noch eine von den ganz jungen Dingern, die noch nahe am Wasser gebaut sind und fasste es als persönliche Abfuhr ihrer triefend geilen Muschi auf, daß sie nichts abbekommen hatte. Sie hätte es sich zwar nun selber machen können, aber ihr verlangte unersättlich nach einem starken Schwanz.
So gänzlich unbefriedigt stand sie also unvermittelt vor seiner Tür.
“Unverschämt,” sinnierte der König, “so kann man doch nicht mit einer willigen, naturgeilen Dame umgehen!” und damit fühlte er sich genötigt dem armen, gefrusteten Ding Entspannung und Erleichterung zu verschaffen, in dem er es gehörig verwöhnen würde.
“Komm rein,” sagte der König. Und sogleich lag das Allerweltsliebchen leise wimmernd in seinem Königsbett, zog sie Muschi breit auseinander und ließ erwartungsvoll und gierig die geil klaffende Muschi in glänzendem blassrosa vor den Augen des Königs kreisen. Der Ficksaft ihres letzten Freiers rann ihr noch aus dem vollgespritzten Lustloch und verlor sich ihrer Pokerbe.
Das Röschen war gerade mit ihrem fünften Freier dieses Tages in der Suite fertig geworden. Dieser hatte sich dabei so verausgabt, daß er danach völlig erschöpft eingeschlafen war. Ob solcher Interesselosigkeit hatte sich nach unten in die Kontakthalle begeben und sich im Aufenthaltsraum der Mädchen ein wenig frisch gemacht. Sie hatte die Muschi etwas ausgespült, und saß jetzt ein wenig abgearbeitet in der Halle und spielte sich gelangweilt an ihrer Spalte. Für heute Nacht war wohl kein neuer Freier mehr zu erwarten, es sei denn, der von eben erwachte wieder und würde erneut nach ihr verlangen.
So saß Röschen da, streichelte sich versonnen da unten, und kam mit den Fingern nicht mehr davon los. Erst heute morgen hatte sie nochmals die Ränder ihrer Mösenhaare nachrasiert und freute sich nun über den äußerst gepflegten Anblick, den sie ihren Freiern zu bieten hatte. Ihr Gesicht war entspannt und geradezu träumerisch, ja, wie es schien, sogar angenehm erregt, denn gelegentlich zuckte es um ihre Mundwinkel.
Ihre Bewegungen in der Spalte wurden etwas heftiger.
Plötzlich ging die Schloßtür auf, und mit einem kalten, eisigen Lufthauch kam die Puffmutter aus dem zwei Täler entfernten Puff hereingestürmt, sah sich flugs um, und geiferte sogleich mit schmerzlich schriller Stimme:
“Aha, das hier ist also das berühmte Schlossbordell. Alle Freier wollen nur immer hier vögeln! Neuerdings sollen sogar auch die Weibsbilder hier bedient werden. So weit ist es schon gekommen, daß die Freier hier ihre Freundinnen im Puff durchvögeln lassen, während sie die Nutten ficken!!! Und dann sogar gleich zweimal das ganze Geld abkassieren. Hier werden also die ganzen Freier abgesahnt – und meine Mädchen darben.
Das muß ein Ende haben!!!!! Der ganze Puff hier soll einschlafen,” geiferte sie, “Mindestens hundert Jahre soll sich hier nichts mehr bewegen. Solange, bis alle es vergessen haben, daß hier mal der sagenhafte Schloss des Pornokönigs und der geilen Pornoqueen war!!
Und zuwachsen soll dieser Puff, stachelige Dornen sollen diesen Puff umgeben. So dicht, daß niemand mehr sehen kann, daß hier mal der Puff des berühmten Pornokönigs war!!!!”
Die Alte keifte mit schriller Stimme, daß einem Mark und Bein einfror….
Der grauenhafte Fluch hallte durch das ganze Schloß, durch alle Zimmer und ließ Nutten wie ihre Freier fürchterlich bis in deren genüßlich ineinandersteckenden Hauptteile erzittern.
Sogleich machte die Alte auf dem Absatz kehrt (wobei sie ihn beinahe abgebrochen hätte – jedenfalls war sie kurz ins Straucheln gekommen), und verschwand nach draußen in die Dunkelheit.
Der König bumste gerade mit tiefen Zügen genüßlich im Spaßloch seines neuen Pferdchens, und die Nutte selbst war kurz vor dem abheben. Auch er selber war gerade kurz vor dem Explodieren seines Vulkans und brummte zufrieden zu sich:
“Das könnte hundert Jahre so gehen….,” nichtsahnend, das sich sein Wunsch sogleich erfüllen sollte.
“Ohh. Ohh…….” stöhnte er noch verhallend und blieb dann regungslos in der Muschi.
“Endlich rammelt er nicht so impertinent…,” dachte die Dame unter ihm, und genoß die enorme Dicke seiner plötzlich bewegungslosen Ficklatte.
“Hundert Jahre kurz vor dem Höhepunkt! Welch ein Geschenk!!!” jubilierte der König in seiner bewegungslosen Starre.
In der Küche ging das Herdfeuer aus, und die Mamsell spürte, daß der eben noch pulsierende Schwanz in ihrem Mund ruhig war aber seltsamerweise dennoch nicht in seiner Festigkeit nachließ. Auch ihr eigener Finger rollte nicht mehr über die feste Perle sondern pausierte mit angenehmem Druck darauf.
“Geil,” dachte sie, “so kurz davor……”
Cindy mit den langen Hängetitten wurde gerade von hinten drangenommen und bei jedem Stoße ihres Freiers schlenkerten ihre langen Dinger unter ihr. Sie reckte die Muschi geil nach hinten heraus damit er schön tief in sie eindringen sollte.
Und sein Schwanz flutschte in der Muschi rein und raus. Sie fühlte, daß die geile Lust in ihr unaufhaltsam anschwoll und es ihr bald kommen würde.
“Jahhh…..,” presste sie gedehnt heraus, “….fick mich schön geil! Du fickst so wunderbar….!” Dabei gab sie sich alle Mühe um ihn anzutörnen, während sie selber versuchte sich zurückzuhalten, um möglichst nicht noch vor ihrem Kunden zu kommen.
Und der fickte sie in wahrlich himmlischem Gleichmaß, daß ihr Hören und Sehen vergehen wollte. Und immer gieriger umklammerte sie mit ihrer Fotze seinen Schwanz.
Gleich……..
Und die geile Gabi, die für jede Sauerei zu haben war, bediente im Nebenzimmer gerade zwei Freier im Sandwich, die vorne und hinten gleichzeitig in ihren beiden Löchern steckten. Sie liebte es besonders liederlich benutzt zu werden, und jetzt war sie unbestreitbar äußerst effektiv ausgenutzt. Doppeltes Geld auf einem Laken das war doch mal wieder was! Sie war immens aufgegeilt und würde es nur noch eine kurze Zeit aushalten bevor sie in einem sicherlich immensen Orgasmus explodieren würde. Hoffentlich waren die beiden in ihr steckenden Lustmolche doch noch schneller als sie……
Die Königin, die in ihrem Turmzimmer gerade in brünstiger Geilheit die festen Stöße ihres Freiers erwiderte spürte, daß er gleich mit ihr zusammen kommen würde. Doch plötzlich lag sie mit breit gespreizten Beinen regungslos da, während die tiefen Züge ihres Freiers ebenfalls erstarrten. Der Schwanz steckte zwar halb in ihr und sie erwartete den nächsten Stoß
aber der sollte dann noch lange auf sich warten lassen……
Auch die Gitty, die zwei Zimmer weiter gerade auf dem bemerkenswerten Lustnagel eines einflussreichen Freiers ritt, blieb plötzlich auf diesem Lustnagel im wahrsten Sinne des Wortes “angenagelt”.
“Hundert Jahre einen solchen Lustprügel in der Möse,” gluckste sie, und dachte daran, daß sie sich während der Wartezeiten in der Halle ja auch gern damit vergnügte, indem sie jeweils über Stunden ihren Dildo in sich hatte.
Röschen saß immer noch mit breit über die Lehnen des gossen Sessels gelegten Schenkeln da und hatte die zärtlichen Spielfinger lüstern in der Spalte. Auch sie spürte die seltsame Lähmung und Schläfrigkeit. Und in ihrer Unbekümmertheit fühlte sie die angenehme Lust, die sich über ihren Körper zwar ausgebreitet hatte, aber sich nun einfach beim geilsten Willen nicht mehr weiter steigern ließ.
Alle Schwänze in diesem Haus waren in irgendeiner Fotze bewegungslos steckengeblieben und die Huren waren dazu verdonnert, regungslos ihre lustbringenden Mösen zur Verfügung zu stellen.
Das war die ersten zwei, drei Tage noch ganz lustig, und die, die bei dem Fluch kurz vor der Lustexplosion gestanden hatten, standen immer noch unter dieser geilen Spannung. Aber je länger die Zeit wurde, umso inniger wurde von allen der überfällige Höhepunkt herbeigesehnt.
Die Hecke wuchs indessen tatsächlich immer höher und dichter. Bald schon war von dem stolzen Schlossbordell nichts mehr zu sehen. Die Hecke wucherte weiter, und ließ das Schloß in der Vergessenheit verschwinden. Die geile Spannung im Schloß aber blieb weiterhin erbarmungslos bestehen.
Trotzdem die Alte vom Puff zwei Täler weiter nun ihre Konkurrenz ausgeschaltet hatte, lief ihr Laden trotz aller Bemühungen immer noch nicht richtig. Er warf einfach nicht genug ab, um ihre mittlerweile angehäuften Schulden zu begleichen. Obendrein hatte sie angefangen zu saufen, und ihre Mädchen taten es ihr gleich. Der Laden verkam dadurch zusehends immer mehr. Und je mehr der Laden verkam, umso abscheulicher und borstiger wurde die Alte. Und die Mädchen weinten still in sich hinein…..
Eines Tages lag ein schöner starker, stattlicher Freier auf einem dieser armen holden Geschöpfe. Sie war von besonderem Liebreiz und hatte ihm soeben besonderes anmutig mit ihrer Möse und ganz wunderbar einen abgemolken. Jetzt lag sie noch neben dem verschwitzten Jüngling und spielte sich versonnen mit ihrem Finger.
“Ach ja,” seufzte sie, denn die Arbeit in einem Puff hätte sie sich bei ihrem Einstieg in dieses Gewerbe auch schöner vorgestellt:
“Von schönen Männern durchgefickt werden, Tag für Tag von einer Lust zur Nächsten getrieben werden, und mit jeder Lustekstase auch noch ein hübsches Sümmchen verdienen…. Aber bei unserer Alten….,” sinnierte sie.
Und dann berichtete sie flüsternd und unter Tränen dem Jüngling, daß es mal ein wunderbares Schlossbordell gegeben haben soll, tief im Wald und unter Dornen versteckt…
Der edle Jüngling horchte auf und ließ sie weiter davon erzählen. Und sie erzählte von bildhübschen Mädchen, die sich äußerst willig jedem Gast breit machten, von der Puffmutter gut behandelt wurden und vor allem für ihre Dienste auch überdurchschnittlich gut bezahlt wurden.
Schwermütig rollte sie die kleine Lustperle in dem glitschigen Schleim, der noch immer in ihrer Spalte stand.
“Eigentlich bin ich mir zu schade für diesen miesen Billigpuff. Ich bin doch hübsch!… Mit diesem Körper könnte ich doch viel mehr verdienen!!!” Und damit streckte sie ihre Oberweite heraus und fasste sich unter die Titten.
“Billig siehst Du aus” dachte der Jüngling. “Wie ein Flittchen – Oder noch schlimmer !”
laut aber sagte er zu ihr: “Ja du bist schön! Aus dir könnte man was machen…” und damit begrapschte er die von ihr dargebotenen Titten.
Er walkte sie verträumt, und dachte dabei lange sinnlich nach…..
“So, jetzt ist die Zeit um, sonst gibt es wieder Zoff mit der Alten.” weckte ihn seine Gespielin plötzlich aus seinen Träumen. “Wir bumsen hier nämlich quasi im Akkord.” und leise flüsternd: “Bloß nichts vom Röschenschloß weitersagen, sonst schlägt mir die Alte wieder den Rücken blau, und dann kann ich wieder tagelang nicht in der Missionarsstellung arbeiten,” flehte sie abschließend.
Das sagenhafte Dornröschenschloß ging dem Jüngling nicht mehr aus dem Sinn. Wenige Tage später kaufte er im Baumarkt eine kräftige Kettensäge, denn das Schloß sollte ja von kräftigen Dornen zugewuchert sein.
Sodann machte sich der edle Freier auf, dieses märchenhafte Schlossbordell zu suchen. Er packte seine Lanze in bequeme Boxershorts, steckte noch für alle Fälle ein Päckchen Kondome ein, schwang sich in seinen knallroten Streitwagen und startete die 255 Pferde unter der Haube. Dann versenkte er das Dach des Wagens mittels der Hydraulik in den Mini- Frachtraum und begab sich mit wehendem Haar sowie einer Kettensäge und einem Beninkanister auf dem Rücksitz mutig in ein Abenteuer.
Das Sc***d der Forstwirtschaft: “Einfahrt verboten” ignorierte er, und irgendwo tief im Wald fand er auch eine alte Straße, die offensichtlich schon lange nicht mehr benutzt wurde. Dieser folgte er zu einer großen Waldlichtung, in der eine Menge Gestrüpp wucherte. Und als er näher hinsah, waren es Wildrosen, kleine Röschen…….
“Dornröschen???” fuhr es ihm augenblicklich durch den Kopf.
Er hielt an und stellte den Motor ab.
Den Blick auf das Gestrüpp gerichtet nahm er die Kettensäge vom Rücksitz und riß den Motor an. Nach einigen vergeblichen Versuchen tuckerte der Motor tatsächlich los. Er stellte den Gashebel auf “voll” und legte los.
Es war ein ordentliches Stück Arbeit, als er sich so einen Gang durch den Rosendschungel sägte. Er musste sogar zweimal nachtanken. Der Zweitakter erzeugte auch eine ordentliche Qualmwolke und stank einigermaßen.
Aber schließlich hatte er eine weiße Wand erreicht die Mauer des Schlosses. Er sägte sich nach links weiter durch. Aber statt einer erhofften Tür erreichte er ein Fenster. Er blickte in das Innere und sah ein hinreißendes Engelsgeschöpf, was sich vermutlich zwischen weit gespreizten Schenkeln versonnen an der Muschi spielte.
Augenblicklich hatte er eine stahlharte Latte in den Boxershorts und er war froh, so bequeme Hosen angezogen zu haben. Nun aber war er nicht mehr zu halten. Er sägte wie ein wahnsinniger umher und es war eine Mordsschinderei. Er musste noch mehrmals nachtanken, bis er endlich den Eingang des Schlosses erreicht hatte.
Die Tür war nicht abgeschlossen und drinnen erwartete ihn eine erstarrte Stille. Sein geiler Schwanz führte ihn natürlich unweigerlich zum Dornröschen, das sich unbekümmert regungslos an der Pussy spielte.
Sofort zoge er seine Boxershorts hinunter und legte er seine schon seit einiger Zeit enorm geladene und gespannte Waffe gegen Trübsal und allen anderen Unbill dieser Welt frei.
“Das arme Ding muß erlöst werden,” sagte er selbstlos und richtete sein Lanze auf ihre breit klaffende Muschi.
“Verdammt trocken,” murmelte er und machte ordentlich Spucke auf die Eichel. Dann setzte er an.
Doch kaum hatte er die Lippen berührt, zeigte sich sogleich ein feiner, glänzender Film auf der zarten Möse. Er senkte seinen Schaft tiefer in das offene Spaßloch. Und siehe da: je tiefer er vordrang umso mehr kam Leben in die Sache. Schon nach wenigen Zügen stand diese Möse in vollem Saft, und das Dornröschen begann, zunächst noch sachte dann aber immer heftiger, seine Stöße zu erwidern. Schließlich begann sie aufgeregt zu japsen und dann durchzog sie ein immenser, ein über hundert lange Jahre aufgestauter Orgasmus……
Plötzlich begann das ganze Schloß in einem Wahnsinnsorgasmus zu beben. In allen Winkeln des Schlosses löste sich mit einem Mal ein volltönendes Orgasmusgestöhne aus einer Unzahl von über hundert Jahre lang angestauten Lustexplosionen.
Überall war ein immenses, brünstiges Lustgestöhne.
Nicht nur in den Lotterbetten bei den Damen und deren zahlenden Gönnern, oder beim Dornröschen in der Hotelhalle erschallten die erlösenden Lustschreie, auch in der Bar, wo die Bardamen beim abwichsen der Gäste gewesen waren, in der Küche, ja selbst durch die Toilettenräume, wo sich ein sparsamer Wichser genügsam selber einen runterholte, wogten die erlösenden Lustseufzer.
“Jaaaaaaa….. stöhnte der Falter. Im Zimmer der beiden Freundinnen, vögelte der Callboy immer noch ihre orgasmusgierige Fotze. Die Schmetterlinge in ihrem Bauch waren zu einem riesigen Schwarm angewachsen und jetzt explodierte endlich in ihr die geile Lust. Aber auch ihre Freundin war augenblicklich soweit. Mit einem langgedehnten “Oooohhhh….” flatterten auch bei ihr ganze Schwärme im Bauch, die ihre Gespielin mit der Zunge in ihrer Möse geweckt hatten.
Augenblicklich war es auch dem Callboy zuviel, und er ergoß sich mit einer ungewöhnlich großen Spermamenge in seiner orgasmusgeschüttelten Kundin.
Auch Cindy wurde außerordentlich rangenommen! Ihr Freier, der sie immer noch von hinten drannahm, drängte seinen Prachtständer jetzt mit besonders tiefen Stößen in sie hinein und begann sie mit einem gewaltigen Lusterguss auszufüllen. Sie war ja berufsmäßig einiges gewöhnt, aber diesmal konnte selbst in ihre ausgeleierte Muschi diese aufgestaute, enorme Menge Lustsoße nicht gänzlich aufnehmen. Ihre Lustgrotte tropfte bereits, während sie noch mit allerletzter Kraft ihres Gönners gevögelt wurde und dann verzückt in einer wahnsinnigen Lustwolke versank.
Danach fielen sie erschöpft auf das Laken.
Dem Gay war es, als hätte er einen Duschschlauch im Po und bekäme einen Einlauf verpasst. Sein Freier spritzte in einem gewaltigen Lustrausch in seinen Kanal, während er, der sich inzwischen selber einen abgewichst hatte ebenfalls einen enormen Lustschwall auf das Laken spritzte.
Gaby, die schamlose Schlampe für jede ausschweifende Geilheit erlebte jedesmal ihren ganz besonderen höchsten Lustgenuß wenn sie von ihren Freiern hemmungslos und geil ausschweifend als verkommenes Objekt benutzt wurde. Sie war die Spezialnutte für die verkommensten Einsätze.
Hundert Jahre hatte sie nun vorne und hinten schwanzgestopft zwischen dem Sandwich gelegen, als plötzlich wieder Bewegung in die Sache kam. Die ganze Zeit über war sie unendlich aufgegeilt in Fahrt gewesen und die Schmetterlinge hatten sich in ihr immens aufgestaut. Schon bei den ersten Bewegungen fühlte sie, daß ihr endlich die flammend ersehnte Erlösung augenblicklich kommen musste. Jetzt schwankte sie zwischen den beiden auf einer riesigen Lustwelle, wurde von dieser erfasst. Dann fühlte sie nur noch, daß ihr orgasmusgeschüttelter Lustkörper in den beiden Löchern vollgepumpt wurde…..
Ihr schwanden die Sinne, und sie fühlte nur noch Lust…, geile Lust!!!
Oben im Turmzimmer bekam die Königin nun endlich ihren hundert lange Jahre erwarteten Stoß von dem Schwanz, der ebenso hundert Jahre regungslos in ihrer Muschi gesteckt hatte. Und nicht nur diesen! Ihr potenter Freier hatte den berauschenden Fickrhythmus wieder aufgenommen und ihre Wabbeltitten wackelten im Takt seiner geilen Stöße. Bald schon begann er loszuspritzen. Aber das bekam sie nur noch beiläufig mit, denn sie entschwand inzwischen der realen Welt in einen abgrundtiefen, himmlischen, ja beinahe ohnmachtsähnlichen Orgasmus.
In der Schlossküche war das Herdfeuer wieder angegangen und das Leben in die beiden Küchenbediensteten zurückgekommen. Der Schwanz des Koches hatte wieder angefangen zu pulsieren und nun vögelte er aufgegeilt im saugenden Mund der Küchenmamsell, die sich endlich mit gierig-flinken Fingern die so lange ersehnte Befriedigung verschaffte. Sie begann innerlich zu jubilieren und drängte mit schnellen, harten Stößen ihren Finger in ihr nasses Lustloch….
Auch der Koch war kurz vor dem platzen. Laut stöhnend spritzte er los und es wollte gar nicht aufhören. Die Mamsell lutschte aufgegeilt – und es lief ihr schon aus den Mundwinkeln. Die so lange aufgestaute Menge war einfach zu viel! Die Lustsoße kleckerte bereits auf ihre Brüste hinunter. Sie ließ den Schwanz aus dem Mund gleiten und nun spritzte der Koch weiter auf ihre geilen Möpse. Die milchige Wichssoße lief ihr schon in breiten Bahnen über die Wackeltitten, über die Nippel, und tropfte irgendwo hinunter…..
Kurze Zeit darauf standen die Mamsell und der Koch von einem immensen Orgasmus ausgepowert nebeneinander am Herd und versorgten das Essen, das nun endlich fertig geworden war.
Das Pferdchen, in dessen Muschi der Schwanz des Königs jetzt wieder gehörig rammelte, bäumte sich in einem gigantischen Orgasmus lustvoll auf. Ihr Lustschrei erfüllte nicht nur das Zimmer des Königs, er war auch noch weit durch die Schlossflure zu vernehmen. Aber auch der König stöhnte hemmungslos, als er seinerseits riesig aufgegeilt seinen Orgasmussaft in die nun endlich beglückte Möse stieß.
Als sich alle im Schloß einigermaßen von ihrem unbestreitbar längstem Fick und mit Sicherheit auch unbeschreiblich geilstem Lusterlebnis erholt hatten, waren sie doch neugierig, wie es den anderen in der Zwischenzeit ergangen war. Sie traten sie aus den Zimmern heraus und trafen sich auf den Fluren. Die Spaßdamen waren noch in ihrer Arbeitskleidung, also überwiegend mit Strümpfen und Strapsen, einige auch im Evakostüm. Aber auch die Herren waren noch so, wie sie kurz zuvor von ihren Gespielinnen heruntergestiegen waren.
Alle gingen hinunter in die Hotelhalle, wo sie auf das Dornröschen mit ihrem Retter trafen. Natürlich wurde dieser überschwänglich bejubelt, wobei die Frauen einschließlich der weiblichen Gäste unzweifelhaft auch seinen schönen, starken und ebenmäßigen Körper bewunderten, bei dessen Anblick schon jede Frau schwach und vor allem naß werden mußte. Doch die professionellen Fachfrauen bemerkten mit ihren gutachterlichen Blicken natürlich sofort auch, daß jetzt sein Schwanz ansehnlich geschafft war: die Rettungstat musste ihn wohl doch ziemlich geschlaucht haben.
Inzwischen war nicht nur in der Küche das Herdfeuer, sondern auch im Restaurant das Kaminfeuer wieder angegangen und der König schlug vor, daß sich doch alle dorthin begeben sollten, – schon damit sich die zarten Damen nicht erkälten sollten.
So versammelten sie sich alle in der Kaminecke des Restaurants. Im warmen Schein des Feuers betrachtete man sich gegenseitig und stellte fest, daß man in den langen Jahren überhaupt nicht gealtert war. Eigentlich war es so wie immer, aber heute war es eben ganz besonders offensichtlich: Die Lustdamen waren ausnahmslos enorm naß zwischen den Lippen: ….Unten, oben im Gesicht, und einige auch unten und oben.
Und der ausgeleierten Cindy tropfte es sogar noch in einem langen Faden aus der Möse.
So standen also alle in der Kaminecke herum und bejubelten Weiterhin ausgiebig den edlen Jüngling der sie errettet hatte, als die Küchenmamsell hinzutrat. Diese hatte immer noch die gewaltige Menge der weißlichen Ficksoße auf den Titten, die ihr glänzend in breiten Bahnen wie die Lava eines Vulkans auf den Möpsen klebte.
“Donnerwetter,” staunte die verkommene Schlampennutte Cindy. Dabei fasste sie sich unter die Titten und hielt sie dem Koch, der etwas hinter seiner Mamsell stand, entgegen und sagte mit begierig leuchtenden Augen zu ihm: “Da hast du uns aber bisher was vorenthalten!!!!”
Und die Küchenmamsell fasste sich stolz in ihre Titten und glitschte mit den Händen über ihre beachtlichen Möpse.
Plötzlich setzte der König laut und mit einem Augenzwinkern von allen deutlich vernehmbar zu einer Rede an: “Nachdem ich ja jetzt weit über hundert Jahre alt bin,” sagte er nochmals augenzwinkernd und nahm seine Königin, der noch stetig zwischen den Schenkeln der Lustsaft aus ihrer überreichlich gefüllten Möse heraussickerte, in den Arm:
“… und damit habe ich mir gedacht, wäre es an der Zeit, die Leitung unseres schönen Etablissements hier, mal in jüngere Hände zu legen. Nachdem nun unser Dornröschen schon für die personellen Belange zuständig ist, hätten wir jetzt auch einen Helden gefunden, der sich ja schon hervorragend wacker für unser Haus eingesetzt hat. Ich denke, er wird sich auch gut gegen alle anderen Bedrängnisse unseres Puffs einsetzen. Und deshalb bin ich der Meinung, daß unser Dornröschen von jetzt ab nicht nur von unseren Freiern und mir, sondern regelmäßig auch von einem starken Helden beglückt werden sollte.
Damit nahm der König den edlen Jüngling bei der Hand und führte in zum Dornröschen, die mit dem Hintern an einen Tisch angelehnt inmitten der Runde stand.
“Wir aber auch,” maulten leise einige der Nutten hinten in der Runde .
“Aber gewiß doch, meine Täubchen,” sagte der König beschwichtigend, “es soll auch künftig gelten, daß wir hier alle, sofern es das Vergnügen der Kunden zulässt, uns auch weiterhin untereinander Lust und Freude zukommen lassen. Aber strapaziert mir ihn anfangs noch nicht allzu sehr,” fügte der König schmunzelnd hinzu, “lasst ihn erst mal noch ein wenig trainieren.”
Damit hatte er den Jüngling vor Dornröschen gestellt. Als dieser so vor ihr stand, legte sie sich katzengleich rücklings auf den Tisch hinter ihr und machte die Schenkel breit auf. Dabei hatte sie die Augen geschlossen und ein majestätischer Anflug geilster Lüsternheit ging über ihr liebreizendes Gesicht. Überdies erfreute sie sich des besonderen Kitzels, daß ihr jetzt die gesamte Runde zuschaute.
Sie zog mit den Fingern die Schamlippen breit und reckte ihm ihr offenes Fickloch entgegen:
“Stoß zu…” hauchte sie.
Er richtete zwischen ihren weit gespreizten Schenkeln seinen Ständer auf sie, und begann sie hingebungsvoll zu vögeln.
“Machs mir, mach mich fertig fick mich!” raunte sie lüstern, “fick mich schön geil durch, alter Wichser, fick deine Puffmutter!!”
Und in lüsterner Begierde reckte sie ihm ihr Becken entgegen, damit er noch tiefer in ihre glitschige Nuttenfotze ficken konnte.
Dornröschen spürte seine harten Stöße in ihrem ganzen Körper, und ebenso wild, wie sie durchgebumst wurde, drängte sie ihm ihr Becken entgegen, um die ganze Länge seines Prachtstückes zu genießen. Schon jetzt roch der ganze Raum nach ungezügeltem Sex.
Nicht lange, und beide keuchten gleichzeitig ihren Orgasmus heraus.
“Ich komme…! Aaarrrghhh…!”
“Jaaah…! Gib mir deinen heißen Saft…! Uuuuh…! Spritz ihn tief in die nasse Fotze deiner geilen Puffmutter…! Jaaah…! Uuuuh…! Jaaaaaah…!!”
Unablässig jagte ihr der edle Jüngling seinen Zauberstab von unten in ihr Profiloch. Seine Hände krallten sich in ihre Schenkel, drückten sie noch weiter auseinander, um ihr ein noch größeres Gefühl des breitmachens zu vermitteln.
Und dann war es soweit:
“Mir kommts…! Jaaaaah…! Mir kommts…! Mir kooooommts…! Jaaaaaaah….!!!”
Auch er konnte sich jetzt nicht mehr zurückhalten. Mit einem regelrechten Urschrei, der alle anderen aufmerken ließ spritzte er im Dornröschen ab. In langen Schüben ergoss sich sein Sperma in Dornröschens geile Möse.
Geil aufstöhnend nahm sie die Ladung in Empfang.
Aus der Runde ertönte spontaner Beifall….
Genüsslich saugte Dornröschen mit ihren Schiedenbewegungen alles, bis auf den letzten Tropfen, aus des Jünglings Schwanz. Den umstehenden Nutten standen Tränen der Rührung in den Augen.
“Ende! Aus! Feierabend! Bei mir geht heute nichts mehr!” sagte der Jüngling ermattet.
“Schade…,” lächelte Dornröschen ihm zu. “Andererseits, – ich will die anderen Gäste dieser Nacht ja auch noch vernaschen. Aber du hast einen märchenhaften Prachtschwanz!”
“Das soll doch gefeiert werden,” sagte der König laut in die Runde und klatschte in die Hände, “die Mädchen und die Getränke gehen heute auf meine Rechnung!”
Und sogleich hob eine ausgelassene Fröhlichkeit an. Alle Nutten glänzten nicht nur über das ganze Gesicht, sondern auch in nasser Vorfreude untenherum. Einige der Spaßdamen fläzten sich bereits in den Polstern der Sitzgruppe und ließen sich schon wieder ausschweifend geil befummeln.- Die beiden Bardamen trugen mit blanken Titten Tabletts umher und reichten Champagner, und die übrigen Damen gingen ihren Freiern ausgelassen an die Wäsche. Bald nuckelten einige auch schon mit heißen Lippen an prächtigen Latten während andere die Freudenspender erst noch gefühlvoll hochwichsten. Aber schon nach kurzer Zeit trieb es hier ausgelassen Jede mit Jedem und es wurden zwischendurch auch immer wieder mal Nutten und Freier, Schwänze und Fotzen getauscht.
Der ganze Saal roch nach geilem Ficken, es duftete aufdringlich nach geiler Möse und Sperma und schließlich verlor sich alles in einer nicht enden wollenden Fickorgie….
Und wenn sie nicht gestorben sind….
dann vögeln sie heute noch!!!!!!!!!!!!
febbre da cazzo
Ecco a voi una storia in cui chiunque, trovandosi al mio posto, proverebbe le stesse sensazioni: eccitazione, ansia, stupore.
Ricordo che era un sabato sera di qualche mese fa e invece di passare la serata fuori io e Annalisa restammo a casa per badare a sua figlia Gina che aveva la febbre.
Cenammo e ci mettemmo a letto a guardare un film che durò circa tre ore mentre Gina se ne stava tranquilla in camera sua.
Alla fine del film Annalisa andò a controllare sua figlia e tornando chiuse la porta e si stese accanto a me.
-“caro, lei dorme…perchè non giochiamo un po’!”.
Si sfilò il perizoma e poi tirò giù i miei pantaloni insieme alle mutande.
Cominciò a farmi una sega lenta e intensa con una mano mentre con l’altra mi stringeva dolcemente le palle.
-“tesoro ce l’hai già duro come piace a me…anch’io sono tutta eccitata!”.
E li fece una cosa che mi mandava in estasi! Si ficcò due dita nella fica e me le poggiò sulla cappella.
Sentii il suo sperma caldo e appiccicoso che mi bagnava tutto il glande poi ripetè quel gesto ma stavolta le dita se le mise in bocca e mi baciò ficcandomi la lingua fino in gola così da farmi assaporare il suo liquido.
Si posizionò sopra di me e iniziò a cavalcare lentamente per non far rumore.
-“caro….mmmhhhmm shhhhh ahhsshhh…mi senti tutta bagnata!”
-“certo…e sei pure bella calda!”.
Andava su e giù e ogni tanto ruotava il bacino per allargarsi di più la fica.
Sentivo il mio cazzo perdersi in quel buco bollente, largo, umido e morbido e la lasciavo muoversi come piaceva a lei.
Dopo circa una decina di minuti si fermò:
-amore…lo voglio fino in fondo…in questa posizione non ti sento tanto!
Si stese a gambe spalancate e mi tirò a se.
-vieni amore mio…sfondami sfondami.
Le infilai il cazzo tutto dentro ma dovevo dosare la forza per evitare che il letto cigolasse.
Più spingevo e più lei ansimava.
-“si si si così così….mhhh ahhh siihhhshhhhhh ahhhah siiiii”
Sentivo il cazzo andare in fiamme tutto immerso in quella vagina e quello sperma bollenti.
Improvvisamente nel buio sentii la porta aprirsi e con un balzo mi allontanai da Annalisa fingendo di dormire.
-“mamma…dormi!!!???”
-“no tesoro, stavo per venire da te!”
-“volevo dormire in mezzo a voi, ho troppo freddo nel letto da sola”
-“va bene…mettiti in mezzo a noi…vieni.
Io facevo finta di dormire ma il mio pisello pensava ancora al piacere di pochi istanti prima.
Annalisa si sistemò sul suo lato del letto dopo aver sistemato Gina tra sè e me.
Ci misi un bel po’ per addormentarmi o quasi poichè la ragazza si muoveva in continuazione.
Ogni tanto stendeva a caso il braccio che mi toccava ora il fianco ora la gamba.
All’improvviso sentii la sua mano poggiarsi sul mio cazzo dove la lasciò per due o tre secondi poi la ritirò.
Passò un po’ di tempo e risentii quella mano adagiarsi di nuovo sul solito posto; questa volta la tenne a lungo ma la situazione era piuttosto imbarazzante così decisi di girarmi lentamente su un fianco in modo da evitare ulteriori incontri tra il mio cazzo e quella mano.
Non risolsi nulla perchè la ragazza allungò di nuovo la mano.
Decisi di alzarmi e di andare a dormire sul divano ma mi sentii afferrare e sottovoce disse:
-“non ti muovere altrimenti dico a mamma che mi toccavi!”
Davanti a un simile ricatto non potevo che assecondarla.
Mi stesi di nuovo cercando di soffocare i miei sospiri di piacere.
Annalisa dormiva su di un fianco dandoci le spalle e Gina mi segava sotto le coperte.
-“te la stavi scopando ehhhh….vi ho sentiti!” mi bisbigliò
-“ti faccio godere così…non ti muovere!”
Mi scappellava il cazzo fino in fondo lentamente e poi risaliva su chiudendo la punta sotto la pelle del prepuzio.
Io ero li immobile preso dal piacere ma anche dal timore che Annalisa sentisse tutto.
La situazione di essere masturbato da Gina mentre sua madre dormiva a pochi centimetri da noi era folle, erotica e rischiosa.
Ciò che maggiormente mi eccitava era la sfacciatagine e la strafottenza con cui quella troia giocava con il mio cazzo.
Andava con la mano su e giù molto lentamente e quando si accorse che il mio glande era bello gonfio cominciò a segarmi velocemente con una passione che nemmeno in Annalisa avevo mai percepito.
Mi fece schizzare come un pazzo e alla fine mi ritrovai con il ventre tutto pieno di sperma.
-“non ti muovere!” disse
Si chinò silenziosamente sul mio addome e con la lingua raccolse via tutto il liquido.
gnic gnac gnic gnaccc…..sentivo il rumore delle sue labbra e della lingua che mi pulivano dappertutto.
-“questo sciroppo mi farà stare meglio domani!”.
…Verso sera i padroni di casa ci dissero che ci avevano prenotato un tavolo ad un ristorante e che loro avrebbero cenato senza di noi ad un importante incontro di lavoro. “E’ il miglior ristorante della zona, tutto offerto da noi. Desideriamo che passiate un po’ di tempo da soli in intimità e che decidiate con tutta calma”, ci disse Gianni. “Se sarete disponibili per il post-serata che intendiamo organizzare, non dovete fare altro che leggere le istruzioni contenute in questa busta. Potete aprirla quando sarete a cena per parlarne tra di voi”, aggiunse il nostro amico Paolo. Monica infilò la busta sigillata con della ceralacca nella sua borsetta e Salvatore ci accompagnò al ristorante a bordo di una Jaguar. Faceva molto caldo. Mia moglie indossò una maglietta con molto colorata e molto scollata e dei ridotti calzoncini bianchi. Niente reggiseno e perizoma rosso. Si truccò leggermente ed ai piedi mise i suoi altissimi sandali rossi con tacco a spillo. Salvatore ci aspettava con la portiera della macchina aperta e non perse occasione di complimentarsi con mia moglie per il pomeriggio. Notai che accennò una leggera carezza ad una gamba prima di farla accomodare sul sedile posteriore. Sembrava leggermente deluso per il fatto che mia moglie non avesse molto altro da mostrare oltre alle sue splendide gambe abbronzate. La crema doposole che si era spalmata le conferiva una lucentezza davvero eccitante. Fummo accolti dal proprietario del ristorante che ci fece accomodare in una saletta a noi riservata. Due camerieri ci servirono pietanze deliziose. Fu una cena molto tranquilla, ma il pensiero andava sempre a quella busta. Prima del dolce decidemmo di aprirla. Il testo era pressoché il seguente:
“Carissimi Monica e Diego, siamo ad una cena di lavoro con due dirigenti di un importante gruppo imprenditoriale tedesco. Al termine di questo incontro ci piacerebbe proseguire la serata nella nostra villa tutti insieme potendo disporre di Monica come meglio vogliamo, per il nostro, e crediamo anche vostro, piacere sessuale. Tua moglie, Diego, dovrà essere la puttana di quattro maschi che la useranno per tutta la notte per esaudire le loro fantasie più perverse. Puoi decidere di essere presente, ma in tal caso dovrai anche tu ubbidire ai nostri ordini. Altrimenti Salvatore ti potrà accompagnare in un locale che sarà sicuramente di tuo gradimento. Invece Monica comincerà a prendere ordini lì al ristorante direttamente da Aldo (il proprietario) che avete già conosciuto. In qualsiasi momento della cena, in base alla vostra decisione, potete chiedere di essere riportati alla villa per passare una tranquilla serata oppure chiedere il conto ad Aldo, lui capirà, per incominciare la vostra serata trasgressiva. Augurandovi una buona cena, Gianni e Paolo”.
Restammo per un po’ senza parlare rileggendo la lettera alcune volte. Gli occhi di Monica sembravano già carichi di voglia. Le chiesi che cosa ne pensasse. “Se siamo arrivati fino a qui, non è di certo per andare a letto alle 10 di sera. Mi sono bagnata solo leggendo la parte in cui dovrei essere la puttana di quattro uomini perversi. Voglio giocare con loro, però mi piacerebbe che potessi essere lì a vedermi anche se potrai solo ubbidire senza partecipare.” Avevo subito intuito che mia moglie avrebbe accettato. Durante tutta la vacanza aveva provato piacere nel vestire i panni della zoccola umiliata e sottomessa. Quella serata sarebbe stata per lei l’occasione di provare delle sensazione forse irripetibili. Per quanto mi riguarda, invece, avrei preferito non dover sottostare a nessuno dei loro ordini, però la curiosità e il desiderio di vedere ancora mia moglie usata in tutti i suoi buchi erano troppo grandi. Inoltre sarei stato presente nel caso cui la serata avesse raggiunto dei livelli troppo eccessivi. Così decisi che anche io sarei tornato alla villa.
Aldo, il proprietario, era anche lui cinquantenne, ma contrariamente a Paolo e Gianni non poteva certo definirsi proprio un bell’uomo. Alto circa 1.90 cm, aveva un girovita troppo eccessivo e pochi capelli. Ogni qual volta ci raggiungeva al nostro tavolo non perdeva mai occasione di versare del buon vino rosso nel bicchiere di mia moglie sbirciando nella sua generosa scollatura. Monica doveva piacergli molto. Però non poteva sapere che mia moglie è un ottima bevitrice. Se davvero pensava di farle accettare le condizioni della lettera facendole perdere le inibizioni con l’alcool si sbagliava di grosso. Mia moglie si comporta da puttana perché le piace fare la puttana, non certo perché è ubriaca. Se l’avesse saputo avrebbe risparmiato molto molto vino….
Comunque dopo la lettura della lettera capimmo perché Aldo si presentava continuamente al nostro tavolo. Sicuramente non vedeva l’ora che gli venisse richiesto il conto. Il fatto che anche Aldo sapesse del gioco che avevamo in atto con i nostri amici aumentò la nostra eccitazione. Monica si avvicinò a me, vicino alle mie labbra e mi disse sottovoce: “amore, voglio incominciare, ho il perizoma completamente bagnato. Lo sai come sono quando sono eccitata. Tutta questa situazione mi sta facendo perdere il controllo.” E mi baciò in bocca. “Se anche tu ti senti pronto puoi chiamare Aldo per chiedergli il conto”. Non aspettammo molto. Probabilmente Aldo ci aveva visto intenti alla lettura e si presentò da noi chiedendo se avessimo gradito un dessert. “ Va bene così, vorremmo il conto per favore”, gli dissi.
“Ma come, senza prendere il dessert o un caffè? Abbiamo dei buonissimi dolci fatti in casa. Aspettate almeno che vi faccia portare il carrello con tutti i dolci da uno dei miei camerieri”, mi rispose. Un leggero sorriso si stampò sul suo viso incrociando lo sguardo di Monica. Ora era lui a condurre il gioco. Lo sapeva e si sarebbe sicuramente divertito un po’ con mia moglie prima di farci lasciare il ristorante. Il cameriere arrivò col carrello. Monica si fece servire una panna cotta al cioccolato, mentre io ordinai una torta della casa.
“Bravi, avete fatto un’ottima scelta”. Aldo era già di ritorno con uno zainetto nero in mano. “Ora se mi volete scusare, devo solo eseguire quello che mi hanno chiesto i nostri amici comuni Paolo e Gianni”. Un cameriere arrivò con un separè a chiudere l’ingresso della nostra saletta. Eravamo rimasti noi tre soli. Senza la luce della stanza adiacente, la luce della saletta divenne più tenue. “Prima che incominciate il dessert…..Monica, hai deciso di essere usata come puttana…devi spogliarti nuda lasciando solo le scarpe”, disse Aldo con tono deciso. Mia moglie si alzò in piedi e cominciò a denudarsi mostrando prima le sue tette sotto la maglietta. Quindi tolse i pantaloncini e il perizoma rosso restando completamente nuda. Lo sguardo dell’uomo si fece insistente sul corpo di mia moglie, indugiando sulla figa depilata e luccicante. Un lungo sorriso comparve sul suo volto. Forse rimase un pochino sorpreso con la velocità con cui si spogliò mia moglie e che nessuno di noi due oppose alcuna resistenza al suo primo ordine. Questo lo rese certamente più sicuro a continuare. Il corpo nudo e abbronzato di Monica era veramente eccitante. Non c’era quasi nessun segno del costume a rovinarle l’abbronzatura. Completamente assente sul seno e veramente ridotto presso le sue parti intime, a conferma di quanto mia moglie fosse stata disinibita in tutta la vacanza prendendo sempre il sole in topless con dei perizomi talmente minuscoli da lasciare completamente scoperto il culo e da coprire a malapena le grandi labbra della figa. Il mio cazzo si stava indurendo. Anche io avevo lo sguardo fisso su Monica che in piedi aspettava di essere comandata. Penso che entrambi aspettassimo con la stessa eccitazione il resto degli ordini che presto le sarebbero stati impartiti.
“Metti le mani dietro la testa e allarga le gambe, troia” Aldo posò lo zainetto a terra e si avvicinò a mia moglie. Cominciò a palparle le tette con le sue grosse mani pelose, poi scese lungo le gambe e cominciò a sditalinarla. Contemporaneamente prese a succhiarle le tette giocando con la lingua sui suoi capezzoli. Quindi la fece piegare a novanta con la faccia sul tavolo sempre tenendo le mani dietro la testa e si inginocchiò dietro di lei per leccarle il culo e la figa. “Sei una figa stupenda Monica. Mi spiace non poterti inculare, ma ho promesso a Paolo e Gianni che non ti avrei rovinato il culo per non togliergli il divertimento. Guarda zoccola…..”. Aldo si abbassò i pantaloni e le mutande. Aveva un cazzo grossissimo, molto largo e molto lungo (almeno 25cm). Mia moglie si girò per osservarlo. Solo in un paio di occasioni ne aveva presi di così grossi. “Ho promesso ai nostri amici che non ti avrei sfondato il culo stasera, adesso però non vedo l’ora di fartelo sentire nella tua figa da troia. Tu Diego resta lì seduto, fermo. Mi han detto che ti piace vedere tua moglie godere con il cazzo di un altro piantato nella figa. Penso proprio che con questo si divertirà parecchio.” Lo appoggiò per un po’ sul culo di mia moglie mostrandomi in tutta la lunghezza il cazzo che tra poco l’avrebbe fatta godere. Poi lo strusciò sulla figa, si bagnò la cappella con un po’ di saliva e cominciò a scoparla da dietro. Iniziò lentamente per farla abituare al suo cazzo. “Senti come sei bagnata, puttana. Adesso te lo prendi tutto fino alle palle”. Iniziò a fotterla spingendo più forte. Sentivo mia moglie godere mentre Aldo le allargava la figa e il cazzo mi stava scoppiando nella mutande. Su ordine di Aldo rimasi seduto senza fare nulla. La prese per i capelli e aumentò sempre di più il ritmo della scopata. Adesso le grida di mia moglie diventavano sempre più forti. La sua grossa pancia sbatteva contro il culo di Monica provocando un suono continuo. “Mi piace scopare questa puttana Diego. Sta godendo come una cagna.” Mia moglie ruotò la testa verso di me per farmi vedere quanto stesse godendo a sentirsi riempita da quel cazzo gigante. “Allargati il culo con le mani…voglio vedere il mio cazzo che ti entra tutto dentro”, disse Aldo. Monica distese le braccia verso il suo culo per aprirsi le chiappe mentre Aldo continuava a scoparla senza sosta. Vedevo il cazzo di Aldo uscire quasi completamente per poi scomparire di nuovo dentro a mia moglie. “Voglio provare anche la tua bocca da pompinara adesso”, le disse dopo averla scopata per una quindicina di minuti. “Vieni Diego, tienile i capelli in alto dietro la testa. Mi avvicinai per tenere i capelli biondi di Monica. Tolse il cazzo dalla figa e si avvicinò alla bocca di mia moglie per farselo succhiare. Sempre tenendola piegata con la testa sul tavolo le disse di annusare il cazzo che l’aveva appena scopata, poi prese a scoparle la bocca cercando di metterne in gola il più possibile. Dopo qualche minuto Monica cominciò ad aiutarsi nella pompa con la mano destra. Vedevo da molto vicino il cazzo di Aldo scomparire sempre di più nella bocca di moglie che adesso cercava di farlo sborrare segandolo. “Bravissima troia, metti la bocca vicino al tuo piatto adesso…..”, Aldo le tolse cazzo dalla bocca, si segò velocemente con la mano e poi schizzò una lunga sborrata. Molta sborra le finì in bocca, alcuni schizzi sul viso e altri caddero sul dessert di mia moglie. “Ahhhh si puttana, godo. Mi hanno detto che ti piace la sborra….mandala giù tutta vacca”. Poi guardò la sborra finita sulla panna cotta…”adesso puoi finire di mangiare il tuo dolce…sarà ancora più buono.” Monica ancora rossa in viso per la scopata e la sborrata che si era appena bevuta, si sedette e mangiò il suo dolce con il cucchiaino gustandosi ulteriormente la sborra di Aldo e dimostrando una completa sottomissione. Capiì che quella sera avrebbe accettato ogni cosa. La guardammo mangiare il dolce fino all’ultimo boccone. “Lo so che sei eccitato amore… hai il cazzo che ti sta scoppiando, vedrai che farò godere anche te….adesso baciami.” Si avvicinò alla mia bocca e mi baciò con la lingua. Le sue labbra sapevano chiaramente di cazzo. Fu assolutamente fantastico ed eccitante.
“Siete una coppia stupenda”, ci disse Aldo mentre si riallacciava i pantaloni. “Mi piacerebbe proseguire la serata con voi, ma devo sbrigare delle faccende importanti e penso che per voi sia ora di tornare alla villa.” Io ero troppo eccitato per mangiare il mio dessert e dissi che potevamo tornare. Poi Aldo aggiunse: “devo ancora darvi un ultimo ordine. Dentro a questo zaino, Monica, ci sono i tuoi abiti per la serata. Devi indossarli subito e tornare alla villa così vestita. Tuo marito può tornare con te se lo desidera. Tieni, indossa tutto e quando sei pronta chiamami. Vi farò uscire senza essere visti”. Dopo averci lasciati soli abbracciai mia moglie chiedendole se andava tutto bene. “Si è bellissimo, non preoccuparti….voglio continuare e voglio essere scopata ancora. Stasera voglio essere la loro schiava”, mi rispose. Monica aprì lo zainetto e indossò con cura le poche cose che vi trovò all’interno. Delle calze a rete rosa con reggicalze rosa e un reggiseno di pizzo anch’esso rosa che le lasciava il seno scoperto per metà. Scarpe altissime nere con un tacco a spillo dorato. Il colore rosa fu un ottima scelta perché provocava un mix davvero esplosivo unito al colore scuro della sua pelle abbronzata e al colore biondo chiaro dei suoi capelli ricci. Mi guardò sorridendo e aggiunse: “c’è ancora qualcos’altro…”. Un collare nero con un grosso anello sul davanti e un plug anale nero lungo e sottile. Li indossò terminando la sua trasformazione e bagnando il plug anale con la saliva per infilarselo tutto nel culo. Era semplicemente bellissima….l’avrei scopata subito se solo non avessimo avuto il gioco da proseguire. La curiosità di sapere cos’altro sarebbe successo ci stava unendo. Si avvicinò e mi slacciò i pantaloni cominciando a segarmi e infilandomi di nuovo la lingua in bocca. Avrei sborrato in pochi minuti se Aldo non si fosse sporto dal separé per controllare se eravamo pronti. “Non ancora Diego….avrete tutto il tempo che volete più tardi. Adesso Monica deve pensare soltanto a far godere altri cazzi”, ci disse. Rimase soddisfatto della trasformazione di mia moglie. Toccandosi il cazzo da sopra i pantaloni disse che gli stava tornando duro. Esaminò con cura che Monica si fosse vestita con tutto quanto soffermandosi sull’anal plug e toccandole la figa per sentire quanto mia moglie fosse nuovamente bagnata. “Seguitemi, vi farò uscire senza farvi vedere, come promesso. Fuori troverete subito la macchina di Salvatore ad attendervi.” Da una tasca esterna dello zainetto prese alcune cose e legò le mani di mia moglie dietro alla schiena con delle manette, quindi agganciò una lunga catena al collare di mia moglie e strattonandolo fece cenno di seguirlo. “Mi hanno detto anche che sai essere una cagna ubbidiente…. venite con me”. Tirava Monica per il guinzaglio mentre io li seguivo da dietro vedendo lo splendido culo di mia moglie ed eccitandomi sempre di più pensando a quanto fosse porca. Avevo in mano i vestiti con cui mia moglie si era presentata al ristorante. Il rumore dei tacchi a spillo delle scarpe di Monica erano l’unico rumore che si sentiva. Passammo tre piccole stanzette vuote finchè sentimmo alcune voci in lontananza. Ne oltrepassammo un’altra e raggiungemmo l’ingresso di una stanza chiaramente affollata per il vociare che ne proveniva. Prima di entrare Aldo si fermò sorridendo….”senza paura, non vi conosce nessuno qui e ricordate che dovete ubbidire. Vieni zoccola”. Mia moglie si girò verso di me con lo sguardo impaurito. Anche io ebbi un attimo di esitazione. Quel bastardo ci aveva mentito. Aldo però non ci lasciò tempo, entrò nella stanza allungando il guinzaglio e Monica non potè fare altro che seguirlo. La sala si ammutolì di colpo. “Questo è un piccolo regalo per voi amici”. Aldo stava offrendo la visione di mia moglie trattata da cagna ad una decina di suoi amici. Erano tutti oltre i cinquanta, seduti ad un tavolo al centro della sala e commentarono la scena molto volgarmente insultando pesantemente mia moglie. “Ah… e’ questo il puttanone di cui ci hai parlato prima”, disse uno di loro. Quasi non si accorsero di me che restavo un po’ distante, ma squadravano mia moglie dalla testa ai piedi. Sempre tenendola per il guinzaglio, Aldo le fece fare il giro intorno al tavolo. Tutti allungavano le mani per toccarla. Lei ammanettata non poteva respingere nessuno. Qualcuno si accorse del plug anale e lo sfilò infilandoglielo in bocca. Ora anche il suo culo poteva essere aperto dalle loro mani vogliose. Qualcuno si alzò in piedi per toccarla meglio e abbassarle il reggiseno per strizzarle le tette. Osservavo eccitato il corpo di mia moglie accarezzato ovunque con alcune dita saldamente infilate nei suoi buchi per rovistarle il culo o a sditalinarle la figa. “Ha la figa larghissima questa vacca, si sente che è già stata scopata e sicuramente sei stato tu ad aprirla con quella mazza che hai mezzo alle gambe”, disse ad Aldo uno dei suoi amici. Aldo le fece terminare il giro molto lentamente per permettere a tutti di esplorare ogni parte del suo corpo. Anche i commenti volgari su quanto Monica fosse una moglie zoccola o quanto fosse sfondata non ebbero sosta. Poi la fece piegare leggermente in avanti e le infilò nuovamente il plug nel culo. “Mi spiace amici, ma questo è tutto quello che ho promesso di lasciarvi fare con questa puttana”. Mi fece avvicinare e mi ordinò di risistemare mia moglie. “Vieni, Diego, sistema il reggiseno e il reggicalze di tua moglie. Deve essere perfetta per i quattro padroni che questa sera te la chiaveranno fino a sfondarle i buchi e riempirtela di sborra”. Poi tra le risa dei presenti, aggiunse: “visto che ti piace tanto essere cornuto, ricordati che puoi portarmela qui quando vuoi. Potremmo spaccarle il culo per bene prima di riportartela a casa”. Alcuni di loro si abbassarono i pantaloni per farci vedere che anche i loro cazzi non erano da meno di quello del proprietario. Monica aveva i segni delle loro manate su tutto il corpo, ben visibili sul culo per le diverse sculacciate ricevute. Aveva goduto di tutte quelle palpate….lo capiì guardandola in viso appena prima di uscire dalla stanza. Con delusione dei presenti uscimmo dal ristorante. Anche Salvatore, che ci stava aspettando, si soffermò a toccare le tette, il culo e la figa aperta di mia moglie, poi ci fece salire in macchina e partimmo verso la villa. Ogni tanto si annusava le mani per sentire il profumo di figa di mia moglie. Sola sul sedile posteriore Monica non riusciva a restare ferma. Era ancora ammanettata dietro la schiena. “Voglio godere amore, mi sono sentita una troia poco fa….mi hanno fatto eccitare da morire tutte quelle mani addosso. Guarda com’è bagnata la mia figa”. E aprì le gambe per farmela vedere. Anche Salvatore rallentò per girarsi e guardare la figa gocciolante di mia moglie. Fermati Salvatore, non resisto. Salvatore si fermò dopo poco in una stradina secondaria. Poche svolte e fermò la macchina. Feci scendere Monica e tirandola per il guinzaglio la posizionai a novanta sul cofano della macchina per scoparla. Fu bello fotterla come una vacca a pochi passi dalla strada dove altre macchine stavano passando. Godemmo tutti e due dopo due minuti, eravamo troppo eccitati per tutto quello che era successo. Sborrai tutto sul suo splendido culo ancora tappato dal plug anale. Salvatore invece era rimasto al posto di guida e guardò la spettacolo dal vetro vedendo le smorfie di piacere sul viso di Monica e segandosi il suo piccolo uccello. Appena vide che mi stavo ricomponendo, scese dalla macchina, continuò a segarsi vicino al culo di Monica e si svuotò le palle sul corpo di mia moglie. Prima di ripartire Salvatore mi disse che non potevamo sporcare la macchina. Mi allungò dei fazzolettini coi quali dovetti pulire il culo di mia moglie dalle due sborrate. Nel frattempo Monica mi confessò di non essere per nulla appagata e di voler continuare quel gioco perverso. Ritornammo alla villa a mezzanotte appena trascorsa. Il pensiero che tra poco mia moglie sarebbe stata schiava di quattro maschi mi fece nuovamente eccitare…
Army Dreamer
Kapitel 1
Es war in den achtziger Jahren, vor der Wende und ich war knapp 18 und damals ein schlankes, blondes Kerlchen. In meiner Heimatstadt gab es eine große Kaserne der US-Armee, diese war eine kleine Stadt in der Stadt, mit Supermarkt, Kino und einer Bowlingbahn, wo man damals die beste Cheese-Pizza bekam die man derzeit kriegen konnte.
Meine Eltern waren seit Jahren im deutsch-amerikanischen Freundschaftsclub, so gab es dann regelmäßig diverse Veranstaltungen, wie Barbecue oder Volksfeste auf dem Kasernengelände, zu denen wir gingen. Meine Mutter arbeite auch dort seit ein paar Jahren, als externe Mitarbeiterin und so kam es, dass ich an einem Betriebsausflug mitfuhr, da mein Vater an diesem Tag nicht frei bekam und ich zufällig Urlaub hatte. Es ging nach Frankfurt / Main in den Zoo, ich dachte mir, warum nicht, schließlich kannte ich einige Ihrer Kollegen. Wir trafen uns morgens am Gate der Kaserne, wo ein großer Army-Bus, ähnlich wie die amerikanischen Schulbusse, bereit stand.
Ja, und an diesem Tag sah ich Ihn das erste Mal, Nick Jefferson. Er fuhr als Betreuer mit und war ein GI mit dem klassischen Army-Haarschnitt, schwarze Haare, grüne Augen, braun gebrannt und etwas größer als ich und ich war schon 1,85! Ich dachte nur, boah wie geil, was für ein Kerl. Es fuhren auch einige Soldatenfrauen und Ihre Kinder mit und nachdem ich Nick gesehen hatte, wollte ich verständlicher Weise nicht neben einem 8jährigen oder neben meiner Mutter sitzen. Wir bestiegen den Bus und Nick kontrollierte am Eingang unsere “Tickets”. Meine Mum ging mit Inge vorweg und Sie sagte zu ihm, “This is my son, Thomas” und dann kam ich auch schon an die Reihe.
Er sagte zu mir: “Hi Tom, I´m Nick, nice to meet you!”, wenn er in dem Moment schon gewusst hätte, wie „nice“ ich das fand ihn zu “meeten”.
Er bot mir schließlich, im Bus vorne, den Platz neben Ihm an, er meinte, ein junger Mann wie ich wolle bestimmt nicht unbedingt neben seiner Mutter sitzen und er grinste dabei, dass ich fast dahin schmolz. Bis Frankfurt waren es ca. eineinhalb Stunden Fahrt und wir unterhielten uns über alles Mögliche. Mein Englisch war damals schon recht flüssig und er sprach auch recht gut Deutsch mit einem lustigen Akzent. Es war August und langsam wurde es recht warm im Bus und hin und wieder stiessen unsere Knie aneinander, da wir beide, mit unseren langen Beinen, etwas beengt saßen. Jedes Mal durchfuhr mich ein wohliger Schauer der mir bis in die Lenden reichte. Ein geiles Gefühl, wenn seine behaarten Beine gegen meine schlugen. Ich hatte wie er eine knielange Hose an, halt leichter Stoff, und ich musste mich ziemlich zusammen reißen, kein Rohr zu schieben.
“Puh”, sagte er, “It´s getting hot in here”.
Ja… es war heiß. Er öffnete ein paar Knöpfe seiner Uniform und es quollen seine geschwitzten Brusthaare heraus, welche im Sonnenlicht glitzerten. Boah, wurde ich nervös und versuchte es mir nicht anmerken zu lassen.
Direkt hinter uns saß niemand, da auf diesen Sitzen, Kühltaschen und Sachen der Kinder lagen. Plötzlich stand er auf und fragte mich, ob ich auch etwas zu trinken haben wolle.
Ich sagte, “Yes thanks” und so beugte er sich halb über mich, um an die Kühlbox zu kommen die hinter mir auf dem Sitz stand. Ich drehte meinen Kopf in seine Richtung und setzte mich etwas schräg, um ihm mehr Platz zu machen und hatte somit einen direkten Blick auf seine Beule, die sich bei seiner Körperhaltung wunderbar in seiner Hose abzeichnete.
Wow, dachte ich, und hätte Ihm am liebsten sofort mein Gesicht in den Schritt gedrückt.
Als er mir die Dose reichen wollte, merkte er wohl, dass ich ihm dorthin starrte und er stieß mir die Cola von oben leicht gegen den Kopf.
“Hey Dude… Stop dreaming!”, sagte er mit einem Lachen.
Wie peinlich, dachte ich und nahm die Dose entgegen.
Kapitel 2
Nach einem kurzen Gespräch mit jemandem im Bus, – Ich hatte dabei ständig diese gut gefüllte Hose vor der Nase und mir schwoll während dessen langsam mein Teil – setzte er sich wieder hin. Gerade als ich mir an den Shorts fummelte, um meinen Schwanz etwas mehr Raum zu verschaffen! Genau in diesem Moment saß er wieder richtig an seinem Fensterplatz und schaute zu mir rüber.
Nick grinste und flüsterte mir ins Ohr. “Morning Wood, heh?”.
Ich dachte nur kurz: „Hat er Morgenlatte gesagt? Er HAT Morgenlatte gesagt!“. Ich wurde rot, lachte verlegen und sagte leicht verschämt, “Hm, Yes Sir!”
Nick rubbelte mir freundschaftlich durchs Haar und sagte leise so etwas wie: „Ich bräuchte mich nicht zu schämen.“, „Er kenne das.“ und „Schließlich sind wir ja beide Jungs.“
“Wie alt bist Du noch mal?”, fragte er und ich sagte fast 18, worauf er meinte er wäre 31 und sähe so was nicht das erste Mal. Ich solle mir keinen Kopf machen.
Man, war ich plötzlich am Schwitzen und meine Schwellung zog sich vor Schreck wieder zurück. Er fragte mich dann, ob ich eine Freundin hätte und ich sagte „Nein!“
Ich wäre doch ein “good looking guy”, und Nick fragte, ob ich vielleicht schüchtern sei.
“I don`t know”, antwortete ich.
Er knuffte mir mit dem Ellbogen in die Seite, lachte und sagte, “Hey it`s okayisch !”, bevor er den Satz beenden konnte, rief jemand seinen Namen, denn wir waren am Zoo-Parkplatz angekommen.
Es waren bestimmt 32 Grad, eben ein geiler Sommertag und wir liefen wenig später in kleinen Gruppen über das Zoo-Gelände. Nick und ich gingen zusammen und seilten uns schließlich vom Rest der “Truppe” ab. Wir schlenderten an den Gehegen vorbei und es fiel mir auf, dass er keine Gelegenheit ausliess mit mir Körperkontakt zu suchen. So, z.B. gab er jemandem seine Kamera und bat ihn von uns ein Foto zu machen. Nick stellte sich hinter mich, weil er ja ein ganzes Stück größer war, legte seine Hände auf meine Schultern und dabei merkte ich, wie er seine Beule immer wieder leicht an mich drückte, so dass ich seinen Schwanz spüren konnte.
Ich dachte, ich werd‘ irre. Bilde ich mir das ein, oder ist der scharf auf mich?
Wir holten uns ein Eis und setzten uns kurz darauf auf eine Bank unter einem Baum, die etwas Abseits vom Hauptweg stand. Ich bekleckerte mich, hatte Eis am Kinn und er wischte es mit seinem Finger ab und leckte diesen anschließend sauber.
Ich raunte ihn an, “Hey, Du bist doch nicht meine Mutter!”
Da sagte er mit diesem schnuckeligen Akzent, “No. Sure not, aber isch wörde gern Dein Eis sein, Cutie!”, dabei lachte er und nahm mich etwas in den Schwitzkasten und zog mich leicht zu ihm rüber und schleckte dabei über sein Eis! Mir blieb fast das Herz stehen und nicht etwa weil es unangenehm war! Da wusste ich, er will mehr von mir. Ich drehte meinen Kopf zu ihm, so dass meine Nase seine Wange berührte und schloss kurz meine Augen. Plötzlich fasste er sanft mein Kinn und schob mein Gesicht auf Augenhöhe. Wir sahen uns an und sein liebevoller sehnsüchtiger Blick ließ mich vor Erregung zittern.
Nick küsste mich flüchtig auf meine Stirn und sagte, “Let`s go Thomas!”. Dann stand er auf, holte tief Luft und meinte wir müssten langsam zum Eingang zurück um uns dort mit den anderen zu treffen. Ich war völlig verwirrt und meine Hose stramm, welche sich aber schnell wieder beruhigte. Keine Ahnung hatte ich, wie ich mich weiter verhalten sollte. Diese Frage stellte sich mir aber nicht lange. Auf dem Weg zum Haupteingang, legte Nick kumpelhaft seinen Arm auf meine Schulter und fragte mich, was ich heute noch machen würde, wenn wir wieder in Fulda sind. Ich sagte Ihm, dass ich Urlaub hätte und für den Rest des Tages noch nichts geplant hätte. Verbring doch den Rest des Tages mit mir in den Barracks, schlug er vor und da sagte ich natürlich nicht nein.
Kapitel 3
Wir bestiegen später wieder den Bus und fuhren zurück. Wir unterhielten uns eine Zeit lang mit den anderen über den Tag, Nick machte noch ein paar Bilder, verteilte die letzten Getränke, ich erzählte meiner Mutter und Inge ein wenig, was ich so gemacht habe, natürlich nicht alles und nach einer Weile auf dem Heimweg, saßen alle wieder auf Ihren Plätzen und es wurde langsam stiller. Der Bus war recht groß und nicht jeder Platz besetzt. Meine Mutter und Inge saßen hinten bei den k**s und dösten ein wenig.
Nick und ich redeten und ich brachte die Situation mit dem Eis zur Sprache und ich fragte ihn auch, was wir denn in den Barracks, also in der Kaserne, heute noch machen würden, da ich mir nicht mehr sicher war, ob ich vielleicht ein paar Signale falsch gedeutet habe.
Daraufhin drehte sich die süße Sau kurz nach hinten um und da er sah das einige schliefen, und der Fahrer uns ja nicht sehen konnte. Er legte seine kräftige Hand auf meinen Oberschenkel und drückte zwei- dreimal. Ich rutschte im Sitz runter und schob sofort eine Latte. Er grinste und fing an mit seinem rechten kleinen Finger an, durch die Hose meine Eichel zu reiben, und schaute zur Tarnung immer mal wieder Richtung Fenster. Ich schloss die Augen und tat, als würde auch ich schlafen, weil reden hätte ich in diesem Augenblick sowieso nicht können! Als Linksträger wuchs mein 18 cm Gerät schnell weiter in seine Richtung und schließlich war ich so geil, dass mein Schwanz schon zu Tropfen anfing. Ich griff seine Hand und sagte leise: “Please stop!”
“Are you sure?”, fragte er frech grinsend zurück.
“Yeah” sagte ich flüsternd, “Or I will shoot into my trousers!”
Nick verschränkte seine Arme vor seiner Brust und lachte, als ich mich wieder aufsetzte und anfing mich zu sortieren.
Mit hochrotem Kopf lächelte ich ihn an und sagte, “Wow, This is to much!”.
“NO!” erwiderte er, “THIS is much!”.
Daraufhin stand er auf, kniete sich mit einem Bein auf den Sitz, richtete sich auf und tat so, als würde er in seiner Foto-Tasche hinter uns etwas suchen. Dabei rutschte er so nah an mich ran, dass ich seinen Riesenprügel an meiner Fresse spüren konnte. Ich konnte nicht anders, als diesen offensichtlichen Monsterkolben in seiner Hose anzufassen und strich mit meiner Hand ein paar Mal der Länge nach drüber.
“Oh my God!”, sagte ich, schaute wieder nach unten und fasste mir ungläubig an den Kopf. Nick setzte sich wieder und während er an der Rückenlehne runter rutschte, sagte er, mit zu mir geneigtem Kopf, das ich das später alles haben könne! Er schaute sich kurz um und küsste mich mit leicht geöffnetem Mund auf mein Ohr und liess dabei kurz seine Zunge darüber gleiten. Mir wurde heiß und kalt und ich dachte nur, wenn er mir jetzt an die Eier fasst, spritz ich mir in die Wäsche.
Plötzlich bremste der Bus ab und verliess die Autobahn, um eine Raststätte anzufahren und eine Stimme, nämlich die des Fahrers mit Namen Jamie, ertönte.
“Hey Ladys and Gentlemen, Boys and Girls, Restroomtime!”
Klar dass es da wieder unruhig im Bus wurde, da die ersten sich darauf vorbereiteten an der Raststätte auszusteigen. Nick und ich waren schnell wieder auf unauffälliger Distanz, aber wir sahen uns an und hatten den gleichen Gedanken: Restroomtime = Toilettenpause.
Kapitel 4
Jeder kennt das Gewusel wenn ein Bus an einer Raststätte ankommt, alle steigen aus, die Kinder fangen an zu rennen und die Mütter rufen besorgt hinter ihnen her.
Viel los war auf der Rastanlage nicht, vielleicht weil keine Ferien in Hessen waren und es ein Sonntag war, keine Ahnung warum. Es standen nur zwei oder drei LKW da und ein paar PKW. Wir hatten jedenfalls mindestens eine halbe Stunde Aufenthalt, da einige der Ladys Ihre Kinder wickeln und einen Kaffee trinken wollten. Meine Mutter fragte mich, ob ich auch einen Kaffee haben wolle. Ich sagte ihr, Sie möchte mir doch bitte ein Wasser mitbringen, da es immer noch sehr heiß und drückend war und ich meinte noch, ich müsse pinkeln und hatte dabei natürlich Nick im Kopf.
Ich hielt nach Ihm Ausschau und war so spitz, das ich meinen Lümmel an Ort und Stelle hätte auspacken können und musste mich gedanklich ablenken, um nicht mit einem Ständer über den Parkplatz zu laufen. Jamie der Fahrer unterhielt sich mit Nick und Misses Edwards, sie hatte etwas mit dem PX, so eine Art kaserneneigenem Supermarkt zu tun.
Ich verstand nicht alles von dem, was Sie sagte. Sie sprach einen fürchterlichen Slang. Verstanden habe ich aber, dass Sie sich, mal abgesehen von mir, in dieser Pause zu den einzigen männlichen Wesen dieser Busfahrt gesellte. Lächelnd winkte ich den Dreien im vorüber laufen zu und ging weiter in Richtung WC, welches in einem Seitenflügel der Raststätte war. Misses Edwards winkte freundlich zurück und rief “Don`t get lost!”, und lachte dabei. Nick schaute zu mir rüber und zwinkerte mich an. Ich hoffte so sehr, dass er noch hinter mir her kommen würde. Je näher ich dem Klo kam, umso geiler wurde ich bei dem Gedanken.
“Scheiße mit ‘nem Steifen pissen… Das geht ja gar nicht!”, dachte ich noch.
Diesbezüglich kam mir aber, wenn auch unfreiwillig, ein LKW-Fahrer zur Hilfe. Der Sack kam aus der Tür und furzte so laut und knatternd, dass es durch den ganzen Gang schallte und dann sagte dieser ganz trocken zu mir, “Der musste schon seit Stunden raus!”, worauf ich fett ablachte und er nur seine Schultern hoch zog, grinste und weiter ging. Vor mich hin kichernd und leicht kopfschüttelnd, ging ich durch den Toilettenvorraum an einem Mann vorbei, der sich breit grinsend die Hände wusch.
Ich stellte mich also ans letzte Pinkelbecken, holte meinen Schwanz raus und sah an der Unterhose, dass mein Teil schon gut Vorsaft im Bus abgegeben hatte. Mit etwas Spucke, Daumen und Zeigefinger säuberte ich meine Nille, was sich geil anfühlte und dachte dann beim Pinkeln darüber nach, was mir bisher an diesem Tag passiert war. Man konnte deutlich hören, wie der Mann am Waschbecken Papier zog, ein Stück ging und kurz darauf die Tür hinter sich schloss. Nun stand ich da, alleine im Klo mit dicken Eiern. “Mann, Thomas, das glaubt Dir kein Mensch!”, dachte ich laut und fing an ihn abzuschütteln.
Plötzlich höre ich eine tiefe, bassige Stimme in mein Ohr sagen, “Believe it my Boy, we shouldn`t do it, but I want you!”.
Nick Jefferson stand hinter mir, umschließt mich mit seinen starken Armen, greift mir an den Sack, packt mich im Nacken und schiebt mir leidenschaftlich und wild seine Zunge in den Hals. Er musste ins Klo gekommen sein, als der eine Typ raus gegangen ist, da ich die Tür nur einmal gehört hatte. Ich war völlig überrascht und mein Herz schlug bis zum Hals, es war saugeil. NJ zog mich küssend und fummelnd in die hinterste Kabine.
Er trug eine von diesen kurzen Army-Hosen mit Knopfleiste, einen entsprechenden Gürtel dazu und darüber ein Kurzarm-Hemd, welches er bereits aufgeknöpft hatte. Wow, dass sah so schon geil aus. Uns war völlig egal, ob uns jemand erwischen würde, wir waren zu scharf aufeinander.
Kapitel 5
In der Kabine ging es heftig zur Sache und sein frischer Schweißgeruch und sein schwarzes Brusthaar machten mich zusätzlich wahnsinnig geil. Schnell hing meine Hose auf den Knöcheln und Nick an meiner Latte. Er fing an, an seiner Hose zu nesteln, rieb meinen Schwanz an seinem Bartschatten, saugte und wichste mich und umkreiste mit seiner Zunge meine Eichel bis die Schwanzspitze lange Fäden zog. Mir brachen die Knie weg. Nick saugte weiter. Es brodelte stärker und stärker in mir und kurz darauf schoss die erste Ladung Sahne auf meinen US-Soldier. Was nicht in seinem Fell gelandet war, schleckte er mir runter und schnaubte dabei und genoss jeden Tropfen. Dann kam er nach oben hauchte “Horny boy”, drückte mich auf die Knie und sagte keuchend, “Now suck my dick!”
Er half mir hektisch seinen Riesenlümmel ganz auszupacken. Bereits vorfühlen konnte ich ihn ja. Ein echtes Prachtstück kam zum Vorschein. Das dicke 23 cm Ding bekam ich erst kaum in den Mund, gierig wollte ich – und das schnellstmöglich – seinen Saft aus ihm raus saugen. Ich war zwar unerfahren mit dem Blasen von beschnittenen Riesenschwänzen, aber es gelang mir offensichtlich recht gut.
“Oh Thomas…. Thomas…. yeah”, keuchte er immer wieder und bewegte dabei seine Hüften und zog mir an den Haaren. Er stieß ihn mir immer wieder in den Hals und ich umspielte ihn mit der Zunge und saugte das Riesenteil. Der Megariemen war schließlich so am Vorsaften, dass ich es kaum glauben konnte und ich bekam wieder einen Super-Ständer, obwohl ich eben gekommen war. Dieser reichlich viele Saft von Nick, machte mich so an und ich wusste, dass er nicht mehr lange brauchen würde. Meiner tropfte auch schon wieder wie ein Kieslaster und stand prall zuckend in der Höhe. So was hatte ich noch nie erlebt und wir waren wie in Trance. So lutschte und saugte ich den “Juicy Dick”, das ich kaum noch Luft bekam. Die ganze Kabine roch süßlich.
Nun fing Nicks Schwanz an zu pumpen und zu pulsieren. Es lief mir schon einiges in den Hals. So schaute ich an seiner behaarten und verschwitzten Brust entlang nach oben. Er hatte meinen Kopf sanft zwischen seinen Händen. Ich wichste weiter und da bewegte sich sein Blick lustvoll von mir weg, hoch zur Decke. Er stöhnte heftig auf und seine fette Ladung ergoss sich in einigen heißen, kräftigen Schüben mit Ächzen und Stöhnen in meinen Mund, in mein Gesicht und meine Haare.
Diese ganze Menge Saft tropfte aus meinem Mundwinkel an seinem Schwanz entlang auf den Boden und in diesem Moment, uhh haa, spritzte ich erneut ab, so das mir die Eier wehtaten. Eine Weile lutschte ich noch den Riesenkolben. Wir beide atmeten schwer. Er streichelte mein Haar, bis er mich nach oben holte, mir sein Sperma aus dem Gesicht leckte, mich küsste, tief Luft holte und sagte, “We have to go back to the vehicle, sweety!”
Wir blieben noch kurz in der Kabine stehen und ich legte meinen Kopf an seine Brust in deren Behaarung überall mein Saft schimmerte! Der Boden unter uns sah aus, als hätte jemand eine eingetauchte Kleisterbürste umher gewirbelt.
Nick küsste mir auf die Stirn, “Come on”, sagte er leise, “we have to go!”.
Er zog sich seine Shorts hoch und verstaute wieder alles, wischte schnell mit seiner Hand durch sein Fell und ging aus der Kabine zum Waschbecken. Dort machte er sich sauber und kontrollierte sich und seine Klamotten. Ich hüpfte mehr oder weniger hinter ihm her, da sich meine Hose an den Fersen meiner Schuhe verfangen hatte.
Ich sagte Nick, er solle vorgehen, ich würde gleich nachkommen. Als ich am Waschbecken angekommen war, machte er die Tür noch mal zu und küsste mich erneut und verließ danach den Raum. Ich wusch mir seinen Saft aus den Haaren und machte mit den Papiertüchern die Stellen an meinem T-Shirt und meiner Hose sauber. Mann ey, das Zeug war irgendwie überall. Nachdem ich mir noch etwas Wasser ins Gesicht geworfen hatte, drehte ich mich noch mal nach allen Seiten um, damit ich auch sicher war nichts übersehen zu haben. “Oh Mann”, dachte ich, “jetzt zurück in den Bus, jeder wird es mir ansehen!”
Mein ganzer Körper schien nach Nick zu riechen und ich kam mir vor wie in einem feuchten Traum. Es war aber kein Traum, es war echt passiert und es war der Hammer. Ich sah in den Spiegel und lächelte und dann ging ich zurück zum Parkplatz.
Kapitel 6
Am Bus angekommen sah ich, dass viele schon wieder eingestiegen waren. Vor der Bustür stand Fahrer Jamie mit Nick zusammen und es sah so aus, als ob die beiden eine Diskussion miteinander hätten. Misses Edwards war mit zwei Frauen etwas weiter entfernt am Reden und sie hatten offensichtlich viel Spass dabei, so schauten sie immer mal wieder in deren Richtung.
Meine Mutter hatte mich über den Parkplatz kommen sehen, schoß auf mich zu und fragte mich, “Wo warst Du denn so lange? Ich hab mir Sorgen gemacht! Alles in Ordnung mit Dir?”. Ich erwiderte, “Ja Mum, ist alles okay. Mein Kreislauf spielte etwas verrückt!” und das war nicht mal gelogen. “Hier ist dein Wasser! Trink mal ‘nen Schluck!”, sagte Sie und gab mir die geöffnete Flasche.
Sie schaute mich mit diesem typischen Checklisten-Blick einer Mutter an und legte Ihre Hand an meine Wange. Das sah besonders süß aus, da sie um einiges kleiner war als ich. In meinem Alter damals, war das auch immer etwas peinlich, so bemuttert zu werden und so nahm ich ihre Hand wieder aus meinem Gesicht, küsste ihren Handrücken und sagte zu Ihr, “Mach Dir mal keine Sorgen, mir geht`s gut, Frau Marker”.
Wir gingen an Nick und Jamie vorbei in den Bus, meine Mutter lief vor mir und als ich direkt neben den beiden war, hörte ich Jamie sagen, “No, I don`t believe it, NJ!”.
“Oh, Gott!”, dachte ich, und stieg die Stufen hoch, hatte er was erzählt oder bin ich nur paranoid. Ich schaute leicht erschreckt zu ihnen rüber und wäre dabei fast gestolpert.
Diesmal setzte ich mich auf den Platz am Fenster, auf dem Nick gesessen hatte und überlegte wie ich mich nun ihm gegenüber verhalten sollte. Keine Frage, ich hätte gerne die restliche Fahrt mit meinem Kopf an seinem offenen Hemd gelegen, aber das ging ja leider nicht.
Die Bilder vor meinem geistigen Auge liefen ab wie ein Film und ich dachte an das gerade erlebte und konnte es immer noch nicht fassen. “Bestimmt wollte er nur mal mit ´nem Bürschchen wie mir Druck ablassen und weiter nix. Das ist ein Mann von 31 Jahren und US-Soldat, der kriegt totalen Ärger wenn das raus kommt!”, dachte ich. Ich war mir auch unsicher, ob er mit Jamie darüber gesprochen hatte, schließlich sind die beiden Kameraden und ich wusste nicht wie vertraut die beiden miteinander sind.
Schließlich waren alle an “Bord” und gingen lachend und kichernd zu Ihren Plätzen. Hinten im Bus weinte ein kleines Mädchen und meine Mutter und Inge alberten und lachten. Wahrscheinlich waren sie wieder mal froh darüber, dass ihre eigenen Kinder aus dem Alter raus waren. Nun ja, konnte ich auch verstehen, ich war der Jüngste von insgesamt fünf und die Tochter von Inge war mein Jahrgang und mit mir in einer Klasse.
Jamie machte die Ansage zur Heimfahrt. Es waren noch ca. 45 Minuten Fahrt. Nick kam zu unserem Sitz blieb im Gang stehen und fragte mich, “Everything allright buddy?”. Ich sagte ja und lächelte etwas gequält. Er ging nach hinten zu den Frauen und machte noch ein paar Fotos und lustige Sprüche. Da rief er mich und sagte, “Hey Thomas, come over here, let`s make a picture!”
Da hatte ich eigentlich gar keinen Bock zu, stand aber auf und lief durch den Bus zu Nick. Er gab ausgerechnet Mrs. Edwards die Kamera die sofort Anweisungen gab, wie wir uns hin zu stellen hatten. Ich hätte Nick am liebsten an seinen strammen Knackarsch gefasst, aber das ging ja leider nicht. Der Rest der Heimfahrt war dann auch sehr schön und als wir gegen 18 Uhr wieder an der Kaserne ankamen, sollte dieser Sommertag im August `88 für mich noch nicht zu Ende sein.
Kapitel 7
Wir waren angekommen und der Bus hielt am Checkpoint, am Gate vor der Kaserne. Ich wartete an meinem Platz, mein Knie auf den Sitz gestützt mit dem Rücken zum Fenster, bis meine Mutter und Inge an mir vorbei kamen. Dann ging auch ich zum Ausgang. Nick war bereits draußen und verabschiedete einige der Damen. Jamie stand angelehnt am Lenkrad, hielt mich, von mir völlig unerwartet, an der Schulter fest und fragte mich in gebrochenem Deutsch: “So… du kommst spielen mit uns Soccer und wenige Bier drinken?”
Ich sagte verdutzt, “Yes sure, why not, thanks for inviting me!“
Ich dankte ihm zwar für die Einladung, wusste aber eigentlich gar nicht wie mir geschieht. Darauf meinte ich nur, das ich kurz meiner Mutter Bescheid sagen müsse, das ich eingeladen sei, und nicht mit ihr fahren würde. Der Mann von Inge wollte uns nämlich alle abholen und nach Hause bringen. Meine Mam war nicht gerade begeistert, als ich ihr erzählte was ich vor hatte und sie wollte das ich mitkomme. Ich sei erst in fünf Monaten 18 und überhaupt, wie ich denn dann heim käme.
Nick stellte sich neben mich, legte seine Hand auf meine Schulter und sagte beschwichtigend zu meiner Mutter, das es schon okay wäre und “No Problem”, da alle Besucher um 22 Uhr das Kasernengelände verlassen haben müssten und derjenige, auch dann nur in Begleitung seines Gastgebers wieder durch das Tor kommen würde und – der Satz machte mich voll wuschig – er mich dann fahren würde.
“Oh, mein Gott, wie geil ist das denn?”, freute ich mich ganz still in mir.
Na, und da meine kleine Mam auch nur ein Mensch wie ich war, der Nicks Charme und Überzeugungskraft nichts entgegenzusetzen hatte, stimmte sie letztendlich zu, erhob aber noch mahnend den Finger und sagte, “Spätestens um zwölf bist du zu Hause, Freund. Haben wir uns verstanden?”, und anschließend sehr bestimmend zu Nick, dass er dafür Sorge tragen soll. Na was Besseres konnte mir doch gar nicht passieren und mir schossen die wildesten Gedanken durch den Kopf.
Unsere Tagesgesellschaft hatte sich aufgelöst. Meine Mutter fuhr gerade, aus dem Auto winkend, um die Ecke, da kam Jamie zu Nick und mir rüber, und steckte einen Besucherausweis an mein offenes Polo-Shirt. Ich muss kurz erwähnen, das Jamie durchaus auch ein Leckerchen war. Er war ungefähr 1,75 groß, hatte eine sportliche Figur und straßenköterblonde Haare. Trotz seiner 27 Jahre, hatte er ein spitzbubenhaftes Gesicht und braune Knopfaugen, welche von langen schwarzen Wimpern umrahmt waren und jedes zweite Wort war, „Ey Man“, und dabei zog er dann immer etwas die Nase hoch.
Wir drei stiegen wieder in den Bus. Nick und ich blieben in der Tür stehen und Jamie fuhr erstmal, durch das riesige Gelände, zur Unterkunft, wo Nicks Wagen stand. Jamie musste das Gefährt ja noch zurück zum Motorpool bringen und dort abgeben und ohne Auto, wäre es für ihn zurück ein ganzes Stück zu laufen gewesen. Dort angekommen setzten wir uns, nach einer kurzen aber witzigen Unterhaltung, in Nicks Wagen und fuhren Jamie hinterher zum besagtem Motorpool.
Seit der Raststätte waren wir beide endlich wieder allein und Nick nutzte sofort die Gelegenheit um mir zwischen die Beine zu fassen. Er schaute kurz zur mir, zwinkerte und sagte dann, “Are you horny again, my friend?”.
Ich brauch wohl nicht zu sagen, wie geil ich wirklich schon wieder war. Der Mann machte mich irre. Sagte aber nur ganz cool zu ihm, dass er bestimmt nicht weniger geil sei und langte zu ihm rüber. Ich knetete seine dicke Beule, er legte schnell beide Hände ans Lenkrad und stöhnte, lachte aber dabei und sagte, “Wow, Stopp it, man. I am driving!”
Kapitel 8
Am Motorpool angekommen stellte Jamie den Bus auf seinem Platz ab und erledigte noch den vorgeschriebenen Papierkram im nahe gelegenen Office. Nick und ich warteten solange im Wagen, da schaute er mich an und sagte, dass er jetzt sehr gerne mit mir alleine wäre und mich am liebsten von oben bis unten abschlecken würde. “JAA!”, erwiderte ich, “aber so was von gerne!” Da öffnete sich die hintere Autotür und Jamie sagte zu uns, während er einstieg, “Hey guy`s now let`s get us a fucking cheese-pizza. I`m hungry!
Eine gute Idee fanden wir alle und fuhren auf dem Weg zurück an der Bowlingbahn vorbei um uns dort mit Pizza einzudecken. Die Dinger waren riesig und schmeckten einfach nur supergut, waren aber nicht ganz so lecker wie ein anderes Riesending, das ich an diesem Tag bereits hatte.
Endlich waren wir wieder an der Unterkunft von Nick und wie sich später herausstellen sollte, war es auch die von Jamie. Ein großes, längliches, zweistöckiges Haus, das seitlich am Parkplatz in einer Gruppe anderer Gebäude stand. Wir gingen hinein, im Flur gab es ein paar Snackautomaten und ein Tischfussball, an dem gerade zwei Kameraden der beiden kickerten. Die Vorder- und Hintertür standen offen, so dass ein kühler Luftzug uns entgegen wehte. Wir gingen geradeaus weiter den Gang entlang und kamen in den Hinterhof, wo sich ein Holztisch und eine Bank befanden, ähnlich wie diese die man von Waldsparziergängen her kennt. Wir setzten uns, aßen unsere Pizzen und unterhielten uns über den Tag, da sagte Jamie laut, “Ich hole das beer in unser room!“.
“Hat er jetzt in unserem Raum gesagt?”, dachte ich und schaute zu Nick und fragte ihn, ob die beiden room-mates wären. “YES”, antwortete Nick etwas verstohlen. Das hatte er bisher mit keinem Wort erwähnt und nun verstand ich auch diese Vertrautheit der beiden, die mir an der Raststätte aufgefallen war. Die wohnten in einem Zimmer und ich fragte mich, ob er Jamie doch etwas von uns erzählt hatte. Nick sagte mir, dass die beiden sich seit drei Jahren einen Raum mit einem weiteren Kameraden teilten. Er sei aber gerade in den Staaten und komme erst in zwei Wochen wieder. Es sei also noch ein Bett frei, falls ich hier übernachten wollte, meinte Nick und ich lachte ungläubig, weil das bestimmt nicht gehen würde.
Wenige Meter vom Tisch entfernt, fing ein Stück Wiese an auf der ein Baum stand, in dessen Schatten ein GI in sehr knappen Shorts lag. Nick und ich saßen nebeneinander auf der Bank und er gab mir einen kleinen Tritt und flüsterte, “Hmmm, take a look at his bulge… nice ha?”
Ich grinste, nahm einen Bissen und nickte dabei. Jamie kam wieder durch die Tür und stellte das Bier auf den Tisch, nahm sich eines und setzte sich mit dem Rücken zur Wiese. Er hatte sein T-Shirt ausgezogen und man konnte auf seiner glatten definierten Brust das Tattoo eines Drachen erkennen der durch seinen Schweiß glitzerte. Jamie schob Nick und mir ein Bier rüber, drehte sich nach hinten und rief dem Typen unterm Baum zu “Hey George, do ya want a beer?”
George sagte nicht nein und kam zu uns rüber an den Tisch. “Wow, der ist ja auch lecker!”, dachte ich nur und konnte meine Augen kaum von seinem Körper nehmen. George hatte kurze schwarze Haare am Kopf und auf der Brust. Er trug eine dunkle Sonnenbrille und diese echt knappen Shorts. Er rückte sich sein dickes Gerät noch zurecht bevor er sich neben Jamie setzte und sich ein Bier nahm. “Wer ist denn das Babyface!”, lachte er und fragte mich weiter in bassigem Englisch nach meinem Namen.
Ich sagte, “Thomas Marker”.
Wir gaben uns die Hand und dabei hatte er ein freches Grinsen im Gesicht. Daraufhin bot ich ihm ein Stück Pizza an und wir sprachen kurz darüber was wir anschließend noch machen wollten. Eigentlich hatten wir vor etwas Fussball zu spielen, aber es war uns allen dafür zu heiß und wir hatten auch nicht wirklich Lust dazu. Das erste Bier wollte bald schon wieder raus und ich fragte wo die Toiletten seien. Jamie sagte zu Nick, er solle sie mir zeigen und meinte weiter, ich könne bei Ihnen im Zimmer das Bad benutzen, auch schnell eine Dusche nehmen, wenn ich wollte und sagte Nick er solle mir ein frisches T-Shirt geben. Meine Augen fingen an zu glänzen, als ich das hörte.
Wir verabschiedeten uns von George, da dieser gleich in die Stadt wollte, standen auf und ich folgte Nick ins Haus. Vorm Zimmer angekommen öffnete er die Türe, packte meinen Arm und zog mich stürmisch hinein, dann schloss er diese und drückte mich mit Zungenschlag mit dem Rücken dagegen. Er fummelte wild an mir herum und steckte sofort seine Hand in meine Hose. “I want you!”, sagte er keuchend und fing dann an meinen Gürtel zu öffnen. “Nick, hey was ist wenn jemand rein kommt?”, sagte ich nervös.
Ich solle mir keine Sorgen machen. Solange Jamie noch Bier hätte, würde er nicht rein kommen, um neues zu holen und so zog er mir die Shorts runter. Da fing auch ich an ihn auszuziehen und leckte ihm dabei seinen Nippel. Plötzlich nahm er mich am Nacken und führte mich küssend zum Tisch, der in der Mitte des Zimmers stand, und legte mich mit dem Oberkörper darauf. Er hielt meinen Arsch mit seinen kräftigen Händen fest und begann meine Kimme mit der Zunge zu durchpflügen. Ich juchzte und wurde fast irre so geil war das.
Nick holte sich meinen Schwanz, bog ihn nach unten zwischen meine Beine und leckte von der Schwanzspitze an hoch über die Eier wieder durch die Ritze. Er zog meine Backen auseinander und bearbeite die Rosette, sodass ich fast durchdrehte. Er drückte mir mit seiner Zunge unendlich viel Speichel in mein Loch und es fühlte sich warm und geil an. Schließlich legte er sich halb auf mich packte mich an den Haaren und flüsterte mir wieder ins Ohr, “I want you! Ich will Dich, Thomas!”
“Jaaa, sagte ich nur und bereitete mich drauf vor seinen Megaschwanz in mir aufzunehmen. Schon spürte ich seine dicke Eichel an meinem Loch und ich hörte wie er drauf spuckte. Nick war sowieso schon wieder so am Vorsaften, dass er die Extraspucke eigentlich nicht gebraucht hätte. Langsam drang er in mich ein, immer ein kleines Stück mehr. Ich schrie kurz auf und er hielt mir den Mund zu und ich leckte dabei seine Handflächen. Der Kolben verschwand weiter in mir und mein Arsch gewöhnte sich langsam an den fetten Riemen und es fühlte sich immer besser an. Jetzt fing er an das Rohr hin und her zu bewegen und auch schneller zu werden. Mit kräftigen Stößen fickte er mich und seine großen Hände hielten meine enge Kiste fest. Ich genoss jede Bewegung die er machte und stöhnte in meine Fäuste auf die ich meinen Kopf gelegt hatte.
Die Sonne flimmerte durch die Lamellen der Jalousien und ich war wie weggetreten, da hörten wir plötzlich die Tür hinter uns.
Kapitel 9
Nick flutschte aus mir heraus und drehte sich blitzschnell um. Ich richtete mich in Panik auf und griff sofort nach den Shorts zu meinen Füßen und stellte mich hinter ihn. “Scheiße, scheiße!”, schoss es mir durch den Kopf. Jamie stand plötzlich im Zimmer und hielt dabei immer noch den Türgriff fest. Mir fiel ironischerweise ein Satz ein, den ich mal irgendwo gelesen hatte: “Dauerhaftes Glück ist nur die Aneinanderreihung schöner Augenblicke!”.
“Na der Augenblick”, dachte ich, “gehört definitiv nicht dazu!”.
Ich wäre am liebsten im Erdboden versunken. Jamie drehte seinen Kopf kurz zurück in den Gang, betrat aber dann den Raum und schloss die Türe hinter sich. Er blieb an der Tür stehen, verschränkte die Arme und schaute uns von oben bis unten an und sagte in Englisch und etwa in diesem Wortlaut zu Nick, “Hey Mann, was zur Hölle??? Na, für Fußball war es Euch zu heiß, aber hier drin ist es offensichtlich nicht kühler! Was geht denn hier ab, gottverdammt!”. Ich glaubte, dass es jetzt richtig Ärger geben würde und schaute suchend nach meinem T-Shirt.
Zu meiner Überraschung, sagte Nick in ziemlichen Befehlston, zu Jamie, dass er den Mund halten soll und doch einfach wieder rausgehen könne, oder er solle hier bleiben, die Fresse halten, diesmal die verdammte Tür abschließen und mitmachen! Kaum hatte Nick das gesagt, wendete er sich einfach wieder mir zu, nahm mir Short und T-Shirt aus den Händen, warf diese zurück auf den Boden und zog mich an sich ran. Als wäre gerade nichts weiter passiert, nahm er, wie er es so gerne tat, meinen Kopf zwischen seine großen Hände, küsste mir die Stirn entlang und fummelte weiter an mir herum.
Ich schaute mit weit aufgerissenem Blick an NJ vorbei, der gerade an meinem Hals abwärts küsste, zu Jamie rüber und traute meinen Augen nicht, denn ich sah, wie er die Tür abschloss, sich die Shorts auszog und als er binnen Sekunden damit fertig war, er auch schon mit wippender Latte auf uns zu kam. Ein schöner Mann, wie bereits erwähnt, mit definiertem Körper und kleinen Tattoos. Ich war trotz alledem etwas verstört und schob Nick von mir weg und sah ihn fragend an, “HEY… what!”, weiter kam ich nicht, denn da hatte mich Jamie schon auf seine Höhe geholt, “Hello Thomas”, gesäuselt und mir seine Zunge in den Hals gesteckt.
Er hatte sich neben mich gestellt und so war ich in der Mitte dieser beiden Hengste. Jamie küsste wundervoll und seine Zunge und Lippen, seufz, es fühlte sich beides unendlich weich an. Ich hörte auf mich zu wehren und versank in Gefühlen.
Beide Kerle legten einen Arm um mich und fingen an, mich zu streicheln und abzulecken. Dann küssten Sie sich hemmungslos und wild und ich spürte dabei das Brustfell von Nick und das Nippelpiercing von Jamie auf meiner Haut und Ihre Schwänze, glitten feucht und warm an meinem Körper entlang. Ich schloss die Augen und legte meinen Kopf zurück und genoss jede Sekunde. Jamie kniete sich plötzlich hin, nahm unsere beiden Schwänze und fing an, diese abwechselnd zu lutschen und zu saugen. Nick küsste mich und fragte flüsternd mit schwerem Atem, “Hey alles okay mit Dir?” Ich schaute ihn mit einem Schlafzimmerblick an und sagte dann nur ziemlich erregt, “Jaa, yes!”, mehr konnte ich eh nicht sagen.
Jamie schmatzte und stöhnte unter uns, bis Nick leise zu mir sagte ich solle mich wieder auf den Tisch legen. Was ich gerne tat, denn schließlich hatten wir da vor kurzem aufgehört und mein Loch war willig und immer noch feucht genug. Kaum lag ich dort wieder auf dem Bauch, spürte ich wie mir jemand die Backen auseinander riss und sich ein feuchter Schwanz mit Wucht in mich hinein schob, sodass ich lustvoll aufschrie.
Es war nicht der Schwanz von Nick, das merkte ich natürlich sofort. Jamie war es und er fing an mich wild durchzuknallen. Sein Lümmel war nicht so ein Totschläger wie der von NJ, aber er fühlte sich in mir genauso geil an, da er auch ein echt guter Ficker war.
Nick kam zu mir nach vorne und drückte mir seinen tropfenden langen Schwanz in den Mund. Währenddessen zog draußen ein Gewitter auf und es donnerte ab und zu. Es war drückend schwül im Zimmer und wir schwitzten wie die Tiere. Alles schmeckte salzig und es roch überall nach feuchten Kerlen, ich verlor fast den Verstand. Mein Teil war so hart, dass er fast platzte und er bewegte sich mit jedem Stoss von Jamie unter mir auf der Tischplatte. Hätte ich Ihn gewichst, wäre ich bestimmt zu schnell gekommen.
Ich spürte den Kolben rein und raus flutschen und manchmal schob er ihn so weit wie möglich in mich hinein, und hielt dabei nur seine Hüften in kreisender Bewegung, sodass ich nur noch seinen Namen vor mich hin röchelte. Jamie fickte mich schneller und schneller und ich stöhnte, während ich den fetten saftigen Prügel von Nick aussaugte.
Jamie zog plötzlich sein Gerät aus mir raus, schrie kurz auf, “YEAH MAN… I’m cumingggg!”, und seine heiße Soße spritzte mir über den Rücken bis rauf zum Haaransatz. Er leckte mich gerade sauber, da war Nick wieder hinter mir und drückte mir seinen Monsterkolben erneut ins Loch. Ich nahm kurz Jamis Hand und er biss mir dabei lustvoll stöhnend in meinen Oberarm. Jamie küsste mich und fingerte dann nach meinem Riemen, während Nick mich wie ein Stier durchrammelte. Es dauerte nicht lange bis er in mir ächzend abrotzte, sich aber mit harten Stößen dabei weiter bewegte, worauf Jamie meinen Schwanz schneller wichste und ich es auch nicht mehr lange zurückhalten konnte. Nicks Gerät schien wieder nicht aufhören zu wollen zu pumpen und mein Arsch füllte sich mehr und mehr mit seiner heißen Sahne.
Ich ging weiter mit dem Oberkörper hoch und stützte mich mit den Armen an der Tischkante ab. Jamie kniete sich unter mich und wartete mit offenem Mund und ausgestreckter Zunge auf meinen Saft. Nick stiess mir seinen Hammer soweit es ging rein, bis sein Sperma, dass er schon in mir abgegeben hatte, aus mir raus lief und an meinen Beinen runter. Da schrie ich laut auf und entlud eine Riesenladung in die hübsche Fresse von Jamie, der lustvoll dabei stöhnte!
Wir verharrten danach eine Weile völlig ausgepowert in dieser Position.
Jamie wischte sich schließlich, unter mir kniend und sichtlich genießend, mit meinem T-Shirt die Suppe aus dem Gesicht und von der Schulter. Nick zog seinen Schwanz aus mir heraus und streichelte mir dabei über den verschwitzten und vollgesahnten Rücken und meine nasse Rosette zuckte noch vor lauter Geilheit. Danach stellten wir uns aufrecht hin, legten die Arme um uns, steckten die Köpfe zusammen und fingen an uns zu züngeln.
Das Gewitter war angekommen, es donnerte sehr laut und es hatte stark angefangen zu Regnen. Es war inzwischen dunkel im Raum, bis hin und wieder ein Blitz die Szene erhellte und für Sekunden nur unser schwerer Atem zu hören war. Es war unbeschreiblich schön in dieser Atmosphäre so dazustehen und das Wasser an den Fensterscheiben laufen zu hören. Da hatte ich diesen Spruch wieder in Erinnerung, der diesmal etwas anders durch meinen Kopf schwirrte, “Dies ist ein Augenblick, wie dauerhaftes Glück!”
Kapitel 10
Das kleine Sommergewitter entwickelte sich mehr und mehr zu einem Unwetter, es brachen Äste von den Bäumen und es schüttete wie aus Eimern. Nick und ich schauten durchs Fenster und er meinte nur, dass es wohl kein guter Zeitpunkt wäre jetzt nach draußen zu gehen. Jamie sagte daraufhin zu mir, “Hey man. Du solltest hier bleiben. Ich rufe gleich am Gate an und sage dem Officer Bescheid, dass er dich als Übernachtungsgast einträgt. Wir bürgen für Dich. Das ist kein Problem bei diesem Wetter und du stehst sowieso als Besucher auf der Liste!”
Ich willigte natürlich ein und sagte nur, dass ich auch meine Mutter anrufen müsse, damit diese sich keine unnötigen Sorgen macht. Damals war es noch keine Selbstverständlichkeit ein Handy zu haben, also beschlossen wir erstmal zu duschen und dann nach unten in die Halle zum Telefon zu gehen. Das Zimmer der beiden hatte, wie bereits erwähnt, ein kleines Bad, mit einer Duschwanne, Waschbecken und einer Toilette. Nick gab mir einen Klapps auf den nackten Arsch und sagte, ich solle zuerst gehen, denn ich hätte am meisten abzuwaschen und lachte frech dabei. Jamie grinste zu Nick rüber, griff meine Schultern und meinte, nur wir beide hätten Zusammen genug Platz unter der Dusche, und ging hinter mir her ins Bad. Leckerchen Nick wickelte sich nur ein Handtuch um und ging zur Gemeinschaftsdusche, die sich im selben Stockwerk auf dem Gang befand und sagte noch, “See you later, my horny boys!”
Jamie und ich seiften uns gegenseitig ein und knutschten zwischendurch leidenschaftlich und ließen, nicht nur beim Einseifen, keine Körperstelle aus. Als wir fertig waren, gab er mir kurz darauf ein frisches T-Shirt, da meins doch etwas viele Spermaflecken aufwies. Wir zogen uns an, nahmen uns ein Bier aus dem Kühlschrank und gingen runter zum Telefon. Auf dem Weg dorthin kamen wir an dem Waschraum vorbei, in dem die besagten Gemeinschaftsduschen waren. Jamie öffnete die Tür, wir hörten das laufende Wasser und zwei Männerstimmen, die sich angeregt unterhielten. Klar, der eine von den beiden war Nick und zu meiner Überraschung, der schöne George von vorhin. Jamie rief auf Englisch in den Raum, “Hey Nick… Wir gehen runter zum Telefon, wir sind gleich wieder da!”. “Ja okay, bis gleich!”, antwortete er.
Wenig später hatten wir die notwendigen Telefonate erledigt und ich muss dazu sagen, dass meine Mutter kein großes Problem damit hatte, als ich sagte ich würde in der Kaserne bleiben. Ihr war es so lieber, als dass ich bei dem Sauwetter irgendwo sonst in der Stadt geblieben wäre. Es war mittlerweile so gegen 22 Uhr 30 und das Unwetter war so gesehen ein wahrer Glücksfall für mich.
Wir gingen wieder nach oben und in den Gängen war es recht still, nur ab und an war Musik, oder ein gestörter Fernseher aus den einzelnen Zimmern zu hören, an denen wir vorbeiliefen. Draußen tobte es heftig und es blitzte und donnerte inzwischen gleichzeitig. “Fuck!”, sagte Jamie zu mir, “That seems to be the end of the world!”.
Das dachte ich auch, das Ende der Welt, so wie es draußen krachte und der Wind fegte. Im Zimmer der beiden machte Jamie erstmal Licht und etwas Musik an und holte etwas zu knabbern aus seinem Schrank. Ich setzte mich auf eines der Betten und zündete mir eine Zigarette an. Die Tür ging auf und Nick betrat, noch immer nur mit Handtuch bekleidet, den Raum. Der Kerl war wirklich eine Augenweide und ich hatte schon wieder Lust ihm den “Lappen” von der Hüfte zu reißen und ihn von oben bis unten abzuschlabbern.
Nick holte sich eine Boxershorts, ließ sein Handtuch auf den Boden fallen, verstaute sein schweres Gemächt und setzte sich zu mir auf das Bett. Er zog mich an sich ran und so lag ich schließlich mit meinem Kopf auf seinem behaarten Bauch fühlte an der Schulter seine dicke Beule und rauchte genüsslich meine Kippe zu Ende. Jamie hatte noch Becher geholt, sowie eine Flasche Jack Daniels und Cola und alles auf den Tisch gestellt.
Er räumte die “alten Klamotten” in eine Wäschebox und schenkte jedem von uns was zu trinken ein. Er setzte sich dann breitbeinig vor uns auf einen der Stühle mit der Rückenlehne vor sich und nahm einen Schluck. Man konnte seine Schwanzspitze sehen, da er nur eine dieser weiten Glanzshorts trug und sonst nichts drunter hatte. Es war immer noch drückend schwül und wir ölten schon wieder alle vor uns hin, so zogen Jamie und ich wieder unsere T-Shirts aus, da diese erneut unangenehm an uns klebten.
Der Raum wurde nur durch eine kleine Nachttischlampe erhellt, die eine kuschelige Atmosphäre machte. Wir tranken und unterhielten uns und ich spürte das Bier von vorhin und nun den Jack in meinen Kopf steigen, den mir Nick streichelte. Plötzlich klopfte es an der Türe und ich setzte mich blitzschnell aufrecht hin und verschüttete fast dabei meinen Drink. “Komm rein!”, rief Nick, “Es ist offen!” Seine Hand berührte dabei noch meinen Rücken.
George kam herein, der nur eine Pyjamahose trug und einen Eiskühler unter dem Arm hatte. Er war nicht mehr ganz nüchtern, da er schon ein paar Drinks in der Stadt gepichelt hatte. Sein Teil bammelte lecker in der Hose, als er sich auf uns zu bewegte. “Mann oh Mann”, dachte ich erregt, “Das ist hier besser als in jedem Pornofilm. Ja leck mich am Arsch!”.
George begrüßte uns mit Handschlag, dann nahm er sich einen Stuhl und setzte sich zu Jamie an den Tisch, der gab ihm einen Becher und schenkte ihm eine gute Mischung ein. Wir freuten uns über die Eiswürfel die er mitgebracht hatte und Nick stand auf und holte sich eine Handvoll aus dem Kühler.
George packte Nick in den Schritt, als dieser am Tisch stand und sagte so etwas wie, “Na, Riesenschwanz heute schon gefickt!” und lachte dreckig dabei.
Nick erwiderte nur breit grinsend etwas wie, “Ja Mann, das weißt Du doch!”.
Ich traute meinen Augen und Ohren nicht. Er hatte ihm wohl was unter der Dusche von unserer Nummer erzählt. Jamie bemerkte, das ich sichtlich verwirrt aus der Wäsche schaute und kam zu mir aufs Bett, legte den Arm um mich und sagte, es wäre alles in Ordnung, denn George wisse Bescheid und gehöre quasi auch zur “Familie”. WOW, das war der Hammer und ich fragte Jamie, ob die zwei schon mal etwas miteinander gehabt hätten. Er nickte mit dem Kopf und meinte grinsend, “Ja, nicht nur die Beiden”, und zwinkerte mir zu. George und Nick alberten herum und versuchten sich mittlerweile gegenseitig Eiswürfel in die Hosen zu stecken.
Währenddessen erzählte mir Jamie, dass er mich ganz bewusst, als ich beim Pizzaessen nach dem Klo fragte, mit Nick nach oben geschickt hätte. Seit der Raststätte hätte er gewusst, dass mich NJ heute noch ganz “vernaschen” wollte und da er auch auf mich Bock gehabt hätte und noch immer scharf auf mich sei, wäre es doch eine prima Gelegenheit gewesen mich aufs Zimmer zu bekommen. Ich war sichtlich schockiert, über die Tatsache, worauf Jamie fragte, ob ich es denn bereuen würde und ob ich mich getraut hätte den ersten Schritt zu machen. Ich lächelte verlegen und verneinte beides. Jamie lachte und kitzelte meinen Bauch, prostete mir zu und gab mir einen Kuss auf den Mund.
“Hmm!”, sagte George angesäuselt zu Nick, “schau dir die beiden an, ich würde auch gerne mal probieren, wie Babyface Thomas schmeckt!”. Jamie und ich schauten lächelnd zu den Zweien hin. George saß auf dem Stuhl und hatte einen Arm um Nicks Hüfte gelegt, der angelehnt neben ihm stand, und hatte dabei seine andere Hand am Becher.
Ich stand auf und ging an den beiden vorbei zum Bad um zu pinkeln. Dabei flogen einige Sprüche hinter mir her und ich wackelte provozierend mit dem Arsch und zog dabei meine Hose leicht hinten runter. “Wuhu, I want that ASS!”. ich will diesen Arsch, rief George hinter mir her und ich verschwand erstmal im Klo. Als ich so an der Schüssel stand, merkte ich, dass ich schon ziemlich beschwippst war und mein Schwanz schon wieder Geilheit signalisierte.
Durch die Tür hörte ich die drei sprechen und lachen. Ich war fertig mit pinkeln und drückte die Spülung, drehte mich zum Waschbecken und wusch mir die Eichel und die Hände. Dabei bemerkte ich, dass es recht still im Zimmer geworden war. Ich dachte mir nichts dabei, trocknete mir die Hände ab, machte meine Hose zu und ging wieder raus.
Ich kam also aus dem Bad und stand wieder bei den Kerlen im Raum und was ich sah war kaum zu glauben und dachte nur, das bekommen in der kurzen Zeit die ich weg war, wahrscheinlich nur diese drei geilen Soldaten hin. Die Jungs hatten das Zimmer etwas umgeräumt, den Tisch direkt an die Zimmertür gestellt, die Bettdecken auf die freie Fläche auf den Boden gelegt und die Drinks gleich in der Nähe platziert.
“Mein” Nick stand auf einer der Decken und vor Ihm saß, nackt und breitbeinig, der schöne George auf einem Stuhl, mit der Brust zur Rückenlehne, und lutschte NJs Riesenlümmel, der ihn dabei an den Haaren fest hielt. Jamie kniete hinter George auf der improvisierten Fickwiese und leckte ihm gierig die Rosette. Er hatte dessen Backen weit auseinander gerissen und Georgie genoss die Leckerei sichtlich und drückte Jamie rattig die Kiste entgegen.
Auf der Stelle schob ich eine Hammerlatte. Nick sah mich an und packte mir sofort in den Schritt und knetete meine Eier.
“Gib mir deinen Schwanz, Thomas!”, sagte George hauchend zu mir, während er die Latte von Nick weiter wichste. Das musste er nicht zweimal sagen und so holte ich ihn raus und streckte ihm das Teil entgegen. Ich schaute nach unten und sah wie mein Gerät immer wieder bis zum Anschlag in dessen Hals verschwand, wie bei einem Schwertschlucker. Nick trat hinter mich und zog mir die Hose runter auf die Knöchel und half mir die Shorts ganz los zu werden.
Er nahm mich von Hinten in seine Arme, dann schob er mir seinen fetten Kolben an meiner Ritze entlang, zwischen meine Schenkel und bewegte sich dabei vor und zurück, sodass ich wieder seinen Vorsaft auf der Haut spüren konnte, während George weiter an mir saugte und schmatzte. Jamie hatte den Arsch meines Bläsers inzwischen in eine geeignete Stellung geschoben und fing an George zu ficken, und der Typ ging ab wie ein Zäpfchen. Nick drehte mich nun ganz zu sich hin, gab mir einen leidenschaftlichen Zungenkuss und positionierte mich danach auf dem Boden kniend neben den stöhnenden Kerlen, die wie die Karnickel rammelten. Er nahm eine Flasche Gleitgel, aus einer Schublade und rieb mir mit seinen Pranken mein williges Loch ein. In meinem Kopf war nur noch Geilheit, gepaart mit Jack Daniels und schon spürte ich das Megateil von ihm, das heftig schnell in mich eindrang und ich bäumte mich auf in lustvollem Schmerz.
Kurze kräftige Stöße durchpflügten daraufhin meine Kiste und ich fummelte vom Boden die Pyjamahose von George, steckte mir diese in den Mund, um darauf zu beißen. Gerade deshalb um nicht allzu laut zu sein, denn ich stöhnte laut bei jedem einzelnem Stoß. Nick schnaubte wie ein galoppierender Hengst und ich merkte wie sich in meiner Prostata und in meinem prallen Sack ein Mega-Orgasmus zusammen braute. Immer wieder tauchte er in mich ein und blieb dann eine Weile regungslos, um erneut schneller zu werden. Ich spürte diesen Riesen und seinen Hammer in mir drin und es schmatzte und man hörte seine Eier gegen meinen Arsch klatschen. Ich hätte nie gedacht, dass ich das Mörderteil ganz in mir vertragen würde.
Jamie hatte inzwischen George vom Stuhl runter, und neben uns auf den Rücken gelegt, und vögelte ihn wild mit den Beinen in der Luft, an denen Jamie sich beim Rammeln fest hielt und diese immer weiter nach hinten drückte, um tiefer in George eindringen zu können. George stöhnte bei jedem Schub in seine Rosette und war nun in Reichweite von mir. Er langte zu mir rüber und wichste mir den Schwanz, während NJ mich immer heftiger fickte und ich mich kaum noch zurückhalten konnte, nicht sofort abzurotzen. Es donnerte und blitzte und der Regen peitschte gegen die Fenster und in mir drin brach auch bald ein Sturm los. Ich wollte noch nicht kommen, denn Nick knallte mich so geil. So nahm ich von meiner prallen Latte die Hand von George und drückte sie fest mit meiner Hand zusammen.
Ich schaute zu ihm rüber und sah den schwitzenden, leidenschaftlich keuchenden Jamie, wie er schneller und mal langsamer den Knackarsch von Mr. Bulge stopfte und sah Georges strammen zuckenden Pimmel, welcher fast die Ausmaße von dem Hammerteil hatte, das gerade dabei war eine fette Ladung Sahne in mir abzugeben.
Nick stöhnte laut, stieß einen tiefen lustvollen und langen Ton aus, schob mir sein Teil dabei soweit es ging in mich hinein und strich mir kräftig vom Nacken abwärts den Rücken herunter und füllte mich so mit kraftvollen Schüssen. Er legte sich anschließend mit seiner verschwitzten haarigen Brust auf mich drauf und sein Prügel pumpte in mir weiter und weiter. Sein Teil rutschte schließlich aus mir heraus und während ich fühlte, wie mir sein heißer Saft aus dem Loch tropfte, trafen zwei weitere fette Schüsse meine prallen Eier, an denen sie runter liefen, um unter mir auf der Bettdecke zu landen. Der Typ war ein Zuchtbulle, das war klar, bei der Menge die er immer von sich gab.
Ich knickte meine Arme ein, legte meinen Kopf auf die Pyjamahose die noch in meinem Mund steckte und zitterte vor Erregung, meine feuchte Kiste noch in der Luft. Aus meiner Schwanzspitze quoll es bereits und fiel in Fäden zu Boden. Ich fingerte mir an der Rosette und genoss die Sahne die ich gerade bekommen hatte.
“Come on George, take him. Now it`s your turn!” sagte Nick schwer atmend zu George und stand dabei auf.
Er setzte sich auf den Stuhl, auf dem George eben noch gefickt wurde, zündete sich eine Kippe an, nahm seinen Drink hoch und trank den Becher mit einem Zug leer und sein Teil tropfte dabei immer noch nach.
Ich blieb in der bisherigen Stellung knien, denn ich war bereits völlig fertig und da mein Schritt schon fast explodierte wimmerte ich: “Yes… Fuck me George… FUCK ME!”.
Jamie hob plötzlich meinen Kopf an und ich richtete mich wieder auf. Er nahm mir die Hose vom Mund und steckte mir sein Ding tief rein und fickte mich in den Rachen, so wie er George gerade noch genagelt hatte. Der war nun hinter mir und schob mir seine, mit Nicks Monsterriemen vergleichbare Megalatte in die Dose. Ich tropfte aus allen Öffnungen und es fühlte sich nur geil an, einfach wie nicht von dieser Welt.
Im Raum roch es wie in einem Puma-Käfig und wie die Tiere trieben wir es im Schein der kleinen Nachtischlampe im flackerndem Licht des Unwetters und Nick spielte an seinem Prügel und sah uns, Kippe rauchend, dabei zu. Die beiden brauchten aufgrund des Alkohols doch etwas länger, und ich hielt es fast nicht mehr aus, so gevögelt zu werden.
Dann aber war Jamie der Erste der seinen Abschuss machte. Er bog seinen nassen Körper nach hinten, gab einen ankündigenden Laut von sich und spritzte mir mehrere Ladungen in mein Gesicht und verrieb das weiße Zeug mit seinem geilen Schwanz. Nick hatte sich währenddessen seitlich neben uns drei gekniet und stützte George am Rücken und mit der anderen Hand hielt er nun den Kopf von Jamie an seine Brust gedrückt, der noch völlig außer Atem war, nachdem er ja gerade abgespritzt hatte. George zog fast gleichzeitig seinen pulsierenden Lümmel aus mir raus und schoss ächzend und stöhnend die Soße auf meinen Arsch und verteilte sie überall. Ich badete in Sperma und war zum Bersten angestaut mit meiner Ladung, die ich auch jetzt loswerden wollte.
George zog mich nach hinten, hielt mich fest in seinen Armen, sodass Nick mir den Rest besorgen konnte. George leckte Jamies Suppe von mir ab und Nick nahm meinen Schwanz und saugte kräftig und lüstern daran. Dieser explodierte bald darauf gewaltig in seinem Mund.
Nachdem ersten Schwall, setzte sich Nick wieder auf und ließ die letzten Schüsse auf Jamie fliegen der noch vor mir in der Hocke saß und er spuckte dabei das zu viel von meinen Saft langsam aus, sodass es über sein Brustfell runter lief. Total ausgepowert blieb ich an George gelehnt liegen und streckte meine Beine aus. Jamie legte sich seitlich zu mir und streichelte mich, während Nick mich abschließend mit wildem Zungenschlag küsste und George mir den noch zuckenden Schwanz massierte.
Nick verteilte wenig später eine Runde Drinks und gab mir eine Zigarette und haute dann breit grinsend folgenden Spruch heraus, “Hey Thomas, ich will dabei sein, wenn Du das Morgen deiner Mutter erzählst!”.
Er warf seinen massigen Körper zwischen uns und wir fingen alle hysterisch an zu lachen und lagen uns klebrig in den Armen. Der Sturm draußen begann sich etwas zu legen und hinterließ abgerissene Äste und nasse Strassen. Der Sturm drinnen, hatte vier verschwitzte und zufriedene Kerle hinterlassen.
Kapitel 11 – Feuchter Nachmittag!
Wir waren irgendwann in dieser Nacht auf unserer “Spielwiese” nacheinander eingeschlafen. Am Morgen öffnete ich langsam meine Augen, es war etwas stickig im Zimmer und es roch nach kaltem Rauch. Mein Schädel brummte ziemlich, da ich den Jack D. nicht so gut vertragen konnte. Ich lag fast an der gleichen Stelle, an der wir unser geiles “Zusammenkommen” hatten, mit einer der befleckten Decken über mir und keiner von den Jungs war zu sehen. Ich rieb mir die Augen und suchte nach meinen Sachen und nach einer Uhr. Durch die bereits gekippten Fenster hörte man reges Treiben, fahrende Autos und Sprachfetzen von Leuten die vorbei gingen. Im Bad hörte ich die Dusche laufen und fragte mich, ob es Nick oder Jamie ist, der sich gerade am frisch machen war. Die Antwort bekam ich recht schnell, denn die Zimmertür ging auf und Nick kam herein. Er trug seine Uniform und hatte drei Becher Kaffee und Donuts dabei.
“Good Morning, Sir!”, sagte er laut mit seiner tiefen Stimme.
“Uhhh, Morning Mr. Jefferson!”, antwortete ich leicht gequält, und fragte Ihn, wie spät es denn sei. Er stellte das kleine Frühstück ab, machte die Tür hinter sich zu und setzte sich zu mir auf die Decke, er gab mir einen Schmatz und meinte, dass es gleich 9.00 AM sei.
Wir unterhielten uns weiter in Englisch und ich sagte nur, ” Scheiße, ich hab Kopfweh!”.
Er lachte und fragte grinsend, “Sicher? Ist das das Einzige, das Dir weh tut, Dein Kopf?”.
“Oh, Mann, nein!” und ich lachte lauthals mit ihm, legte meine Hand auf seinen Hintern und sagte: “Das war absolut geil, nur wie lange haben wir denn danach noch gesoffen? Ich bin eingeschlafen?”.
Er erzählte mir, dass George irgendwann in sein Zimmer gegangen wäre, da er heute früh zur Airbase nach Frankfurt musste und ich wäre vorher schon ziemlich fertig weggeknackt. Jamie und er hätten da beschlossen mich einfach schlafen zu lassen und mich dann nur noch zugedeckt. In diesem Moment kam Jamie aus dem Bad, grüsste uns, und rubbelte sich dabei die Haare mit einem Handtuch trocken. Er setzte sich nackt neben mich auf die Decke und sagte zu Nick, “Ja Mann, danke, Kaffee, gib das Zeug mal rüber!” und Nick verteilte, was er mitgebracht hatte an uns.
Jamie sah zum Anbeißen aus mit seiner sportlichen Figur, seinem halbsteifen Schwanz, den feuchten Schamhaaren und er roch einfach nur lecker. Er nahm einen Kaffee entgegen, gab mir daraufhin einen dicken Kuss und schickte mich, ziemlich bestimmend, ins Bad, mit den sinngemäßen übersetzten Worten. “Los mein junger Freund, trinke deinen Kaffee, geh duschen und werde wach. Ich fahre dich dann erstmal nach Hause”, er meinte weiter, “Nick musste einen Dienst übernehmen und das bis heute Nachmittag. Wir sind auch schon spät dran, wir müssen zum Gate und dich abmelden, aber keine Sorge, ich hole Dich im Laufe des Tages wieder ab, Du hast doch Urlaub? Nun Baby, ich auch. Oder hast Du heute bei Sonnenschein etwas anderes zu tun? Wir wollen zu an einem Baggersee, und wenn Du mit willst, komme ich Dich gegen 16.00 abholen!”
Keine Frage, dass ich mit zum See wollte. Es gab und gibt in der hessischen Rhön einige sehr nette und auch abgelegene Seen und die Fahrt dorthin wollte ich um nichts in der Welt verpassen. Nick erzählte anschließend noch, mit einem sehr verschmitzten Lächeln, dass auch er und George später nachkommen würden und ein paar “Familienmitglieder” schon vor Ort wären, zum Grillen und Zelten und ich solle einen Schlafsack mitbringen. Er verabschiedete sich daraufhin recht schnell und verließ das Zimmer. Nach dieser Ansage hatte ich wieder die wildesten Phantasien und war breit am Grinsen. Ich trank meinen Kaffee aus und aß meinen Donut und Jamie meinte nur, dass wir uns nun echt beeilen müssten. Auf dem Weg ins Bad, hielt er mich am Arm fest und sagte zu mir. “Hey Mann, das war der Hammer gestern Abend und das muss wiederholt werden”, dabei fasste er mir in den Schritt und küsste mich flüchtig auf den Mund, danach drehte er sich um und begann sich anzuziehen.
Recht hektisch waren wir kurze Zeit später unterwegs, vom Kasernengelände runter und zu mir nach Hause. Dort angekommen, hielt er in der Nähe meiner Haustüre, schaute über den Rand seiner Sonnenbrille und sagte bevor ich ausstieg, freudestrahlend zu mir, “Ich komme dich dann gegen 16 Uhr abholen und ich bringe Joseph mit, einen Freund von mir und Nick, ein netter Kerl, ihr werdet Euch gut verstehen, bis später Knackarsch!” Wir verabschiedeten uns und ich freute mich tierisch auf den Nachmittag.
Kapitel 12
Die Zeit, die ich bis dahin zu Hause verbrachte, wollte irgendwie nicht vorbei gehen. Ich half meiner Mutter freiwillig im Haushalt und saß mit Ihr später auf unserem Balkon und trank Kaffee mit ihr, was ich wirklich immer gerne tat, und wir redeten wie zwei Freunde, bzw. Freundinnen, miteinander. Letzteres war ihr erst später im Bewusstsein. Sie wollte natürlich wissen, was ich so gemacht habe mit “den Ammis”!
Ich erzählte Ihr eigentlich alles von dem Abend. Natürlich habe ich die Vögelei weggelassen, ist ja klar. Sie hörte interessiert zu und fragte nicht viel. Weiter erzählte ich ihr, dass Jamie mich gleich abholen kommen würde und ich mit den Jungs in die Rhön zu einem See fahren werde, weil wir dort grillen und zelten wollen. Sie meinte nur, dass Sie ja grundsätzlich nichts dagegen hätte, aber es wären doch schließlich erwachsene Männer und sie fände es beruhigender, wenn ich mit Gleichaltrigen etwas unternehmen würde. Nick wäre doch mindestens 10 Jahre älter als ich. Darauf antwortete ich nur, “Mama, knappe 13 Jahre ist er älter, was soll’s!”, und lachte frech. Dann sagte ich weiter, “Die Jungs in meinem Alter sind viel unvernünftiger und nicht so gut drauf wie Nick und Jamie!”. Dass ich mit den beiden ohne Gummi gepoppt und mir dabei nichts gefangen hatte, das war mir erst viel später im Bewusstsein.
Es war kurz vor vier und ich wurde merklich nervöser. Ich hatte meine gepackten Sachen bereits das fünfte Mal oder so kontrolliert und schaute alle paar Sekunden durch unser Wohnzimmerfenster auf die Strasse. Da fuhr ein grüner Jeep, mit runtergelassenem Verdeck, vor. Einer von diesen riesigen “Amikutschen” mit durchgehender Sitzbank, in dem man vorne zu viert sitzen kann. Jamie saß am Steuer, ganz cool mit Sonnenbrille und Muscleshirt, seine Tatoos glänzten in der Sonne. Ja und dann war da noch Joseph, mit nacktem Oberkörper saß er, sein T-Shirt über die Schultern gelegt, direkt neben Jamie auf dem Sitz und seine leicht behaarte Brust, sah aus als ob man sie mit Wasser eingesprüht hätte.
Joseph hatte ein markantes und sehr männliches Aussehen, hellbraune Haare und eine kleine Narbe im Gesicht, die durch seinen Bartschatten deutlich zu erkennen war. Sexy sahen beide aus, wie sie so da saßen mit ihren kurzen, im Schritt recht stramm sitzenden Army-Hosen und ihrem kurzen Haarschnitt, und wie sie so lässig zu mir sahen, als ich an den Jeep trat, der breiter und länger war als ein alter VW-Bus. Wir grüssten uns mit High Five und dann legte ich meine Klamotten nach hinten zu den anderen Sachen. Ich war noch über den Sitz gebeugt, da gab Jamie schon Gas und der bullige Motor röhrte auf und schon fuhren wir los.
Ich trug ein rotes, ärmelloses T-Shirt und eine schwarze knielange Kunststoff-Hose, die nicht nur trocken gut aussah, sondern auch nass noch eine gute Figur machte, wenn man schon an einen See zum Baden fährt. Eine U-Hose trug ich nicht, es waren 32 Grad und falls es mir abends zu kühl werden sollte hatte ich eine mitgenommen, sowie eine normale Jeans eingepackt, aber na ja, kühler werden sollte es nicht, eher heißer.
Jamie stellte mir Joseph vor, indem er kurz zu mir rüber schaute, seine Hand auf das Knie von Joe legte und zu mir sagte “Thomas, das ist Joseph, ein sehr guter Freund von Nick und mir!”. Er meinte weiter, “Joe das ist Thomas, Du weißt, er gehört auch zur “Familie”…!”, und dabei grinste er frech und legte dabei seine Zungenspitze an die Oberlippe und tätschelte Joe’s Bein. Der zog seine Sonnenbrille runter und seine grünen Augen leuchteten mich an und er streckte mir seine Hand rüber. “Hallo Thomas, schön Dich kennen zu lernen. Wir werden bestimmt viel Spaß haben, nachdem ich gehört habe, wie Du drauf bist!” und er lächelte zum Niederknien. “Und drunter, ohhh yeahh!” rief Jamie dazwischen, lachte dabei fett und fasste sich knetend in den Schritt.
Etwas verlegen sagte ich nur zu Joe, “Ich weiß gar nicht was er meint!”, worauf er nur sagte, “Ha, aber ich weiß genau was er meint, mein junger Freund!” und er knuffte mich mit dem Ellbogen in die Seite und meinte noch, dass Jamie Ihm von unserer kleinen Party mit George und Nick erzählt hätte und er gerne dabei gewesen wäre!
Er fragte mich sehr direkt, ob er denn eine Chance bei mir gehabt hätte, wenn er denn da gewesen wäre. Ich sah ihn an, lachte und sagte nur, “Hm…mit Sicherheit…!” Wir flirteten heftig und Jamie gab zwischendurch immer mal einen lustigen Kommentar ab.
Wir waren in der Zwischenzeit bereits raus aus der Stadt und fuhren auf einer Landstrasse in Richtung Rhön. Ich holte mir vom Rücksitz meine Basecap, denn die Sonne knallte mir ganz schön auf den Kopf und während ich sie aus meiner Tasche holte, schob Joe seine rechte Hand unter mich, an der Rückenlehne entlang, sodass ich zwangsläufig meine Beule in seine Handfläche drückte.
“Hey…!”, grinste ich ihn an, zog mir die Mütze auf, setzte mich wieder und hatte daraufhin eine leichte Latte in meinen Shorts. Joe bemerkte das natürlich und er legte den Arm hinter mir auf die Lehne und rutschte näher zu mir rüber, sein feuchter Oberkörper berührte mich, dann flüsterte er mir ins Ohr, “Hier fühl mal, der wird Dir bestimmt gefallen!”, dann nahm er meine Hand und führte sie zu seiner Hose.
Ich hatte nicht damit gerechnet noch eine Art “Baseballschläger” vor zu finden, wie bei Nick. Doch Mann oh Mann, das schien auch so ein Gerät zu sein. Jamie bekam natürlich mein Erstaunen mit und sagte nur ironisch, “Na, Thomas, das ist doch auch ein nettes “kleines Ding” zum Spielen?”, und er fing an zu lachen.
“WOW!” sagte ich nur und rieb Joe’s Schwanz durch die Hose. Das Teil wurde noch größer und härter und ich sah schließlich das stahlharte Ding, unter Joe’s Hosenbund angekommen, klopfen und pochen! Es sah aus, als wolle sich der Prügel, am Gürtel entlang, einen Weg ins Freie suchen. Kaum hatte ich das gedacht, öffnete Joe seinen Gürtel und der feuchte Kopf seines fetten Ständers rutschte raus. Ich schob seinen Körper wieder in eine aufrechte Position und versuchte seinen Schwanz in den Mund zu nehmen.
Jamie sagte daraufhin, das Joe und ich die Plätze tauschen sollten, dann hätte der mehr Platz und ich käme auch besser ran an die Nudel. Ich rutschte über Joe drüber in die Mitte der Sitzbank, er umfasste dabei meine Hüften und versuchte mir an der Achsel zu lecken. Dann setzte er sich ans äußerste Eck, halb mit dem Rücken zur Beifahrertür und legte seinen linken Arm auf die Lehne, sowie sein linkes Bein auf den Sitz, wobei er das rechte noch unten im Fußraum hatte. Er öffnete nun ganz seine Hose, hielt nun sein geiles Gerät in der Hand und er bog es immer wieder nach unten, bis ich richtig in Position war, um es geil zu lutschen und den fetten Schwanz ausgiebig zu blasen. “Boah, was ein Teil, noch so ein Prügel”, dachte ich nur.
Es war zwar etwas eng, so im Fußraum des Jeeps zu knien, aber nicht unbequem. Ich hatte meinen auch rausgeholt und wichste langsam dabei. Plötzlich spürte ich die Hand von Jamie, wie er hinten mein T-Shirt hoch und meine Hose soweit es ging runter schob um mir an der Rosette zu fingern! Wow, die Stellung war schon abenteuerlich und der heiße Fahrtwind umspielte mein Loch und die Eier. Der Schwanz von Joe war auch so ein Saftprügel, wie der von Nick und dann noch so einen Durchmesser, ich bekam das Teil nie ganz in den Hals und meine Mundwinkel fühlten sich bei dem Versuch zum Reißen gespannt an. Er war etwas von der brutaleren Sorte, mit der Hand auf meiner Mütze führte er mich, er bewegte meinen Kopf, so wie er es wollte und ich ließ es mir gefallen.
Jamie lenkte den Wagen auf einmal runter von der Strasse, auf einen kleinen Feldweg, weiter in ein kleines Waldstück am Rande eines Maisfeldes. Kaum hatte er den Jeep abgestellt, stieg er aus und zog mich an der runtergelassenen Hose zu sich rüber an die noch offene Fahrertür. Joe packte mir helfend unter die Arme und ich begab mich in eine geeignete Position. Joseph zog die Hose über seine Schuhe aus, schob mir gleich wieder sein Teil in den Hals und fickte los. Jamie leckte mir die Rosette, öffnete dabei seine Shorts und stieg plötzlich auf den Tritt am Jeep und rammte mir seinen Schwanz zwischen die Arschbacken. So wurde ich von vorne und hinten gerammelt. Nach einer Weile sagte Joe zu mir ” Los… setz Dich auf mich drauf, du geile Sau, ich will Deinen Arsch jetzt haben!” sprach er und setzte sich in die Mitte der Sitzbank und spuckte auf seine Eichel und rieb seinen großen Schwanz. Jamie flutschte aus mir raus, zog mir die Hose ganz aus, klatschte mir auf den Arsch und ich kletterte rüber zu Joe.
Zuerst stand ich breitbeinig über seinem Schoß mit dem Rücken zu ihm und hielt mich an der Windschutzscheibe fest. Er leckte mir die Kimme und füllte mich mit Spucke. Dann ließ ich mich langsam auf die hammerharte Latte runter und ich spürte wie das Ding immer tiefer in mich eindrang. Jamie war neben uns auf den Sitz geklettert und steckte mir, während ich Joes Hammer in mich aufnahm, seinen bereits sehr saftigen Prügel in den Mund. Ich hatte Joes Teil endlich drin und bewegte mich erst langsam und dann schneller und schneller auf diesem Kolben, der mich ziemlich ausfüllte. Jamie wichste sich einen, während mich Joe nun kräftig durchfickte. Schließlich spritzte Jamie, laut stöhnend seine Ladung auf Joes Brust und in dessen Fresse ab! In diesem Moment merkte ich wie er anfing zu pumpen, in mir kochte auch schon der Saft.
Ich stieg von Ihm runter und stellte mich halb kniend auf den Sitz und bearbeitete meinen Schwanz, um abzuladen. Jamie saugte gerade an Joes dicken Nippeln und leckte seinen eigenen Saft wieder runter, als dieser sagte, “Los…Thomas spritz mir in die Fresse!”
Ich konnte mich eh nicht mehr zurückhalten und so bekam er auch meine Soße, wohin er sie haben wollte. Joe legte seinen Kopf nach hinten und genoss jeden Schuss, der ihn traf, mit wohligem Stöhnen.
Wir setzten uns nun links und rechts neben ihn und streichelten seinen Körper. Wir küssten ihn und ich packte an seine fetten Eier und Jamie verrieb den Saft von mir auf Josephs Brust, während dieser seinem Höhepunkt merklich näher kam.
Jamie sagte, “Jaaaa, Joe… Feuer Deine Ladung!”.
Kurz darauf senkte Joe schwer atmend seinen Kopf etwas nach vorne über seinen Schwanz, öffnete seinen Mund und streckte seine Zunge raus. Jamie legte sein Gesicht an Joes Wange und öffnete ebenfalls den Mund. Ich schaute nur völlig gebannt zu und wartete auf den Abschuss. Er schüttelte das Riesending mit beiden Händen. Es quoll immer mehr Saft aus der dicken Eichel und ich spürte an seinen Eiern und der Wurzel, wie sich da unglaubliche Mengen sammelten. Mann, und da… wow, kam der erste gewaltige Schuss, direkt in sein eigenes geöffnetes Maul und es tropfte heftig von der Zunge auf ihn runter. Dann gleich noch so einer und noch einer, den bekam Jamie in den Hals, den vierten gleich hinter her. Schuss fünf flog Joe bis an die Stirn und mich trafen auch einige Tropfen. Den sechsten Schuss schluckte Joe noch mal selbst, da Jamie bereits mit geschlossenen Augen, den Saft genießend im Sitz lag. Das war der Hammer, als der siebte fette Schuss ihn noch mal in die eigene Fresse traf und noch ein paar weitere, Strahl für Strahl auf seinem Bauch landeten.
Geil, was für ´ne Sauerei. Der Typ war total vollgesifft und ich glitt mit meiner Hand durch das warme Zeug und küsste ihm dabei am Hals entlang, Wahnsinn! Wenig später standen wir, nur mit Schuhen bekleidet, am Wagen.
Jamie spülte sich den Männerkleister mit einer Flasche Wasser vom Körper und goss auch Joe eine entsprechende Menge über, damit auch er den Saft wieder runter bekam. Wir hatten ja alles dabei, um uns etwas frisch zu machen und bei der Hitze wären wir auch bald wieder trocken! Joseph, der ungefähr so groß wie ich war und einen Schwanz wie Nick hatte, na ja vielleicht zwei Zentimeter kleiner, aber dafür dicker, kam danach zu mir, bedankte sich für die geile Nummer und gab mir einen Zungenkuss. Dabei baumelte an Ihm diese geile Latte und er sah einfach nur super sexy aus.
Jamie meinte nur, “Hey Joe, das ist immer der absolute Wahnsinn was Du da aus Dir raus holst. Du und Nick solltet mal gegeneinander antreten, zum Wettwichsen!”
Ich lachte und sagte, “Oh ja, was ´ne geile Idee und ich darf in der Schusslinie liegen!”
Joseph grinste nur und meinte, dass er sich das mit Nick nicht lange überlegen würde, wenn ich mich mit Jamie zusammen, als Sperma-Ziel zur Verfügung stellen würde. Wir schauten uns an und grinsten, dann zogen wir uns wieder an und stiegen in den Wagen um weiter zu fahren. Mein Loch war noch ganz willig und ich hätte gerne länger den Ritt gemacht.
Ich saß wieder in der Mitte und Joe hatte eine Hand auf meinem Bein und streichelte mich, während er mit der anderen eine rauchte und den Arm dabei cool am Fenster abstützte. Unser kleines Abenteuer hatte bestimmt 45 Minuten in Anspruch genommen und wir fragten uns, ob die anderen bereits ungeduldig auf uns warteten, da wir auch einen Teil vom Nachschub an Bier, Würstchen und Burgern dabei hatten! Über Funk fragte Jamie noch mal nach dem Weg, da sich der See auf einem alten Übungsgelände der Army befand und er selber noch nicht dorthin gefahren war. Es ging durch die tiefste Rhön und wir hielten schließlich an einem Sc***d mit der Aufschrift ” Restricted Area”! Ich hatte keine Ahnung, wo wir waren.
Kurz bevor wir zum Tor des Geländes kamen, sagte Jamie zu mir, ich solle mich hinten unter den Schlafsäcken verstecken, bis wir wieder außer Sichtweite der Wachposten wären.
“Toll, was ist das denn?”, meinte ich nur aufgeregt, “Das hättet ihr mir doch vorher sagen müssen!”, und schmollte etwas.
“Dann wärst Du wahrscheinlich nicht mitgekommen”, erwiderte Jamie, “wenn ich Dir gesagt hätte, Zutritt nur mit Armee-Ausweis. Keine Angst das wird schon klappen!”
Etwas sauer war ich schon, da ich dachte, was mache ich, wenn die mich jetzt finden. Hm, dann würde ich hier mitten in der Pampa stehen. Ich versteckte mich schimpfend hinten im Wagen und bei der Hitze, war es schwer dort Luft zu kriegen. Wir fuhren weiter und hielten kurz darauf am Eingangstor. Dumpf hörte ich die Männerstimmen in meinem Versteck und hoffte nur, dass ich schnell wieder hier raus kommen und man mich nicht entdecken würde.
Endlich fuhren wir weiter und nach ein paar Minuten, hob Joe die Schlafsäcke an und sagte mir, dass ich wieder raus kommen könnte. Total verschwitzt kletterte ich wieder auf den Sitz zwischen die beiden und war ziemlich erleichtert, nicht gefunden worden zu sein. Kurze Zeit später kamen wir endlich an der Stelle am See an, wo ein kleines Lager aufgebaut war. Jamie parkte den Wagen am Rand des Feldweges und hupte, bevor er den Motor abstellte. Zwei Kerle kamen die kleine Böschung hoch und begrüßten uns. Beide hatten nur eine Badehose an und sahen auch recht lecker aus. Jamie stellte uns vor und wir begannen die Sachen aus dem Jeep zu holen. Billy und Ryan hießen die beiden. Als Billy mir die Hand gab, sagte er zu mir, “Du bist also das Sahnestückchen Thomas, das Jamie rein schmuggeln musste!” und er grinste ziemlich lüstern dabei. Er hatte eine schöne sportliche Figur, sowie eine viel versprechende Beule in einer ziemlich knappen Badehose.
Joe gab mir einen Klapps auf den Hintern und sagte zu mir, dass wir gleich schwimmen gehen, wenn wir den Jeep ausgeladen hätten. Das war eine gute Idee und wir beeilten uns die Sachen zum großen Zelt zu bringen, das als Bar und Buffet diente.
“Typisch Ami!”, dachte ich. Es fehlte an nichts. Eine große Kühlbox stand darin und davor in einer Reihe, ein paar Tische die zu einer langen Tafel zusammen gestellt waren. Das Zelt war auf einer Seite offen und diese Zeltwand, war als Dach links und rechts an je einem Baum befestigt worden. Es lief ein kleiner Generator der eine Eismaschine versorgte und eine bunte Lichterkette betrieb. Zwei Liegestühle standen unter dem Vordach und ein paar Meter entfernt in der Mitte des Platzes, schwebte ein Grill an drei fetten Eisenstangen über einer Feuerstelle. Ein alter Baumstamm lag dort und darüber flatterte ein Sonnensegel. Ein Brecher von einem Kerl in zerfransten Jeans-Shorts saß dort im Schatten, er trank Bier und stocherte in der Glut. Kleinere Zelte standen unter den anderen Bäumen und es roch nach Steak und Burgern. Vereinzelt lagen riesige Badetücher auf der Wiese in Wassernähe und ich traute einfach meinen Augen nicht.
“This must be Paradise!”, sagte ich laut und atmete tief durch. Ryan wackelte, mit Nachschub beladen, mit seinem strammen Hintern vor mir die Böschung hinunter und das war eine echte Augenweide.
Wir verstauten gerade die Sachen im besagten Partyzelt, da kam der Typ von der Feuerstelle zu uns rüber, er umarmte Joe und Jamie und wendete sich dann mir zu. Ich war wie versteinert, als er vor mir stand und quälte nur ein piepsiges “HI” raus.
“Keine Angst Thomas”, sagte Joe, “das ist Erin und der tut Dir nur was, wenn Du es willst!” dabei schlug er Ihm auf die Schulter und lachte und holte sich ein Bier aus der Kühlbox. Erin war locker 2 Meter groß und sehr muskulös und sagte zu mir, “Du bist Thomas. Hi, ich bin Erin. Man nennt mich auch Little John!”.
“WOW, was für ein Hüne und der Spitzname passt!”, dachte ich und stellte mir vor, das der Kerl bestimmt auch so einen Totschläger in der Hose haben musste, so wie die Shorts an Ihm aussahen. Jamie und ich waren wohl die einzigen hier mit einem durchschnittlichen Dödel und seine und meine knappen 18 cm waren doch recht ansehnlich.
Ryan und Billy rannten zum See und lachten dabei und sprangen ins Wasser. Joe zog sich komplett aus und machte es ebenso. Jamie schaute Erin und mich an und sagte, “Los raus aus den Klamotten und rein ins Wasser!”
Viel auszuziehen hatten wir ja nicht und so flogen unsere T-Shirts und die Hosen ins Grass. Als ich sah, wie Erin seine eh schon viel zu engen Shorts aufmachte und er sich diese langsam runterzog, lief mir das Wasser im Munde zusammen. Da hüpfte ein gepiercter dicker Lümmel aus der Hose und ein paar rasierte Megaglocken dazu. Ich merkte, wie sich mein Teil schon wieder aufstellen wollte und so lief ich schnell zum Wasser. Wir planschten und schwammen. Etwas draußen im See, da gab es eine kleine Insel aus Holzplanken, die auf vier Plastikfässern schwamm, die am Grund verankert war. Dort angekommen, legte ich meine Arme auf die Planken und meinen Kopf darauf und genoss das kühle Wasser. Ich döste so etwas vor mich hin und hörte hinter mir die Jungs lachen und toben. Plötzlich war Erin neben mir und legte seinen massigen Arm auf meine Schultern. Ich öffnete die Augen und er lag genauso wie ich, mit dem Kopf auf seinem Arm und sah mich an.
“Du bist ein hübscher Bengel!”, sagte er und fragte mich wie alt ich sei.
“18, in mmm…fünf Monaten.”, antwortete ich verstohlen und fragte nach seinem Alter.
“Wow noch so jung, ich bin 24 und seit 2 Jahren in Deutschland.”, erzählte er mir.
Wir unterhielten uns eine Weile weiter, dann strich er mir über mein nasses Haar und küsste mich zärtlich auf die Wange und sagte, “Komm lass uns mal was Essen, hast doch bestimmt auch Hunger”. Die anderen Jungs waren nämlich in der Zwischenzeit aus dem Wasser und zum Grill gegangen. Erin zog mich an sich ran und umarmte mich. Sein großer Körper umschloss mich fast ganz und ich spürte seinen Schwanz an meinem Körper der sich langsam zu entfalten begann. Mein “Kleiner” stellte sich gleich aufrecht und ich fühlte mich total geborgen bei diesem Kerl. Er grinste und meinte, dass wir für mehr, noch später genug Zeit hätten und wir schwammen zurück ans Ufer.
Wir hatten uns alle wieder die Shorts angezogen und saßen, rund um den Grill und futterten Steaks und Burger und tranken Bier. Es war saulustig und wenn ich etwas nicht verstand, erklärte mir Erin, der seit unserem Bad nicht mehr von meiner Seite wich, es geduldig. Billy und Ryan turtelten am Feuer und teilten sich eine der Liegen, die sie rüber geholt hatten. Joseph hielt inzwischen ein kleines Schläfchen auf einem Badetuch und Jamie machte sich auf, die Schlafsäcke in den Zelten zu verteilen. Einen legte er schließlich offen über den Baumstamm und setzte sich darauf. Erin und ich hatten es uns auf dem Boden am Stamm lehnend bequem gemacht und uns aneinander gekuschelt. Billy und Ryan knutschten wild und massierten sich Ihre größer werdenden Beulen und verschwanden bald darauf in einem der Zelte.
Jamie rief hinter Ihnen her, “Bleibt doch hier, wir wollen was sehen!”.
Billy antwortete nur, ” Die Nacht ist noch jung und wir auch, später Jamie!”.
Da beugte sich Jamie zwischen Erin und mich und fragte, “Na Jungs, hab ihr nicht Lust auf etwas Nahkampf?”
Wir schauten ihn an und Erin meinte nur zu mir, “Na zu gerne, oder Thomas?”
Ich sagte nichts und steckte Erin einfach die Zunge in den Hals. Er konnte wunderbar küssen, was man dem massigen Kerl nicht unbedingt zugetraut hätte, das er so weich und zärtlich knutschen konnte. Jamie legte die Arme um uns beide und leckte uns abwechselnd am Hals und knabberte an unseren Ohrläppchen. Es fing langsam an zu dämmern und es war immer noch sehr heiß auch durch die Wärme des Grills. Wir hatten alle schon ein paar Biere intus und waren einfach nur geil. Jamie rutschte zwischen uns auf den Boden und fummelte uns am Schritt. Nacheinander packten wir unsere Schwänze aus und er brachte sie zu voller Größe. Er meinte, er hätte schon zu viel getrunken, aber bat uns, ihn zu ficken, Er zog seine Hose aus und legte sich über den Baumstamm.
Er fasste durch seine Beine an sein Loch und sagte willig, “Fuck me, please!”
Erin nahm sein Bier und ließ etwas davon durch Jamies Kimme fließen. Ich stand auf und ging auf die andere Seite des Stammes. Ich kniete mich vor sein Gesicht und steckte ihm meinen Schwanz in den Mund und er saugte geil und wild daran. Erin schlug seine Latte auf Jamies Arsch und zog seine dicke gepiercte Eichel immer wieder durch dessen Backen. Erins Schwanz war ein dicker fleischiger Prügel und ich wollte ihn auch noch haben.
Da hupte es von oberhalb der Böschung und wir schauten in die Richtung aus der das Geräusch kam und sahen einen Jeep der anhielt, mit drei johlenden Kerlen drin. Es waren Nick, George und ein Typ den ich nicht kannte.
Joseph war aufgewacht und sah unsere eindeutige Stellung und sagte, “Mmm, da bin ich wohl rechtzeitig geweckt worden, ich geh mir erstmal ein Bier holen“.
Wir setzten uns erstmal wieder hin und verstauten unsere Schwänze. Erin gab Jamie auch seine Hose wieder und der meinte nur, “Egal, ich will jetzt einen Schwanz im Arsch!” warf die Shorts auf die Wiese und legte sich erneut über den Stamm, wie zuvor.
Kapitel 13
Erin und ich standen auf, er stieg über den Baum und wir gingen den Jungs etwas entgegen, um sie zu begrüßen. Joe kam in diesem Moment wieder zurück, grüßte flüchtig und setzte sich neben Jamie auf das Rammelholz und trank einen großen Schluck Bier. Er begann sofort die willige Kiste von Jamie zu reiben, der hauchte nur bettelnd, “Fuck me Joe, come on!”
Nick umarmte mich und sagte, ” Na, Sweetie alles okay?” und küsste mich auf die Stirn. Dann meinte er, “Ich muss gleich mal Druck ablassen, wenn ich das hier so sehe. Na… hast Du Lust auf 23 cm?” und packte mir kräftig an den Hintern.
Nick stellte mir kurz seinen anderen Kumpel vor und sagte sein Name wäre Mark. Ein zierlicher Typ mit Brille, aber mit einer drahtigen Figur und etwa einen Kopf kleiner als ich. Er trug ein olivfarbenes Tarn-Shirt und die dazu gehörende kurze Hose. Erin kannte ihn bereits und begrüßte ihn mit einer Umarmung und fragte, “Hey Mark, Kamerad, wie wäre es mit einem Sondereinsatz?”, und lenkte seinen Blick in Richtung Feuerstelle.
“Deswegen bin ich doch hier, wegen Grillfleisch!” antwortete er und schaute mich dabei an. Ich lachte und drehte mich hin zu Erin und steckte mein Gesicht in seine Achsel. “Ah, verstehe!”, grinste Nick, “wollen wir uns die enge Kiste teilen, Erin?”
Erin lachte, “Welche? Die von Mark oder Thomas?” und dabei drückte er mich fest an sich.
George stand noch bei uns und er beobachtete Joe und unseren Jamie und knetete dabei seine bereits fette Beule. Er packte seinen Prügel aus, der nun wie eine Eins stand und sagte, “Ich geh da mal näher ran, die kleine geile Sau ist ja willig!”
Mittlerweile war Joseph dabei, Jamie durchzurammeln und George setzte sich neben die beiden und wartete mit seiner langen Latte in der Hand auf einen Stich. Nick fasste sich an den Schritt und sagte, “Na, da will ich doch mal unseren Georgi so lange beschäftigen, bis gleich Jungs!”, sprach er und ging nun zu George, stellte sich vor ihn und packte seinen Monsterlümmel aus, den dieser sofort zu lutschen begann.
Es war mehr als geil, die vier im Schein der Dämmerung zu sehen. Die Glut in der Feuerstelle war am knistern, die Grillen zirpten und an dem alten Baumstamm, trieben es die Kerle mit halb runtergelassenen Hosen und sie schmierten sich die Schwänze mit Bier und Spucke ein. Man hörte das Loch von Jamie schmatzen und hörte die Eier von Joe, wie sie immer schneller gegen seinen Arsch klatschten und beide stöhnten bei jedem Stoß. Jamie zog seine Backen weit auseinander, da er offensichtlich nicht genug bekam.
Jetzt standen wir drei da und genossen die Szenerie. Mark legte seine Hand auf meine Beule und begann mich zu streicheln. Erin stellte sich zwischen uns und zog uns beide an sich ran. Wir jungen Dinger verschwanden fast in den Armen dieses Riesen und er roch so geil männlich und seine Haut schmeckte salzig. Wir waren gerade dabei, Erins Gehänge aus der Hose zu holen, als Billy und Ryan sich zurück meldeten. “Wow, was geht denn hier für eine Party!”, freuten die beiden sich und blieben am Vorratszelt stehen und nahmen sich Getränke.
Mark rief ihnen zu, “Kommt rüber Jungs und bringt ein paar Biere mit.”
Sie schnappten sich ein paar Dosen und liefen an den wild rammelnden Kerlen vorbei zu uns rüber. Nick war gerade dran den quietschenden George zu bearbeiten und Jamie ließ sich immer noch von Joe brutal durchvögeln. Ich hatte Erins Schwanz in der Hand und er wuchs darin zu einer stattlichen Größe. Mark kniete sich hin und lutschte die dicken Eier. Billy und Ryan rollten, in unserer Nähe, einen Schlafsack auf dem Boden aus, setzten sich und beobachteten das Geschehen. Jamie spritzte gerade ab und war nun völlig fertig. Joe ließ von ihm ab, küsste ihn und sein Megagerät war sichtbar noch nicht zum Schuss gekommen.
So kam er die paar Schritte zu uns rüber. Unterwegs zog er seine Hose ganz aus und ließ sie auf der Wiese liegen. Kurz darauf verschwand Jamie leicht torkelnd in einem der Zelte und wir sollten Ihn erst morgens wieder zu Gesicht bekommen. Joe stand da und sein berühmter Vorsaft war nicht zu übersehen.
“Thomas, was ist? Willst Du meine Ladung haben?”, fragte er mich und schmierte seinen Lümmel mit dem eigenen Saft.
Er packte mich am Genick und drückte mich runter auf meine Knie und schob mir den Ständer in den Mund. Mark verwöhnte schmatzend Erins fleischigen Prügel und sie stöhnten vor Vergnügen. George und Nick waren in der Zwischenzeit zu Billy und Ryan gegangen und waren dabei ihre bereits schussbereiten Schwänze in deren Ärschen zu versenken. Die beiden knieten auf dem Schlafsack mit ihren strammen Kisten in der Luft und Ryan winselte vor Geilheit, als Nick seinen tropfenden Dicken in ihn rein schob.
Erin und Mark zogen sich komplett aus, während ich sexy Joe den Schwanz aussaugte. Er war kurz davor zu kommen und sagte mir ich soll mich auf den Boden legen. Ich legte mich hin und er stieg über mich, sodass ich seine Monsterlatte genau unter meinem Kinn hatte. Er stütze meinen Kopf und ich lutschte weiter, dann schmierte er sich Spucke in seine Kimme und setzte sich auf meinen Schwanz und begann sich zu bewegen. Ich wurde fast irre, wenn er sich nach oben bewegte und dabei seinen Arsch enger machte, der sowieso schon eng und geil war. Dabei wichste er seinen Schwanz und sein Vorsaft fiel auf mich in Fäden. Mark ritt mittlerweile auf Erin und ich konnte, wenn ich zu ihnen rüber sah, sein kleines rasiertes Loch sehen, wie es den breiten Lümmel in sich aufnahm, bis nur noch die Megaglocken des Riesenkerls übrig waren. Nick rammelte Ryan wie ein Stier und es dauerte nicht lange, bis der kleine Ryan sich mit drei weiten Schüssen auf den Schlafsack entlud und sich erschöpft hinlegte.
Nick war noch nicht gekommen und Ryan konnte nicht mehr, da das Riesenteil anscheinend zu viel für ihn gewesen war. George brüllte plötzlich laut auf und pumpte seine Ladung in den süßen Billy, der kurz darauf auch abspritzte. So lagen die drei anschließend neben einander und küssten und streichelten sich.
Nick lief mit seiner Latte auf Joe und mich zu und steckte seinen Schwanz in Josephs Mund, dann sagte er zu mir, “Nun Tom, jetzt bekommst Du gleich von uns beiden die komplette Ladung!”
“Ich komme gleich, dauert nicht mehr lange!”, stöhnte Joe und Nick kniete sich daraufhin neben mich und zielte auf meinen Körper. Mark ritt auf Erin immer heftiger und kam mit lauter Stimme dann zum Höhepunkt und saute ihn ein. Er rollte von Erin runter und blieb im Grass liegen.
Erin setze sich auf und rief mir zu, “Thomas, komm rüber zu mir!”
Joe und Nick stellten sich darauf hin und hoben mich hoch und platzierten mich auf der Latte von Erin. Das Ding war so flutschig, das es ohne Schwierigkeiten in mir verschwand. Während ich nun, schon total angestaut und ebenfalls Schussbereit, auf Erin saß und er mich fickte, stellten sich Joe und Nick links und rechts neben Erin und ihre Saftkanonen feuerten kurze Zeit später, mit männlichem Gebrüll, Unmengen an Sperma auf mich ab. Es war der Hammer, wie von beiden Seiten viele kräftige Schüsse meinen Oberkörper, mein Gesicht und meine Haare mit heißem Saft trafen. Mark legte seinen Kopf auf Erins Bauch und fing das mit seinem Mund auf, was auf dem Weg zu mir auf ihn runter fiel. Dabei wichste er seinen schönen Schwanz schnell und heftig und kam so gleich noch einmal. Ich merkte wie das Teil in mir zu pulsieren anfing und Erin immer schneller wurde und ich mich seinem Rhythmus anpasste.
Nick und Joe rieben mir ihre geilen Prügel durch das Gesicht und verteilten was dort gelandet war. Es tropfte mir aus den Haaren und lief an meinem Körper herunter, als wäre ich mit warmer Milch übergossen worden. Da entlud ich mich mit einem Mega-Orgasmus und vier fetten Schüssen. Mark hielt seinen geöffneten Mund davor und sein Gesicht wurde absolut vollgesahnt. Genau zum selben Zeitpunkt füllte mich Erin mit mehreren Ladungen und schob mir dabei seinen Fleischhammer soweit rein, wie es nur irgend ging und er und ich schrie vor lauter Extase. Ich spürte wie es aus mir herauslief und mein Loch heiß und glitschiger wurde.
Wir waren nun alle fix und fertig und an mir klebte die geile GI-Sahne. Ich legte mich auf Erin und verschnaufte und seine vollgesaftete Männerbrust hob und senkte sich unter mir. Die drei anderen liefen zum See um zu baden.
Erin sagte zu mir, “Wow, was für ´ne Nummer!”, und fragte mich dann, “Wir beide schlafen doch in einem Zelt, oder? Ich möchte dich bei mir haben!”
“Ja, sehr gerne!”, antwortete ich leise und wir küssten uns, dann gingen auch wir schwimmen, um uns von der klebrigen Masse zu säubern. Wir verschwanden dann irgendwann in den einzelnen Zelten und ich schlief an den massigen Erin gekuschelt und in seinen starken Armen ein.
Kapitel 14
Es war früher Morgen, man hörte die Vögel zwitschern und den Wind in den Bäumen rauschen. Erin und ich lagen in Löffelchen-Stellung im Zelt. Ich spürte seine Morgenlatte an meinem Hintern und seinen langen starken Arm auf meiner Brust, den er über mich gelegt hatte. Es war ein Gefühl der Geborgenheit und ich genoss jede Minute davon.
“Guten Morgen, mein Schöner!” sagte er verschlafen.
“Hmm, Morgen!”, antwortete ich.
Erin begann mich zu streicheln und küsste mich sanft auf den Hals. Ich bekam sofort einen Rieseständer. Wir beide waren noch im Halbschlaf, doch wach genug um uns miteinander weiter zu beschäftigen. Ich schob meine Kiste ganz nah an ihn ran und drückte sie bettelnd an seinen Schwanz. Er nahm mein Teil in die Hand und fing an, meine Vorhaut langsam rauf und runter zu bewegen. Dabei ging er mir mit seiner Zunge an meinem Nacken entlang und küsste mich abwechselnd. Sein feuchter Hammer suchte in meiner Kimme den Eingang und ich half ihm bald darauf diesen zu finden. Ich griff hinter mich und rieb mein Loch mit Spucke ein und nahm dann sein dickes Gerät und platzierte es an der richtigen Stelle. Seine gepiercte, fette Eichel drang in mich ein und ich stöhnte leise und biss auf meine Lippen. Gefühlvoll verschwand Zentimeter für Zentimeter in mir und meine Geilheit wurde immer größer. Er hielt mich fest in seinen Armen, als wollte der ganze Kerl in mir verschwinden, er knabberte an meinem Ohrläppchen und flüsterte, “Du bist so geil, Thomas, du bist so geil!”
Erin bewegte seinen Prügel ganz langsam in mir, schob ihn aber jedes Mal bis es nicht mehr ging in mich hinein. So lagen wir eine ganze Weile da und ich spürte, wie sich in mir ein unglaublicher Höhepunkt aufbaute und ich irgendwann nur sagte, “Schneller Erin, schneller!”
Da nahm er mein Bein, winkelte es an und steckte seinen Arm zwischen meine Kniekehle. Den anderen Arm legte er um meinen Hals und seine riesige Hand auf meinen Oberkörper. Erin hatte mich jetzt fest im Griff und meine Kiste war ihm nun völlig ausgeliefert. Er knallte mich richtig heftig und schnaufte dabei, wie ein Zuchtbulle. Mein praller Schwanz wippte bei jedem Stoß hin und her und ich wäre sofort gekommen, wenn ich weiter Hand angelegt hätte. Ich wollte unbedingt warten bis Erin soweit war und ich feuerte ihn an, es mir heftig zu besorgen. Er schwitzte und keuchte und sein Fleischprügel durchpflügte meinen Arsch. Sein zuckender Hammer signalisierte mir, dass er nicht mehr lange brauchen würde.
“Los setzt dich auf mich!”, sagte er leise, zog sein Teil aus mir heraus und legte sich auf den Rücken. “Ich will deinen Saft in der Fresse haben!”, meinte er noch und half mir auf ihn zu steigen.
Schnell und gierig führte ich mir sein glitschiges Gerät wieder ein und begann wild darauf zu reiten. Meine Kiste war willig und ich spürte das Ding stramm und riesig in mir drin. Er packte mich schließlich unter den Achseln und hob mich leicht hoch, so begann er seinen kräftigen Arsch zu bewegen und wieder den Rhythmus zu bestimmen. Es war, als würde ich über ihm schweben und sein tropfender Kolben vögelte mich durch. Mein Schwanz tropfte schon und ich hielt es kaum noch aus.
“Ich komme…jaaa…ich komm!”, hauchte er.
Er rutschte aus mir raus und schoss mir seine heiße Ladung auf den Arsch und am Rücken entlang. Ich platzierte mich genau vor seinem Gesicht und in diesem Moment spritzte auch ich ab. Es fühlte sich an, als würde mein Saft aus den tiefsten Tiefen meines Körpers geschleudert werden und Erin schloss die Augen und genoss jeden Strahl der ihn traf. Erschöpft legte ich mich wieder neben ihn und er wischte sich durch sein Gesicht und sagte mit schwerem Atem, “Ja, Baby, jetzt können wir gleich wieder schwimmen gehen!” und lachte dabei.
Plötzlich hörten wir die bassige Stimme von Nick vor unserem Zelt und er sagte laut, “Hey Jungs, Schluss mit der Vögelei, es gibt gleich Frühstück!”.
Erin und ich schauten uns an und grinsten breit, dann nahmen wir unsere Shorts und ein Handtuch und gingen nach draußen.
Kapitel 15
Erin und ich gingen über die Wiese zum See. Alle anderen hatten sich bereits zum Frühstück am Vorratszelt versammelt. Es war schon ein geiles Bild, wie die Jungs so da standen oder saßen, teilweise nur in Shorts und nacktem Oberkörper. Nick und Joe waren wieder eine Augenweide. Die Jungs lachten, kicherten und alberten herum, nur Jamie schien einen mächtigen Kater zu haben und sah etwas zerknautscht aus. Wir grüssten ihn im vorbeigehen und gingen eine Runde schwimmen. Zu unserer Überraschung, war das Wasser sogar relativ warm für diese Uhrzeit. Zurück an Land schließlich, zogen wir unsere Shorts an und setzten uns zu den anderen. Mark gab uns beiden einen Becher Kaffee und natürlich, ganz klassisch, einen Donut. Ich rubbelte mir die Haare trocken, legte das Handtuch um meine Schultern und nahm einen kräftigen Schluck.
Nick hockte sich neben mich, strich mir über den Kopf und fragte, “Na Sexy, alles okay?”
“Ja, danke!”, sagte ich und lächelte ihn an.
Mein Schädel summte zwar auch etwas, aber ich fühlte mich gut. Nick sah wie immer, in seinen engen Unterhosen, zum Verlieben gut aus. Er kraulte mich am Nacken, gab mir einen Kuss und ging dann zu Joe rüber, der schon wieder dabei war, Billy und Ryan scharf zu machen. Erin und ich tranken unseren Kaffee und plauderten. Ja, so konnte man es aushalten.
Es verging eine ganze Weile. Die Sonne schien und es entwickelte sich wieder zu einem schönen Sommertag, was sich bald darauf erst einmal ändern sollte. Wir hörten plötzlich einen Wagen oberhalb unseres Camps, welcher langsam über den Feldweg fuhr. Er kam aus der Richtung Wachhaus und Tor. Alle Köpfe drehten sich zur Böschung. Gebannt wie die Erdmännchen glotzten wir, bis Joseph erkannte was für ein Jeep das war.
“Schnell, versteck Dich Thomas, MP!”, rief Joe mir geistesgegenwärtig zu.
“Scheiße”, dachte ich, “was geht denn jetzt ab!”
Erin nahm mir hektisch den Kaffee ab, stand auf und schob mich hinter sich, damit ich nicht gesehen werden konnte. Er gab mir so Deckung, während ich mich in das nächste Zelt flüchtete und die Plane hinter mir zu machte. Ich öffnete sofort einen dieser kleinen Sehschlitze, welche von innen nur mit einem Stück Zeltstoff verschlossen sind und beobachtete das folgende Geschehen. Die Jungs taten so als wäre nichts passiert, als die zwei Kerle der MP sich der Gruppe näherten.
“Scheiße, Scheiße, wenn die mich erwischen, gibt es Ärger!”, schoss es mir durch den Kopf.
Die MP grüsste die Runde mit militärischem Gruß und verlangte nach Papieren und irgendeiner Genehmigung. Ich verstand leider nicht jedes Wort und wurde entsprechend nervös. Kurz darauf öffnete jemand das Zelt und ich erschrak. Gott sei Dank, es war Jamie. Er sah mich an, hielt seinen Finger vor den Mund und flüsterte, “Psst, ganz ruhig, die sind gleich wieder weg.”
Mein Herz klopfte wie wild. Jamie holte seinen Ausweis, gab mir einen flüchtigen Kuss und verlies das Zelt wieder. Ich hing sofort erneut an dem Sehschlitz. Die Papiere wurden der Reihe nach kontrolliert. Joe bot den beiden einen Kaffee an, um die Situation etwas zu lockern, doch diese lehnten freundlich ab und machten weiter. Einer der MP Männer stand nun mit dem Rücken vor meinem kleinen Ausguck und sein strammer Arsch war genau in meinem Blickfeld, was mich die Situation, in der ich mich gerade befand, für ein paar Sekunden vergessen liess.
Ich hörte ihn sagen, “Fehlt da nicht noch einer, ich meine vom Wagen aus, na sagen wir mal, 9 Männer gesehen zu haben!”
Mir blieb fast das Herz stehen und ich hielt den Atem an. Nick meinte daraufhin zu ihm, dass er sich wohl geirrt haben müsse, es wäre sonst niemand hier.
“Nein, ich irre mich bestimmt nicht!”, sagte er weiter, “Ein schlanker Blonder war es. Also wo ist er?”, fragte er bestimmend.
Die Jungs wurden unruhig und sie redeten alle wild durcheinander. Da passierte es.
Das Zelt wurde erneut geöffnet, diesmal nicht von Jamie, nein, es war einer dieser MP Typen.
“Hier ist er Robert!”, rief er laut seinem Kameraden zu und forderte mich auf raus zu kommen. Boah, ich wurde kreidebleich und folgte ihm mit zitternden Knien nach draußen. Ich musste mich wohl oder übel auch Ausweisen und so ging ich los meinen Ausweis zu holen. Officer Martin McKinley folgte mir und blieb vor dem Zelt stehen, in dem ich meine Sachen untergebracht hatte, und wartete auf mich.
Ich gab ihm aufgeregt meinen Ausweis, welchen er kurz ansah und zu mir schmunzelnd sagte, “Na sowas, Deutsch und noch nicht ganz 18, das ist ja ein Ding! Du weißt, dass Du eigentlich nicht hier sein dürftest?, fragte er mich und ich nickte verschämt, dann sagte er weiter, “Nun, Mr. Thomas Marker, dann nimm mal deine Sachen und folge mir bitte!”
Ich zog mir schnell T-Shirt und Schuhe an, packte all meinen Kram ein und nahm meine Tasche. MP McKinley ging direkt neben mir zu den Jungs zurück. Nun stand ich da, wie ein Häufchen Elend und hatte keine Ahnung, was weiter mit mir passieren würde. Nick legte schützend den Arm um mich und versuchte sich in Erklärungen. Kinleys MP-Kamerad, Sergeant Robert Clarksen, blieb aber hart und gab die Anweisung, das Zeltlager abzubrechen und unverzüglich zu räumen, er würde es in 3 Stunden persönlich kontrollieren. Andernfalls sehe er sich gezwungen ein Disziplinarverfahren gegen alle Anwesenden einzuleiten. Mich müsste man solange in Gewahrsam nehmen, da ich mich als Unbefugter auf dem Gelände aufhalten würde. Mir wurde schlecht. Nach einigen Diskussionen zwischen Nick und der MP, nahm mich McKinley am Arm und führte mich zum Wagen.
“Ich hole Dich dort wieder ab, Thomas, bleib cool!”, rief Nick noch hinter mir her und wandte sich wieder MP Clarksen zu.
Joe und Jamie sagten auch noch ein paar aufmunternde Worte und Erin klopfte mir auf die Schulter um mich zu beruhigen. Er sagte ich brauche keine Angst haben, es wäre der normale Dienstweg. Ich war ziemlich verwirrt und überfordert mit der ganzen Situation und auf dem Weg zum Wagen fragte ich McKinley stotternd, “Was passiert jetzt mit mir?”
Er antwortete mit ruhiger Stimme, “Wir bringen dich erstmal ins Wachhaus mein Freund und bis dich jemand nach Hause bringen kann, wirst Du dort bleiben. Wir werden auch Deinen Eltern Nachricht geben müssen. Du bist noch nicht Volljährig und wie bereits vorhin erwähnt, dürftest Du Dich gar nicht auf dem Militär-Gelände aufhalten!”
Er sah meinen erschrockenen Blick und fügte hinzu, “Keine Angst Junge, wir stecken Dich nicht in eine Zelle! Na komm, rein mit Dir!”
Er öffnete die Jeep Tür und forderte mich auf einzusteigen. Nun saß ich da, in einem Jeep der MP und neben mir McKinley und wir warteten auf Sergeant Clarksen seinen Kameraden. Ich fragte ihn noch, “Ich werde doch hoffentlich nicht von ihnen mit dem MP-Jeep nach Hause gefahren. Meine Mutter bringt mich um! Kann ich denn nicht später wieder mit meinen Freunden zurück in die Stadt fahren? Meine Eltern wissen wo ich bin und mit wem, aber nicht das es, na ja, mir eigentlich nicht erlaubt ist!”
Da grinste er und sagte, “Nun, Junge, das überlegen wir uns noch. Mal hören, was Sergeant Clarksen dazu sagt! Ah, da ist er ja schon!”
Die Fahrertür öffnete sich und Clarksen stieg ein. Er startete den Wagen und wir fuhren los.
“So Bürschen, dann erzähl mal! Wie bist Du hier her gekommen und mit wem? Wissen Deine Eltern wo Du bist?”, fragte er mich mit strenger Stimme. McKinley meinte daraufhin zu ihm, dass er doch etwas netter zu mir sein soll und er warten solle bis wir im Office sind. Ich wäre ja schließlich kein russischer Spion und lachte dabei. Sie unterhielten sich weiter und ich versank unterdessen ganz in meinen Gedanken. Während der kurzen Fahrt dachte ich daran, wie ich mit Jamie und dem geilen Spritzer Joe zuletzt in einem solchen Jeep hier her unterwegs war und an die geile Nummer, die wir in dem kleinen Wäldchen geschoben hatten.
Der Wagen schaukelte über den Feldweg und McKinleys Knie stiess immer mal wieder gegen meins und das erinnerte mich daran, wie alles anfing, wie ich Nick im Bus kennen gelernt hatte und ich später dann, seinen riesigen Schwanz auf dem Klo der Raststätte geblasen habe.
“Unglaublich, Mann oh Mann, jetzt sitz ich hier zwischen zwei Kerlen der MP und fahr in Gewahrsam! Na ja, besser als zur Hölle!”, dachte ich und schmunzelte mit leicht gesenktem Kopf vor mich hin. Schon war ich wesentlich entspannter bei diesen Gedanken und so gleich bestimmten meine Hormone wieder mein Handeln. Heimlich musterte ich meinen beiden Begleiter.
Sie waren locker doppelt so alt wie ich, na ja kein Wunder, war ich doch gegen die beiden ein echtes Kücken. Die Situation aber an sich, machte mich langsam richtig scharf, wie die beiden in ihrer Uniform so neben mir saßen und eine wirklich gute Figur darin machten. Sie rochen nach Wald und feuchtem Leder und verströmten einen herrlich natürlichen Männerduft. Was mir auch gleich auffiel war, dass jeder der MP-Kerle ein sehr ansehnliches Paket in der Hose hatte, auf das ich immer wieder abwechselnd schielte. Durch die Bewegung des Jeeps war Kinleys Gemächt am deutlichsten zu sehen. Ich stellte mir gerade vor wie sein steifer Schwanz wohl aussieht, da riss mich eine tiefe Stimme aus meiner Fantasie.
“So da wären wir!”, sagte Clarksen und hielt den Wagen an. Wir waren an dem kleinen Wachhaus angekommen, welches in der Nähe des Tores am Waldrand stand.
Wir stiegen aus und ich ging zwischen den Beiden auf das Haus zu. Clarksen und McKinley grüssten von Ferne die Torwache, die hatte ich Tags zuvor ja nur hören und nicht sehen können, da ich versteckt und fast erstickt hinten in Jamies Jeep lag, um ungesehen hier auf das Gelände zu kommen.
Im Haus, nahmen die Beiden erstmal ihre Helme ab und legten diese auf einen kleinen Tisch der direkt neben dem Eingang vor einem Fenster stand. Weiter hinten im Raum, hingen ein paar Plakate und Landkarten an den Wänden, darunter stand eine Pritsche und gegenüber davon waren eine Teeküche und eine leicht vergammelte Sitzgruppe. Zielstrebig ging Kinley dorthin.
“Komm Junge, hier entlang!”, sagte Clarksen zu mir und ich folgte ihm. Wir gingen durch eine Tür in ein weiteres Zimmer. In der Mitte des Raumes stand ein Schreibtisch, links davon ein Sofa, direkt unter einem Fenster, das vergittert und mit Efeu zugerankt war. Ein großes Regal mit ein paar Aktenordnern und eine Flagge der USA standen in der anderen Ecke.
“Setz Dich Junge!”, sagte Clarksen, bot mir den Stuhl vorm Schreibtisch an und dann setzte er sich mir gegenüber.
Ich nahm ziemlich nervös Platz und stellte meine Tasche neben mich auf den Boden. McKinley kam herein und stellte einen Kaffee auf den Schreibtisch des Sergeants. Er legte kumpelhaft seine Hand auf meine Schulter und fragte mich, “Willst Du auch einen?”
“Ja…äh …gerne!”, erwiderte ich etwas verschämt. Er verliess den Raum wieder und Clarksen sagte zu mir, “Nun mein Freund, wir wissen was in dem kleinen Camp so abläuft, wenn es hier im Nirgendwo stattfindet”. Er lehnte sich zurück und knöpfte leicht sein Hemd auf, eine sehr männliche Brust kam zum Vorschein,
“Dann erzähl doch mal mein Junge, wie Du dort hingekommen bist und vor allem wie und mit wem?”, fragte er weiter und nahm lässig einen Schluck Kaffee. Ich war sprachlos, nicht nur wegen der Frage an sich.
“Was meint er damit?”, dachte ich, “Wie? Er weiß was da abläuft!”, und ich suchte nach Worten.
McKinley kam wieder herein und gab mir den Kaffee. Er schloss die Türe und setze sich mit seinem Becher breitbeinig auf das Sofa. Er grinste mich allwissend an und ich bemerkte, wie seine Blicke meinen Körper entlang wanderten. Nervös trank ich etwas, schaute in meine Tasse, dann erzählte ich leicht stammelnd, dass mich zwei der Jungs im Jeep auf das Gelände geschmuggelt hätten, aber das ich keine Namen wüsste und wir nur gegrillt hätten und schwimmen waren.
“Nun”, sagte McKinley vom Sofa aus, etwas dreckig lachend, “Da wissen wir aber schon mehr, was Searg?”.
Dann stellte er seinen Becher ab, machte seine Beine noch weiter auseinander, lehnte sich zurück und zog dabei seine Hose an der Gürtelschnalle hoch, so dass man nicht nur die Umrisse seiner dicken Eier sehen konnte.
“Oh ja, genau, Officer Kinley!”, antwortete Clarksen und stand dabei auf.
Er ging um den Schreibtisch herum und stellte sich rechts von mir, ganz nah neben mich. Seine dicke Beule war jetzt genau auf meiner Augenhöhe, so dass ich unweigerlich drauf sehen musste. Er legte seine Hand auf die Rückenlehne, fasste mich mit der anderen unterm Kinn und hob meinen Blick zu sich nach oben. Er schaute mir tief in Augen, dann sagte er weiter in einem leicht sarkastischen Ton, “Nun mein Freund, sag doch mal, was würde denn Deine Mutter sagen, wenn sie wüsste, was Du hier mit den Kameraden außer schwimmen und grillen noch so treibst?”
Ich war kurz wie versteinert, dann drehte ich meinen Kopf schnell zur Seite und schaute auf den Boden. “Ich weiß nicht was Sie meinen!” sagte ich unsicher.
Clarksen stellte sich wieder aufrecht hin und redete weiter, “Das weißt du genau, mein junger Freund! Ja, Thomas, wir haben euch zufällig beobachtet, bei eurem so genannten Barbecue!”, dann sagte er zu Kinley, “Martin, es stimmt doch, es sah doch durch den Feldstecher eher aus wie Rodeo-Reiten, oder?”
Beide fingen laut an zu lachen und ich bekam einen knallroten Kopf und die Sache wurde mir jetzt richtig unheimlich, da griff ich nach meiner Tasche, sprang auf und sagte gehetzt, “Ich…ich…will gehen!”
“Halt, halt, halt, mein Freund, nicht so schnell, ohne uns kommst du sowieso nicht von hier weg!”, sprach er laut, dabei drückte mich der Serg. wieder zurück auf den Stuhl, mit seiner starken Hand an meinem Nacken. Er sagte weiter, “Du möchtest doch bestimmt nicht, das Deine Eltern etwas davon erfahren und Du möchtest doch auf demselben Weg zurück in die Stadt, das ist doch dein Problem? Also Kerlchen, wir beide hier, wir haben nur eine Lösung deines Problems, oder Martin?”, rief er Kinley zu und dieser grinste breit.
“Wie meinen Sie das!”, fragte ich etwas ängstlich.
“Nun, mein Kamerad Kinley und ich, hätten Dir, nun ja, ich sag es mal deutlicher, jeweils einen Schwanz als Möglichkeit zur Lösung Deines Problems anzubieten!”, antwortete er leiser werdend, mit erregter Stimme.
Ich traute erst meinen Ohren und dann meinen Augen nicht. Er fing wirklich an seine Beule zu kneten, während er mich mit der anderen Hand noch voll im Karnickel-Griff hatte und mich dabei fordernd ansah. Ich versuchte wieder aufzustehen, doch er war zu stark. Er war ein bulliger Kerl mit breiten Schultern und einem kantigen Gesicht. Ich konnte sehen, wie sich eine Megalatte in seiner Uniformhose aufbaute und so wehrte ich mich erneut und wollte auf Distanz. Es gefiel mir aber was ich sah und ich war neugierig, auf das was die beiden mit mir anstellen würden. Dennoch versuchte ich noch mal vom Stuhl aufzustehen, als Clarksen jetzt mein Gesicht an seine Latte in der Hose drückte. Meine Unsicherheit vermischte sich mit angenehmer Erregung.
McKinley sprang nun auf und stellte sich genau hinter den Stuhl, um mich mit beiden Händen am Kopf festzuhalten und drückte mir auch sein Paket an die Birne. Clarksen liess daraufhin meinen Nacken los, grinste überlegen, dann schwang er ein Bein über meinen Schoss und stellte sich breitbeinig vor mein Gesicht. Er öffnete langsam nur die Knöpfe an seiner Hose und holte seinen fetten Lümmel raus.
“Na Bursche, hier ist mein Schwanz, los Thomas… Du willst Ihn doch!” raunte er.
Das fleischige Teil strich er mir durch die Fresse, dann über meine Lippen, die ich erst zusammen kniff. Er packte mein Gesicht und drückte mir seine echt dicke Eichel gegen den Mund und ich öffnete nun meine Lippen langsam dabei. Der süßlich, männliche Geschmack, verwandelte urplötzlich meine Aufregung in unglaubliche Erregung, sodass es mich nicht weiter überraschte, als ich spürte, wie ich einen knallharten Ständer bekam, der in meinen leichten Shorts nicht zu übersehen war. Mein Schwanz zuckte darin, während er größer und größer wurde, als wollte er sagen, ja, holt mich hier raus.
Ich war den Kerlen völlig ausgeliefert, was mich offensichtlich rattenscharf machte. McKinley war das nicht entgangen,
“Hey Searg, er steht drauf, wow, was ein schönes Rohr sich da aufbaut!”, sagte er, ging dann neben mir in die Hocke, nahm recht zärtlich meinen Schwanz aus der Hose, begann ihn langsam zu wichsen und schaute mich dabei an. “Hey, keine Angst hübscher Thomas, es gefällt Dir doch!” sagte er leise.
“Ja, Boah, ja!” winselte ich und begann langsam mit der Zunge diese fette, süß schmeckende Eichel zu berühren die mir unter die Nase gehalten wurde. Ein echt sexy Kerl war dieser Kinley, er hatte vom Typ her etwas von Bruce Willis und das machte mich zusätzlich total an. Ich fasste seinen Kopf und strich ihm über seinen rasierten Schädel, während er mir einen runter holte.
“Ah ja, wir machen dich also geil, du kleine Sau!”, sagte Clarksen leise, “Antworte, Ja Sir! Darauf steh ich!” forderte er mich auf.
“Ja, Sir!”, hauchte ich und nahm nun willenlos sein Gerät ganz in den Mund und begann es wild zu lutschen und zu saugen. Das gleiche tat Kinley nun auch mit meiner Latte, die praller und praller wurde. Bald darauf stellte er sich wieder hin, um seinen Hosenschlitz zu öffnen und seinen Schwanz endlich raus zu lassen. Ich schaute ihm dabei zu und wichste den Prügel des Sergeants, der groß und mittlerweile stahlhart war und dessen dicke Eichel einfach nur nach mehr schmeckte. Immer wieder umspielte ich sie mit meiner Zunge, während Kinley auspackte.
Ein weiteres geiles Teil bekam ich zusehen. Kerzengerade, lang, beschnitten und dick. Beide standen nun links und rechts neben mir und stopften abwechselnd ihre Prügel in mein Maul. Sie knöpften dabei ihre Hemden auf und Ihr männlicher Körpergeruch machte mich fast irre vor Geilheit. Es stand nur ihr Hosenstall offen, aber sie hatten nicht nur Ihre prachtvollen Schwänze rausgeholt, sondern auch ihre prallen Eier hingen aus den Uniformen, die sich somit auch, genüsslich kneten und saugen ließen.
Ich hatte nun in jeder Hand eines dieser strammen MP-Rohre und ich saugte gierig mal das eine, mal das andere und mein Schritt war mehr und mehr am Kochen ohne selbst Hand anlegen zu müssen. Ich spürte ihre Hände auf meinem Körper und sah jeweils ihre ölig glänzende Männerbrust und die geilen Fressen der Kerle, die jeden Augenblick mit mir am genießen waren. Sie küssten sich dabei mit wildem Zungenschlag, dann packten mich beide plötzlich unter den Armen, schafften kurz Platz und legten mich mit dem Oberkörper auf die Tischplatte, nahe an den Rand des Schreibtisches. Es fiel einiges zu Boden. Man riss mir die Hose ganz runter, warf sie in die Ecke, um mir kurz darauf auf die Rosette zu spucken und mir die Kimme feucht zu lecken. Ich spürte Bartstoppeln an meinem Arsch und eine Zunge die sich immer wieder gierig in mein Loch bohrte. Eine kräftige Männerhand griff unter mich, die dann mein Teil nach unten und so zwischen meine breiten Beine bog. Zwei Zungen spürte ich dann, die von meiner willigen Kiste angefangen, über meine strammen Eier bis runter zur Schwanzspitze leckten. Ich lag da und zitterte vor Geilheit.
Kinley positionierte sich neu, zog mich an den Haaren zur Tischkante und steckte mir von dort seinen Prügel in den Hals, so wusste ich nun, das Clarksen gerade dabei war seinen fetten Kolben anzusetzen, um ihn mir gleich darauf brutal rein zu schieben. Ich stöhnte laut vor lustvollem Schmerz, als er mit seiner dicken Eichel in mich eindrang. Mit McKinleys Latte im Mund, krallte ich mich an dessen Arsch fest, als der Fickbolzen von Clarksen bis zum Anschlag in mir verschwand.
“Na, Freundchen, das ist geil, was?”, ächzte er.
“Ja Sir!”, antwortete ich und hatte gleich den Mund wieder voll.
Er fickte mich heftig und zog mich, mit jedem Stoß, an den Hüften weiter an sich ran und kam so noch tiefer in mich hinein. McKinley hielt meinen Kopf, und sein Schwanz suchte sich immer wieder seinen Weg in meinen Rachen. Ein geiler Prügel, dessen Geschmack sich mehr und mehr in meinem Mund ausbreitete.
Clarksen wurde langsamer, “Hey Martin”, keuchte er, “komm her, den Arsch musst Du auch haben! Heiß und eng! Du musst echt aufpassen nicht gleich los zu spritzen!”
Er flutschte aus mir raus. “Du willst doch dass er dich fickt, Thomas?” flüsterte er mir zu.
“Ja, ja, will ich!” stöhnte ich extatisch und konnte es kaum erwarten.
“Ja, Sir! Heißt das!”, befahl Clarksen mir wieder, diesmal leicht grinsend, was ich hauchend wiederholte.
Sie drehten mich auf den Rücken und nun nahm Kinley mich. Er hielt mich an meinen Knöcheln fest und fixierte meine Beine auf seinen breiten Schultern, dann schob er mir langsam seinen feuchten Hammer in den Arsch. Mein Blick wanderte dabei von seinem mit Schweißperlen bedecktem Gesicht, über seinen definierten, leicht behaarten Körper bis runter zu seinem schweinegeilen Ami-Lümmel, der gerade Zentimeter für Zentimeter in mir verschwand.
“Oh, jaaa, geil, geil!” rief ich voller Erregung und ich spürte wie mir mein Saft schon auf den Bauch tropfte. Searg zog mir mein T-Shirt aus und platzierte es unter meinem Kopf, dann küsste er mich, nass, wild und leidenschaftlich und seine Hände strichen über meinen ganzen Körper.
So lag ich auf diesem Schreibtisch, nur noch mit meinen Turnschuhen an den Füssen, diesem Amibolzen im Hintern und einer Zunge im Hals. Kinley fickte mich erst ganz langsam und nun schneller. Clarksen, drehte meinen Kopf und schob mir wieder sein Teil in den Hals und ich schmeckte, dass er nicht mehr lange brauchen würde, aber den entscheidenden Moment hielt er gekonnt zurück. Der Riemen von Mr. Martin McKinley hatte mich vollends im Griff, mein Arsch wurde hammermässig durchgevögelt.
Er keuchte, “Yeah Boy, geil, ich glaub…Boah…ich brauch nicht mehr lange!”
“Ja, fick mich, Martin!”, rief ich jauchzend, “FICK MICH!”
Kinley stieß jetzt wieder und wieder, kurz und kräftig zu, dann schnaufte er schon schweißgebadet,
“Wow, was ´ne geile Kiste, wow jaaa, ich rotz gleich ab!”, stöhnte Kinley
Ich spürte, wie er gleich explodieren würde und ich konnte es kaum erwarten seinen heißen Saft in mir zu fühlen.
Da rief er, “Ja, geil …! Oh Baby…jaaa, ich komme!”
Scheinbar unaufhörlich pulsierend, pumpte er seinen Saft in mich hinein, dabei keuchte und stöhnte er und drückte sich fest gegen meine Arschbacken und ich spürte es heiß und glitschig in mir drin. Er bewegte ihn nach dem letzten Schwall weiter, zog ihn dann langsam aus mir raus und mein Körper war völlig elektrisiert, als er mir dabei die Innenseite meiner Schenkel küsste und mit der Zunge darüber fuhr.
“Oh wie geil, ich will abspritzen!”, rief ich, “Ich halt es nicht mehr aus!”
“Du darfst gleich, süße Sau, aber erst wenn ich fertig bin!” sagte Clarksen und hielt meine Hände fest. “Kinley, du übernimmst das dann, los halt ihn solange!” sagte er bestimmend.
Er schob Kinley zur Seite, um mir kurz darauf seinen fetten Kolben wieder in meine bereits vollgesahnte Kiste zu rammen und fickte mich genauso heftig wie am Anfang, als er in mir steckte. Bei jedem Stoss lief Kinleys Sahne aus mir heraus, der gerade eben erst seinen heißen Saft in mich gefüllt hatte.
“Wow, ja …ist das geil, mit Deinem Rotz in dem Arsch!” stöhnte Clarksen und wurde schneller und schneller, sodass ich fast vom Tisch rutschte.
Kinley ging an die Seite und hielt mich fest, während Clarksen mich immer heftiger knallte. Ich war wie narkotisiert und doch hellwach und konnte nicht genug kriegen. Martin hatte seinen Kopf auf meinem Bauch und leckte mir dabei, mit seiner Zungenspitze meinen Vorsaft von der Eichel.
“Ich kann nicht mehr, oh Gott! Boah, wie geil!” stöhnte ich immer wieder. Der Bolzen durchpflügte gnadenlos weiter mein bereits mit Sperma geladenes Loch!
“Machs Maul auf Kinley!” rief Clarksen plötzlich, stöhnte dabei in einem langen tiefen Ton, zog blitzschnell seinen Prügel aus mir raus und schoss dann, eine riesen Ladung über meine Eier und meinen Schwanz in McKinleys Fresse. Ein Schuss flog sogar über dessen Kopf und landete teilweise auf meiner Brust und in Kinleys Haaren.
“Wow, jaaa, das war geil…! So, Martin, los…jetzt saug dem Bürschchen endlich den Saft raus!” schnaufte Clarksen zu Kinley, schüttelte dabei den letzten Tropfen von seinem Teil und leckte mir dann gierig sein eigenes Sperma wieder von den Klöten, sowie das, was mir aus der Kimme lief.
Ich zuckte und windete mich vor Erregung, als sich nun Kinley noch, wie befohlen, gierig mein voll Abschuss bereites Teil, tief in den Rachen schob, bis runter an meine bereits spermatriefenden Schamhaare, um mich endlich auszusaugen.
“Ja geil Kinley, yeah, gib Ihm den Rest!” rief Clarksen uns zu, dann leckte er weiter meine Rosette.
Ich hörte es nur noch schmatzen und schnaufen und spürte den heißen Atem, in dem feuchten Gierschlund und es fühlte sich alles so unglaublich an. Mein Schwanz war kurz vorm Platzen.
“Boah, fuck, jaaa!”, schrie ich laut, bäumte mich zum großen Finale auf und krallte mich am Rücken meines Bläsers fest und rotzte ihm gleich darauf, einige fette Schüsse in den Schlund.
Er saugte weiter, während ich mich Strahl um Strahl in ihn ergoss, wobei ich fast den Verstand verlor, während mich der Mega-Orgasmus durchflutete. Er wartete, bis mein Höhepunkt abgeklungen war und ließ dann erst meinen Schwanz wieder aus seinem Rachen. Kurz danach richtete sich Kinley auf, drehte sich zum Sergeant und die beiden fingen an, wild zu knutschten und teilten sich so seine Ausbeute.
“Wow Robert!”, sagte er kurze Zeit später, “Das war ja geil!”
“Ja, wow!”, erwiderte Clarksen und atmete tief durch und leckte sich über die Lippen.
Total benebelt und fertig, ließ ich mich nach hinten fallen, lag nackt auf diesem Schreibtisch und versuchte, schweren Atems, meine Fassung wieder zu gewinnen. Ich war fast wie gelähmt, als hätte mich ein Blitz getroffen. Clarksen nahm mich unter den Kniekehlen und Kinley unter den Achseln, dann legten sie mich rüber auf das Sofa und über mich eine Decke, in die ich mich gleich einkuschelte, so fertig war ich. Ich sah nur noch, wie sie Ihre Eier und Schwänze wieder verstauten und jeweils Hose und Hemd, einfach wieder nur zuknöpften. McKinley beugte sich dann zu mir runter, streichelte mir über den Kopf und küsste mir die Stirn und sagte noch, “Schlaf etwas mein junger Freund!” Was ich auch tat, denn kurz darauf schlief ich ein.
Kapitel 16
Es verging eine ganze Weile und ich weiß nicht genau, wie lange ich geschlafen habe. Bestimmt zwei Stunden waren vergangen und ich wurde durch ein paar Männerstimmen im Vorzimmer geweckt, die sich laut unterhielten. Ich stand auf und zog mir schnell meine Shorts und mein T-Shirt an. Gerade setzte ich mich wieder auf das Sofa, da öffnete sich die Tür und Nick betrat zusammen mit McKinley das Büro.
“Hi, Thomas, alles okay mit Dir!”, fragte Nick und setzte sich zu mir auf die Couch.
“Ja, danke!”, antwortete ich erleichtert, “Schön Dich zu sehen! Können wir jetzt fahren?”
McKinley hockte sich auf die Schreibtischkante und sagte: “Mr. Jefferson hier, muss mit mir noch ein paar Formalitäten erledigen und dann könnt ihr beiden fahren. Ich kläre den Rest später mit Clarksen. Das ist kein Problem, denn er wird erst morgen wieder hier sein!”
Ich atmete auf und fragte Kinley nach der Toilette und er erklärte mir kurz, wo diese zu finden war. Dort angekommen, ging ich ans Waschbecken. Ich wusch mir erstmal das Gesicht, um richtig wach zu werden und ging dann zum Klo, um zu pinkeln. Mit etwas angefeuchtetem Papier machte ich mir danach noch die Ritze sauber und unter fließendem Wasser den doch etwas klebrigen Lümmel. Gerade als ich den Raum verlassen wollte, öffnete sich die Tür und der Wachmann vom Tor stand vor mir.
“Hey, Junge!”, sagte er, “Dein Kumpel ist gerade in einer… Na sagen wir, in einer Besprechung und ich soll mich solange um Dich kümmern. Aber wie wäre es, wenn Du dich etwas um mich kümmerst.”, sprach er und schob mich zurück in den Raum und schloss die Türe hinter sich.
Ich war völlig durcheinander und wusste erst gar nicht, ob ich das richtig verstanden hatte.
“Ich möchte bitte hier raus!”, sagte ich laut und versuchte wieder an ihm vorbei zu kommen.
Er hielt mich fest und drückte mich gegen die Wand. “Komm jetzt, ich konnte Euch vorhin durch die Tür hören. Meinen Schwanz schaffst Du auch noch!” flüsterte er erregt und leckte mir mit seiner Zunge am Hals entlang.
Ich wehrte mich, doch er war ein kräftiger Kerl und so packte er mich am Nacken und fasste mir mit der anderen Hand in meinen Schritt und knetete meine Eier.
“Los… Gib mir Deinen geilen Arsch!” sagte er und schob mich rüber ans Waschbecken.
Er zog mir die Hose runter und beugte mich mit etwas Gewalt weiter nach vorne. Ich stützte mich am Rand ab und bekam eine Megalatte. Ich hörte, wie er schnell den Gürtel öffnete und spürte kurz darauf seinen bereits feuchten Prügel an meiner Ritze. Er steckte mir sein Teil gekonnt in den Arsch und begann mich sofort heftig zu rammeln. Krampfhaft hielt ich mich am Beckenrand fest und ich stöhnte, bei jedem Stoß, den er mit seinem dicken Fleischprügel machte. Er hatte mich nun fest an meinen Hüften und knallte mich schneller und schneller.
“Ja… Geil eingeritten deine Kiste!”, hauchte er und fickte mich weiter heftig.
“Fuck… Ja ich komm gleich!” rief er plötzlich, zog seinen Schwanz aus mir raus, schnappte mich und drückte mich vor sich in die Hocke und zielte nun mit seinem fetten Gerät genau auf mein Gesicht.
“Fuck youuuu!” rief er und kurz darauf flog mir seine Sahne um die Ohren und er stützte sich hinter mir an den Kacheln ab, während mir sein Sperma in die Fresse klatschte.
“Hm, ja, geil!” schnaufte er und nachdem der letzte Tropfen auf den Boden gefallen war, hockte er sich vor mich hin und leckte mir genüsslich seine Suppe wieder ab.
Der Wachmann packte danach seinen Schwanz wieder ein und sagte nur noch,
“Wir sehen uns draußen. Bis gleich. War geil!”, grinste er und verliess das Bad.
Ich saß da und wusste gar nicht so recht was gerade passiert war. Ich war ziemlich erschrocken über mich selbst, da dieser “Überfall” des Wachmannes mich tierisch erregt hatte. Meine Eier waren nach diesem schnellen Fick prall gefüllt und ich hätte sie schon wieder, ohne weiteres selbst, vom Druck befreien können. Ich beschloss aber, mir erst einmal die restliche Soße des GI aus dem Gesicht und den Haaren zu waschen und dann ins Vorzimmer zurück zu gehen. Dort saß der Typ am Tisch, trank einen Kaffee, rauchte und schaute mich selbstherrlich grinsend an.
“Na?”, sagte er, “Fertig geworden in der Toilette?”, er lachte dreckig und sagte weiter, “Dann gehen wir mal zu Kinley. Da gibt es noch was zu klären!”
“Das glaub ich auch, dass es was zu klären gibt, wenn ich ihm erzähle, was gerade passiert ist?”, sagte ich selbstbewusst.
Er stand ruhig auf, machte seine Kippe aus und meinte nur, “Oh, das weiß er bereits!”
Ehe ich überhaupt antworten konnte, führte er mich am Arm in Richtung Büro, er klopfte kurz an der Tür und sagte, “Hier ist Miller, Sir!”. Dann öffnete er und schob mich ins Zimmer.
Ich traute meinen Augen kaum! McKinley saß auf dem Schreibtisch mit geöffnetem Hosenlatz und einem Fuß auf dem Boden. Mein großer Nick kniete vor ihm und war dabei dessen Schwanz zu lutschen.
“Ja, bring ihn her und mach die Tür zu und dann Hosen runter, alle beide!”, sagte Kinley laut.
Dann drückte er Nick zur Seite und stand auf. NJ setzte sich gleich auf das Sofa und packte nun seinen Riesenprügel aus und sagte zu mir, “Hey Thomas, die zwei schaffen wir doch!” und lachte dabei.
Ich konnte nichts sagen. Das musste ein Traum sein. Der Wachmann brachte mich zu Kinley rüber, welcher mich gleich am Hinterkopf packte und mir erregt ins Ohr flüsterte,
“So Tom, jetzt will ich dich noch mal ganz alleine genießen!”, und schob mir daraufhin seine Zunge in den Hals. Ich war total perplex, aber zugleich tierisch geil auf den Kerl, der mich ein paar Stunden zuvor bereits geknallt hatte. Bald darauf ließ ich es geschehen und wir knutschten und leckten uns gierig. Der Wachmann Miller ging rüber zum Sofa und widmete sich Nick, um gleich hemmungslos dessen fetten Lümmel zu lutschen. Kinley zog mir hastig das T-Shirt aus und ließ dann seine Zunge über meinen Körper wandern. Es war der Hammer diesen Mann zu spüren. Ich zog dabei sein Hemd nach hinten, über seine Schultern aus und fasste ihn an seinen muskulösen Armen, während er sich um meine stramm stehenden Nippel kümmerte. Mein Schwanz wurde sofort stahlhart und sprang ihm entgegen, als er mir schließlich die Shorts auszog und mich am Schreibtisch platzierte. Er strich mit seinen Händen überall an mir entlang, lutschte eine Weile meinen Schwanz und legte mich dann mit dem Oberkörper auf die Tischplatte. Willig streckte ich ihm meine Kiste entgegen und schaute dabei rüber zum Sofa.
Nick war schon dabei, dem vor Geilheit wimmernden Wachmann, langsam seine Monsterlatte rein zu schieben, welcher mit dem Bauch auf der Couchkante lag, seine Hosen noch an den Knöcheln hatte und dabei in ein Kissen biss. Er genoss es aber sichtlich, wie das Gerät in ihn eindrang. Ich schaute, immer geiler werdend, den beiden zu, während Kinley mir meine Kimme geschmeidig leckte. Kurz darauf hörte man es nur noch klatschen und quietschen und Nick knallte den Kameraden heftig. Im selben Moment, spürte ich schweren Atem auf meiner Haut und den massigen Body von Kinley auf meinem Rücken, welcher nun langsam dabei war, wieder genüsslich und vorsichtig, seinen dicken Amiprügel in mir zu versenken. Seine feuchte Eichel suchte sich Ihren Weg.
“Jaaa, Sir!”, rief ich und merkte, wie mir mit jedem Zentimeter, den er mir gab, schon der Saft im Schwanz hoch stieg.
“Du willst es, ja, Thomas!”, keuchte er.
Dann stellte er sich aufrecht hin und erhöhte mehr und mehr seine Fickbewegung und schob ihn mir so, tiefer und tiefer rein. Nick hatte in der Zwischenzeit den Wachmann mit den Beinen in der Luft und vögelte ihm offensichtlich das Hirn raus, da dieser nur noch „Ja, Jaaa, Jaaaa!“ am Schreien war. Okay, den Riesenschwanz verträgt nicht jeder sofort, erinnerte ich mich und genoss den Kerl hinter mir, der es mir gerade gut besorgte.
Im ganzen Raum verbreitete sich ein megageiler Geruch aus Männersäften und Kinleys Schweiß tropfte mir auf die Arschbacken. Er war ein echt guter Ficker. Mal langsam mal schneller bewegte er sich in mir, zog sein Teil aus mir raus, um es gleich wieder in meine Rosette zu drücken. Ich fasste hinter mich, um an seinen knackigen Arsch zu packen, welcher prall und muskulös war und es machte mich noch geiler zu spüren, wie sich dieser bei jedem Stoß spannte und wieder entspannte. Seine Eier hielt ich schließlich fest und knetete sie. Sein praller Sack fühlte sich megageil an und ich spürte, wie sich bei mir wieder dieses elektrisierende Gefühl im ganzen Körper ausbreitete und mein Schwanz zu tropfen begann.
Kinley zog nach einer Weile, sein Teil aus mir raus, leckte mir über den Rücken und strich mir mit seinen Händen meinen Körper entlang.
“Ich muss langsam machen, sonst komm ich gleich!”, keuchte er.
Dann holte er mich mit dem Rücken an sich ran, legte den Arm um mich, drehte sanft meinen Kopf zu sich hin und küsste mich leidenschaftlich, mit weichem Zungenschlag.
Nick gönnte seinem Fickpartner nun auch eine Pause und so erfuhr ich schließlich dessen Namen.
“Ted, los geh rüber zum Schreibtisch und leg dich neben Thomas. Das wird geil!”, sagte NJ frech und gab ihm einen kräftigen Klapps auf den nackten Arsch.
Kinley und ich schauten zu den Kerlen rüber und er wichste mir dabei den Schwanz. Ted ließ sich nicht lang bitten, zog seine Hose über die Stiefel ganz aus und kam zu uns rüber. Was für ein Anblick, wie er nur mit Erkennungsmarke um den Hals und seinen Stiefeln an den Füssen und steif wippendem Schwanz durch das Zimmer ging. Ein kompakter drahtiger Kerl.
Nick folgte ihm gleich darauf und er sah wie immer nur geil aus und seine 23er Monsterlatte stand wie eine Eins. Beide blieben nah bei uns stehen und ich spürte plötzlich nur noch Hände an mir. Ich schloss die Augen und wusste beinahe gar nicht mehr, wo oben und unten ist. Hinter mir, links und rechts von mir, waren Ihre Schwänze zu spüren und es war nur geil die verschwitzten Körper nah um mich zu haben. Kinley nahm die Latte von Nick in die Hand und sagte, “Respekt Kamerad, der muss bei mir zum Einsatz kommen!” und begann mit Nick zu knutschen, ging dann auf die Knie und lutschte das geile Gerät.
Ted meinte nur, “Tom, Du hast einen Stich gut bei mir, komm Junge mein Arsch gehört Dir!”
So tauschten wir die Rollen. Mein Teil verschwand ohne großen Widerstand in dem geweiteten Loch von Ted, der sich willig vor mir positioniert hatte und sich dabei einen schüttelte. Ich fickte diesen Ted Miller ganz genüsslich, der eine wirklich stramme Kiste hatte und wie er es schon kurz vorher zu mir gesagt hatte, gut eingeritten war. Nick stand jetzt direkt neben mir und rammte McKinley sein Megading in den Arsch, welcher mit der Größenordnung offensichtlich keine Schwierigkeiten hatte. Es schmatzte und klatschte wieder und Kinley stöhnte lustvoll! Während wir die Beiden fickten, hatten Kinley und Ted nun jeweils Ihren Arm um sich gelegt. So lagen sie mit ihren Oberkörpern und offenen Mäulern aneinander auf der Schreibtischplatte, leckten und küssten sich dabei. So knallten wir die zwei und umspielten zwischendurch auch unsere Zungenspitzen. Kinley ging tierisch ab und forderte Nick schließlich auf, “Fester Jefferson, fester, ja!”, und kam mit seinem Body auf einmal nach oben.
Er wurde erhört und brutal durchgefickt. Es war ein einziges Gekeuche und Gestöhne und ich war total erregt und kurz vorm Abschuss, als Kinley mir plötzlich zu rief, “Abrotzen will ich aber wieder in dir, Tom!”
Er stellte sich gerade hin, schob Nick zur Seite und packte mich, ich flutschte aus Ted raus und schon lag ich wieder mit dem Bauch auf der Platte! Sekunden später hatte ich wieder Kinleys Schwanz in mir drin und er rammelte heftig drauf los. Bevor Teddy wusste was los war, hatte er Nick erneut hinter sich, welcher ihn runter drückte und ihn einfach weiter vögelte.
So tauschten wir erneut die Partner und kamen langsam zum Finale. Kinley fickte mich wirklich heftig und keuchte laut, ” Willst Du meinen Saft, he?”
“Ja, ja!”, keuchte ich zurück und wollte meinen Druck auch nur noch loswerden, aber ich war nicht in Lage, selbst Hand anzulegen. Es folgten noch einige heftige Stöße, bis er schließlich langsamer wurde und sein Teil so tief es ging in mich rein schob.
“Ja, geil, ich komme, wow, ja BABY!”, rief er laut und schon spürte ich, wie er seine Ladung in mich abrotzte. Er steckte noch tief in mir drin. Er bewegte sich kaum noch, sein Körper zuckte und sein Teil pumpte immer weiter Saft in mich hinein. Er hielt mich dabei fest an meinen Hüften und presste mich stark an sich, als wollte er ganz in mir verschwinden!
Zur gleichen Zeit war auch Nick kurz davor zu kommen und Miller wohl ebenfalls nicht mehr lange an sich halten konnte. Die Jungs wurden lauter und lauter. Sein Riesenteil durchpflügte Teds Kiste und dieser stöhnte und schrie vor Geilheit. Als Kinley seinen Schwanz aus mir raus zog, lief mir die Sahne die Beine runter. Ich drehte mich um und setzte mich mit meinem Vollgekleisterten Hintern auf den Schreibtisch und wichste mich zum Abschuss. Kinley kniete sich mit geöffnetem Mund vor mich hin und wartete gierig auf meinen Saft.
In diesem Moment rief Nick, “Fuck ja, mir kommt’s gleich!”
Blitzschnell zog er seinen Prügel aus dem Arsch von Ted und zielte wichsend in unsere Richtung. Ted Miller aber explodierte vor ihm. Er stellte sich hin, hielt seinen schussbereiten Hammer an die Fresse von Kinley, um diesem gleich darauf seinen Saft ins Gesicht zu spritzen. Obwohl Miller schon kurz vorher auf mich am Waschbecken abgerotzt hatte, kleisterte er ihn voll zu, das spritzige Kerlchen. Kinley leckte sich den Bart sauber und stöhnte. Jetzt stand ich auf, keuchte, stöhnte, zielte auch auf ihn. Unaufhaltsam stieg es in mir hoch.
“Wow, ja, jetzt, ja!” rief ich und dann rotzte ich ihm alles von mir in den Hals.
Kinley genoss jeden Strahl und Ted versuchte auch noch etwas davon aufzufangen, in dem er sich neben ihn kniete. Mir brachen die Knie weg. Jetzt saßen wir zu dritt zu Nick’s Füßen und schauten alle gebannt auf den stahlharten tropfenden Riesenlümmel und warteten auf seinen Abgang. Er wichste das fette Gerät, das bereits kleinere Spritzer von sich gab, schneller und schneller. Es schmatzte laut. Man konnte schon ahnen, welche gewaltige Ladung er wieder von sich geben würde.
“Ja, fuck ja!”, rief er mit bassiger Stimme, “Ich komme!”
Ein erster fetter Strahl Sperma schleuderte aus Nick heraus und landete auf uns Kerlen. Wir steckten die Köpfe zusammen, damit nichts verloren gehen würde. Es war aber genug für uns Alle da, denn sein massiger Körper bebte und eine wahre Flut ergoss sich über uns.
“Oh mein Gott, ja!” rief McKinley und rieb sich durchs Gesicht. Es klatschte uns auf die verschwitzten Körper und schien nicht aufhören zu wollen. Nick brüllte dabei wie ein Stier und pumpte Strahl um Strahl aus sich heraus und es flog, weiß und fett in alle Richtungen. Wir leckten bald darauf alle drei den großen Schwanz sauber, der immer noch suppte. Nick legte dabei die Hände auf unsere Köpfe und genoss seinen abklingenden Orgasmus.
Die Situation beruhigte sich langsam und wir waren alle vier ziemlich außer Atem.
“Mann, was für ein Abschuss!”, sagte Kinley schließlich verblüfft und stand auf.
“Soviel, wie wir alle drei Zusammen, wow!”, meinte Ted, ging hoch und half dann mir aufzustehen.
Nick lächelte uns nur an, er atmete tief durch und schüttelte die letzten Tropfen ab. Kinley strich über die nasse Brust von Miller und mir und schlug uns vor, noch im Office zu duschen.
Das war auch nötig! Er meinte weiter, dass ich danach mit Nick durchaus nach Hause fahren könnte, denn Miller müsse das Office alleine putzen, dann lachte er laut und klopfte Ted auf die Schulter. Er sagte dann auch noch und grinste schelmisch dabei, “Jungs! Mr. Jefferson, mein lieber Thomas! Wir sollten bald mal wieder etwas Zusammen unternehmen! Vielleicht ein Barbecue, in meinem Haus? Das ist auch nicht soweit draußen!”
Ich schaute Nick an und wir grinsten und schrieben noch nackt, im Office, McKinleys private Telefonnummer auf.
Kapitel 17
Wir hatten geduscht, uns wieder angezogen, verabschiedeten uns und verließen das Office in Richtung Auto. Mann oh Mann, was für ein Wochenende, dachte ich und setzte mich in Nicks Wagen. Er selbst wechselte noch ein paar Worte mit Kinley, welcher in der Tür des Wachhauses stand, dann kam NJ und stieg ein. Kurz darauf hatten wir das Gelände verlassen und Nick erzählte mir, das Kinley, es durchaus ernst gemeint hätte mit seiner Einladung zum Grillen.
“Er wird sich bei mir melden, hat er gesagt. Er weiß, wie er mich erreichen kann. Kinley wohnt am Stadtrand in der Glenn Miller Siedlung!”, sagte Nick.
“Die Glenn Miller Siedlung, wow!”, antwortete ich. In dieser Gegend standen ausschließlich große freistehende Häuser für Offiziere der US Armee, mit sehr ansehnlichen weitläufigen Grundstücken. ” Hm, der will die Nummer bestimmt wiederholen und mit einem Essen krönen, der alte Genießer!”, sagte Nick und lachte.
Die Fahrt zurück verlief sehr entspannt, nur mein wunder Schwanz klebte hin und wieder etwas in meinen Shorts. Ich schaute immer wieder rüber zu NJ. Er sah so cool aus, mit seinem halbnackten Oberkörper und der Sonnenbrille. Ich dachte nur, selbst wenn ich an diesem Wochenende einige Kerle hatte, ist er doch mein Favorit. Ich legte meine Hand auf seinen Schenkel. Er tat das gleiche bei mir und wir redeten. Wir ließen das gemeinsam Erlebte nochmal Revue passieren und lachten noch völlig überdreht, über dies und das und tranken dabei Dosenbier. Schließlich waren wir wieder in der Stadt und Nick setzte mich vor meiner Haustür ab. Er würde mich anrufen, wenn er etwas Genaueres wüsste, und er meinte noch, selbst wenn dieses Barbecue nicht stattfinden würde, wollte er mich auf jeden Fall am kommenden Wochenende sehen.
“Bye Thomas!” sagte er und zwinkerte mir zu. Wir verabschiedeten uns sehr kumpelhaft und heteromässig, obwohl ich ihm viel lieber, zum Abschied, die Zunge in den Hals gesteckt hätte.
Ich nahm meine Sachen und ging zum Haus, winkte seinem Wagen hinterher und ging hinein. Meine Mutter begrüßte mich mit den Worten, “Na kleiner Rumtreiber. War´s schön? Wurde aber langsam Zeit, dass du nach Hause kommst! Was hast den denn da für ein T-Shirt an?
“Ach Mam, lass mich doch erstmal ankommen!” erwiderte ich und gab ihr einen Kuss auf die Wange. “Ja, es war supergeil, sehr sogar und das T-Shirt ist von äähh Nick, glaube ich!” und ich grinste verschmitzt.
Da es aus meiner Tasche bei dem Sommerwetter recht unfrisch roch, sagte sie noch, ich solle den Kram gleich auspacken und in die Maschine stecken und nicht erst in die Wäschetonne und auf dem Balkon gäbe es gleich Kaffee und Kuchen, Inge (die Nachbarin) wäre auch da und Vater wäre am Schützenfest. Mann, soviel Information in einer Minute, aber der Vorschlag mit der Wäsche kam mir sehr entgegen, da auf meinen Klamotten nicht nur weißer Grill-Dipp klebte und ich nicht wollte, das meine Mutter diese Waschladung womöglich noch auseinander faltet und das eine oder andere knirschende Geräusch dabei entsteht.
Der restliche Sonntag verlief sehr entspannt und als ich abends in meinem Bett lag, liefen mir Bilder, wie ein Film durch den Kopf. Ich war dann doch ziemlich müde, mein Schwanz war wund und so schlief ich sehr schnell ein.
Die neue Woche hatte begonnen, mein Urlaub war vorbei und ich vermisste meine Jungs und vor allem Nick. Abends ging ich zu einem Geburtstag eines Freundes und einen anderen Abend verbrachte ich vorm Fernseher. Mittlerweile war es Mittwoch und ich hatte noch nichts von NJ gehört. Meine Mutter war schon etwas genervt, da ich öfter fragte, ob jemand für mich angerufen hätte. Ich nahm das Telefon mit in mein Zimmer und wählte die Nummer der Kaserne.
Die Vermittlung leitete mich weiter an den Wohnblock von Jamie und Nick. Der Typ am Telefon sagte mir, das niemand außer ihm im Haus wäre, da die Jungs zu einem Training in Frankfurt am Main abberufen wurden.
“Na, toll!”, dachte ich, bedankte mich und legte auf. Nicht nur mein Kopf vermisste die beiden, mein ganzer Körper tat es.
Ich erinnerte mich an die geile Nummer der letzten Woche, als das Gewitter tobte und steckte die Hand in meine Hose. Dachte an das Wochenende im Camp. Schnell hatte ich eine stramme Latte, legte mich auf mein Bett und fing langsam an, meinen Schwanz zu wichsen. Ich war ein junger Kerl, knappe 18, und wenn ich alleine war und nach all dem Erlebten, da war meine Fantasy nicht mehr gefragt. Die Gedanken daran alleine brachten mich voll auf Touren. Ich machte meine Hose ganz auf, knetete meine Eier und schleuderte mir einen. Mir schossen die Bilder erneut durch den Kopf und schließlich schoss mir meine heiße Sahne um die Ohren.
Ich hatte mir gerade die Soße abgewischt und mich wieder angezogen, Da klingelte das Telefon, welches ich gerade an seinen Platz zurück stellen wollte. Mann, war ich erschrocken. Mein Herz klopfte bis zum Hals und ich ging ran. Es war Nick!
“Hello Thomas, mein Freund!”, sagte er. Im Hintergrund hörte ich viele Stimmen und jede Menge andere Geräusche. Klang wie Hauptbahnhof, aber Nick erzählte mir, das er gerade von der Cafeteria, aus dem Trainingszentrum anrief und das er vor Freitag nicht wieder zurück sein würde. Wir sprachen ein paar Minuten und ich sagte ihm, dass ich es nicht erwarten könne, bis er wieder hier ist.
“Ich auch Tom…, antwortet er leise, “…ich kann hier nicht so frei reden, zu viele Leute hier. Ich muss auch gleich wieder auflegen, ich melde mich sobald ich zurück bin. Okay?”
“Ja, bitte!” antwortete ich sehnsüchtig.
“Bye, Sweety, I miss you!” sagte er und hängte ein.
In diesem Moment viel es mir auf. “Ich glaub’s nicht, ey, ich bin verknallt in den Kerl und wie es scheint, er auch in mich. Boah…”, dachte ich, “…er ruft an, um mir Bescheid zu sagen, dass er …Mann, Mann…sweety!
Er ist 13 Jahre älter als ich. Was tue ich hier überhaupt? Was würde passieren, wenn das raus kommt. Ein fast 18 Jähriger, vögelt mit einem schon 31jährigen Ami. Scheiße! Nick würde bestimmt mehr Ärger kriegen als ich. Ich war verwirrt und ich wusste nicht so recht, wie ich mit dieser Erkenntnis umgehen sollte. Bei Gelegenheit musste ich mit ihm darüber reden, aber wie fang ich das bloß an, dachte ich mir nur.
Endlich war es Freitag. Gegen 6 Uhr Abends war ich Zuhause und da ich das Praktikum erst vor kurzem begonnen hatte, war da alles noch sehr neu und anstrengend. Müde war ich und ich dachte nur, ” Hoffentlich ist diese Party nicht heute Abend, aber Nick würde ich schon heute gerne sehen”
Meine Eltern verabschiedeten sich von mir, denn die Beiden gingen zu einem Gartenfest und würden bestimmt erst spät zurück sein, da jenes Fest der Höhepunkt der Sommersaison war. Ich war nun alleine und warte auf einen Anruf. Meinen Kumpels hatte ich schon erzählt, dass ich heute Abend keine Zeit hätte, da ich woanders eingeladen worden wäre. Nun gut, was so nicht ganz stimmte, aber naja. Das ersehnte Klingeln war zu hören und NJ rief an. Mein Nick!
Er erzählte mir kurz von seiner Woche und auch, dass er von Kinley bis jetzt keine Nachricht bekommen hätte.
“Hast Du Lust zu mir zu kommen ?” fragte ich geistesgegenwärtig, “Ich bin alleine, meine Eltern sind nicht da, wir könnten doch Pizza essen und uns einen Film anschauen und ähh…ein paar Bier trinken!”, sagte ich unschuldig.
“Ja gerne, …!”, antwortete Nick,”…aber Bier und Pizza reichen, den Film machen wir!” lachte er. Er wäre so in einer Stunde bei mir und würde die Pizza in der Kaserne besorgen und ich solle doch bitte deutsches Bier holen gehen.
“Ja mach ich, cool, bis dann!”, sagte ich aufgeregt und legte auf.
Ich ging sofort los und holte sicherheitshalber einen ganzen Kasten, sprang schnell unter die Dusche und räumte noch etwas meine Bude auf. Die Zeit verging trotz alledem im Schneckentempo und ich lief ständig zum Fenster und hielt Ausschau nach seinem Wagen. Endlich fuhr er vor und er parkte direkt gegenüber der Straße. Mir kam es vor, als hätte ich ihn eine Ewigkeit nicht gesehen. Geil sah er aus. Er trug ein weißes Muscle-Shirt und schwarze, knielange Shorts, seine Haut glänzte in der Abendsonne und seine Beule kam bei jedem Schritt über die Straße lecker zur Geltung. Man sah seinen prachtvollen Schwanz sich in der Hose abzeichnen, da er offensichtlich nur die an hatte. Nick schleppte zwei riesige Pizza Kartons und einen schwarzen Rucksack an der Schulter.
“Fuck,…, dachte ich,…wie geil ist das denn. Wie in einer Jeans Reklame!” Ich bekam bei diesem Anblick schon einen leichten Ständer und war total aufgeregt.
Schnell ging ich in Richtung Tür und da klingelte es auch schon. Ich öffnete und schließlich stand er, 1,98 groß und so sexy vor unserer Wohnungstür. Er blieb stehen, zog seine Sonnenbrille zur Nasenspitze und schaute über den Rand der Brille hinweg, grinste und sagte nur mit seiner bassigen Stimme, “Hey Tom, freust Du Dich!” Wäre ich ein Hund gewesen, hätte ich wohl mit allen Schwänzen gewedelt.
“Komm rein!”, sagte ich hektisch, packte ihn am Arm und zog ihn in den Flur. Ich schloss die Tür, nahm ihm die Pizzen ab und knallte sie auf die Kommode. Nick ließ den Rucksack fallen, riss mich an sich und sofort fingen wir an, leidenschaftlich zu knutschen. Unsere Köpfe flogen hin und her und unsere Zungen suchten sich immer wieder aufs Neue.
“Ich hab Dich vermisst!”, keuchte er plötzlich und ich antwortete nur atemlos, “Ich Dich auch…NJ!” Er zog mir schnell das T-Shirt aus und warf es auf den Boden, dann raffte ich seines nach oben und machte dasselbe.
Ich strich ihm mit beiden Händen über seine männliche Brust. Gierig leckte ich über seine Behaarung und umspielte seine Nippel. Er streichelte erst meinen Rücken, dann glitt seine Hand in meine Hose und er griff nach meinem bereits knallharten Schwanz. Ich strich an seinen Shorts entlang und sein mächtiger Riemen, wuchs ebenfalls sehr schnell zu seiner bekannten Größe heran. Ich schaute kurz nach unten. Nick küsste mir die Stirn, und ich sah, wie seine Hose schon heftigst spannte und bereits eine feuchte Stelle zum Vorschein kam, die sichtlich größer wurde.
“Boah, wie geil, Du bist ja schon voll am saften!” sagte ich.
“Mann, klar…”, flüsterte er, “…hab ich alles für Dich aufgehoben, mein süßer Tom!” Wir torkelten wild küssend zu meinem Zimmer und zogen uns weiter dabei aus. Schnell öffneten wir uns gegenseitig die Hosen und ließen sie auf die Knöchel fallen und zogen sie nur mit den Füßen aus.
Sein beschnittener, 23er Prachtlümmel drückte sich an mich. Ich packte ihn gierig und ließ meine Hand über seine dicke Eichel gleiten. Ich fühlte die vor Geilheit tropfende Schwanzspitze und konnte es kaum erwarten in die Schusslinie zu geraten. Nick drückte mich gegen den inneren Türrahmen und küsste an meinem Körper entlang. Er hob meinen Arm an und leckte mir die Achsel. Sein Teil hinterließ schon jetzt an mir Spermaspuren, wenn es meine Haut berührte. Wie in Trance genoss ich alles was er machte. Langsam ging er in die Hocke und schließlich lutschte er mir kräftig den Schwanz.
“Stop it”, sagte ich, “…oder ich komm sofort!”
“Ja mach doch!”, schnaufte er und schob sich mein Teil tief in den Hals. Seine riesigen Hände massierten meinen Arsch dabei und seine Fingerspitzen die Rosette.
Wie bei einem Schwertschlucker verschwand mein Rohr bis zum Anschlag in seinem Mund. Immer wieder und wieder, schneller und schneller. Ich krallte mich fest in seine Schultern, rief stöhnend seinen Namen und rotzte ihm kurz darauf, mehrere fette Schüsse in den Rachen. Er ließ meinen tropfenden Lümmel aus seinem Mund gleiten und stellte sich wieder aufrecht hin. Wir küssten uns und ich konnte mein eigenes heißes Sperma schmecken. Er drückte mich an sich und ich ging dann langsam nach unten. Mit offenem Mund glitt ich an seinem geilen Körper entlang, auf meine Knie und schob mir nun sein abschußbereites Riesenrohr in den Hals. Sanft hielt er meinen Kopf und streichelte mich dabei.
Rasend vor Geilheit besorgte ich es Ihm. Ich hielt sein fettes Gerät fest umschlossen und knetete mit der anderen Hand seine ebenfalls mächtigen Eier und sein berühmter Vorsaft, floss mir, mehr und mehr auf die Zunge.
“Oh, Thomas, man, yeah!”, flüsterte er bald darauf mit schwerem Atem, “Willst Du sehen, wie ich für Dich komme…?” Ich ließ seinen Schwanz aus dem Mund und schaute zu ihm rauf.
“Ja, Mann, ja!”, sagte ich völlig erregt.
Schließlich rutschte er am Türrahmen leicht in die Hocke, schob mich sanft zurück und wichste sich nun zum Ende. Mit offenen Augen und Mund, und mit zuckendem Schwanz kniete ich vor ihm und konnte seine Entladung kaum erwarten. Seine Hand drückte mich an der Stirn an den gegenüberliegen Türrahmen und sein saftender Prachtlümmel zielte auf mein Gesicht. Ich sah wie es mehr und mehr aus seiner prallen Eichel quoll und ich zitterte vor Verlangen.
“Ja, los spritz ab!”, keuchte ich.
“Gleich Baby!”, schnaufte er.
Gierig leckte ich ihm den Vorsaft von der Schwanzspitze, der wirklich reichlich floss. Sein ganzer Körper bebte und jeder Muskel war gespannt. Er drückte mich wieder in die alte Position und brummte mir zu, “Wow, yeah!… Now!… Fuck!… I cum!”
Und schon sah ich, wie ein dicker Strahl aus ihm herausschoss und über mir an den Türpfosten klatschte, der zweite traf mein Gesicht. Innerhalb von Sekunden war an mir und um mich herum sein dickes Sperma. Ich schloss die Augen und verrieb es an mir. Ich spürte, wie mich immer wieder noch etwas traf. Nick steckte mir sein Teil abermals in den Hals und dabei pumpte sein Prügel weiter und weiter, so dass sich selbst mein Mund noch füllen konnte. Er stöhnte so geil, dass alles vibrierte. Ich saugte gierig den letzten Rest aus ihm heraus. Unglaublich, welche Mengen dieser Kerl immer von sich gab. Erschöpft sanken wir beide zu Boden und lehnten uns zurück. Ich wischte mir die Augen frei und fing an zu lachen. Wir saßen uns gegenüber und schauten uns an. Er legte seine Hand in meinen Nacken und seine Stirn an meine Stirn.
Nick gab mir einen kleinen Kuss, dann sah ich in seine grünen Augen und noch außer Atem, sagte er schmunzelnd, “Hey Buddy, die Pizza wird kalt!”
Ich sagte daraufhin nur, “Mr Jefferson, das ist mir scheiß egal!”
Wir fingen fett an zu lachen, umarmten uns und vielen auf den Boden. Die Klamotten lagen überall um uns verteilt. Da lagen wir nun, Nick hatte die Arme leicht von sich gestreckt und ich legte mich an seine Schulter. “Jetzt kurz duschen, dann essen!”, fragte ich und grinste.
“Kurz duschen, aufwischen, dann essen” erwiderte er, “Sieh mal da hin, ich hab ziemlich gekleckert. Ich setze mich auf und sah die geile Sauerei. Wir stellten uns zusammen unter die Dusche und machten erst uns sauber, danach den Fußboden, den Türrahmen, die Tür selbst, und wo sonst noch sein Saft gelandet war, dann nahm jeder seine Pizza, wir machten es uns auf dem Bett gemütlich und tranken das erste Bier. Dieser Abend, war da aber noch nicht zu Ende.
Lorena
Da alcuni anni ho scoperto la mia passione “segreta” per i travestiti e, grazie agli annunci pubblicati sui siti specializzati, ho avuto modo di conoscerne ed incontrarne alcuni. Con Marco (per me Lorena) si è però instaurato un rapporto privilegiato. Già dalla prima volta che ci siamo incontrati, ho provato per lui/lei una emozione superiore. Ricordo che, dopo un fitto scambio di e-mail, Lorena accettò di incontrarmi a casa sua. Quando arrivai, mi trovai di fronte un sensualissimo travestito 35enne . Marco/Lorena era truccata di tutto punto, ma non in modo volgare o eccessivo, con una parrucca di capelli neri lunghi e mossi . Indossava una vestaglia da camera classica, ricamata, lunga sino al ginocchio e calzava dei bellissimi sandali con tacco vertiginoso. Dopo un comprensibile iniziale imbarazzo da parte di entrambi, lei mi offrì da bere e facemmo conoscenza. Mentre parlavamo, la tensione diminuiva lasciando lo spazio ad una nascente eccitazione. Infatti, mentre eravamo seduti sul divano, non potei fare a meno di guardarle le splendide gambe che aveva magistralmente accavallato lasciando intravedere gli orli di bellissime calze velate nere, tenuti in tensione da un reggicalze anch’esso nero. Notando che mi ero quasi incantato, Lorena mi chiese a bruciapelo:- “Ti piacciono?”, non so se riferendosi alle calze o alle gambe. Bastò solo che rispondessi “moltissimo” perché Lorena si alzasse e, con lentezza e maestria quasi da consumata spogliarellista, si slacciasse la vestaglia, facendosela scivolare ai piedi ed esibendo un completino intimo di colore nero veramente notevole. Indossava un reggiseno imbottito di pizzo e delle mutandine trasparenti. Come ho già detto, reggicalze e calze nere, molto velate che, tra l’altro, sono sempre state la mia passione. Il corpo era perfettamente depilato e la carnagione abbronzata in maniera uniforme. Tale visione mi cagionò un immediata e violenta erezione tanto che il membro, compresso nei pantaloni, mi faceva male. Mi avvicinai a Lorena e la strinsi tra le mie braccia, baciandola sul collo e leccandola dietro i lobi, mentre le mie mani le accarezzavano dapprima la schiena e poi i sodi glutei. Lorena dimostrò di apprezzare molto questo approccio tanto che avvicinò la sua bocca alla mia e le nostre lingue si fusero per un lungo e voluttuoso bacio. Ormai ero eccitatissimo. Iniziai con continui baci e leccate a scendere lungo lo splendido e fremente corpo di Lorena. Mi ritrovai con il viso all’altezza del suo bacino. La mia lingua guizzava sulle sue mutandine. La girai e contemporaneamente gliele sfilai. Ebbi, davanti agli occhi, la visione del suo meraviglio culo. Forma rotonda, pelle liscia e più pallida rispetto al resto del corpo, perfettamente glabro. Poteva benissimo essere scambiato per un sedere femminile e, forse, anche meglio. Dopo alcuni istanti in cui rimasi a contemplare quell’opera d’arte, non resistetti ed iniziai a leccare e mordicchiare quelle succulente chiappe. Lorenza, gradendo il trattamento, si piegò leggermente in avanti ed io, che ero inginocchiato dietro di lei, divaricai con le mani i suoi glutei intravedendone così il bellissimo, nero, ed osceno fiorellino. Mi tuffai con il volto dentro quello splendore e leccai instancabilmente il suo buchetto con avidità, umettandolo per bene ed infilandogli ripetutamente la punta della lingua, aiutato in questo dal movimento ondulatorio di Lorena che gemeva e mi incitava. In quella posizione riuscivo anche, e con piacere, a leccare la base dei testicoli di Lorena che erano piccoli come noci ma lisci, depilati e profumati. Dopo svariati minuti di questa pratica, Lorenza si giro esibendomi davanti al volto, il suo cazzo eretto, di normali dimensioni, ma bello duro. Era ciò che aspettavo. Lo ingoiai famelico, leccandolo, baciandolo, passandogli la lingua dalla radice alla punta, succhiandogli i testicoli con ingordigia. Contemporaneamente le mie mani accarezzavano quelle stupende cosce velate dalle calze. Ero all’apice della voluttà e non mi ero ancora spogliato. L’uccello mi tirava in modo pazzesco, facendomi male, e sembrava chiedermi disperatamente di liberarlo dai pantaloni. Lorena, evidentemente avvedutasi di ciò, si staccò da me e, dopo avermi fatto risedere sul divano e toltimi i pantaloni, iniziò a leccarmi lo scroto e, con la punta della lingua, a risalire e scendere lungo la mia asta, che era dura come l’acciaio, senza peraltro quasi toccarla con le mani. Tutto ciò mi provocava dei brividi intensi lungo la schiena e credo che solo la maestria dimostrata da Lorena in tale circostanza mi abbia evitato di venire immediatamente. Infatti, intervallava la sua lenta azione con brevi pause che mi consentivano di riprendere un minimo di controllo sui miei sensi. Dopo alcuni minuti di questa pur entusiasmante pratica, Lorena, guardandomi intensamente negli occhi, mi chiese se volevo possederla. Era come chiedere ad un bimbo se volesse un regalo. Mi sentivo al settimo cielo. In un batter d’occhio, e senza alcuna difficoltà rispetto ad altre volte in cui avevo in detta circostanza avuto un afflosciamento di tensione, mi infilai il preservativo avvicinandomi a Lorena che si era già posizionata alla pecorina. Indirizzai la punta del membro verso quell’agognato pertugio che mi si apriva di fronte, e che già avevo abbondantemente umettato con la mia saliva e l’inserimento fu dolce, aiutato dalla spinta graduale che Lorena fece con il suo bacino. Una volta dentro di lei, sentii il suo sfintere avvolgere perfettamente il mio uccello, irradiandolo piacevolmente del suo calore, ed iniziai con un lento andirivieni, ben sapendo che non avrei resistito tanto visto il mio grado di eccitazione, ormai al limite. Infatti, dopo alcuni colpi, sentendomi il basso ventre ribollire, aumentai il ritmo delle spinte facendo gemere di piacere la mia partner. Ormai ero fuori controllo Non resistevo più. Feci appena in tempo ad estrarre il pene dal culo di Lorena, e liberarlo dal preservativo, che esplose in un primo violentissimo spruzzo di sperma che la raggiunse nei capelli. Seguirono violente contrazioni che liberarono fiotti di liquido biancastro che inondarono la schiena della mia amante. In quegli istanti, venni inebriato da un parossistico piacere che mai avevo provato prima di allora. Abbracciai Lorena e la baciai profondamente in bocca. Nessuno mi aveva mai fatto godere come lei e mi spiacque solo che, quella prima volta, forse durata troppo poco per lei. Ebbi comunque modo di rifarmi altre volte con Lorena per la quale, forse, è riservato anche un pezzetto del mio cuore.